Dalla  costellazione  della  "LINCE"  a  quella  della   "VOLPETTA"
Per i più importanti oggetti astronomici sono presenti i Link alle immagini.

LYNX (40 Lyncis 3,3 m 170 a.l. M0)

-NGC2419: il più lontano ammasso globulare considerato però extra galattico per la sua enorme distanza di 210.000 a.l. dal centro galattico e di 182.000 a.l. dal Sole. Distanza paragonabile a quella delle Nubi di Magellano. Tale ammasso fu scoperto da Herschel nel 1788 e studiato più a fondo da suo figlio John nel 1833. Lord Rosse nel 1861 lo riconobbe come ammasso globulare, impresa non facile visto che le stelle più brillanti sono appena di magnit.17. La magnit .globale di 11,5 è abbastanza elevata, e per scorgere tale ammasso basta un telescopio da dilettante: apparirà come una indistinta macchia chiara del diametro di 2'. Il diametro reale dell'ammasso è di 380 a.l. e la sua luminosità equivale a quella di 175 mila Soli.

 

LYRA (Vega 0,0 m 26 a.l. A1)

-M57 (NGC6720): Nebulosa planetaria anulare. Risulta molto bella con un telescopio a specchio da 40 cm e ingrandimento 250 X. Basta già un riflettore 114/900 per vedere l’anello. Dista c.a. 1500 a.l., ha un diam. pari a 1/2 a.l. (30 mila U.A.) e la sua densità è di gran lunga inferiore a quella del più perfetto vuoto pneumatico ottenibile in laboratorio. I gas di M57 sono tuttora in espansione alla vel. di ca. 20 Km/s. Supponendo che sia sempre stato così, l’esplosione della stella dovrebbe essere avvenuta ca. 20 mila anni fa. La massa totale (nebulosa e stella centrale) è ca. quella del Sole, ma il meccanismo della fluorescenza è così efficiente nell’emettere luce che la luminosità di M57 equivale ad una cinquantina di stelle come il Sole. Il suo aspetto è quello di un anello di fumo azzurrino. Le sue dimensioni sono di 80" x 60" (1/30 del diam. app. della Luna). La sua luce è molto fioca: M57 appare di magnit.apparente 9, quasi 100 volte più debole delle stelle visibili ad occhio nudo. Nel centro dell’anello c’è una stellina, una nana bianca di colore bluastro (visibile con un telesc. da 150 mm) di magnit.14,7 (4 mila volte più debole delle stelle più deboli visibili ad occhio nudo). La stellina centrale fu osservata per la I volta da F. Von Hahn intorno al 1800. M57 è stato il I esempio di nebulosa planetaria ad essere scoperta. Fu scoperta nel 1779 dall’astronomo francese Darquier e osservata lo stesso anno da Messier, che la immaginò formata di molte minuscole stelline non distinguibili. Anche William Herschel (ex musicista e uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi) nel 1785 la descrisse come un probabile anello di stelle, annoverandola tra le "cose più curiose del cielo" e così la pensò anche uno dei padri dell’astrofisica: Padre Angelo Secchi nella II metà dell’Ottocento. Sappiamo invece che si tratta di una nube di gas in espansione e che questi gas diventano fluorescenti per l’azione eccitatrice della stella centrale (similmente alle lampade al neon) La stellina centrale ha infatti una temperatura superficiale di ben 100 mila K e quindi emette molta radiazione UV. I raggi ultravioletti ionizzano gli atomi di ossigeno strappando loro due elettroni. Per un certo tempo non si riuscì a comprendere tale meccanismo e si interpretò lo spettro di M57 come il prodotto di un ipotetico elemento chimico sconosciuto sulla Terra, il nebulio. Al telescopio l’anello di M57 appare azzurro, ma ciò si deve solo alla scarsa sensibilità dell’occhio ai colori quando la luce è debole. All’interno l’anello tende al giallo, poi all’arancione e infine al rosso: lo provano le fotografie a lunga esposizione. Non è neppure esatto parlare di "anello": vediamo così M57 per motivi prospettici, in quanto ai bordi lo strato di gas fluorescente è più spesso. Al centro dell’anello la luce emessa è appena 1/20 rispetto ai bordi.

-M56: ammasso globulare tra magnit. 11 e 14. Ha un diam. di 60 a.l. ed è distante 46.000 a.l. M56 si trova a metà strada tra beta Cygni (Albireo) e gamma Lyrae. E' uno dei globulari meno luminosi, ed in particolare manca del nucleo brillante che solitamente hanno questo tipo di ammassi stellari. Nonostante ciò, non è troppo difficile da risolvere, anche se si trova ad una discreta distanza. Il diametro approssimato è di 60 anni luce. Questo sciame stellare si sta dirigendo nella nostra direzione alla notevole velocità di 145 km/s. In M56 sono state identificate una dozzina di variabili.

