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I Guerrieri dell'Arcobaleno

Di Enzo Braschi

La tribu' di lingua Algonchina dei Cree del Canada ha una leggenda, peraltro comune in un modo o nell'altro alla maggior pane delle tribu' americane, che se letta alla luce di quanto finora esposto suona come la storia delle origini del genere umano e una profezia sul nostro futuro su questa terra: e' la storia dei Guerrieri dell'Arcobaleno e ci viene narrata da un indiano pueblo di oggi.
"Gli antenati narravano che esseri dalla pelle chiara sarebbero giunti dal mare orientale su grandi canoe mosse da immense ali bianche, simili a giganteschi uccelli. Le persone scese da queste grandi imbarcazioni sarebbero state anch'esse simili a uccelli, ma avrebbero avuto i piedi di due diverse forme: uno di colomba, l'altro di aquila. Il piede di colomba rappresenterebbe una nuova splendida religione di amore e gentilezza, mentre quello di aquila rappresenterebbe l'avidita' per le ricchezze materiali, l'arroganza tecnologica e la perizia guerriera.
Per molti anni il piede artigliato dell'aquila avrebbe dominato perche', sebbene questo nuovo popolo avesse parlato molto della nuova religione, non tutti i visi pallidi vivevano secondo i suoi dettami; avrebbero invece artigliato gli indiani col loro piede di aquila, uccidendoli, sfruttandoli e infine riducendoli in schiavitu'.
Dopo aver offerto una certa resistenza a quella sopraffazione, gli indiani avrebbero perso il coraggio, finendo per lasciarsi sospingere come un gregge e segregare in territori angusti per molti molti anni. Poi pero' sarebbe venuto il tempo in cui la Terra si sarebbe ammalata a causa dell'avidita' senza freni della nuova civilta'.., liquidi e metalli mortiferi, aria irrespirabile per fumi e ceneri, e persino la pioggia, anziche' purificare la Terra, avrebbe riversato gocce avvelenate di piombo. Gli uccelli sarebbero caduti dal cielo, i pesci sarebbero venuti a galla col ventre per aria e tutte le foreste avrebbero incominciato a morire.
Quando queste previsioni avessero cominciato ad avverarsi, il popolo indiano si sarebbe trovato al colmo della miseria, ma in seguito dall'Oriente sarebbe giunta una nuova luce e gli indiani avrebbero incominciato a ritrovare la forza, l'orgoglio e la salvezza. La leggenda continuava dicendo che essi avrebbero avuto dalla loro molti fratelli e sorelle visi pallidi: le reincarnazioni degli indiani uccisi o ridotti schiavi dai primi colonizzatori bianchi. Si diceva che le anime di costoro sarebbero tornate in corpi di tutti i colori, rossi, bianchi, gialli e neri. Insieme e uniti, come i colori dell'arcobaleno, costoro avrebbero insegnato a tutte le genti del mondo come amare e rispettare la Madre Terra, della cui sostanza siamo fatti anche noi umani.
Sotto il simbolo dell'arcobaleno, tutte le razze e tutte le religioni del mondo si sarebbero unite per diffondere la grande saggezza della vita nell'armonia tra gli esseri umani e di questi con tutto il creato. Coloro che insegnavano questo credo sarebbero stati chiamati i "Guerrieri dell'Arcobaleno". Pur essendo guerrieri, avrebbero contenuto in se' gli spiriti degli antenati, avrebbero portato la luce della conoscenza nella mente e l'amore nel cuore. Non avrebbero fatto del male a nessun essere vivente. La leggenda terminava affermando che, dopo una grande battaglia, grazie alla sola orza della pace, questi Guerrieri dell'Arcobaleno avrebbero finalmente troncato l'opera di distruzione e dissacrazione della Madre Terra e che la pace e l'abbondanza avrebbero regnato per una lunga, felice e pacifica eta' dell'oro qui sulla Terra".
Non so quanti di noi siano Guerrieri dell'Arcobaleno. So comunque che ce ne sono gia' tanti in ogni luogo della Terra e che il loro numero sta crescendo sempre di piu'. Volerlo essere e' facile: basta amare e rispettare la Creazione. Volerlo essere e' difficile: si deve infatti prima di tutto imparare a disimparare molto del tanto che ci e' stato insegnato e che ci ha allontanati dalla Creazione stessa. Ci puo' volere davvero tanto tempo, costanza, amore e pazienza soprattutto verso noi stessi,
