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Gazzetta Piemontese

Scoperta Daguerre. Carta Talbot
[6 marzo 1839]



Da due o tré mesi in qua i giornali e le accademie, tratto tratto di altro non risuonano che della maravigliosa scoperta del sig. Daguerre parigino, scoperta per mezzo della quale non più l'uomo, ma la natura stessa è fatta di se medesima pittrice, e col semplice apparato conosciuto sotto il nome di camera oscura, esponendolo ai raggi di un limpido sole ed applicandovi nel fondo un foglio di carta preparata con certo artificio, la prospettiva abbracciata dal campo della lente viene in poco d'ora a tratteggiarsi, nitida, mirabilmente nitida, in chiaro scuro, sopra questa carta misteriosa.


A chi conosce alquanto di chimica non occorre aggiungere che la sostanza di cui la carta debb'essere spalmata è una di quelle sulle quali la luce ha un'azione potentissima e che in proporzione della gagliardia dei raggi che le percuotono cambiano il natio loro colore.
Finora per altro, mentre a Parigi sostiensi che il trovato è cosa francese, Berna che ell'è invenzione svizzera, in Germania ed in Inghilterra che essa è scoperta alemanna o britannica, il metodo pratico di preparare la mirabil carta spacciavasi per un segreto, per altro affidato, affine di non perderlo, a due gero-fanti dell'accademia francese, i quali dichiarano nel medesimo tempo che il segreto è segreto e non segreto, vale a dire che basta solo il dirne una parola per rivelarlo, divolgarlo, cosmopolizzarlo.


Mentre adunque stiamo aspettando questa desiderata propalazione, ecco quello che il Globo inglese del 23 di febbraio dice in piane e semplici parole intorno ad un modo pratico di preparare la carta, alla quale in Londra si da il nome di fotogenica.


" II sig. Talbot ha presentato una carta fotogenica alla società regia di Londra. Ed eccone la preparazione: Egli prende carta da lettere sopraffina, molto compatta e levigata; la intinge in una debole soluzione di sai marino, ed asciutta la soffrega ben bene perché il sale trovisi uniformemente distribuito pel foglio. Sparge quindi sovra una faccia soltanto una soluzione di nitrato d'argento e la fa seccare al fuoco. Questa soluzione non debb'essere satura, ma allungata in sei o sette volte tant'acqua. La carta così rasciutta è in punto per l'uso. Nulla di più perfetto delle immagini di fiori e di frutti che vi si ottengono sopra coll'aiuto della camera oscura ad un bei sole d'estate. La luce sbattuta dalle foglie e dai petali ne disegna le più minute nervature.

Se la soluzione del sal marino fosse troppo forte (soprattutto se si serbasse la carta alcune settimane prima di adoperarla) l'impressività ne sarebbe notabilmente scemata, talora anche annientata. Ma se vi si stende sopra una nuova soluzione d'argento, la carta acquista proprietà fotogeniche ancora più sorprendenti. La preparazione più volte ripetuta accresce la sensitività della carta alla luce solare.


"Per conservar le immagini, il sig. Talbot spalma la pittura fotogenica di una soluzione d'iodito di potassa, con che formasi un iodito d'argento assolutamente inattaccabile ai raggi del sole; ma l'operazione è molto delicata. Una soluzione troppo forte attaccherebbe le parti più cariche del disegno.
"Il sig. Talbot pratica pertanto abitualmente un altro metodo, che consiste nell'immergere il disegno in una forte soluzione di sai marino, asciugarne l'umidità superflua e far seccare la carta. Il disegno cosi lavato e seccato prende, quando lo si espone al sole, una tinta d'un lillà pallido nelle parti bianche, la quale cancellasi tuttavia col tempo.

I disegni conservati coll'iodito sono sempre d'un giallo di primarosa pallidissimo, che avvivasi esposto al fuoco, ma torna al suo color primitivo raffreddandosi.
"Sir John Herschell ha fatto molti sperimenti di questo trovato servendosi della luce ottenuta colla grande batteria galvanica di Danieli: e se n'è pure occupato sir David Brewster".

 

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