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PASSI
SOTTO LE RUOTE
Cinque giorni di moto sulle strade delle Alpi
di Giancarlo Gattelli
informazioni e indirizzi nel sito
di Gattostanco
Giovedì 20 luglio 2000: dopo una
salita splendida (più avventurosa che veloce, dato lo stato dell'asfalto)
fatta di tornanti e di panorami mozzafiato raggiungo la cima del Timmels
Joch Pass. Le installazioni doganali sono ormai abbandonate e si entra
in Austria senza formalità, ma la soddisfazione è comunque immensa.
Ci fermiamo al rifugio della cima. Il Passo del Rombo (mai nome fu più
azzeccato) è
méta di moltissimi appassionati delle due ruote e finalmente siamo in
maggioranza numerica sugli automobilisti. Un vento freddissimo lancia
spifferi gelati dentro la giacca, le mani sono intirizzite dentro i guanti,
ma gli occhi di mia moglie ed i miei lampeggiano la felicità di chi ha
potuto permettersi cinque giorni assolutamente dedicati alla moto nel
suo ambiente più indicato per assaporare luci, colori, profumi, le forme
e le meraviglie della natura: le vallate, i paesi e soprattutto i PASSI
alpini! Ma partiamo dall'inizio...
Avevamo solamente cinque giorni, e dopo aver studiato attentamente la
piantina del Trentino Alto Adige, il progetto era pronto: la sistemazione
alberghiera a Fondo (TN) ci avrebbe permesso poi di viaggiare senza valigie
e bagagli al seguito. Fondo è posta su un altopiano in posizione centrale
rispetto a Bolzano e a Cles. A ovest c'è il Tonale, per dirigersi verso
la Valtellina, a nord il Passo Palade conduce a Merano, a est il Passo
della Mendola porta a Bolzano.
Lunedì: sbrigati gli ultimi impegni di lavoro, lucidata la moto
e ingrassata per bene la catena si parte!
Ci fermiamo all'autogrill prima di imboccare la A22 del Brennero per sgranchirci
un po' ma... patatrac! Una automobilista un po' svampita esce assatanata
da un parcheggio e (mancando per fortuna bambini e altri automobilisti
sul piazzale) centra l'anteriore della mia povera Fazer che precipita
al suolo. Le borse laterali (morbide, ma piene) proteggono benissimo la
moto, ma lo sterzo è completamente sballato. A Cles c'è Elaberg Moto Shop
che, chiuso tutta la giornata di lunedì, si farà perdonare con competenza
e tanta cortesia il giorno dopo. Per fortuna l'Hotel Le Ciaspole (a Tret
di Fondo), scelto perché nell'elenco degli alberghi di "Trentino in moto"
si dimostra piccolo, accogliente, confortevole e dotato di un cuoco coi
fiocchi. Il ristorante infatti ci propone i piatti di Ivano che ci fa
dimenticare stanchezza e disavventure con una braciola di cervo con salsa
e ciliegie sotto spirito che ricorderemo ancora per molto tempo !
Martedì: in pochi minuti siamo a Cles, dove ho già accennato all'ottima
accoglienza dell'assistenza Yamaha di Elaberg Moto Shop (grazie!), poi
avanti veloci per la Val di Sole verso il Tonale. Stendiamo un pietoso
velo sulle brutture urbanistiche, ma sugli orrori no! Chi può aver permesso
la costruzione di quei tre orrendi grattaceli colorati, isolati dall'abitato
e ...indecenti e incomprensibili!
Finalmente si scende per poter affrontare la salita che porta al mitico
Passo Gavia. Una stradina stretta, così stretta che anche con la moto
bisogna spesso fermarsi per dare il passo a chi si incontra. Ma questa,
dopo gli orrori del Tonale, è montagna vera! In cima due rifugi, attorno
le cime che hanno visto gli aspri combattimenti della prima guerra mondiale
e quelli, meno violenti, tra le leggende del ciclismo. Guardiamo la molta
neve depositata sui monti e immaginiamo il bivacco del Battaglione Alpino
Monte Cervino (a tre ore di cammino e oltre 3.000 metri di quota) ancora
chiuso e irraggiungibile.
Scendiamo
a S.Caterina Valfurva, paesino ancora incantevole (soprattutto per il
verde che lo circonda) per acquistare un paio di panini con Speck e formaggio
(e un quartino di vino) dal caro ma caratteristico Minimarket Ginetto
e raggiungiamo, a metà della strada che sale al ghiacciaio dei Forni,
una splendida area attrezzata dotata di tavoli, sedie, sole ed ombra a
scelta, vista sui ghiaccai circostanti e acqua corrente di cascata! Caffè
e Bràulio in un bar di S.Caterina via, di nuovo in sella, perché adesso
tocca allo Stelvio. Scendiamo a Bormio (cittadina molto bella anche se
per i nostri gusti, un po' troppo città e poco montagna) poi, in un attimo,
stiamo salendo verso i 2750 metri più, motociclisticamente parlando, famosi
d'Italia. Una dopo l'altra passiamo le quattro case cantoniere e le tante
piccole, strette, buie gallerie scavate nella roccia nuda. I tornanti
sono ben guidabili, il grip è buono.
