Charles Messier e il suo Catalogo

di Fredi De Maria


Intorno alla metà del XVIII sec., l’umanità si trovava alle soglie dell’età delle grandi osservazioni degli spazi siderali. Ad oltre mille anni dall’Almagesto di Tolomeo, Tycho Brahe e Keplero, Galileo e Newton, Flamsteed ed Halley, Cassini ed Hevelius avevano già fornito contributi immensi chi all’astronomia posizionale e chi alla lacerazione dei veli che le tenebre del medioevo e il malinteso aristotelismo avevano steso sulla comprensione della natura dell’universo e sulle leggi che ne regolano la vita.

Tuttavia i veri, grandi osservatori telescopici erano ancora di là da venire, a parte Giovan Battista Hodierna, le cui misconosciute osservazioni e teorie sulle nebulae avevano troppo precorso i tempi, un secolo prima, e non erano riuscite a destare l’interesse dei contemporanei. Nel 1758 Dollond avrebbe perfezionato l’obbiettivo acromatico, e nel giro di pochi decenni i grandi riflettori di Herschel avrebbero squarciato le tenebre che ancora celavano le remote profondità dei cieli. Ma sarebbe stato il francese Charles Messier a porre le fondamenta dell’astronomia telescopica dello spazio profondo con il suo catalogo di nebulose ed amassi stellari. E ciò malgrado la sua statura scientifica fosse tutt’altro che eccelsa; ma era un accanito cercatore di comete, e dunque un eccezionale e infaticabile osservatore. Esattamente come Giovan Battista Hodierna.

Sarebbe decisamente azzardato definire Messier un grande astronomo. Eppure, il suo catalogo rappresenta una tappa di importanza fondamentale nella storia dell’osservazione di questo tipo di oggetti, e ancora oggi, nonostante l’importanza e la ricchezza, per esempio, del New General Catalogue, quando si parla di oggetti che fanno parte del catalogo Messier si indicano sempre con quella sigla (M1, M42, M31...) piuttosto che con quella NGC. Per non parlare di un oggetto come la "Eagle Nebula", IC4703: viene comunemente indicata come M16 anche se Messier non la osservò mai: M16, infatti, è l’ammasso NGC6611 con essa associato.

Come già detto, Messier era interessato soprattutto alle comete. Agli astronomi del XX sec. questo esagerato interesse appare banale e mal riposto: con le moderne conoscenze sulla vastità dell’universo, le comete appaiono oggetti relativamente insignificanti. Ma ad un astronomo di 200 anni fa, erano le statiche, evanescenti nebulose ad apparire tali. Agli astronomi del 1759 erano note, dall’inizio dei tempi, soltanto una cinquantina di comete (ognuna delle quali aveva destato nell’immaginario collettivo, a causa del turbamento apportato all’immutabilità dei cieli, oscuri timori e nefasti presagi); nei cinquant’anni seguenti, il solo Messier ne avrebbe osservato personalmente più che altrettante.

L’avverarsi della predizione di Halley sul ritorno della cometa che porta il suo nome (gran trionfo per le teorie newtoniane) aggiunse ulteriore slancio allo studio delle comete. La prima notorietà di Messier, in effetti, è legata a questa cometa.

Nel 1751 Messier era arrivato, dalla nativa Lorena, a Parigi, dove era stato assunto come disegnatore dall’astronomo Joseph Nicholas Delisle. Durante il suo lavoro di disegnatore, Messier venne anche istruito all’uso degli strumenti astronomici, e dal 1754 si fece un’esperienza notevole di osservatore, dato che a lui veniva assegnata la maggior parte del lavoro "sul campo". Poco più tardi, assunse la mansione di impiegato presso l’Osservatorio della Marina di Parigi.

In quel periodo, gli astronomi di tutto il mondo si preparavano al primo ritorno previsto della Cometa di Halley. Delisle aveva disegnato una grande mappa, che mostrava tutte le possibili rotte che la cometa avrebbe dovuto percorrere per arrivare al perielio in vari giorni. Nessuno dubitava che grazie a questo schema l’assistente di Delisle, Messier appunto, sarebbe stato il primo a scoprire la cometa. Per ben 18 mesi Messier sistematicamente cercò, ma senza successo, dato che era stato fuorviato dalle mappe di Delisle. E così, nella notte di Natale del 1758, un certo Palitzsch, dilettante sassone, effettuò la prima osservazione del ritorno della cometa. Qualche giorno dopo, sempre in Germania, la Halley fu osservata anche da altri. Ma la notizia dell’avvenuta scoperta tardò circa tre mesi a raggiungere la Francia.

Un mese più tardi, il 21 gennaio 1759, Messier, ignaro delle osservazioni tedesche, trovò per conto suo la cometa. Ma Delisle, abbastanza incomprensibilmente, gli vietò di diffondere la notizia, finché anche in Francia non giunse l’annuncio della scoperta di Palitzsch. Come non bastasse, nessuno volle credere che Delisle avesse impedito a Messier di dare l’annuncio, e gli astronomi rifiutarono di prendere in considerazione le registrazioni delle osservazioni di Messier fatte fin allora.

In ogni modo, Delisle di lì a poco si ritirò, e Messier continuò il suo lavoro dalla torre dell’Hotel de Cluny a Parigi. Scoprì la cometa del 1764, e da allora, fino alle soglie del XIX sec., ne scoprì almeno altre 13, tanto da meritarsi l’appellativo, coniato da Luigi XV, di "Cacciatore di comete". Era questa l’attività alla quale teneva di più, e a quella era convinto di dover affidare la sua fama presso i posteri; e, in realtà, gliene dette a sufficienza presso i contemporanei: a quel tempo, infatti, l’interesse per le comete era incomparabilmente superiore a quello per le pressoché sconosciute nebulae. Oltre che alle comete, d’altra parte, Messier era estremamente interessato ad altri fenomeni quali occultazioni, transiti, eclissi, fenomeni meteorologici. Ma le sue inconsistenti basi teoriche, del tutto inadeguate rispetto alla sua ambizione, lo limitavano ai dati osservativi: lo sviluppo matematico, come i calcoli delle orbite cometarie, era delegato interamente ai suoi assistenti.