 

MENSA (Alpha 5,1 m 28 a.l. G5)

 

MICROSCOPIUM (Alpha 5,0 m 240 a.l. G6)

 

MONOCEROS (Alpha 3,9 m 180 a.l. K0)

- NGC2237-9 e NGC2244: è una complessa combinazione di una debole nebulosa diffusa, chiamata "Nebulosa Rosetta" e un ammasso aperto di ca. 16 stelle. Dista 3.600 a.l. e ha un diametro di 55 a.l. Essa circonda un ammasso aperto di stelle giovani, alcune di "soli" 3 milioni di anni, nate dalla condensazione della parte centrale della nebulosa stessa, che infatti appare più rarefatta al centro, ciò che la fa appunto somigliare ad una rosa sbocciata. Il diametro è di 80'. L’ammasso ha al centro 12 Mon, una stella gigante gialla di 6° mag. E contiene materia sufficiente per formare 11.000 Soli. L’ammasso è visibile già con un binocolo. La formazione di nuovi astri è qui osservabile nei suoi vari stadi: dai globuli di Bok alle stelle neonate al centro della "rosa". Purtroppo l'osservazione di un oggetto così esteso e debole riesce difficile. Già un potente binocolo (80 mm) e a basso ingrandimento (11-15 diam.) consente di indovinare la forma della nebulosa. Un telescopio a basso "X" mostrerà meglio le stelle al centro, ma solo le foto a lunga posa fatte con strumenti potenti potranno evidenziare perfettamente la "rosa" centrale. I"globuli di Bok" sono la caratteristica più interessante di NGC2237. Hanno dimensioni di 2-3 primi d'arco. La loro composizione è quella classica delle nubi interstellari: per ogni 10.000 atomi di idrogeno abbiamo 1.200 atomi di elio, 3-4 atomi di ossigeno, 2 atomi di carbonio, ecc. Inoltre contengono un granello di polvere cosmica ogni 1.000 miliardi di atomi di gas, aventi ognuno un diametro pari a 0,0005 mm. I globuli di Bok hanno un diametro di circa 1 anno luce e la loro materia collassa verso il centro gravitazionale alla velocità di mezzo Km/sec., per cui in 1 milione di anni la temperatura centrale può salire dagli originari 5-15 gradi Kelvin sino a livelli tali da innescare reazioni termonucleari. Tali "globuli" sarebbero quindi lo stadio che immediatamente precede le protostelle. Ricerche recenti fatte da Herbst dell'Università di York e da Turner dell'Università di Toronto hanno comunicato che un globulo noto come "Lynds 810" sembra contenere una stella molto giovane e calda. Morto nel 1983 Bart Bok raccontava che a suggerirgli la parola " globuli" per quelle formazioni oscure furono dei grumi di burro galleggianti sulla panna del latte (non certo dieta mediterranea). 

-NGC2264: ammasso aperto battezzato da Copeland "L'albero di Natale". Come la nebulosa Rosetta, tale oggetto è un'altra combinazione di un ammasso aperto e di una nebulosa oscura. La nebulosa oscura, chiamata nebulosa "Cono", è visibile solo in foto a lunga esposizione ed è posta nella parte meridionale della nebulosa a 30’ dalla stella più luminosa. L’estensione della nebulosa “Cono” è di 10’, pari a 6 anni luce se la distanza corretta è di 2600 a.l. da noi. L’ammasso è visibile in qualunque binocolo come un grappolo di forma triangolare composto da ca. 40 stelle (tra mag. 4,6 e 9,3), lungo ca. 30’, con la stella più luminosa (magn.4,6) nel centro della base. Tale stella, leggermente variabile, ha la sigla S Mon o S Monoceris (il numero di Flamsteed è 15), ha uno spettro O7 ed una magnit.assoluta di -5, ossia l’energia emessa da 8500 stelle come il Sole. L'età del giovane ammasso, che contiene infatti molte stelle variabili di tipo T Tauri, è di pochi milioni di anni.

-NGC2261: la c.d."Nebulosa variabile di Hubble" è il primo oggetto ad essere fotografato con il telesc. di mt. 5 Palomar, il 26/1/1949 giorno della sua inaugurazione. E' ubicata presso la stella 13 Mon di magnit.4 ed è visibile anche con piccoli strumenti utilizzati con forti ingrandimenti. La nebulosa a riflessione e ad emissione è ricca di ammassi aperti, di nubi di idrogeno e di sacche oscure di polveri, ed era già stata scoperta da Herschel (il noto astronomo che faceva l'organista a Bath) nel 1783 e la variabilità della sua luce e della sua forma fu rivelata da Schmidt e Athens nel 1861. La struttura è triangolare e ricorda vagamente una cometa. La parte più luminosa è lunga 1'. Lampland ha scattato in 30 anni, dall'Osservatorio Lowell, 900 foto dell'oggetto: l'aspetto muta molto rapidamente, con oscillazioni luminose di oltre 1 mag. e improvvisi oscuramenti e rischiaramenti di certe parti della nebulosa, senza nessun tipo di periodicità. Queste fluttuazioni, tenendo conto della distanza di 2.600 a.l. e che si sviluppano al ritmo di 1" in 4 gg., sembrano avvenire alla velocità della luce. Il principale ciclo di variabilità ha un periodo di 1 anno. Hubble nel 1916 confrontò le fotografie della nebulosa scattate per ca. 16 anni. Egli si accorse che l'intera nebulosa era soggetta a variazioni, sia morfologiche che di splendore apparente (max escursione 2 magnitudine). L'oggetto è mediamente però di magnit.10,0. Pare che immersa nei gas ci sia una stella e si è anche pensato che possa trattarsi di un sistema planetario in formazione, ipotesi rafforzata da un 'intensa emissione nell'infrarosso collegata a polvere interstellare. La stella, R Monocerotis, dal 1861 è stata vista variare irregolarmente di ben oltre 4 magnitudini. Le variazioni sono probabilmente causate da opache nubi di polvere che sono frapposte tra la stella nascosta e la nebulosa visibile. Abbiamo intense emissioni nella banda dell'infrarosso: ciò può dipendere dalla polvere interstellare (la luce riemessa è fortemente polarizzata) e/o da pianeti in formazione.

