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Il Maloja

di Alessando Riccardi
dettagli, video e foto nel sito Mototour

Oggi, preso da un insano impulso, ho deciso di andare sullo Julerpass. E' un passo che si trova in Svizzera, entrando da Chiavenna, dopo il passo del Maloja. Si trova a circa 2300 metri d'altezza. Ho pensato quindi in buona fede di poterlo fare, visto che non fa tanto freddo. Mi preparo con tutta la cura che richiede l'equipaggiamento invernale. A proposito, ho collaudato un micropile. Non si tratta di una piccola batteria ma di un pile di dimensioni ridotte, come spessore, rispetto ai più voluminosi in commercio. Infatti ho indossato una maglietta di cotone, una magliettina della salute che usavo a naja, e questo micropile. Fino a una temperatura che credo fosse di 15 sottozero non ho avuto problemi. Ma andiamo per capi. Mi bardo come un cavaliere medioevale preparando le scarpe, i pantaloni di pelle e tutte le cose come vanno disposte, dal telecomando per il cancello alla macchina fotografica, a un maglione di lana pesante, un berretto pesante ed un paio di calze di lana di scorta, che non si sa mai cosa succede nella vita. Parto con meno della metà del serbatoio, sperando di arrivare in Svizzera a far benzina. Il mio passo è quindi da turista purissimo. Tutti questi preparativi, il prepararsi alle situazioni avverse, per starsene al sicuro, toglierebbero un po di gusto al viaggio, se non fosse che non ho la più pallida idea del tempo che troverò lassù. E questo mi eccita non poco.... La moto si accende, e dopo qualche minuto canta regolare e sommessa. Dolcemente mi dirigo in strada, e l'avventura comincia. La strada fino a Lecco non ha storia, se non per constatare che le gomme tengono bene anche con il freddo. Arrivato a Lecco percorro ovviamente la statale, ma un vento molto forte smuove il lago. Inoltre le piogge durate fino alla notte di venerdì fanno si che il terreno riversi l'acqua accumulata sulla strada, lasciandola bagnata nella maggior parte del suo tratto. Sono l'unico motociclista, ed è circa l'una del pomeriggio, con un bel sole caldo e l'acqua del lago veramente mossa, con un bel colore dello smeraldo quando incontra l'astro diurno. Arrivo a Chiavenna in scioltezza, sono salito di cento metri rispetto a casa mia (200 m. s.l.m.) e la temperatura è leggermente più bassa. Comincio a dirigermi verso la svizzera, sono in riserva, ma la benzina mi basta ampiamente. La salita è rapida, circa cento metri per ogni due chilometri. Arrivo al confine, con un'altezza di 600 metri, ma sto ancora bene. Il doganiere italiano mi fa cenno di passare, mi fermo di fronte allo Svizzero. Mi guarda e mi chiede dove vado. Gli dico Julier e lui alza le sopracciglia, e va dietro di me. Intuisco che sta guardando il pneumatico posteriore. Torna e mi dice "Se lei va allo Julier si ammazza". Io gli chiedo perchè e lui mi dice che la strada è innevata. Io, ottimista, gli dico che ci provo, e se vedo che è pericoloso torno indietro. Il doganiere scrolla le spalle e mi fa cenno di andare. Miscredente... Attraverso il confine, e dopo due chilometri mi fermo presso una scintillante stazione di servizio Agip. Faccio il pieno, avrò avuto si è no un litro di benzina nel serbatoio, che riempio come un uovo per trentamila lire. Chiedo alla signora un cappuccio e una brioche, ed intanto occupo uno dei tavolini immacolati del locale. Torno per prendere il cappuccio, e la sciura mi dice che me lo porta lei. Gli chiedo quant'è e mi dice "lei pensi a riposarsi e a mangiare, per pagare c'è tempo dopo". Stupito ringrazio, mi siedo e consumo il mio pranzo. Mi dirigo in bagno, e le luci si accendono al mio passaggio. Il bagno, neanche a dirlo, è pulito e non manca la carta igienica. Dopo aver asciugato in un attimo i sottoguanti in seta (geniale invenzione, trattengono il sudore e si asciugano in un attimo) procedo