Alghero 7-9 Dicembre 2001

Secondo Convegno di Studi sulla Storia della Pesca
organizzato dall'Università di Sassari
Facoltà di Scienze Politiche
Cattedra di Storia Economica

Relazione

"La tonnarella di Camogli e la pesca nel Golfo Paradiso tra Ottocento e Novecento"
di Annamaria "Lilla Mariotti

Lorenzo Gelosi, detto CenLa pesca nel Golfo Paradiso è sicuramente l'attività più antica praticata dagli abitanti di Camogli, come quella della sua tonnara, una tonnara minore, forse un po' misconosciuta, almeno fino a tempi più recenti in cui riviste e fotografi le hanno dedicato dei servizi, riportandola alla ribalta. E' sicuramente inferiore come dimensioni alle tonnare siciliane e sarde, ha solo due camere contro le sei o più della altre tonnare e tre sole barche, mentre le altre tonnare ne impiegano anche più di dieci. Qui non ci sono vascelli, bastarde, musciare, ma la "poltrona", che resta fissa sull'impianto ed è quella da cui viene salpata la rete, poi c'è l'"asino" che va avanti e indietro ogni giorno dal porto di Camogli ed è quella su cui viene caricato il pescato e la "vedetta", una barca più piccola, che viene portata a rimorchio dall'"asino", e che viene utilizzata dal Rais per ispezionare l'interno della rete per mezzo dello "specchio", un grosso imbuto metallico che termina con un vetro, usato da tempo immemorabile. La tonnara di Camogli è, più precisamente, una "tonnarella", ma questa denominazione non si riferisce all'estensione delle reti, ma al fatto che non pesca solo tonni, oggi diventati molto rari, ma tutte le specie di pesci che incappano nella rete. La tonnarella di Camogli viene calata a circa 400 metri da Punta Chiappa, in direzione Camogli, da Aprile a Settembre. La rete di sbarramento, detta "pedale", è legata a riva ad uno scoglio ed è lunga 340 metri, la porta d'entrata del recinto che è antistante alla "camera della morte" è larga 25 metri, a destra si trova un recinto rettangolare lungo 80 metri e a sinistra, davanti al "sacco" c'è un'anticamera di 30 metri che conduce alla "camera della morte", che misura 100 metri. La rete viene ormeggiata su un fondale che va dai 10 ai 45 metri, per mezzo di 26 ancorotti e di grosse pietre del peso di 20 Kg. ciascuna. Per mantenere le reti perimetrali perfettamente verticali vengono impiegati dei galleggianti di plastica posti a distanze regolari. Le maglie della rete, abbastanza larghe in alto, si fanno sempre più strette scendendo verso il basso. Il materiale usato per la rete è filetto di cocco (Ajengo superiore), importato dall'India e che viene lavorato a mano durante l'inverno dai due capibarca e dal figlio di uno di loro; la rete finita pesa 1.200 Kg. Il filetto di cocco è stato utilizzato in questi ultimi anni, dopo un'alternarsi di canapa e nylon, in quanto si è dimostrato il più idoneo. Non necessità di manutenzione durante la stagione di pesca, sulle sue pareti si installano delle colonie di minuscoli crostacei e alghe che attirano il pesce e per di più, alla fine della stagione, viene tagliato ed abbandonato in mare dove, essendo un materiale naturale e degradabile, diventa pastura per i pesci. Per la parte terminale della "camera della morte" viene impiegato il nylon, tinto di nero in un fornello apposito sul molo del porto di Camogli. La ciurma è composta da otto tonnarotti che si alternano in turni di quattro per settimana, guidati da un capobarca. Non esiste più la figura del Rais, questo titolo è rimasto appannaggio del vecchio Lorenzo Gelosi, detto Cen, un uomo di 88 anni di cui più di 40 passati in tonnara. Cen è una vecchia figura di pescatore rude e schivo, che non ama parlare, ma ancora adesso, all'inizio della stagione, sovrintende alla messa in mare delle reti portando i tesori della sua esperienza e durante l'inverno lavora anche lui alla preparazione delle reti passando ore in un vecchio magazzino, chino sul filato di cocco.