 

-M50: ammasso aperto scoperto da G. D. Cassini nel 1711 e classificato da Messier nel 1772. Ha una magnit. globale di 6,3 e contiene ca. 200 stelle in un'area di 20' di diametro. Dista 2.900 a.l. Questo ammasso venne scoperto il 5 aprile 1772 da Messier, ma forse G.D. Cassini lo aveva già osservato prima del 1711. L'ammasso aperto M50 si trova probabilmente a circa 3.000 anni luce di distanza. Il suo diametro angolare di 15'x20' corrisponde quindi ad una dimensione lineare di circa 18 anni luce, la regione centrale densa misura però solo 10' o 9 anni luce di diametro. J.E. Gore ha stimato, analizzando le lastre fotografiche ottenute da Isaac Roberts nel 1893, una popolazione di circa 200 membri. Nella classificazione di Trumpler è di tipo I,2,m (Glyn Jones), II,3,m (Sky Catalog 2000) o II,3,r (Götz). Visualmente viene descritto con una "sagoma a forma di cuore" da Mallas e Kreimer. Secondo Kenneth Glyn Jones, la stella più luminosa è di tipo spettrale B8 e di magnitudine 9,0 mentre lo Sky Catalog 2000 la indica di classe spettrale B6 e di mag. 7,85, l'età stimata è di 78 milioni di anni. 7' a sud del centro si trova una gigante rossa di tipo M, il cui colore contrasta vivamente le stelle bianco-azzurre nelle vicinanze. L'ammasso contiene anche alcune giganti gialle.

"Il Rettangolo rosso"
Sulla forma singolare di questa nebulosa, ubicata nell'Unicorno, si è creata una sorta di mistero. Al centro della nebulosa c'è un giovane sistema binario che probabilmente l'ha formata, ma come? Potrebbe trattarsi di una nana bianca che attrae materia da una gigante rossa. La stella centrale è HD44179.
Questo tipo di nebulose presentano un "flusso bipolare" che trasporta quantità significative di materia dalle stelle che stanno al centro. Si è ipotizzato che le stelle centrali creino una coppia di getti che precedono come in una trottola.
Questi getti potrebbero lanciare dei gas in un disco sottile di cui noi vediamo il bordo, cosicché ci appare come un rettangolo. Anche l'emissione della nebulosa è singolare poiché la luce infrarossa che emette potrebbe essere associata a molecole contenenti carbonio e/o a molecole organiche (idrocarburi aromatici policiclici) che possono vivere solo nelle relativamente fredde parti esterne della nebulosa.

(A cura di: http://www.mclink.it/mclink/astro/ids/old/ids_0697.htm)

 

 

MUSCA (Alpha 2,7 m 365 a.l. B3)

-NGC4372: ammasso globulare 8,0 m 16.000 a.l.

-NGC4833: ammasso globulare 7,0 m 17.000 a.l.

 

 

NORMA (Gamma 2 Normae 4,1 m 130 a.l. G8)

-NGC6067: ammasso aperto 120 stelle 6,7 m 6.800 a.l.

-NGC6087: ammasso aperto 35 stelle 6,0 m 3.000 a.l.

-NGC6134: ammasso aperto 60 stelle 9,1 m 2.600 a.l.

-NGC5946: ammasso globulare 10,0 m 31.000 a.l.

Menzel 3 - Nebulosa formica
La nebulosa planetaria Menzel 3 (Mz3) è anche chiamata "nebulosa formica" per la somiglianza della sua struttura al corpo di questo insetto. La stella centrale è di tipo solare. La curiosa forma a due lobi, che si estendono in direzioni opposte rispetto alla stella centrale, non è una novità: molte nebulose planetarie assumono questo tipo di simmetria. Menzel 3, pur assomigliando a Eta Carinae e a M2-9, si distingue comunque come un caso particolare.
Object Name: Mz 3 • Menzel 3 • The "Ant Nebula"
Object Description: Planetary Nebula in the Milky Way Galaxy
Position (J2000): R.A. 16h 17m 17.35s - Dec. -51° 59' 00"
Constellation: Norma
Distance: About 900 pc (3000 light-years)
Dimensions: The object is roughly 1 arcminute or 0.5 pc (1.6 light-years) long.
(01.02.2001)

Lo studio delle nebulose planetarie, originate da stelle di dimensioni paragonabili al nostro Sole, è utile agli astronomi per capire le ultime fasi evolutive delle stelle e quindi il destino del Sole stesso. Il contributo del telescopio spaziale Hubble in questo campo è notevole. In particolare, gli astronomi si sono resi conto della sorprendente varietà e complessità del fenomeno della "morte" delle stelle che, fino a qualche anno fa sembrava molto più semplice e regolare. Gli astronomi si chiedono come mai una stella, che possiede simmetria sferica, produca una nebulosa a due lobi. Le spiegazioni possibili sono fondamentalmente due. Secondo una prima ipotesi la stella di Mz3 possiede una compagna in orbita molto stretta che esercita una notevole forza di marea in grado di influenzare il percorso dei gas espulsi. Si calcola che la stella compagna non dovrebbe distare dalla stella centrale più di quanto la Terra dista dal Sole. Di conseguenza, dato che in queste ultime fasi evolutive la stella centrale possiede un notevole diametro, l'orbita della compagna potrebbe trovarsi molto vicina alla sua superficie, se non addirittura inglobata all'interno di essa.
Una seconda spiegazione si basa sul campo magnetico: la stella morente è in rotazione e le linee di forza del suo forte campo magnetico si avvolgono in forme complesse nello spazio circostante. Le particelle cariche che costituiscono il vento stellare, si muovono ad alta velocità seguendo il percorso attorcigliato delle linee di forza del campo magnetico e producendo le forme che si possono osservare. Il vento stellare, molto simile al nostro vento solare, viaggia a oltre mille chilometri al secondo, ma è un milione di volte più denso. Il gas si rende visibile per fluorescenza. Le cause della fluorescenza possono essere cercate nell'eccitazione dovuta all'intensa luce ultravioletta emessa dalla calda stella centrale, oppure dalla collisione supersonica con il gas circostante.

