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LA LETTERATURA NELLA SARDEGNA DEL '500

a cura del Prof. Priamo Moi

Il XVI secolo fu dominato per quanto riguarda la Sardegna e la Spagna da due figure fondamentali da Carlo I Re di Spagna noto al piu' come Carlo V imperatore degli Asburgo e da suo figlio Filippo Il noto come il "re delle carte" perche' volle accentrare su di se' tutte le pratiche che i suoi "consigli" istruivano, le quali erano sottoposte al giudizio ultimo ed insidacabile del re.
Ricordiamoci che in Sardegna allora la lingua ufficiale era il Catalano, al quale si sovrappose nei primi anni del seicento il Castigliano, che convivera' a lungo con questo e che sara' fino al 1764, la lingua ufficiale delle scuole e dei tribunali.
Secondo il Brigaglia, la Sardegna ed il sardo non entrano nel filone delle letteratura italiana perche' buona parte della cultura isolana, si sposto' verso la penisola iberica. Sempre a parere del Brigaglia essa si presenta come una letteratura riflessa incapace di elaborare i temi fondamentali e da l'impressione di una colonia letteraria dove tutto e' merce d ' importazione. Comunque per essere piu' precisi si puo' affermare che nel XVI secolo in Sardegna erano presenti tre filoni fondamentali, infatti accanto alla produzione letteraria che si esprimeva in Catalano che era la lingua strumento di governo e di egemonia culturale e politica erano presenti produzioni in italiano ed in sardo.
La Sardegna di allora era caratterizzata da un trilinguismo espressivo, ma anche psicologico e culturale, vogliamo adesso elencare alcune di queste produzioni letterarie: la prima e' una relazione dell'agostiniano Ludovico de Cotes, reggente dalla diocesi di Anpurias. In questa relazione del 1545 il Vescovo reggente ci da una descrizione esatta e non di parte della diocesi (e della Sardegna in generale).
Un ritratto indimenticabile e preciso della situazione in cui versava la chiesa sarda ci viene offerta dall'arcivescovo di Cagliari Parragues de Castillejo.
Il primate nella sua relazione al re, del gennaio 1560 cosi' dice: "tra i sacerdoti solo i migliori sanno leggere e scrivere gli altri insegnano al popolo di Dio le principali preghiere in sardo.
Da ricordare tra coloro che scrissero in Catalano l'algherese Antonio lo Frasso, che pubblica una sua raccolta nel 1573 a Barcellona. In italiano vennero pubblicate a Cagliari nel 1595 le "Rime Diverse" del nobile bosano Pietro Delitala
Un canonico di Sassari nativo in Bosa chiamato Gerolamo Araolla pubblica a Cagliari nel 1592 un' opera dal titolo: "Sa vida, su martiriu, sa morte de sos glorios martires Gavinu, Brothu e Gianuariu".
La lingua adoperata dall'Araolla e' il Logudorese; come si vede questo Breve elenco esemplifica quel trilinguismo espressivo psicologico e culturale presente allora in Sardegna. Nel 1580 fu pubblicato a Cagliari il primo libro del "De rebus Sardois" di Giovanni Francesco Fara a cui faranno seguito gli altri tre ed una pregevole opera geografica in due libri intitolata "De Corografia Sardiniae".
Una delle figure piu' interessanti della letteratura sarda del XVI secolo fu l'avvocato cagliaritano Sigismondo Arquer che scrisse un' opera storiografica dal titolo: "Sardiniae brevis historia et descriptio". L'Arquer e' un personaggio che merita di essere ricordato perche' fu uno degli attori della storia letteraria e civile della Cagliari del Cinquecento.
In quella Cagliari che nella meta' del secolo vedeva contrasti e lotte tra i vari gruppi di potere, l'Arquer venne nominato dal re di Spagna nel 1552 avvocato fiscale e patrimoniale del Regno di Sardegna. In quel tempo tanto simile per certi versi ai nostri un gruppo di potenti del quale facevano parte Cristoforo e Salvatore Aymerich, - realizzo' alcune speculazioni sul commercio del grano. Un coraggioso consigliere il Bartolomeo Selles ebbe l'ardire di denunciare pubblicamente in pieno Consiglio questa attivita' speculativa, lucrosa per quei potenti privati, ma dannosa per la comunita' e per il fisco.
Una vera e propria tempesta si scateno' a Cagliari il martedi' santo del 1552. Il consigliere Bartolomeo Selles venne assalito e percosso in pubblico mentre, vestito con le insegne del suo grado si recava in Cattedrale per assistere ad una cerimonia religiosa.
L'Amministrazione Comunale, anche perche' spinta dalla indignazione popolare, chiese la punizione per l'uomo che aveva aggredito il Selles e l'arresto per i mandanti in quanto il fatto era chiaramente lesivo delle prerogative riconosciute ai consiglieri civici.
Il vice re' Lorenzo Femandez de Heredia ordino' l'arresto di alcuni esponenti del gruppo di potere responsabile sia della speculazione sul grano che dell'agressione.
La reazione da parte del gruppo fu violentissima e culmino' nell'assassinio di Bartolomeo Selles nonostante questi dietro consiglio dello stesso vice re' si fosse rifugiato nel convento di San Domenico. Quando il re di Spagna ebbe notizia dell'accaduto nomino' come abbiamo gia' detto l' Arquer avvocato patrimoniale per il Regno di Sardegna.
Con la competenza e la serieta' che gli erano unanimamente riconosciute, l' Arquer porto' avanti le indagini. Questa sua onesta e serrata azione investigativa le procuro' il plauso dell' amministrazione civica ed il consenso della popolazione, ma anche l'odio implacabile della classe nobiliare e feudale. Questo e' il nitido ma fosco quadro che lo storico Giancarlo Sorgia ci da della Cagliari di quegli anni.