Nella nostra tonnara non si è mai effettuata la mattanza, se necessario venivano solo recuperati con arpioni gli esemplari più grossi. Alla tonnara di Camogli si effettuano tre "levate" al giorno, all'alba, in tarda mattinata e nel tardo pomeriggio e da sempre il pesce viene issato sulla barca dai tonnarotti che tirano su la rete a forza di braccia dalla barca mobile, avvicinandosi lentamente alla barca fissa, sulla quale viene caricato il pescato che poi torna a Camogli. E, cosa strana, queste operazioni si effettuano nel silenzio più assoluto, né canti, né grida, accompagnano la "levata". Solo, alle volte, qualche pittoresco intercalare se qualcosa non funziona.

A Camogli non esiste un'industria per la lavorazione del tonno, solo anticamente, nell'800, veniva preparata la "tunnina" sotto sale in un piccolo locale situato in un vicoletto sul lungomare ed esportata verso il Piemonte, la Lombardia e, qualcuno dice, anche l'Inghilterra. C'è stato, negli anni '50 un tentativo di inscatolamento del tonno e di altri pesci da parte di un'industria locale che fabbricava reti, ma l'esperimento è durato solo 4 anni ed è stato abbandonato perché poco remunerativo.

Le prime notizie storiche sulla tonnara di Camogli risalgono al 1603, ma è sicuramente più antica dato cha da altri documenti risulta che nel 1300 era già in funzione una tonnara nel Golfo Tigullio, tra Portofino e Santa Margherita Ligure e nel 1500 un'altra tonnara si trovava a Monterosso, nelle Cinque terre. Questa tonnara, tra il 1636 ed il 1667, veniva considerata seconda in ordine di importanza, dopo quella di Camogli e prima di quella di Santa Margherita (1). Si sa che la pesca dei tonni era praticata fin dall'antichità, lo dimostrano i graffiti nella grotta del Genovese a Levanzo e antichi vasi greci e romani che riproducono chiaramente questo pesce. Come scrive Silvio Torre nel suo libro "Le Magie del Tonno" già nel IV secolo a.c. Archestrato da Gela, poeta e gastronomo, parla del tonno nella cucina dell'epoca. Il "garum", una specie di condimento fatto con le interiora del tonno, era molto conosciuto ed apprezzato dai Romani.

Se siano stati i Fenici o i Greci ad introdurre questa pesca nel Mediterraneo è ancora poco chiaro, di certo gli Arabi intorno al 1000 introdussero la pesca della tonnara in Sicilia dove, tra l'VIII ed il XX Secolo erano in funzione circa 80 tonnare, mentre ora ne sono rimaste solo due. (2)

In una comunità piccola come Camogli anticamente la pesca del tonno poteva portare lavoro per molti. Certamente l'economia di questo piccolo centro ha gravitato per molto tempo intorno alla tonnara, con l'impiego di mano d'opera locale per la costruzione e la manutenzione delle barche, poi fabbri, calafati, fabbricanti di "corbe" (ceste) che erano fabbricate delle misura giusta per contenere un certo quantitativo di pesce, calcolato in "rubbi" (ogni rubbo corrisponde a circo 8 Kg) e poi per la preparazione delle reti e le corde, che anticamente erano fatte utilizzando la "lisca" (Ampelodesmos tenax), una pianta con foglie lunghe e sottili che cresce spontanea sul Monte di Portofino e che, dopo una lunga e accurata lavorazione, dà corde resistenti all'usura del mare e che venivano ancora fabbricate fin o ai primi anni '60 a San Fruttuoso, una piccola frazione di Camogli, sede di un'antica abbazia e di una piccola comunità di pescatori, raggiungibile solo in barca. Oggi questa pianta è protetta e non può più essere raccolta, ma le vecchie attrezzature sono ancora usate per fabbricare i cavi destinati alla tonnara di Camogli, utilizzando il filetto di cocco lo stesso che viene utilizzato per le reti. La manifattura delle reti inoltre era anticamente affidata alle mani capaci degli abitanti di Camogli, soprattutto alle donne e tante famiglie vivevano dei proventi di questo lavoro, fino al 1904, anno in cui fu impiantata una fabbrica di reti a Camogli, e ancora una volta furono le donne ad annodare le reti, non più sedute sulla porta di casa chiaccherando con le vicine, come in passato, ma all'interno di questo moderno stabilimento, intrecciando le reti con le macchine, prima utilizzando il cotone e poi, a partire dagli anni '50, il nylon. Questa fabbrica ha cessato la produzione nel 1990.