 

OCTANS (Alpha 5,2 m 230 a.l. F4)

 

OPHIUCUS (Ras Alhague 2,1 m 60 a.l. A5)

-M9: ammasso globulare di magnit.8,00. Ha un diam. di 2,4'. Dista 26.000 a.l. Orbita molto vicino al nucleo galattico, dal quale dista appena 7.000 a.l. Possiede una luminosità totale di 60 mila Soli

-M10: ammasso globulare di magnit.7,0 con un diam. di 8' e dista 16 mila a.l.

-M12: ammasso globulare di magnit.7,0 con un diam. di 9' e dista 16-24 mila a.l.

-M14: ammasso globulare descritto da Messier come "una nebulosa senza stelle" e poi risolto da Herschel nel 1783. Ha una magnit. di 9,5 e dista 50.000 a.l. In esso è apparsa una nova nel 1938. Si conoscono solo due casi di nove in ammassi globulari.

-M19: ammasso globulare: 8,3 m, 20.000 a.l.

-M107: ammasso globulare: 9,2 m, 19.000 a.l.

-M2-9 (nebulosa "a farfalla" o bipolare”) è un esempio eclatante di una nebulosa "a farfalla" o bipolare. Un altro nome più appropriato potrebbe essere "nebulosa a doppio getto". Infatti sembra che la stella emetta in direzioni opposte un getto di gas molto simile a quello espulso da un motore a razzo. Effettivamente, dall'analisi della forma della nebulosa e delle velocità dei gas (più di 350 km/s) il paragone ad un getto super-super-sonico è abbastanza calzante. Dallo studio delle dimensioni della nebulosa, che aumentano lentamente nel tempo, è possibile concludere che si è formata solo 1200 anni fa. La stella centrale in M2-9 è nota come stella doppia molto ravvicinata: è addirittura possibile che le due stelle siano parzialmente compenetrate. Gli astronomi pensano che la gravità di una stella strappi il gas debolmente legato all'altra e lo scagli nello spazio, dove si compatta in un disco denso e sottile che circonda entrambe le stelle. Il disco, che ha un diametro pari a 10 volte l'orbita di Plutone, può essere visto solo in immagini a corta esposizione ottenute con il telescopio spaziale Hubble. Il vento stellare ad alta velocità emesso da una delle stelle si scontra con il disco circostante, che funge da ugello. Il vento è dunque deflesso in direzione perpendicolare e forma la coppia di getti visibili nell'immagine. Modelli simili sono usati per descrivere l'idrodinamica dei gas espulsi dai motori a razzo: i gas che bruciano e si espandono violentemente sono deviati dalle pareti del motore attraverso un ugello per formare lunghi e collimati getti di aria calda ad alta velocità. M2-9 si trova nella costellazione dell'Ofiuco alla distanza di 2100 anni luce. L'immagine è stata ottenuta il 2 agosto 1997 dalla camera a grande campo del Telescopio Spaziale. In questa immagine l'ossigeno neutro è rappresentato con il colore rosso, l'azoto una volta ionizzato con il verde, e l'ossigeno due volte ionizzato con il blu.

 

ORION  
BETELGEUSE  -  LA  STELLA  SUPERGIGANTE  ROSSA  CHE  ESPLODERA'  -  0,4/1,3 m 310 a.l. M2 700/1.000 volte il diam. del Sole)

