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L’indipendenza dei Paesi africani

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Al termine della prima guerra mondiale (1918) venne istituto un mandato della Società delle Nazioni sulle ex colonie tedesche. Nel 1922 l’Egitto proclamò la sua indipendenza. Il termine della seconda guerra mondiale (1945), che si combatté anche sul suolo africano, segnò il vero e proprio inizio del processo di emancipazione. Cambiarono status anzitutto le ex colonie italiane: l’Etiopia si ricostituì in impero e nel 1950 federò l’Eritrea; la Libia fu regno indipendente nel 1951; la Somalia ebbe l’indipendenza nel 1960 dopo un decennio di amministrazione fiduciaria italiana.

La conseguenza più importante della guerra fu che essa aveva scoperto nuove idee e nuovi fermenti tra le popolazioni africane e aveva contemporaneamente indebolito le potenze coloniali. L’Africa entrò così in un clima rivoluzionario, in campo politico ed economico: vi furono ampi tentativi di industrializzazione e di riforme agrarie che diedero origine a nuove classi sociali. Iniziarono anche i primi moti: nel 1947 si sollevarono i Malgasci e la Francia riuscì a reprimere l’insurrezione solo a prezzo di 70mila morti; nell’Africa settentrionale si riorganizzarono i partiti nazionali di opposizione; nell’Africa Nera francese venne fondato un nuovo partito, il Rappruppamento democratico africano. Anche nelle colonie britanniche iniziò il fermento: nell’Africa occidentale (Costa d’Oro, Sierra Leone, Nigeria) esso si tradusse nella comparsa di partiti politici organizzati; nell’Africa orientale si arrivò, nel 1953, alla rivolta della tribù dei Kikuyu (Mau Mau), che fu soprattutto la rivendicazione delle antiche terre tribali (White Highlands). La rivolta Mau Mau fu domata a prezzo di una spietata repressione, ma la Gran Bretagna comprese che non poteva arroccarsi su posizioni di forza senza nulla concedere sul piano politico e cercò di elaborare una nuova politica che salvaguardasse almeno il suo predominio economico. 
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Uomini politici dell'Africa del XX secolo che hanno condotto all'indipendenza
alcuni dei Paesi già soggetti al colonialismo francese e inglese:
1. Jomo Kenyatta, nato nella tribù dei Kikuyu in Kenia (Kenya, indipendente dal 1963);
2. Léopold Sedar Senghor, oltre che poeta, fondatore del Partito Indépendants
d'Outre-Mer e Presidente nel 1960 della Repubblica del Senegal;
3. Lamine Gueye, uno dei primi leader del Partito socialista africano,
è stato Presidente dell'Assemblea Nazionale del Senegal. [vedi anche sotto]


Fu l’inizio del processo di decolonizzazione. Il primo grande avvenimento fu la rivoluzione egiziana del 1952; contemporanea fu la rivolta del Maghreb francese (riconoscimento dell’autonomia a Tunisia e Marocco nel 1956); dal 1954 vi fu la guerra di Algeria, che ebbe termine soltanto nel 1962 con la proclamazione d’indipendenza della Repubblica algerina.

Nell’Africa Nera la Costa d’Oro proclamò la propria indipendenza nel 1957 e prese il nome di Ghana. La Guinea francese ebbe l’indipendenza nel 1958 rispondendo negativamente al referendum voluto da De Gaulle. L’avvenimento fondamentale fu soprattutto l’accesso all’indipendenza della colonia belga del Congo (1960).

Nel 1960 molti stati conquistarono  l’indipendenza, mentre in alcuni altri (Angola, Guinea portoghese, Mozambico, Rhodesia meridionale) proseguì una situazione di guerriglia di considerevole ampiezza e di difficilissima soluzione poiché dietro al Portogallo e ai coloni bianchi della Rhodesia meridionale stava tutta la forza della Repubblica Sudafricana, che aveva fatto dell’apartheid la propria bandiera (il regime di apartheid cesserà soltanto nel 1990 [Mandela / De Klerk], con la liberazione dal carcere di Nelson Mandela e la sua nomina alla guida dello stato). Infine, la debolezza e l’inconsistenza di molti degli stati africani sorti in quel periodo furono drammaticamente rivelate dalla instabilità e dalla frequenza dei colpi di stato oltreché, in alcuni casi, da vere e proprie guerre civili.
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4. Félix Houpouët-Boigny, Presidente in Costa d'Avorio; 5. Modibo Keita, Presidente del Mali;
6. Sékou Touré, Presidente della Guinea. Tutti e tre furono deputati all'Assemblea Nazionale francese,
promotori di lotte e movimenti a favore dei lavoratori africani e fondatori
del Rassemblement Démocratique Africain che si proponeva di lottare
per l'emancipazione politica dell'Africa e i diritti degli africani.
Patrice Lumumba, intellettuale e leader politico congolese si impegnò attivamente per l'indipendenza del Congo. Fondò nel 1958 il Movimento nazionale congolese (MNC): obiettivo di Lumumba era l'indipendenza del Congo, da conquistarsi attraverso "Pacifici negoziati" con il governo belga e nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, mediante la democratizzazione dell'amministrazione e la preparazione degli africani alla pubblica amministrazione. Il partito di Lumumba ripudiò ogni tipo di divisione tribale o provinciale, auspicando l'unità del Paese. 

Fu primo ministro congolese dopo il raggiungimento dell'indipendenza (1960), fu destituito dal presidente Kasavubu e assassinato nel 1961 dai secessionisti del Katanga.

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[vedi anche la sezione su Leopoldo II, re del Belgio, e sulla
sua dissennata e criminale politica di dominazione nel Congo]

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