Da documenti dell'archivio di stato risulta che dal 1603 fino al 1709 si susseguono dei Decreti che stabiliscono che parte dei tonni pescati dovevano essere distribuiti alla popolazione di Camogli per loro uso e che la tonnara "…non potesse salariare in marinai ed inservienti che persone della parrocchia…" . Le autorità avevano un occhio di riguardo per la popolazione locale che doveva avere cibo e lavoro. Di questo obbligo di consegnare tonni al Municipio si trova ancora traccia in altri documenti dell'archivio storico del Comune di Camogli tra il 1801 e il 1817. Sempre in questi documenti si legge, in varie date, che l'amministratore della tonnara aveva l'obbligo di passare al Municipio parte degli introiti della vendita del tonno, che si effettuava sul mercato di Genova, per sopperire alle spese comunali. Inoltre la tonnara era molto controllata dalle autorità Municipali se l'allora Amministratore della tonnara Antonio Senno veniva convocato in Municipio il 30 Aprile 1801 con i libri contabili per fornire non meglio specificati chiarimenti sulla sua gestione. Certo il lavoro non bastava per tutti e molti tonnarotti si spostavano verso altre tonnare, in Sicilia, in Toscana e in Sardegna, dove una comunità di questi pescatori, stabilitisi all'Asinara tra il 1700 ed il 1800, fondò in seguito Stintino. I proventi della tonnara servirono, in tempi più antichi, anche per finanziare in parte importanti opere pubbliche e religiose : tra il 1621 ed il 1624 finanziarono i lavori di prolungamento del porto di Camogli e nel 1629 servirono per il completamento del Santuario del Boschetto su una collinetta prospiciente il paese. Le cifre spese per queste opere non sono registrate da nessuna parte, non doveva essere considerato importante a quell'epoca, veniva semplicemente usato quanto era ritenuto necessario.