La sua fama, in ogni modo, era tale, anche oltre i confini della Francia, che dopo la morte di Lacaille nel 1762 egli veniva considerato il più importante astronomo francese. Già nel 1758 era divenuto membro della Royal Society inglese, e più tardi dell’Accademia di Berlino. In seguito divenne anche membro dell’Accademia di San Pietroburgo, e di tante e tante altre; ma dovette aspettare fino al 1770 per diventare accademico di Francia.

Messier iniziò quasi subito a contribuire, con un gran numero di "Memorie" astronomiche, al giornale dell’Accademia. E la prima di queste "Memorie" fu quella che gli avrebbe dato fama immortale: il "Catalogue des Nébuleuses et des amas d’étoiles, que l’on découvre parmi les étoiles fixes, sur l’horizon de Paris" : era la prima stesura del Catalogo Messier.

L’elenco di quegli oggetti partiva da lontano: il primo oggetto, la "Crab Nebula" nel Toro, era stata scoperta (o meglio, riscoperta indipendentemente, come vedremo) il 28 agosto 1758, mentre Messier stava seguendo una cometa che aveva trovato due settimane prima. Così racconta nelle sue memorie: "Quando la cometa del 1758 si trovò fra le corna del Toro, scoprii al di sopra del corno meridionale e a poca distanza dalla stella z Tauri una luce biancastra, che si allungava in guisa della luce di una candela, e che non conteneva stelle. Questa luce era abbastanza simile a quella della cometa che avevo osservato prima; tuttavia, era un po’ troppo brillante, troppo bianca, e troppo allungata per essere la cometa, che prima mi era sempre apparsa quasi rotonda, senza traccia di coda o punta." Come avrebbe fatto in seguito per molti altri oggetti, la nebula nel Toro fu inserita nella carta della cometa.

L’oggetto seguente, l’ammasso globulare in Acquario che oggi chiamiamo M2, fu inserito nella mappa relativa alla cometa di Halley, benché non sia stato effettivamente osservato prima del 1760. Ma il proposito di compilare un catalogo di tali oggetti non fu preso sul serio fino al 1764. A quel punto, nel giro di soli sette mesi Messier incluse altre 38 voci nel suo elenco.

Nel gennaio del 1765, Messier trovò casualmente l’ammasso galattico M41, vicino a Sirio; nel marzo del 1769 determinò le posizioni di tre oggetti ben noti: la Nebulosa di Orione (M42 e M43), le Pleiadi e il "Praesepe"; con queste tre aggiunte, il catalogo contava 45 voci. La maggioranza degli oggetti era stata scoperta o riscoperta indipendentemente dallo stesso Messier, ma un gran numero di essi era stato osservato in precedenza da altri astronomi, e quando Messier ne veniva a conoscenza ne attribuiva il dovuto credito nella descrizione accanto alla registrazione. La prima edizione del catalogo apparve nelle Mémoires de l’Académie del 1771 (effettivamente pubblicate nel 1774). Nello stesso anno fu pubblicato anche nelle "Ephémérides" di Lalande per il !775-1784.

Il 19 febbraio 1771, soltanto tre notti dopo la presentazione della sua prima Memoria all’Accademia, Messier registrò le posizioni di altri quattro ammassi: erano soltanto le prime delle 23 nebulae che saranno aggiunte nel supplemento al catalogo originale che sarà pubblicato nel 1780. La maggior parte di questi oggetti furono scoperti durante osservazioni di comete, qualcuno (M53, M67, M57, M60 ecc.) era stato osservato da altri prima che da lui, M55 era uno degli oggetti di Lacaille, che Messier aveva cercato altre volte senza trovarlo. Due dei primi oggetti aggiunti al catalogo costituirono un bel rebus per gli astronomi che cercarono di osservarli: nelle posizioni che Messier aveva indicato per M47 ed M48, infatti, non c’è assolutamente nulla. Il rebus è stato comunque risolto abbastanza recentemente, nel 1959 (anche se già nel 1934 Oswald Thomas aveva dato la giusta soluzione per M47, ma senza spiegazioni dettagliate) da T. F. Morris.

Dopo il 1780 un altro nome appare sempre più di frequente negli annali degli scopritori di comete: è quello di Pierre Méchain.

Durante le sue ricerche di comete fra il 1780 e il 1781, Méchain scoprì qualcosa come 32 nuovi oggetti: queste scoperte venivano comunicate puntualmente a Messier, che riosservava ogni oggetto e ne determinava la posizione. Messier fece la sua ultima osservazione relativa al catalogo il 13 aprile 1781, portando così a 100 il numero di oggetti catalogati. 24 di queste ultime aggiunte erano dovute a scoperte di Méchain. E v’erano altre tre osservazioni di Méchain che Messier non poté controllare, ma che aggiunse ugualmente al catalogo (le sole eccezioni che abbia mai fatto alla regola di non catalogare alcun oggetto che egli stesso non avesse osservato): e fu a ciò che si deve il fatto che l’oggetto catalogato come M102 in realtà non esista, essendo, per ammissione dello stesso Méchain, un’erronea registrazione dello stesso oggetto indicato come M101.