-M42 (NGC1976): o "Grande Nebulosa di Orione" è una nebulosa diffusa, tra gli oggetti astronomici più noti e studiati, visibile anche ad occhio nudo come una vaga nube, che avvolge completamente il sistema di Tetha Orionis. Secondo i Sumeri Orione rappresentava l’eroe Gilgamesh che uccise il Toro celeste, e anche Uru An-na ossia lo "splendore del cielo"; per i Caldei la costellazione di Orione era Tammuz, ossia nome del mese in cui Orione sorgeva poco prima dell’alba; secondo gli antichi egizi Orione con Sahu era lo spirito di Osiride. La costellazione di Orione è anche riportata nella stele n°30 di Aosta (2.500 a.C.). E’ stata la prima nebulosa ad essere fotografata, e fu Henry Draper nel 1880 con un rifrattore da 28 cm con posa di 51 minuti. Già nel 1864, osservandone visualmente lo spettro, William Huggins aveva scoperto che la nebulosa era costituita da gas eccitato sino a diventare luminescente. La distanza è incerta: 1.600-1.900 a.l., in tal caso il diametro della nebulosa risulta ca. 30 a.l.: copre un’area di 1° x 1°. Benché la sua densità sia meno di 1/milionesimo di quella di un buon vuoto di laboratorio, contiene materia sufficiente per formare 10.000 stelle come il Sole: si tratta infatti di un immensi grembo cosmico dove stanno nascendo nuove stelle. L'analisi spettrale inizialmente ha posto alcune difficoltà. Si è ipotizzata persino l'esistenza di un elemento chimico ignoto, il "nebulio". Poi si è capito che si trattava di elementi chimici noti, ma in condizioni di eccitazione estrema. Se potessimo esaminare un campione della nebulosa di Orione di 30 cm di lato, troveremmo: 25 milioni di atomi di idrogeno, 2.5 mil.di atomi di elio, 15 mila atomi di carbonio, 6.250 di ossigeno, 5.000 di azoto, 900 di zolfo, 250 di neon, 50 di cloro, 38 di argon e 3 di fluoro. I vari colori che mostra la nebulosa M42 corrispondono a gas diversi ionizzati dalla radiazione ultravioletta delle stelle: il rosso corrisponde all'Azoto; il verde all'Idrogeno; il blu all'Ossigeno. Le stelle in formazione nella nebulosa di Orione, che comprende anche la vicina M43 (NGC1982) sono circa 300. Una scura banda di gas chiamata "bocca di pesce", una macchia più piccola e arrotondata che in realtà fa parte della stessa nube, separa M42 da M43. Il confronto tra foto prese a distanza di anni ha consentito di notare lievi mutamenti in alcune condensazioni gassose chiamate "oggetti Herbig-Haro" dal nome dei due astronomi che per primi le hanno studiate. Tali oggetti deriverebbero dell'interazione tra il vento stellare emesso dalla protostella nata dai c.d. "globuli di Bok" e i gas e polveri circostanti la protostella. Molte sono le variabili: più di 50 entro la magnit.14 e ciò è naturale: trattandosi di stelle neonate che stanno cercando un giusto equilibrio tra forza gravitazionale e pressione di radiazione. La nebulosa ha anche due intense sorgenti di raggi infrarossi. Quasi certamente una delle due è una stella in formazione. Ne sono prova le molecole d'acqua e di idrossidi che contiene e che fungono da Maser (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation) o "amplificazione di radioonde mediante emissione stimolata di radiazioni". Le radioonde emesse dalla stella nascente stimolano la radiazione delle sue molecole, fornendo un indizio della sua esistenza. Alcune parti della nebulosa si avvicinano a noi e altre si allontanano a velocità sino a 35 Km/sec., segno di moti turbolenti all'interno di questo rarefatto gas eccitato dalla radiazione ultravioletta delle stelle che vi si trovano immerse, come ad esempio il Trapezio di Orione o Tetha Orionis. Sono 4 stelle più due altre stelline. "Theta(1) Ori" è quindi una stella multipla al centro di M42, dalla quale si è recentemente formata e che illumina la stessa M42. E’ chiamata trapezio poiché con un piccolo telescopio si possono vedere 4 stelle. Con un’apertura di 100 mm sono visibili altre 2 stelle di mag.11. Nei pressi di Theta(1) Ori si trova "Theta(2) Ori", una doppia larga di mag. 5,1 e 6,4. M42 è praticamente unita ad M43 e si estendono per c.a. 1,5 gradi in direzione nord-sud e quasi per 1 grado verso est-.ovest. Del trapezio, le tre stelle più brillanti furono scoperte già nel 1656 dal grande Christiaan Huygens, che intravvide anche la quarta nel 1684. La magnitudine visuale è 4,6 e M42 è visibile già con un semplice binocolo. Nonostante l'alta luminosità, la nebulosa non è citata dagli astronomi dell'antichità e il primo ad osservarla con un telescopio fu il francese Nicola Peiresc nel 1611, seguito dallo svizzero Cysat e da Huygens nel 1656. A lui si devono i primi disegni della nebulosa, pubblicati in xilografia nel 1659. Il 4 marzo 1769 Messier preparò un disegno di M42.
Padre Angelo Secchi, uno dei padri dell’astrofisica, studiò nella II metà dell’Ottocento M42 e scrisse anche un testo sul famoso oggetto astronomico: "Sulla grande nebulosa di Orione", Firenze, Stamperia reale, 1868. In 4° grande, pagg 38 con alcuni grafici nel testo e con una grande tavola ripiegata incisa con la famosissima nebulosa di Orione osservata nel 1867 e 1868 dall’Osservatorio del Collegio romano di Roma, sopra la Chiesa di Sant'Ignazio.