Passarono alcuni anni, nel 1558 un canonico della cattedrale di Cagliare accuso' Sigismondo Arquer di Luteranesimo. La campagna diffamatoria nei confronti dell'avvocato era iniziata. Nel 1558 le funzioni inquisitoriali furono affidate all'arcivescovo di Cagliari Parragues de Castillejo e fu proprio il probo porporato a portare avanti l'accurata istruttoria che alla fine scagiono' e mando' ampiamente assolto l'Arquer.
Lo stimato arcivescovo con questo suo onesto procedere ottenne due risultati: si procuro' l'odio di coloro che avevano dato inizio alla campagna diffamatoria e la riconoscenza e la ricambiata amicizia dell 'Arquer. Cinque anni dopo l'inquisitore Don Diego Calvo, sistematosi a Sassari nel Castello Regio, riapri' il processo contro Sigismondo Arquer, infatti i suoi avversari non soddisfatti dell''assoluzione che l'arcivescovo di Cagliari aveva emanato, presentarono nuove e consistenti accuse contro l'avvocato. Il dramma ebbe inizio, arrestato e torturato l' Arquer respinse tutte le accuse. Cerco' in tutti i modi di conoscere il nome dei suoi accusatori per meglio difendersi, i tentativi furono vani. Le procedure dell'Inquisizione infatti non permettevano all'imputato di conoscere il nome degli accusatori, nonostante la sua bravura di avvocato la sua difesa fu impedita anche da questo fatto.
Durante il periodo di detenzione nelle carceri di Toledo scrisse un'appassionato memoriale difensivo. Parleremo in seguito dell'importanza letteraria ed umana di questi scritti e del ritrovamento degli stessi avvenuto ad opera del grande medievalista Alberto Boscolo.
Dopo anni di galera e sofferenza gli inquisitori ritennero di avere la certezza a proposito della sua posizione di eretico. Alla fine l'Arquer mori' bruciato vivo davanti al popolo e alla nobilta' di Toledo, era il 4 del mese di giugno dell'anno del Signore 1571.
Abbiamo voluto descrivere le disavventure dell'avvocato Cagliaritano, anche per dare un quadro della situazione in cui si trovarono i Sardi in quel periodo; dominati dagli Spagnoli ed in balia di una onnipresente Inquisizione, che con i suoi testimoni in buona fede ed i suoi delatori in mala fede avvelenava i rapporti sociali e politici.
L'opera piu' citata dell'Arquer e' quella dal titolo "Sardiniae brevis historia et descriptio" che viene riportata nella "Cosmografia del Munster" quest'opera esprime un severo giudizio sulle classi al potere in Sardegna e sull'operato dell'Inquisizione e sulle condizioni del clero Sardo. Sarebbe gia' bastato questo per renderlo sospetto e vulnerabile, ma il fatto di aver collaborato col Munster noto per il suo Luteranesimo, aggravava e di molto la sua posizione. Nelle carte del processo fatto dall'inquisizione contro l'Arquer , e' stato trovato un memoriale difensivo. Questa autodifesa venne scritta dall'autore nel retro delle carte processuali dove erano riportate le testimonianze a suo carico, senza il nome degli accusatori come era costume dell'inquisizione, in questi scritti l'autore si paragona a Giobbe ed a Cristo, convinto di essere un uomo che patisce delle pene sproporzionate alle colpe vere o presunte tali. Infatti quali fossero queste colpe con precisione non si sa, esclusa l'accusa generica di essere un luterano.
Dal testo emerge il concetto di una Divinita' che si interessa e che ama l'Uomo e di un uomo che nelle sue angosce cerca Dio. Attraverso uno scritto ricco di implicazioni religiose ed etiche, egli ci propone un Dio visto come Padre Misericordioso molto lontano da quell'idea anti evangelica di un Dio inquisitore e giudice implacabile.
La sua opera e' caratterizzata da una lettura "moralistica del mondo del potere cagliaritano. La citta' viene vista come luogo di ogni nefandezza e come scrigno di corruzione e di nequizia, in essa domina una classe che essendo lontana da Dio e dalle sue leggi e come un albero che non puo' che produrre frutti marci . Il quadro e' fosco e non poteva non urtare i gruppi di potere cosi' efficacemente descritti. Possiamo solo notare che sia l'arcivescovo di Cagliari che il reggente della Diocesi di Ampurias confermano, nelle loro relazioni la situazione descritta dall'Arquer.
Ricordiamo che l'Arquer ci ha lasciato anche una piantina della citta' di Cagliari fatta a memoria ed una cartina della Sardegna con l'indicazione dei castelli. Dal punto di vista della documentazione linguistica dobbiamo citarlo anche perche' scrisse un testo trilingue in Latino, in Castigliano ed in Sardo Campidanese del "Padre Nostro".