I pescatori di Camogli al lavoroContemporaneamente alla pesca della tonnara a Camogli si sviluppavano altri tipi di pesca, il più importante dei quali era la pesca delle acciughe praticata alla Gorgona e che veniva chiamata "la crociera dei cento giorni" perché durava tre mesi. Le cronache riportano che questo tipo di pesca si svolse tra il 1810 e il 1890, ma da un libro cassa custodito nell'archivio dell'Arciconfraternita dei SS. Prospero e Caterina di Camogli risulta che nel 1742 i pescatori di ritorno dalla campagna della Gorgona consegnarono all'Oratorio, oltre al decimo loro dovuto come istituzione religiosa, un ulteriore quantitativo di pesce, dalla cui vendita furono ricavate in totale Lire 300; altre fonti attestano che l'ultima campagna avvenne nel 1918, mentre dalla viva voce di un pescatore di 78 anni ho saputo che lui stesso ha preso parte all'ultima campagna di pesca alla Gorgona nel 1939, quando aveva 16 anni, con un equipaggio di 6 persone. Questa pesca annuale, veniva praticata con i leudi, grossi gozzi di 5 o 6 tonnellate di stazza, adatti per il piccolo cabotaggio ed armati con vela latina e remi. Almeno un terzo della popolazione maschile di Camogli vi prendeva parte e la partenza era fissata per Maggio, subito dopo la festa di San Fortunato, patrono dei Pescatori, che si teneva nella seconda domenica di quel mese. Gli equipaggi venivano scelti dai capibarca sulla calata del porto sotto l'edicola della Madonna del Buon Viaggio e non era raro che di essi facessero parte anche persone venute dalla campagna sovrastante Camogli e bambini di 8, 10 anni, poi i leudi venivano caricati con barili di legno vuoti e sale grosso, oltre a provviste non deperibili, come legumi, pesce o carne salata, l'immancabile galletta, insieme a fichi secchi e limoni della vallata per sopperire alla mancanza di cibo fresco. In tempi più recenti fa la sua apparizione a bordo anche un preziosissimo pacchetto con un "etto" di caffè, che veniva portato unicamente a scopo medicinale in caso di bisogno. La mattina della partenza una processione, preceduta dal parroco che portava la reliquia di San Prospero, lasciava la chiesa tra uno scampanio a festa e raggiungeva il porto dove, con la formula "San Prospero, proteggi gli uomini, le barche e le reti" benediceva la piccola flotta, dopodiché venivano alzate le vele e in un paio di giorni, con vento buono, i leudi arrivavano a destinazione, utilizzando anche i remi in caso di mancanza di vento. Le acciughe appena pescate finivano subito nei barili sotto sale ed il pescato veniva poi venduto a Livorno a mercanti inglesi che, dopo un accurato controllo della qualità del prodotto, lo inviavano in Inghilterra. Il ricavato dall'ultima calata delle reti veniva portato a Camogli in parte per uso locale e in parte venduto per pagare le provviste e le attrezzature di bordo. Il ricavato della vendita del pesce a Livorno veniva diviso tra l'equipaggio durante il ritorno; un sesto veniva messo da parte per la Chiesa di Camogli, poi c'era una parte per la barca e le reti, una per il capitano e quella per l'equipaggio che veniva diviso in base ai compiti a bordo. Ai più piccoli restava la parte più esigua, ma molti di quei bambini uscivano da quella scuola con un'esperienza tale che avrebbe loro permesso in seguito di affrontare ben altri velieri e ben altri mari e di fare una brillante carriera. Alcuni di questi leudi erano spesso di proprietà di armatori camogliesi che vedevano in questa attività una ulteriore fonte di profitto e a metà del 1800 nel porto di Camogli se ne contavano 120. Nel 1939 la flotta era ridotta a poche decine di unità con propulsione a motore, ma le modalità di pesca erano le stesse di sempre : la rete calata al tramonto, il sale grosso macinato a mano, le acciughe pulite a bordo da un esperto marinaio, messe sotto sale rigorosamente dal capobarca e poi vendute a Livorno. La parola "crociera" può suggerire l'idea di un'avventurosa spedizione, in realtà si trattava di sopportare improbe fatiche, l'equipaggio dormiva a bordo come poteva, mangiava quando poteva e solo la domenica poteva gustare un pasto caldo, raramente scendevano a terra e l'igiene personale era quello che era, le mani erano piagate dal continuo salpare le funi delle reti e al ritorno a casa questo uomini non si erano certo arricchiti.

Per tornare alla tonnara notizie del 1867 ci rivelano che dovette pagare un canone di 920 Lire, senza specificare per quale periodo (3). Il 4 Marzo 1875 nell'Ufficio del Registro di Recco, su istanza del Consiglio Municipale di Camogli, fu rilasciato, da Parte del Demanio dello Stato, un Atto di Concessione per l'esercizio della pesca nelle acque della tonnara di Camogli per la durata di sei anni. Il 3 Ottobre del 1877 in un non meglio precisato "Ufficio Comunale" di Camogli fu aperta "un'asta per mezzo di candela vergine, per l'appalto a tutto il 1880 dell'esercizio della pesca nelle acque della tonnara così detta di Camogli, al prezzo annuo di lire trecento, pagabili di semestre in semestre anticipato". Quest'asta fu tenuta dal Regio Delegato Straordinario Cav. Simone Schiaffino ed il sistema "ad estinzione" di candela vergine funzionava così : si accendevano delle candele una dietro l'altra, se la terza si estingueva senza che fossero state fatte offerte, l'asta veniva dichiarata deserta, se venivano fatte delle offerte, si aggiudicava l'appalto l'ultimo offerente che, dopo la terza candela, avesse lasciato estinguere una candela vergine senza che fossero state fatte altre offerte. In quell'occasione i partecipanti erano due : Fortunato Bertolotto e Filippo Massa. Si aggiudicò l'appalto Fortunato Bertolotto con un'offerta di trecentodieci lire.