Mosaico della nebulosa di Orione - By:  www.vialattea.net   -  1995
Questo spettacolare panorama a colori del centro della nebulosa di Orione è una delle più grandi fotografie che siano state assemblate da singole immagini dell'HST. Si tratta di una composizione, senza discontinuità, di 15 diversi campi e copre un'area di cielo pari al 5% dell'area della Luna piena. Il grandioso arazzo, riccamente dettagliato, rivelato dal telescopio spaziale, ci mostra una agitata regione di formazione stellare immersa in un turbolento flusso di gas luminescente. Sebbene questa immagine, che copre una regione vasta 2.5 anni luce, rappresenti solo una piccola porzione dell'intera nebulosa, ci mostra gran parte della luminosità dei suoi gas e un ammasso di stelle associato ad essa. L'HST riesce a rivelare dettagli dell'ordine di 7,3 miliardi di chilometri di diametro. La nebulosa di Orione è un vasto laboratorio utile per lo studio dei processi di formazione stellare e quindi della formazione del nostro Sole e dell'intero Sistema Solare avvenuto 4,5 milioni di anni fa. Molti dei dettagli della nebulosa non possono essere catturati in una sola immagine, come non sarebbe possibile studiare la formazione e la storia geologica del Gran Canyon con una sola istantanea. Come il Cran Canyon, la nebulosa di Orione possiede una drammatica topografia superficiale, con gas luminosi al posto delle rocce, con vette, valli e pareti. Questi gas vengono illuminati e riscaldati da un torrente di luce ultravioletta che proviene da una serie di stelle più calde e di maggior massa, chiamate Trapezio, e che si trovano verso il centro dell'immagine. Oltre al Trapezio, questa caverna stellare contiene altre 70.000 stelle a vari stadi evolutivi. Getti di gas caldi ad alta velocità emessi da alcune delle stelle più giovani, lanciano onde d'urto supersoniche che si propagano attraverso la nebulosa a 180.000 km/h. Queste onde d'urto appaiono come dei pennacchi ricurvi, talvolta forniti di noduli luminosi nella loro parte terminale (gli esempi più evidenti si trovano vicino alla stella luminosa nell'angolo in basso a sinistra). Il mosaico rivela almeno 153 nitidi dischi protoplanetari (scoperti la prima volta dall'Hubble e chiamati "proplyds" da una contrazione di protoplanetary disk) che si crede siano sistemi solari embrionali, nei quali alla fine si formeranno i pianeti (il nostro Sistema Solare è stato a lungo considerato ciò che rimane di un simile disco che si formò attorno al Sole nelle sue fasi iniziali). L'abbondanza di questi oggetti nella nebulosa di Orione rafforza l'opinione che la formazione di pianeti sia un fenomeno comune nell'universo. I proplyds che si trovano vicino alle stelle del Trapezio (centro dell'immagine) stanno perdono una parte del loro gas e delle loro polveri. La pressione di radiazione che proviene dalla stelle più calde forma delle "code" che si comportano come banderuole che puntano verso l'esterno rispetto al Trapezio. Queste code sono composte da polveri e gas spinti via dagli strati più esterni dei proplyds. Oltre ai luminosi proplyds, si distinguono anche sette dischi scuri che risaltano rispetto al fondo brillante della nebulosa. Questi oggetti consentono agli astronomi di stimare le loro masse che sono almeno da 0,1 a 730 volte la massa della nostra Terra. La nebulosa, situata a 1.500 anni luce da noi lungo il nostro stesso braccio di spirale della Via Lattea, è visibile nella regione della spada di Orione il cacciatore, una costellazione che domina la prima parte delle notti invernali alle latitudini settentrionali. Le sue stelle si sono formate in seguito al collasso di nebulose di gas interstellare durante gli ultimi milioni di anni. Le nebulose più massicce hanno formato le stelle più brillanti che si trovano presso il centro; queste sono così calde che riescono ad illuminare il gas rimasto nello spazio dopo che la formazione si è completata. Le stelle deboli, più numerose, sono ancora nella fase di collasso sotto la loro stessa gravità, ma al centro sono ormai giù abbastanza calde da trasformarsi in corpi che emettono luce propria. Per creare questo mosaico sono stati utilizzate 45 diverse immagini della nebulosa di Orione prese in blu, verde e rosso tra gennaio 1994 e marzo 1995. La luce emessa dall'ossigeno è mostrata in blu, l'idrogeno in verde e l'azoto in rosso. L'effetto complessivo di colore è vicino a quello che apparirebbe ad un osservatore che si trovasse nei pressi della nebulosa. I bordi irregolari prodotti dalle immagini HST sono stati colmati utilizzando altre immagini ottenute dall'ESO (European Southern Observatory del Cile) da Bo Reipurth e John Bally, rappresentano circa il 2% dell'intero campo e si trovano soprattutto nell'angolo in alto a sinistra.

Un sistema planetario in formazione - By:  www.vialattea.net   -  1995
I dischi di gas e polveri, che per gli astronomi rappresentano i primi stadi di formazione dei sistemi planetari, possono essere visti in luce visibile dal telescopio spaziale Hubble. Si pensa che questi dischi protoplanetari che circondano le giovani stelle (chiamati anche dischi circumstellari) sia costituiti dal 99% di gas e dall'1% di polvere. Tale piccolissima quantità di polvere è sufficiente a renderli opachi e scuri alle lunghezze d'onda del visibile. Essi si stagliano contro lo sfondo luminoso dei gas ad alta temperatura che costituiscono la nebulosa di Orione. Le giovani stelle (di circa un milione di anni di vita) che si trovano al centro di ciascun disco protoplanetario appaiono come puntolini rossi e luminosi. La massa di queste stelle va dal 30% al 150% della massa del nostro Sole. Progredendo nell'evoluzione, questi dischi possono trasformarsi in sistemi planetari come il nostro. Sebbene fino ad ora ne siano stati scoperti pochi, sembra che i dischi protoplanetari appartengano ad una famiglia piuttosto numerosa e le attuali indicazioni suggeriscono che si tratta di oggetti comuni nella nebulosa di Orione. Mark McCaughrean dell'istituto Max-Planck per l'Astronomia di Heidelberg in Germania, e il suo collaboratore C. Robert O'Dell della Rice University di Houston, Texas, hanno individuato una serie di dischi nelle riprese della nebulosa di Orione ottenute dall'HST tra gennaio 1994 e marzo 1995. Uno studio dettagliato delle loro immagini è stato pubblicato nell' Astronomical Journal. Ciascuna immagine copre 257 miliardi di chilometri (circa trenta volte il diametro del nostro Sistema Solare). Il diametro dei dischi va da due a otto volte quello del nostro Sistema Solare. I ricercatori spiegano le diverse forme circolari o ellittiche come dovute al fatto che ciascun disco è inclinato diversamente rispetto alla direzione della nostra visuale. Ciascuna foto è una composizione di tre immagini prese dalla camera WFPC2 dell'Hubble (Wide Field and Planetary Camera 2) utilizzando dei filtri a banda stretta che lasciano passare solo le lunghezze d'onda di emissione dell'ossigeno ionizzato (rappresentato in blu) dell'idrogeno (in verde) e dell'azoto (in rosso). Il gas caldo dello sfondo emette ad alta intensità in tutte queste lunghezze d'onda permettendo la visione dei dischi la cui forma si staglia scura in primo piano. In ciascun caso è ben visibile anche la stella centrale.