al rivestimento della mia uniforme, nel locale. Non sento urla o commenti mentre mi metto il sottocasco. Se lo avessi fatto a Milano mi avrebbero sparato. Riparto, e dopo due chilometri siamo a un'altezza di 800 metri. Sarà il momento di relax, sarà stato l'effettivo cambiamento, sarà che ho cominciato a vedere un po' di neve ai bordi delle strade, ma sento freddo. Il mio ipotalamo però ha i contro coglioni, e salito di altri duecento metri ho meno freddo di prima. La neve adesso è una presenza costante al bordo della strada, il sole generoso illumina e rende candida la valle. Ho portato gli occhiali da sole, e ho fatto benissimo, la neve da fastidio anche indossandoli, chissà senza... La strada è pulita e asciutta, i limiti di velocità ragionevoli, si può, in alcuni tratti, andare anche a meno. Salendo ancora la neve diventa più invadente, e mangia metro dopo metro la carreggiata, che si restringe. Adesso la neve ai bordi della strada è di 20 centimetri, e l'umidità che si è formata davanti alle narici si sta gelando. Mi fermo per una foto, gli automobilisti curiosi passano a distanza sgranando gli occhi. Riparto, e vedo ai lati della strada un vecchio. E' senza guanti, mi vede arrivare, e nonostante sia dall'altro lato si ferma e si gira verso di me: penso subito che sia stupito, invece mi sorride e si sfrega le mani mimando la sensazione di freddo che dovrei provare io. Allora io muovo la mano sinistra per indicare "tanto tanto" anche se non è vero, per farlo contento; poi lo saluto, e lui si sbraccia per ricambiare. Sento ora più caldo, dentro. Le montagne ora mi circondano, bianche, torreggianti e inaccessibili. Il vento che soffia, immagino freddissimo, accarezzando le vette, solleva sbuffi di neve polverosa. Proseguo incantato da questo spettacolo, e ammiro il colore dei sempreverdi che circondano la strada. Le diverse varietà, i pini, gli abeti, i larici, con le loro tonalità diverse, scaldano e colorano la valle. Cominciano i tornanti, e il posteriore è indeciso, solo per un momento. Decido io, quindi, di guidare sulle uova, anche se la strada sembra solamente bagnata. Prudenza che potrebbe essere inutile, ma sempre più spesso, salendo, vedo delle spade di ghiaccio incollate ai bastioni di roccia di fianco alla carreggiata, segno che potrei trovare la strada ghiacciata con molta facilità. Le gomme hanno più di 11.000 chilometri, ho ancora battistrada, quasi tre millimetri, ma non sono tanti... Il quattrocilindri è il motore ideale: facendo i tornanti in seconda la coppia è veramente al minimo, la possibilità di perdite di aderenza per l'accelerazione pure. Noto con preoccupazione che sulla parte interna dei tornanti a destra c'è neve sciolta, e che me la troverò scendendo. La strada prosegue tra volte di abeti, rischiarata dal riflesso della montagna che sta di fronte a me e che è completamente illuminata dal sole. I sardomobilisti mi guardano sempre con più attenzione, qualcuno sorride, qualcuno mi fa cenno "sei pazzo", qualcuno spalanca la bocca. Arrivo al Maloja, e capisco perchè. La neve è alta un metro, i pezzi di asfalto bagnato e non cosparso di neve ci sono, ma sono molto stretti. Ci passo a malapena, se dovessi trovarmi con tre centimetri di neve sciolticchia o gelata, e una curva, sarei per terra. E' veramente rischioso: andare allo Julier, che si troverebbe 500 metri più in alto, sarebbe impossibile, non difficile. Decido quindi di non rovinare la giornata con una caduta, e parcheggio la moto sotto il cartello che indica il passo per le foto di rito. Vado avanti per fare inversione, ma il tratto libero dal ghiaccio è veramente poco. Per non rischiare che, proseguendo, la strada sia completamente invasa dalla neve e io non riesca a fare più inversione, mi fermo e la faccio dove mi trovo. Ci sono tre metri di asfalto libero, e comincio. Arriva un furgoncino, mi vede e si ferma, bloccando il