STORIA E LETTERATURA NELLA SARDEGNA DEL 1600

Dal punto di vista politico costituzionale il seicento inizio' sotto buoni auspici, infatti nel 1603 venne convocato il Parlamento, i cosi' detti "Stamenti" che riunivano i Rappresentanti delle citta'. Questa convocazione suscito' nei sardi la speranza che il tempo dimostrera' infondata di poter essere considerati parte organica della Corona e non piu' una colonia.
Dal punto di vista culturale questo secolo vide la nascita delle due Universita' di Cagliari e di Sassari. La prima venne istituita nel 1626, quella di Sassari dopo travagliate premesse fu fondata nel 1634. A proposito di quest'ultima bisogna ricordare che fu Alessio Fontana , segretario di Carlo V e poi di Filippo II, che con un grosso lascito in denaro ed in libri ne favori' la fondazione. La donazione di Fontana avvenne nel 1558, quasi ottanta anni prima che l'Ateneo sassarese venisse istituito, ma l'opera dei notabili del luogo prosegui' instancabile fino a che non si realizzo' il sogno del segretario di Carlo V.

Il seicento fu un secolo terribile per l'Europa perche' le guerre di religione e le pestilenze la spopolarono. Per la Sardegna esso fu forse anche piu' pesante. L'indice concreto ed indicativo della situazione della nostra isola ci viene offerto dall'andamento della popolazione. Il primo censimento attendibile venne fatto nel 1589, un altro nel 1627, ai quali seguirono quelli del 1655, del 1689 e del 1698. Questi censimenti, se vengono nei loro dati rappresentati graficamente, ci pongono davanti ad una curva estremamente tormentata che evidenzia un andamento della popolazione molto irregolare. Questa demografia caratterizzata in certi periodi da notevoli saldi negativi deve essere collegata oltre che alle carestie anche alle pestilenze.
Carestie e pestilenze stanno ad indicare sia una gestione dell'agricoltura e dell'allevamento arretrata rispetto alle esigenze della societa', ma anche condizioni igieniche e sanitarie molto precarie. Un esempio di tale terribile situazione ci viene offerto dai dati relativi alla peste che imperverso' in Sardegna dal 1652 al 1656. L'epidemia parti' da Alghero nel 1652 dove fece strage, quando tre anni dopo il morbo giunse a Cagliari ed a Sassari porto' queste citta' sull'orlo del disastro, in questa ultima citta' su circa 25.000 abitanti scamparono alla morte 5060 abitanti gli altri 20.000 finirono nelle fosse comuni.