Spesso sbaglieremo ancora, spesso riterremo di essere sulla strada buona e ci accorgeremo un attimo dopo di essere ancora una volta vittime di antichi pregiudizi, stupidi luoghi comuni, modi di pensare che non ci appartengono. Le vecchie abitudini torneranno ad avere il sopravvento: e' facile non poter fare a meno, alla fine, del nostro persecutore; e' difficile lasciarsi andare alle passioni laddove esse sentano a condurci solo ad innamorarci della perfezione. Se ci si lascera' piegare come una pianta di bambu' ma si sapra' resistere, se non ci si schiantera' come una quercia che con arroganza pensa di essere incrollabile, si sara' gia' percorso un buon tratto di strada.
A quel punto si potra' continuare a voler essere un Guerriero dell'Arcobaleno. Si sara' ancora vulnerabili ma incredibilmente piu' forti che in passato, penseremo. E invece sara' anche piu' duro di com'era prima di imbarcarsi in quest'impresa. Perche' ci si sentira' soli, ed e' terribile scoprire di essere soli in mezzo a una miriade di esseri umani uguali a noi. Si avranno da dire e da fare tante cose e ci si accorgera' di non trovare orecchie disposte ad ascoltare, e non si sapra' da dove cominciare per cambiare davvero le cose. Credo inoltre che nessuno dovrebbe mai assumersi il ruolo di "insegnante" di nessun altro. Pensare di essere un maestro ritengo sia peccato molto grave. Con tutta la buona fede che si puo' avere, pare presuntuoso assumersi tale compito. Sarebbe oltremodo giusto che ognuno arrivasse a costruirsi il suo mondo con le sue stesse mani. Ma non sempre e' cosi', o quantomeno, a volte sembra opportuno il voler tentare di accorciare le distanze, soprattutto quando si avverte che i tempi lo esigono. Cosi' si deve provare a condividere con gli altri quello che si sente, che si sa, che si ritiene buono, e aspettare con pazienza di vedere germogliare i nostri semi, sempre che i semi siano quelli di una buona pianta. Puo' funzionare, cosi' come puo' risultare sforzo vano, sciocco e inutile.
Si sara' dunque soli, si sara' perduta la vecchia strada fatta di vuote certezze, ma pur sempre la strada che la maggioranza della gente percorre da sempre; si sara' sbigottiti, confusi, cosi' confusi dal giungere alla conclusione di avere sbagliato a lasciar andare tutto per.. per cosa poi? Per niente.
Quello sara' davvero il momento piu' cattivo: il baratro che ci si aprira' dinanzi e alle spalle. Ci si scoprira' in bilico su un sostegno fragilissimo: in qualunque direzione ci si voltera' non si vedra' altro che una spessa coltre di nebbia. Sotto di noi sara' il precipizio nel quale si potrebbe scivolare senza mai arrivare a toccare il fondo. Sopra, di contro, sara' l'assenza di una voce, di un segno che ci indichi che cosa fare.
Si dovra' andare avanti. Letteralmente. Bastera' trovare appena quel poco di coraggio necessario ad allungare un piede sul niente e camminare: prima un piede, poi l'altro, e poi un altro ancora... Quello che ci era parso il vuoto piu' opprimente ci sosterra', essendo cio' che facciamo il piu' solido dei fondamenti. Potremmo sentirci forse ancora soli, voltare le spalle e vedere le cose a noi familiari sfumare a poco a poco insieme alla moltitudine delle facce di chi ci e' stato compagno di viaggio per tutto quel tempo che non tornera' mai piu'; sentire freddo, provare terrore per la buia oscurita' che ci si parera' dinanzi e che dovremo attraversare.
Non credo sia cosi', che cioe' si vada incontro alla solitudine e alle tenebre. Penso, al contrario, che a quel punto del nostro percorso si accendera' una luce, che la strada si fara' piu' ampia e sicura, che voltandoci un'ultima volta vedremo altri seguirci. Non perche' presuntuosamente noi saremo stati loro d'esempio. D'esempio lo si deve essere prima di tutto per noi stessi. Semplicemente perche' altri cominceranno a non avere piu' paura, o saranno affascinati dalla paura o con essa intenderanno cimentarsi. Non e' importante capire perche' a volte si facciano certe cose. E' importante comprendere quando e' tempo di farle. E questo e' il tempo e bisogna avere fretta di farle, queste cose, se non si vuole rimanere per sempre indietro.