traffico. Ringrazio, e proseguo la manovra. Ritorno sui miei passi e per evitare un tratto di strada innevata, devo per forza usare una scia libera che si trova nell'altra corsia. Lo faccio, arriva un Audi e io devo decidere se fargli il pelo o andare sulla neve, curvando. Decide lui, spostandosi tutto sulla destra e rallentando. Veramente civili e gentili, non credevo tanto. Scendo con molta prudenza, usando quasi solo freno posteriore. Nei tornanti con la neve sulla mia corsia vado contromano, tanto la strada è libera. Scendo chiaramente in seconda, facendo finta di guidare sulle rotaie del tram bagnate. Milano docet... Sono sceso subito, senza pausa pranzo, per evitare di trovare pezzi ghiacciati. Faccio una sosta per una foto, apro la visiera e sento l'odore pungente del freddo, e il naso cola un poco per la secchezza dell'aria. L'aria è trasparente ed immobile, la neve ha un riflesso bluastro, le nuvole cominciano già a colorarsi. Il bosco è silenzioso, e immagino che la temperatura debba essere intorno ai 15-10 sotto lo zero. Infatti quest'inverno a naja, a meno 15 meno venti l'odore dell'aria era più o meno simile. Solo che adesso indosso un capo tecnico, e il freddo è una sensazione che comincio a sentire solo ai piedi. Il sole si è spostato, illumina ora il Monte Disgrazia, veramente spettacolare. Vedo lungo la strada un percorso parallelo da fare a piedi o in bici, con una famiglia e tre bambini, che mi salutano. Incontro (era ora) uno sfigato su un enduro, un 50 o al massimo un 125, che mi guarda e mi fa segno di OK con il pollice, tutto contento di aver trovato un altro pirla in moto. Inutile dire che la sensazione è reciproca... Scendendo la neve scompare, e ritornato in Italia mi trovo di nuovo al caldo. Mi fanno male le orecchie, sono due ore e mezza che non mi tolgo il casco, che non vado in bagno. Sono le quattro del pomeriggio e dalla mattina ho mangiato solo un cappuccio e una brioche, ma ho ancora nei polmoni l'aria galvanizzante della montagna, il colore caldo e amichevole degli abeti, l'espressione di potenza e altezza delle montagne. Ho nel cuore il saluto del vecchio e dei bambini, la premurosità degli automobilisti e della signora dell'autogrill. Questo mi fa ignorare il buco allo stomaco, le mani, i piedi ed il collo indolenziti. Mi accorgevo, mentre scendevo passando nei boschi, che c'era solo la visiera tra me e le montagne. Non più lo schermo della televisione che è la macchina. Che differenza c'è tra l'auto e la TV? Stai seduto, al caldo, ascolti la musica, se vuoi ti soffi il naso o mangi un biscotto. Io sentivo, anche se attutito, il freddo, le foglie morte prima e gli sbuffi di neve, dopo, sulla visiera. Sentivo l'acqua sugli stivali, il vento che spostava la moto. Mi sono sentito libero. Ah, lei. Quando ero stanco, al ritorno, ho appoggiato una mano sul serbatoio, e ho sentito le vibrazioni del motore. Toccandola così l'ho sentita pulsare, l'ho sentita pronta e ubbidiente, infaticabile e docile. L'ho sentita amica. Nessun dubbio in cima al Maloja, nessun vuoto di carburazione. Nessun problema quando la riaccendevo, dopo averla spenta per qualche foto. Si può amare un pezzo di metallo gomma e plastica? Se penso che domani ho un pranzo coi parenti della morosa, in formazione allargata, nella classica situazione in cui tornano dall'america i parenti emigrati da Altamura 35 anni fa? Sai che sballo con tutti che ti chiedono quando vai a trovarli che ti fanno i "pastrocchi di cioccolata" tipo Fracchia la Belva umana? E quando gli dici che sei dottore e ti chiedono una diagnosi, gli precisi "in Scienze Politiche" e loro te la richiedono? Che pacchia. Martedì pomeriggio vado a ritirare le foto, che guarderemo insieme mercoledì sera al classico appuntamento con il Vallace. Adesso vado a dormire, al caldo stavolta...

Lampz by Schwarz.

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