LA SACRA RAPPRESENTAZIONE NELLA SARDEGNA DEL 1600

Nel 1953 Alberto Boscolo illustre studioso di storia medievale scopri', nell'Archivio Historico Nacional di Madrid, un testo: il manoscritto intitolato "Passion" era composto da 44 strofe di 10 versi ciascuna. L'autore era l'avvocato cagliaritano Sigismondo Arquer, questa "Passione" venne redatta nel 1570 nelle carceri di Toledo nel mentre che l'autore subiva il lungo processo intentatogli dall'Inquisizione per eresia.
L'autore sulla falsa riga della passione di Cristo stila un documento, chiaramente autobiografico, quasi a volerci lasciare il suo testamento morale.
La struttura dello scritto ci mostra che esso non e' altro che una bozza una fase preparatoria da sviluppare e dalla quale ricavare, in seguito, una sacra rappresentazione.
Abbiamo voluto fare questa breve premessa, perche' la scoperta di questo significativo documento retro data l'avvio della produzione drammatica a sfondo religioso perlomeno di 60 anni.
Fino alla data della scoperta fatta da Alberto Boscolo si riteneva che la prima opera del genere fosse quella contenuta in un manoscritto del 1631 di Giovanni Francesco Carmona. Il dramma religioso in questione dal titolo: "Passion de Christo Nuestro Segnor" e' un'opera in versi, composta da 420 ottonari e 120 quartine ed e' un calco fedele della passione di Gesú cosi' come viene riportata dai Vangeli canonici.
Il manoscritto del Carmona e' datato al 1631, bisogna pero' precisare che la sacra rappresentazione ivi riportata venne messa in scena per la prima volta nella chiesa di San Saturnino a Cagliari nel giorno del giovedi' Santo del 1629.
Giovanni Francesco Carmona e' da ricordare per un'altra opera di diverso genere letterario intitolata: "AIabanças de San George". Il nucleo centrale dello scritto consiste in una diatriba, una discussione vivace tra un pastore ed un cittadino.
Dall'incontro scontro, del duello verbale, tra lo inurbato ed il villico emergono con chiarezza gli squilibri esistenti tra il mondo agropastorale abbandonato e sfruttato ed il mondo della citta'.
Il duello verbale questa e' la novita' avviene attraverso due lingue diverse; il Campidanese parlato dal pastore ed il Castigliano parlato dal cittadino.
L'uso di questo duplice registro linguistico da parte degli attori principali offre lo spunto per situazioni comiche ed esiliranti che rimarcano le differenze tra abitanti di citta' ed i villici (campagnoli).
Altra figura di spicco del '600 letterario sardo e' quella di Frate Antonio Maria da Esterzili.
Di questo seguace di Francesco d'Assisi si conoscono con certezza alcune notizie; la data della morte avvenuta a Sanluri il 26 Aprile 1727, quando il Nostro aveva appena compiuto 82 anni . Si sa che visse per un certo periodo nel convento di Sanluri e che all'eta' del trapasso aveva "maturato" 57 anni di vita religiosa.
L'opera complessiva del frate e' una trilogia riguardante la nascita, la passione e la deposizione dalla croce di Gesu' .
A Seui per interessamento della Parrocchia e della Amministrazione Comunale e' stato rappresentato il dramma sacro dal titolo: "Representacion del la Comedia del desenclavamiento de la Cruz de Jesu' Christo Nuestro Segnor".
Questa come abbiamo detto fa parte di una trilogia comprendente altre due composizioni. La prima ci e' giunta col titolo di: "Concueta del Nacimento de Chirsto", la seconda invece e' intitolata: "Comedia de la Passion de Nuestro Segnor Jesu' Christo".
Quest'ultima venne presentata a Cagliari nel 1675. La "Representacion" e' l'opera piu' breve delle tre che abbiamo citato, e' composto da un prologo e da un atto unico, il numero totale dei versi e' di 1772. Due sono le lingue adoperate nella composizione di questo dramma religioso, per le didascalie viene usato il castigliano mentre il testo e' in campidanese con prestiti dal logudorese, dal catalano e dal castigliano.

Priamo Moi








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