CHI E' ENZO BRASCHI

"Bisonte Che Corre"

Enzi Braschi e' nato a Genova, dove si e' laureato in Filosofia discutendo una tesi sulla spiritualita' dei Nativi Americani delle Grandi Pianure.
Attore televisivo e cinematografico, a tale attivita' affianca quella di scrittore, alternando lavori comici e lavori impegnati. Nel 1996 ha preso parte alla sua prima "Danza del Sole" (la cerimonia piu' sacra dei Nativi delle Grandi Pianure del Nord America) nella Riserva del lakota Minneconjou di Cheyenne River, S.Dakota, dove tornera' anche l'anno seguente. Nel '98, '99, e nell'Estate di quest'anno partecipa alla sua terza, quarta e quinta Danza del Sole fra i lakota Sicangu della Riserva di Rosebud, sempre in S.Dakota. In seguito a una visione, dal capo Blackfoot Rufus Goodstriker ha ricevuto il suo nome Indiano: "Iniumahka'", Bisonte Che Corre. Sempre sulla cultura dei Nativi Americani, Enzo Braschi ha pubblicato anche: "Il Popolo del Grande Spirito", "Sono tra noi", "Il cerchio senza fine", "Questa terra e' la Madre di Tutti". "Vicini alla Creazione" (da Atlantide agli Esseri del Tuono), e' la sua ultima opera, che recentemente ha presentato a Cagliari nel corso di un Convegno Internazionale organizzato dall'Associazione "Nonsoloterra", presieduta da Stefano Salvatici.

CARLO CARTA





DA "DRIVE IN" A "VICINI ALLA CREAZIONE"

Enzo Braschi la metamorfosi di un attore-filosofo

Grazie alla preziosa collaborazione dell'Amico Stefano Salvatici, ho conosciuto personalmente Enzo Braschi, attore-comico di grande esperienza, che ha avuto il suo apice di popolarita' con il personaggio riuscitissimo del "Paninaro" nell'indimenticabile varieta' televisivo "Drive In", ideato da Antonio Ricci. Gia' sapevo del fatto che Enzo non era un comico qualunque, e che aveva conseguito la sua laurea in Filosofia discutendo brillantemente una tesi sui "Nativi Americani", la grande passione della sua vita. A Dicembre nel corso della riuscitissima Conferenza sulle origini delle Antiche Civilta', organizzata da Stefano Salvatici, Enzo Braschi ha stupito la platea con un'intervento ispirato, mai noioso, e soprattutto dettato dal cuore. Un cuore grande quello di Enzo, profondo conoscitore degli Indiani d'America, e dei loro Insegnamenti che vengono da molto lontano, nel tempo e nello spazio. La filosofia dell'Uomo Bianco sta portando alla distruzione dell'Umanita' e non va da nessuna parte, ed i Nativi Americani questo lo sapevano da sempre e sapevano persino che l'Uomo Bianco sarebbe stato la causa di tutto questo. Enzo Braschi con il suo ultimo libro "Vicini alla Creazione" si e' spinto oltre, ha scavato nei Miti e forse nella sua stessa coscienza di uomo occidentale che come tutti noi ha perso la sua primitiva-spiritualita'. Ed a sorpresa, il 3 Marzo sempre nel corso di un'incontro-dibattito tenutosi a Cagliari organizzato dall'Associazione "Nonsoloterra", ha suggerito alcune elementi che accomunano i Sardi ai cosiddetti "Pellerossa". E' stato anche questo un dibattito strappa-applausi ed una esperienza che come ha suggerito Stefano Salvatici si ripetera' questa Estate in alcune localita' dell'Isola. Con Enzo quindi solo un'arrivederci presumibilmente a Luglio, dove grazie a Stefano in collaborazione con la Pro-loco Gesico, nel sempre piu' interessante territorio dell'Alta Trexenta confluiranno i maggiori studiosi del mondo dei misteri legati alla mitologia e soprattutto alle antiche Civilta' scomparse.

CARLO CARTA








Mensile di politica, attualità, cronaca, sport, commenti, opinioni del territorio della Trexenta comprendente i Comuni di Senorbì, Selegas, Guamaggiore, Guasila, Ortacesus, Pimentel, Barrali, Sant'Andrea Frius, San Basilio, Siurgus Donigala, Mandas, Gesico, Suelli.

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