-B33 (Barnard 33):  Nebulosa oscura "Testa di cavallo"
Questa nebulosa oscura, detta "Testa di cavallo", è ubicata più o meno a sud della stella Z Orionis. Attorno a quest'ultima stella c'è tra l'altro NGC2023, una piccola nebulosa (di colore blu, larga 0,5°) sia ad emissione che a riflessione. B33 è solo la parte più prominente di una grande nube oscura, formata da particelle di polvere ricoperte di molecole di H2O e CO2 compresa nella nebulosa IC434. Il gas di cui quest'ultima è composta è illuminato dalla stella brillante Sigma Orionis, mentre le polveri rimangono fredde e inerti alla radiazione. E' quindi una nube oscura che si staglia sullo sfondo di una vasta regione HII, ovvero di idrogeno in gran parte ionizzato: è la nebulosa IC434 e la ionizzazione è dovuta in gran parte alla stella z Orionis. E' stato l'astronomo Barnard che per primo ha interpretato la natura dell'oggetto. Il complesso nebulare si trova a 1.650 a.l. e le sue dimensioni sono 30 x 10 a.l. La nebulosa rossa (IC434) che la circonda fu scoperta fotograficamente dall'astronomo americano W. Pickering su una foto del 1889; mentre la nube oscura fu vista su una lastra presa nel 1900 dall'inglese Isaac Roberts. La possibilità di vederla direttamente al telescopio con uno strumento di medie dimensioni (20-30 cm di apertura) è molto discussa. Molto dipende dalle condizioni del cielo, che deve essere perfettamente buio per consentire l'osservazione della debole nebulosità chiara sulla quale si staglia, in primo piano la "testa di cavallo". Per ottenere ottime fotografie,  occorrerebbe utilizzare "filtri nebulari" che lasciano passare solo certe righe spettrali (es.H alpha e H Beta).

-M78 NGC2068): Nebulosa a riflessione in Orione. Dista 1.600 a.l. ha una magnit. visuale 10,3 e dimensioni apparenti 8´x 6´. Appartiene al complesso di Orione ed è una grande nube di gas e polveri centrata sulla Nebulosa di Orione M42/M43, a circa 1.600 anni luce di distanza. E' la parte più luminosa di una vasta nube che comprende NGC 2071, NGC 2067 e la debolissima NGC 2064. M78 splende della luce riflessa di luminose stelle blu (tipo B), tra le quali la più brillante è HD 38563 di magnitudine apparente 10. All'interno ed in prossimità della nebulosa sono state rilevate 45 stelle di piccola massa con linee di emissione nell'idrogeno e variabili irregolari simili alle T Tauri. Astri di questo tipo sono stelle della sequenza principale che variano di luminosità (di circa 3 magnitudini) e di tipo spettrale (approssimativamente F o G, simili alla cromosfera solare), sono 4-5 volte più luminose di quanto suggerirebbe il tipo spettrale e sono associate a nebulosità che potrebbero essere brillanti o scure. E' probabile che queste stelle siano molto giovani ed ancora nella fase di formazione. Visualmente, M78 assomiglia ad una debole cometa. Le altre nebulose in questo campo richiedono un cielo molto scuro e sono certamente più difficili da osservare.

Reflection nebula "The Witch Head Nebula"
Double, double toil and trouble; Fire burn, and cauldron bubble - maybe Macbeth should have consulted the Witch Head Nebula. This suggestively shaped reflection nebula is associated with the bright star Rigel in the constellation Orion. More formally known as IC 2118, the Witch Head Nebula glows primarily by light reflected from Rigel, located just outside the top right corner of the above image. Fine dust in the nebula reflects the light. The blue color is caused not only by Rigel's blue color but because the dust grains reflect blue light more efficiently than red. The same physical process causes Earth's daytime sky to appear blue, although the scatterers in Earth's atmosphere are molecules of nitrogen and oxygen. The nebula lies about 1000 light-years away.

 

 

PAVO (Alpha 1,9 m 230 a.l. B3)

-NGC6744: galassia a spirale SBc, molto simile alla nostra Via Lattea, di magnitudine10,00. Diametro: 15’,5 x 10’,2.

 

PEGASUS (Markab 2,5 m 100 a.l. B9)

-M15: ammasso globulare tra i più belli. Scoperto da Jean-Dominique Maraldi nel 1746 mentre cercava una cometa, appare di magnit.6,5. Basta un piccolo telescopio per risolvere in stelle la parte esterna. Con strumenti amatoriali l’ammasso appare abbastanza piccolo (circa 7’ d’arco e 12,3’ d'arco  fotograficamente). Ammasso molto ricco e compatto: la condensazione centrale ha un diametro di appena 20". M15 è al terzo posto per il numero di stelle variabili conosciute, dopo M3 e Omega Centauri, in esso sono state scoperte 150 stelle variabili tipo RR Lyrae. Una di esse è apparentemente una Cefeide di tipo II (tipo W Virginis). Dista da noi ca. 34.000-37.000 a.l. La luminosità totale è di ca. 200 mila Soli. In uno spazio sferico dal diametro di 130 a.l. coabitano ca. mezzo milione di stelle. L’HST ha risolto fotograficamente il suo nucleo superdenso, tale nucleo probabilmente contiene un oggetto denso supermassiccio, che assomiglia a quelli contenuti nei nuclei galattici: fenomeno non frequente nei globular cluster. M15 è tra gli ammassi globulari più vicini e meglio osservabili per noi, essendo solo di poco più lontano del Centro Galattico e molto meno oscurato da materia interstellare ed è il primo ammasso globulare in cui sia stata identificata una nebulosa planetaria, Pease 1 o K 648, (Pease 1928, su lastre fotografiche prese a Mt. Wilson nel 1927). Leos Ondra ha fornito ulteriori informazioni su questa nebulosa planetaria.