Cominciamo a vedere la neve accanto alla strada, poi il cartello. Siamo
al Passo dello Stelvio, immersi in una folla di sciatori, escursionisti,
automobilisti e motociclisti! I tanti chioschi allineati lungo la strada
del passo vendono souvenir (non si può tornare dallo Stelvio senza la
maglietta del motociclista!) e wurstel; la
neve rende il panorama molto invernale e tra patiti delle due ruote ci
si saluta tutti come vecchi amici. Ci fermiamo per assaporare l'avventura,
per fissarla intimamente dentro di noi... per prepararci alla dura discesa
che ci aspetta. La strada che scende dallo Stelvio verso la Val Venosta,
infatti, è molto più dura. Tornante dopo tornante ci si rende conto che
è una vera parete di oltre 1000 metri di dislivello, al termine della
quale ci sono i fitti boschi di Trafoi e Prato allo Stelvio. Raggiunta
la Val Venosta entriamo a Merano per visitarne il bellissimo centro. Da
Merano, ormai è buio, attraverso il Passo Palade rientriamo a Tret di
Fondo.
Mercoledì: è la volta delle Dolomiti. Scendiamo a Bolzano attraverso i
meravigliosi boschi del Passo della Mendola. Seguiamo poi le indicazioni
per la Val d'Ega, imboccando una strada inserita in una cornice affascinante
e con i primi chilometri all'interno di un vero e proprio canyon, con
rocce a strapiombo che sormontano la stretta striscia d'asfalto. C'è molto
traffico, ma in ogni caso occhio alla piega, perché il casco può urtare
facilmente le rocce sporgenti! Raggiungiamo e superiamo (senza troppo
dispiacere, dato il sovraffollamento stagionale) il Lago di Carezza e
Nova Levante, per concederci una deviazione verso il Passo Nigra. Sono
alcuni chilometri poco trafficati di ottimo asfalto e curve ben guidabili.
Al Passo il nostro obiettivo di metà mattina: il Rifugio Nigra, un mito
della mia infanzia per le magnifiche torte. La Torta Foresta Nera è ancora
lei! Tanta panna, le amarene e le scagliette di cioccolata! Ve la consiglio
con un buon bicchiere di succo di mele o, se avete freddo, con un tè caldo.
Sono purtroppo costretto a ripartire senza concedermi un altro assaggio
alla volta del Passo di Costalunga. Si scende quindi nella bellissima
(ma trafficatissima e troppo affollata) Val di Fassa, che non degnamo
per il momento di fermata. Ecco l'anello da compiere prima di pranzo:
Passo Sella, Passo Gardena, Passo Campolongo, Passo Pordoi. Purtroppo
luglio ce li regala zeppi di pullman e automobili, ma le strade, i tornanti,
le emozioni regalate sono comunque superbe. Tanti altri motociclisti incontrati
e salutati hanno negli occhi le stesse soddisfazioni e le esprimono tutte
senza bisogno di interpreti tra le varie lingue. Costretti dal freddo
a soste molto brevi decidiamo di pranzare (giustamente molto tardi, vista
la colazione) al Passo Fedaia, ai piedi della Marmolada.
Ripartiamo dopo una passeggiata ai piedi della montagna ghiacciata, riattraversiamo
tutta la Val di Fassa alla volta di Moena. Lo smog e il traffico ci richiamano
presto ai nostri caschi. Puntiamo verso la Val di Fiemme (Predazzo, Cavalese)
dove lasciamo un pensiero per le vittime dell'umana stupidità di Stava
e della Funivia del Cermis, poi proseguiamo in direzione Ora. Ad Ora attraversiamo
l'Adige ritrovando i rigogliosi vigneti della zona di Caldaro prima di
risalire il Passo della Mendola. Ci aspetta una caraffa di Cabernet ed
un meraviglioso Brasato al Teroldego del Ristorante delle Ciaspole.
