Storia palazzo Piacentini, già casa Fiorani

 

L’Arco dei Fiorani o dell’Immacolata

Ma i Fiorani fecero di più: nel 1857, in occasione della promulgazione da parte di papa Pio IX del dogma dell’Immacolata Concezione del 1854, favoriti dagli appoggi ecclesiastici del Governo Centrale Pontificio, vollero costruirsi un arco aereo che, partendo dalla loro dimora, elevandosi sopra via dei Vetturini, si andasse ad unire con una nuova casa fabbricata a sud-ovest rispetto a quella principale. Parliamo ovviamente del famoso Arco dei Fiorani che più volte abbiamo visto in immagine d’epoca e che fu fatto saltare in aria dai guastatori tedeschi per coprire la ritirata delle truppe durante l’ultimo conflitto mondiale, ostruendo così l’inizio dell’unica strada di penetrazione verso l’interno. Ma tornando alla situazione ottocentesca dobbiamo dire che quell’arco costruito “in quattro e quattro otto” ed intitolato un po’ furbescamente proprio all’Immacolata, fu subito attaccato dai cittadini che si lamentarono sì per l’illegalità ma soprattutto per motivi concreti come l’oscurità che adombrava la via sottostante, unica strada rotabile che collegava il “paese alto” alla “marina”, oltre ai superstiziosi dell’epoca che vi fantasticavano sopra.

I dissapori furono alimentati anche dagli strascichi che Anastasio Fiorani andò lasciando in qualità di priore per via delle accese discussioni che aveva avuto coi parroci del tempo, in difesa delle proprietà comunali.

Di lì a poco la situazione precipitò e furono soprattutto i consiglieri comunali Tiburzio Merlini e Cesare Paielli, in una seduta nei primi anni della S. Benedetto ormai appartenente al Regno d’Italia, che ebbero il coraggio di denunciare pubblicamente quel’ arco. Costoro agirono sicuramente per motivi di pubblico ornato, affermando l’abusivismo della costruzione, ma in particolare il Merlini (cugino carnale dei fratelli Fiorani) fu mosso da motivi personali poiché l’arco fu costruito per collegare le case Fiorani, ma di fatto si andava ad appoggiare sulla casa e proprietà Merlini. Ma ormai l’arco era lì e non bastarono le denunce, le lamentele e le polemiche per eliminarlo, e i Merlini pensarono bene di costruirsi, proprio in questo periodo, una nuova dimora sita a sud del torrente Albula, oltre ad altre case con stalle, rimesse, orti e corti costruite nella stessa zona. 

Il venditore di sali e tabacchi, Tiburzio Merlini, comunque, preferì vivere nella casa paterna sino alla fine dei suoi giorni (1868), mentre il nipote Pietro si trasferì nella nuova dimora.
Oggi a memoria della famiglia Fiorani e della loro casa rimane solo quello che è stato denominato Palazzo Piacentini e che corrisponde a quello che fu il terzo e il quarto piano della dimora preesistente e che sono rispettivamente il piano terra e il primo piano del fabbricato che ammiriamo su via del Consolato, splendidamente restaurato. Ciò anche perché furono gli stessi Piacentini – Rinaldi che nel corso del ‘900 iniziarono a frazionare la dimora, vendendo dapprima i tre piani che sorgono su via Fileni (già via dei Vetturini) alla Sig.ra Zallocco Anna in Trevisani e poi una parte della loro dimora alla Sig.ra. Pia Ceccarelli in Scaramazza. Il nostro augurio è che casa Fiorani torni ad essere “quel centro” tanto caro alla Bice Piacentini ove ci si radunava per conversare e fare cultura la S. Benedetto “bene” del tempo, ove si ascoltavano sonetti  romanze, e meravigliose melodie eseguite al pianoforte.

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