La Sezione Espositiva del Museo di Santa Marinella nasce con il proposito di creare un primo centro di documentazione e conservazione dei reperti archeologici provenienti dai fondali dell'antico litorale cerite, tra Alsium e Centumcellae, con particolare attenzione al sito di Pyrgi.

Foto: Marco Scucciari

Otre cento reperti di epoca etrusca, romana e medievale, illustrano alcune delle antiche attività che si svolgevano "sul mare e per il mare" ai fini della sussistenza, dei traffici commerciali, della costruzione e manutenzione delle navi, della vita di bordo. Il museo raccoglie numerose anfore da trasporto di epoca etrusca e romana, tra le quali si segnalano anfore di provenienza greca, spagnola e africana, databili in un periodo di tempo compreso tra il VII-VI secolo a.C. ed il V secolo d.C..

 

Tali contenitori destinati al trasporto di vino, olio, salsa di pesce e frutta, documentano la distribuzione dei prodotti e le rotte commerciali nel Mediterraneo antico. La sezione dedicata alle ancore ospita una ricca tipologia di reperti riferibili ad ancore a ceppo litico di epoca etrusca e in piombo di epoca romana, con interessanti modelli ricostruttivi in scala reale. Infine la collezione comprende numerosi oggetti rinvenuti nell'area portuale dell'antica Pyrgi che ne attestano la frequentazione dal VI secolo a.C. fino a tutto il medioevo e l'epoca moderna.

 

 

Nella seconda sala del museo è stata allestita la ricostruzione in scala reale della stiva di una nave oneraria romana provvista del carico di anfore e di attrezzature di bordo. La nave è rappresentata in navigazione durante un momento di difficoltà: a causa del mare in tempesta è stata spinta verso terra e si è arenata su un basso fondale sabbioso. Mentre un marinaio, dopo aver rimosso parte del paiolato, è intento al controllo della sentina per verificarne eventuali rotture dovute all'urto, un suo collega sta iniziando a portare fuori le anfore per gettarle in mare e liberare la nave alleggerendola di parte del carico.

 

Nell'assordante rumore della tempesta si riescono a distinguere gli ordini in latino del gubernator affinchè si provveda al più presto a chiudere le vele e a gettare le ancore prima che la nave venga sbattuta sugli scogli del litorale; i marinai procedono alle manovre tra urla, preghiere ed imprecazioni, in un latino non propriamente "ciceroniano". La ricostruzione dell'architettura della nave è il risultato di uno studio sistematico della documentazione archeologica relativa a numerosi relitti romani del Mediterraneo, con particolare riferimento ai resti della nave di Laurons, presso Marsiglia, e a quelli della nave di Procchio all'isola d'Elba. Le dimensioni, le tecniche ed i materiali usati per la ricostruzione coincidono esattamente con quelli riscontrabili sui relitti: dal legno di quercia usato per le ordinate, al fasciame in pino, al sistema di assemblaggio "a mortase e tenoni", fino alla ricostruzione della pompa di sentina.

 

 

 

Foto: Maco Scucciari

Rigorosamente scientifica anche la riproposizione del sistema ad incastri per le tavole del paiolato, gli attacchi dei bagli, la chiusura del boccaporto, la struttura di sostegno del ponte e la tecnica di impeciatura dello scafo. Accanto all'albero della nave, inserito nella sua scassa con i relativi blocchi, pendono un paranco e due bozzelli con le rispettive cime, del tutto identici a quelli rinvenuti nella nave di Comacchio. Infine il carico: la nave trasporta un notevole quantitativo di vino contenuto entro anfore di tipo Dressel I, insieme ad alcune ceramiche da mensa e da cucina. Le numerose anfore sono stivate su due file sovrapposte, fermate da assi di legno, protette dagli urti tramite l'inserimento di ramaglie di ginestra incastrate tra un contenitore e l'altro, secondo l'uso antico. Sparsi nella stiva, giacciono cesti, reti, funi ed attrezzi da lavoro.