Giovedì:
terzo ed ultimo itinerario ad anello: puntiamo al confine austriaco. Sceso
il Passo Palade ci dirigiamo verso Merano. Seguiamo poi le indicazioni
per la pittoresca Val Passiria (per i primi chilometri un po' trafficata,
poi godibilissima). Giunti a S.Leonardo troviamo il bivio per il Passo
del Rombo. Dopo Moso la strada si inerpica prima tra fitti boschi, poi
sempre più esposta. Gli ultimi tornanti sono molto secchi, la vegetazione
è quasi assente, il vento sferza la neve che resiste nelle zone d'ombra
e il ghiaccio nascosto nelle gallerie. Siamo al Passo. Superiamo il confine
orgogliosi, la strada che porta a Obergurgl è bellissima, con lunghissimi
rettilinei d'alta quota in mezzo ai ghiaioni di origine glaciale, poi
il casello (9.000 lire comprensive dell'adesivo della Timmeljoch-Hochalpenstrasse
- nuovo orgoglio del mio cupolino). In breve si raggiungono Solden, Vent,
Lagenfeld. Poi si fa ora di rientrare. Torniamo al Passo del Rombo godendoci
la compagnia di molti smanettoni austriaci scatenati (effettivamente la
strada è FANTASTICA e tutti i locali espongono simpatici cartelli Motorradfahrer
Herzlich Willkommen!) e a pomeriggio inoltrato sostiamo al Gasthaus Saltnuss
a Rabenstein/Moos Passeiertal (è già Italia, tranquilli) dove sono già
fermi altri dodici equipaggi a due ruote. Notiamo una nuovissima V-Raptor
di targa tedesca, un Transalp inglese, diverse moto austriache, italiani
ZERO (poi non lamentiamoci se la graziosa e gentilissima cameriera fatica
a parlare la nostra comune lingua!). Bando alle ciance e andiamo a smaltire
il Teroldego al Passo del Giovo, dove la strada, molto guidabile soprattutto
nel versante verso Vipiteno, ci fa incontrare smanettoni accaniti (anche
a quattro ruote, attenzione!). Scendiamo anche noi, ma prima di giungere
a Vipiteno cerchiamo la 508 che porta al Passo Pennes ed in Val Sarentino.
Quest'ultima è una valle splendida, non ancora rovinata dal turismo industrializzato
e un vero paradiso per i biker del pedale (vi si sono appena disputati
i mondiali 2000 di MTB). Una visita al centro storico di Sarentino, sormontata
dall'immancabile castello (sono talmente numerosi che abbiamo omesso di
citarli tutti) è doverosa (ottime le torte al Milchbar di fronte all'Ufficio
Turistico), poi il rientro, stanchissimi a Fondo.
Quinto giorno. Siamo all'epilogo del viaggio, carichiamo tutti i bagagli
nelle borse ma, prima di prendere la strada di casa, andiamo a rilassarci
un paio d'ore al Lago di Tovel. La valle è completamente disabitata e
selvaggia, l'asfalto nuovo sembra galleggiare sulle pietraie di origine
glaciale in un paesaggio lunare. Il parcheggio custodito e il divieto
di transito ai mezzi a motori rendono il lago un'oasi estremamente piacevole
protetta dal Parco Naturale Adamello Brenta. Dopo una golosissima spremuta
di mele puntiamo dritti verso Trento, dove imbocchiamo la statale della
Valsugana. Giunti al Lago di Caldonazzo abbandoniamo i Tir della Valsugana
per risalire verso l'altopiano di Lavarone in mezzo ai boschi. Da Lavarone
cerchiamo la Statale della Val D'Assa, il Passo di Vezzena e l'Altopiano
di Asiago.
Giungiamo così all'Osteria del Termine, "il fabbricato è lungo la via
che sin dai tempi più remoti collega il Veneto con il Tirolo... Con il
decorso dei secoli divenne mulattiera e ai tempi delle epidemie di Peste,
nel 1631, dove c'è l'Osteria venne costruito il ricovero in tronchi per
la Guardia Sanitaria... Poi, sempre in tronchi squadrati, venne edificata
l'Osteria per ristoro e rifugio dei viandanti. Dopo ancora molti decenni,
quando i tronchi incomincirono a guastarsi - si era nell'epoca della Rivoluzione
francese e fu uno degli ultimi atti della Reggenza - l'edificio venne
ricostruito in muratura." (Mario Rigoni Stern - "Osteria di confine" da
"Sentieri sotto la neve")
Da ammiratori del grande vecchio della letteratura italiana non possiamo
non riconoscerla al primo sguardo, così uguale in quella foto che riproduceva
i reggimenti austriaci in trasferimento verso i massacri dell'Ortigara.
Una sosta è d'obbligo: alle pareti centinaia di foto sbiadite di antichi
conflitti, montanari orgogliosi e le dediche di Rigoni. Il tempo di rifocillarci
(i crauti sono indescrivibilmente buoni) e le bellissime curve della Val
d'Assa ci regalano le ultime emozioni. Dopo, solamente la discesa verso
la noia della pianura, stanchi, ma con una ricchezza in più: i ricordi
di tutti i chilometri sotto le ruote, la bellezza delle nostre montagne,
della natura e delle opere dell'uomo, la gentilezza e l'amicizia degli
incontri.
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