Nel 1883 la tonnara fu ripristinata con un canone annuo di lire 200 e negli anni tra il 1890 ed il 1893 fu data in concessione a Pasquale Viacava che impiegò 19 marinai, poi dal 1894 al 1896 a Giuseppe ed Edmondo Gnocco, in società con Giacomo Murando questa volta prima con 20 marinai e poi con 25 marinai (4). Questo nonostante che nel 1884 la tonnara di Camogli, a quell'epoca in concessione ad Andrea Cichero, non fosse più considerata remunerativa ed interessante dato che non effettuava più la vera pesca del tonno, ma catturava qualsiasi tipo di pesce entrasse nella rete (5). Non si sa in che data sia cessata la gestione di privati, per certo dal 1910 al 1923 fu gestita dalla "Cooperativa SS. Prospero e Caterina", fondata appositamente e amministrata dal Cap. Elia Cichero. Era composta da 20 soci, tutti pescatori, che avevano pagato 10 lire ciascuno per essere ammessi a farne parte e che in più tirarono fuori di tasca loro i soldi necessari per costituirne il capitale sociale. Dopo un altro periodo di inattività un'altra cooperativa venne costituita in gran pompa nel 1937. Il 7 Febbraio di quell'anno, nell'Aula Magna del Municipio, alla presenza di tutte le Autorità e dei pescatori Camogliesi veniva costituita la "Soc. An. Cooperativa Tonnarella di Camogli". Promotore di questa iniziativa era stato l'allora Podestà Giuseppe Bozzo, il quale anticipò di tasca propria i soldi necessari per la rimessa in opera. Di questo avvenimento si trova traccia in una scarna annotazione dell'allora Bibliotecario Luigi Costa : "1937 …. Fu ripresa in primavera l'antica pesca della tonnara di Camogli, sospesa già da diversi anni." Dai dati statistici di fine anno risultò che la Tonnara, dal 10 Aprile al 29 Ottobre di quell'anno, aveva pescato 50.500 Kg. di pesce tra cui, oltre a quello che viene definito un buon quantitativo di tonni, anche delfini, pescicani, squali martello, squali elefante, un balenottero e ben 6.635 Kg. di pesce luna (Mola mola), palamiti e altre varietà. L'importo corrisposto a ciascuno dei Soci lavoratori fu di 105.000 lire. L'anno dopo la tonnara fu messa in mare in ritardo a causa del ritardato arrivo del cordame di canapa per preparare le reti e non ci sono dati sul risultato della pesca. Passiamo al 1943 : nell'autunno di quell'anno, in due giorni, incapparono nelle reti 64 tonni, per un peso complessivo di 1.050 Kg. Dal 1943 al 1945 la tonnara non fu messa in mare a causa del totale divieto di navigazione nelle acque del golfo imposto dai tedeschi, ma riprese la sua attività al termine del conflitto e funzionò ininterrottamente fino al 1979, rimase ancora ferma per due anni finché, nel 1982, è stata rilevata dalla Cooperativa Pescatori di Camogli che ancora la gestisce.

Non è stato possibile reperire le registrazioni del pescato della tonnara di Camogli in questo ultimi anni. I documenti della precedente Cooperativa Tonnarella di Camogli sono andati distrutti o perduti ed è stato un compito molto arduo tentare di ottenere dei dati dall'attuale Cooperativa Pescatori. Le uniche informazioni che ho le ho dedotte da uno studio fatto nel 1975 dal Prof. Ferdinando Boero dell'Università di Lecce e che ricopre un periodo di 25 anni, dal 1950 al 1974, relativo quindi alla vecchia gestione. Tralasciando tutte le altre specie pescate, mi limito a parlare del pregiato tonno rosso, il bluefin in inglese, il Thunnus thynnus. La pesca di questo esemplare presenta un andamento alterno e sempre con pesci di peso piuttosto modesto, comunque in 25 anni ne sono stati pescati 1.480 (quanti ne vengono pescato in una sola stagione in una tonnara Siciliana) per un peso totale di 7.785 Kg. Se invece parliamo del palamito (Sarda sarda), altro esemplare molto pescato, nello stesso periodo ne sono stati pescati 105.630 Kg. Quest'anno ho visto in pescheria alcuni tonni rossi, del peso di circa 20 Kg. ciascuno ed ho saputo dai titolari della Cooperativa che provenivano da una tonnara volante siciliana posizionata davanti a Savona, cioè sul classico percorso est/ovest dei tonni, quindi questo potrebbe avere influito sulla mancata cattura di questo pesce da parte della tonnara di Camogli.

