Esistevano:
- fonti comuni: il testo di La Fontaine (che nel suo dipanarsi in cinque videate poteva
essere letto sequenzialmente o ipertestualmente a partire dalle ¨parole calde¨
interne); il libro con i dialoghi in rima; le musiche scelte per accompagnare alcuni
eventi ...
- produzioni di classe: i titoli , le didascalie, il braille, le metafore, gli esiti
condivisi sulla morale ...
- ricerche collettive: notizie di carattere storico - geografico e scientifico sulla
volpe, sulla cicogna, sul bosco ...
Ma c´erano anche:
- materiali individuali: le favole disegnate da ogni bambino o le filastrocche inventate
...
- percorsi divergenti: il mio punto di vista al posto della cicogna, l´illustrazione
soggettiva del ¨C´era una volta¨, inteso come tempo della favola ...
CHE FARE?
Per le parti comuni e convergenti si trattò solo di
adoperare un paio di forbici, con un pizzico di astuzia, per
sfrondare testi troppo lunghi o imparare a farli a pezzi, allo scopo di renderne fruibile
la lettura sullo schermo.
Per i percorsi soggettivi e divergenti ci si appellò di volta in volta a criteri
differenti, a seconda dei materiali da trattare.
I bambini decisero ad esempio che era corretto e democratico riportare tutte le opinioni
riferite all´assunzione del punto di vista della cicogna, seppur sintetizzandole o
mescolando quelle simili, mentre per i disegni si stabilì che era sufficiente che
l´applicazione mostrasse un prodotto a testa, che ogni autore avrebbe scelto liberamente
all´interno della propria cartellina di lavoro.
Stessa regola servì per negoziare la registrazione dei pulsanti sonori riferiti ai
dialoghi dei personaggi e alla recita dei testi in rima: una a testa, tenendo però conto
di preferenze e di simpatie manifeste, fatta eccezione del bimbo ipo-vedente, che
contribuì con la sua voce alla scansione vocalica e alla lettura di tutte le scritte in
braille.
Le poesie non erano numerose, così fu possibile adoperarle tutte, come pure le
illustrazioni trovate su libri, riviste o poster.
Per quanto riguarda l´interfaccia vennero decise all´inizio
solo poche regole di navigazione, sfruttando per lo più gli strumenti interni al
programma Amico, per la loro autoevidenza e la semplicità degli inviti operativi,
nascosti dietro icone, pulsanti, bottoni trasparenti e ¨hotwords¨ (parole calde).
Non a caso i pulsanti per sfogliare l´iperlibro in maniera sequenziale sono facilmente
riconoscibili in ogni videata, perché contrassegnati da icone standard (ad esempio le
frecce per muoversi avanti e indietro, l´icona del foglio per mostrare documenti scritti
...), le ¨parole calde¨ colorate funzionano come titoli-guida per andare agli
approfondimenti; altri bottoni recano la scritta degli argomenti, altri ancora sono
trasparenti e nascosti, ma facilmente riconoscibili grazie alla forma a manina che
assume il puntatore del mouse.
Per quanto riguarda la flessibilità e l´articolazione
verticale/trasversale delle connessioni di struttura si finì per dar vita, ma solo
apparentemente, ad una mappa ad albero: da un argomento principale (la favola) sembrano
infatti diramarsi quelli secondari (i disegni, il braille, le rime...); in realtà ogni
percorso può essere affrontato come principale ed in virtù dei suoi collegamenti con
quelli paralleli risveglia forse l´immagine di un rizoma (fusto sotterraneo
disposto orizzontalmente, da cui nascono parallelamente foglie e nella parte inferiore
piccole radici).
|
UNA TECNICA UMILE
Noi dunque si fa così:
Per prima cosa ognuno tiene in tasca un notes. Ogni volta che gli viene un´idea ne prende
appunto. Ogni idea su un foglietto separato e scritto da una parte sola.
Un giorno si mettono insieme tutti i foglietti su un grande tavolo. Si passano a uno a uno
per scartare i doppioni. Poi si riuniscono i foglietti imparentati in grandi monti e son
capitoli. Ogni capitolo si divide in monticini e son paragrafi.
Ora si prova a dare un nome a ogni paragrafo. Se non si riesce vuol dire che non contiene
nulla o che contiene troppe cose. Qualche paragrafo sparisce. Qualcuno diventa due.
Coi nomi dei paragrafi si discute l´ordine logico finchè nasce uno schema. Con lo schema
si riordinano i monticini.
Si prende il primo monticino, si stendono sul tavolo i suoi foglietti e se ne trova
l´ordine. Ora si butta giù il testo come viene viene.
Si ciclostila per averlo davanti tutti eguale. Poi forbici, colla e matite colorate. Si
butta tutto all´aria. Si aggiungono foglietti nuovi. Si ciclostila un´altra volta.
Comincia la gara a chi scopre parole da levare, aggettivi di troppo, ripetizioni, bugie,
parole difficili, frasi troppo lunghe, due concetti in una frase sola.
Si chiama un estraneo dopo l´altro. Si bada che non siano stati troppo a scuola. Gli si
fa leggere a alta voce. Si guarda se hanno inteso quello che volevamo dire.
Si accettano i loro consigli purché siano per la chiarezza. Si rifiutano i consigli di
prudenza.
Dopo che s´è fatta tutta questa fatica, seguendo regole che valgono per tutti, si trova
sempre l´intellettuale cretino che sentenzia: ¨Questa lettera ha uno stile
personalissimo ...¨