Fino alla metà degli anni '70 avveniva spesso che rimanessero ammagliati nelle reti della tonnara dei grossi esemplari di pesci atlantici, difficilmente reperibili nel nostro mare : si trattava di grossi squali, balenotteri, una volta una grossa manta, poi una gigantesca tartaruga e due marlin bianchi. Una volta venne pescato uno strano, grosso pesce coloratissimo che venne identificato da Jacques Cousteau come appartenente alla famiglia dei pesci luna, un "Lampris luna" o pesce imperatore, specie che vive prevalentemente in mari caldi ed a grandi profondità. Come questi grossi pesci siano entrati nel Golfo di Camogli è e resterà sempre un mistero, si diceva persino che entrassero al seguito dei mercantili e dei transatlantici diretti al Porto di Genova, ma questa è una mera ipotesi. Alcuni di questi esemplari si trovano ora al museo di storia naturale di Genova e dopo quegli anni catture di questo tipo sono diventate sempre più rare.

Una "mugginara"Un altro tipo di pesca caratteristico di Camogli è quello con la "mugginara", anch'essa di origine antichissima. Si tratta di una lunga rete a sacco, che calata stagionalmente da Aprile a Settembre, ogni giorno, da un terrazzino costruito appositamente a picco sul mare, tra la zona in cui viene calata la tonnara e Punta Chiappa, uno sperone di roccia che si protende in mare alla base del Monte di Portofino e chiude ad est il Golfo Paradiso. Questa rete somiglia vagamente ad una piccola tonnara volante, deve essere calata in un punto in cui l'acqua sia molto profonda in modo che vada giù a picco e la sua imboccatura sia rivolta verso l'alto. Un uomo sta di guardia su questo terrazzino attento ad ogni movimento, mentre due uomini in basso, su due barche, aspettano il segnale per chiudere la rete. Come suggerisce il nome questa rete viene calata per catturare soprattutto i muggini che entrano nel golfo da est proprio in quella zona, ma naturalmente anche qualsiasi altro tipo di pesce. La rete, una volta recuperato il pescato dalle barche, viene tirata su e portata a terra per essere riutilizzata il giorno seguente. Purtroppo non c'è più nessuno che abbia la pazienza di passare ore accovacciato sul bordo del terrazzino ad aspettare che la rete si riempia, così, da diverse stagioni, la mugginara non viene più calata e anche questa, come tante altre tradizioni, si va perdendo.

Diverse sono le attrezzature usate dal pescatore Camogliese per i vari tipi di pesca. C'è il palamito, una lunga lenza, molto resistente, che può portare anche 1500 ami, ognuno innescato con l'esca giusta, che serve per pescare dalla occhiate fino ai pesci spada, a seconda che venga calata più o meno al largo. Poi ci sono il tremaglio, la rete di posta e la rete di profondità che viene calata oltre gli 80 metri e con la quale si catturano anche le aragoste. Gli altri tipi di rete vengono utilizzati vicino o lontano dalla costa secondo le condizioni del mare e delle correnti, vengono posti in mare con un andamento ad esse ed il loro scopo è quello di catturare pesce di passaggio che rimane ammagliato nella rete.

Non dimentichiamo la "lampara" altro tipo di pesca antico che pare importato a Camogli proprio dai pescatori delle Gorgona, che lo avevano appreso da pescatori Napoletani. Questo tipo di pesca viene praticato prevalentemente in estate e poco dopo il tramonto di vedono le barche da pesca con il loro equipaggio di sei persone a bordo uscire lentamente dal porto portando a rimorchio una o più barche di dimensioni inferiori che hanno a poppa una grossa lampada rivolta verso il basso ad all'interno un generatore di corrente. Anticamente la luce proveniva da un piccolo braciere sporgente nel quale venivano bruciate pigne e legni secchi, in seguito sostituito da lampade ad acetilene, a vapori di benzina, petrolio, gas metano e batterie da automobile. Ormai la tecnologia è arrivata anche qui e sulla barca principale si trovano un sonar ed un ecoscandaglio che vengono utilizzati per localizzare i banchi di pesce. Trovato il posto idoneo, la lampara (che è una rete circolare) viene posizionata e al suo centro viene collocata la barca con la lampada, detta "luce" mentre i capi della rete sono tenuti sulla barca più grande e viene salpata ogni volta che questa è piena di pesce. La lampara viene spostata diverse volte durante la notte a seconda degli spostamenti dei banchi di pesce a all'alba i pescatori tornano in porto con le barche a rimorchio ed il pesce che finirà subito sui banchi della locale pescheria e nei ristoranti camogliesi.

Il "Tecla"La pesca a Camogli è gestita dalla Cooperativa Pescatori di Camogli con trenta gozzi e trenta Soci armatori, nonché dieci dipendenti a terra ed uno stabilimento per la lavorazione del pesce, dove vengono prodotte acciughe salate che vengono lavorate freschissime, appena pescate e rigorosamente a mano, come facevano già in passato quei rudi uomini della Gorgona. C'è rimasto un unico peschereccio, perché ormai da tempo è stata data la preferenza ai grossi gozzi, più maneggevoli e più facili da gestire, ma il "Tecla", questo è il suo nome, esce in mare tutto l'anno, con condizioni meteo favorevoli, e si vede la sua inconfondibile sagoma alcune miglia al largo, andare avanti e indietro per il golfo, trascinandosi dietro la sua grossa rete. Ed è una festa il suo rientro in porto, prima del tramonto; una piccola folla lo attende sulla calata osservando il contenuto delle cassette che vengono scaricate e commentando ad alta voce, prima che il pesce venga avviato, come abbiamo già visto, ai ristoranti locali ed alla pescheria, anch'essa gestita dalla Cooperativa Pescatori.

Tutti questi sistemi di pesca sono compatibili con l'ambiente per il quale il pescatore di Camogli ha sempre avuto un grande rispetto, soprattutto per il fatto che qui la pesca viene praticata nell'Area Marina Protetta del Monte di Portofino.

Io non ho portato dati, cifre e statistiche, ma la testimonianza di una realtà particolare e anomala. La pesca a Camogli, anche quella della tonnara, nasce povera; prima, in tempi antichi, come mezzo di sostentamento per la famiglia, poi, in seguito, per il sostentamento della comunità laica e religiosa, solo quello che rimaneva veniva venduto. Non è che sia mancata una mentalità imprenditoriale, come dimostra anche l'attività di inscatolamento del pesce intrapresa negli anni '50, chiusa dopo pochi anni solo per la mancanza della materia prima in quanto era intesa come un'industria basata sulla pesca locale. Bisogna anche considerare che difficilmente le nuove generazioni oggi vogliono avvicinarsi a questo mestiere così faticoso e poco remunerativo e che il mare non è più pescoso come una volta, vuoi per l'inquinamento, vuoi per la pesca indiscriminata fatta nel passato. Forse al pescatore di Camogli basta portare avanti con ostinazione un mestiere antico, radunandosi in cooperative come nel passato e pensando solo al suo lavoro. Quanto si è pescato e quanto si è guadagnato è una cosa che riguarda solo lui, non va comunicata con facilità ad estranei. Il pescatore di Camogli è un uomo schivo, non ama parlare, forse intere notti passate in mare, nel silenzio più assoluto, con la sola compagnia dei gabbiani e dei delfini, lo hanno reso così e a me piace rispettare questo loro silenzio, fare solo tesoro delle scarne informazioni ottenute perché da loro, nonostante tutto, ho imparato molte cose, ho scoperto la loro grande dignità ed il desiderio di nascondere la grande fatica quotidiana, lasciandola correre via con un semplice gesto della mano, come a dire "non è importante ".

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Note bibliografiche:
(1) Gino R. Coppedé – La Pesca nelle Cinque Terre e l'esercizio della Tonnata di Monterosso dal Secolo XVI al secolo XIX
(2) Ninni Ravazza, L'ultima muciara - Maurici Editore, Trapani 1999
(3) Cav. Arturo Ferretto, Il distretto di Chiavari preromano, romano e medioevale – Chiavari 1928
(4) Corrado Parona, La pesca marittima in Liguria – Genova 1898
(5) Pietro Pavesi, Relazione alla Commissione Reale per le Tonnare – Roma 1889

 

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