Nel cuore del più denso ammasso stellare (M15) - By:  www.vialattea.net
L'antico ammasso globulare M15, distante da noi 37.000 anni luce in direzione della costellazione del Perseo, è il più fitto ammasso della nostra Galassia. Il telescopio spaziale ci consente di distinguere le numerosissime stelle immerse nel bagliore della regione centrale dell'ammasso; questa stessa regione appare come una macchia luminosa anche ai migliori telescopi terrestri. La localizzazione e l'analisi accurata della distribuzione delle 30.000 stelle addensate in una zona di soli 22 anni luce di diametro e delle stelle più periferiche aiutano gli astronomi a capire i meccanismi che hanno portato ad un simile addensamento. Essi ipotizzano infatti due principali scenari alternativi per spiegare questi straordinari avvicinamenti di corpi celesti: la presenza di un buco nero massiccio oppure un "collasso del nucleo". Secondo la prima ipotesi l'addensamento centrale di stelle può essere dovuto ad un buco nero formatosi in una fase iniziale della storia dell'ammasso. Esso deve aver guadagnato gradualmente massa a mano a mano che le stelle scendevano a spirale verso il centro e attualmente, se fosse davvero presente, dovrebbe possedere una massa pari a migliaia di volte quella del Sole. La seconda ipotesi, da molto tempo teorizzata dagli astronomi, suggerisce che in un qualche momento della storia di M15 deve essere iniziato un movimento di conversione delle stelle verso la regione centrale. Questo collasso del nucleo chiamato anche "catastrofe gravitermica", iniziato qualche milione di anni fa - un tempo brevissimo in confronto ai 12 miliardi di vita dell'ammasso - sarebbe dovuto alla reciproca attrazione gravitazionale delle numerose stelle che lo compongono. La catastrofe gravitermica dura un tempo relativamente molto breve (per questo si chiama "catastrofe") ma, affinché possa innescarsi, l'energia del moto casuale ("termico") delle stelle deve dissiparsi nel corso di diversi miliardi di anni. A questo punto le stelle collassano tutte assieme, in gruppo. Il collasso comunque non arriva mai a completarsi e non avvengono collisioni tra stelle perché si attivano altri processi dovuti a leggi fisiche che provocano una specie di "rimbalzo". Tra questi processi dispersivi il principale è quello stesso che in un sistema binario provoca l'espulsione di una terza stella la cui orbita è troppo vicina. Un'esatta misurazione delle velocità delle stelle centrali di M15 potrebbe rivelare se la causa di una tale densità di popolazione sia dovuta all'influenza di un singolo oggetto massiccio oppure, più semplicemente, alla stessa attrazione gravitazionale delle componenti. In un campo gravitazionale determinato da un buco nero, infatti, le stelle si muoverebbero più rapidamente. Queste misurazioni, pur richiedendo molto tempo, sarebbero possibili utilizzando il telescopio spaziale Hubble. Nonostante sia caratterizzato da un'estrema densità di stelle, M15 è per gli altri aspetti simile agli altri ammassi globulari che punteggiano lo spazio attorno alla nostra Galassia. Ciascun ammasso è come una galassia in miniatura, costituito da numerosissime stelle (da 100.000 a un milione) densamente raccolte in un globulo a simmetria sferica.
I più grandi e i più vicini a noi, compreso M15, sono visibili anche ad occhio nudo come deboli macchioline luminose. Gli ammassi globulari sono privi quasi del tutto di gas e polveri interstellari e le tracce di recenti formazioni stellari sono scarse. Gli astronomi ritengono che essi rappresentino i resti primordiali della formazione della Via Lattea e quindi sono dei laboratori ideali per lo studio dell'evoluzione stellare. Essi inoltre forniscono un mezzo per stimare il limite all'età dell'universo, indipendentemente dall'espansione dell'universo stesso.
Gli astronomi che hanno condotto le osservazioni guidati da Puragra Guhathakurta (UCO/Lick Observatory, UC Santa Cruz), sono: Brian Yanny (Fermi National Accelerator Laboratory), Donald Schneider (Pennsylvania State University), John Bahcall (Institute for Advanced Study, Princeton).

-NGC7331: galassia a spirale Sb distante 45 milioni di a.l. Ha una massa di 140 miliardi di stelle e un diametro di 65.000 a.l.. La sua velocità di allontanamento è ben +1.128 km/sec.

NGC7742: E' una piccola galassia vista esattamente di fronte, nella costellazione di Pegaso. NGC7742 non è però una banale galassia a spirale, ma una galassia attiva di tipo Seyfert 2, probabilmente alimentata da un buco nero residente al centro. Il nucleo è il "tuorlo" al centro dell'immagine, l'anello intorno, che dista dal nucleo soli 3.000 anni-luce, è un'area di intensa formazione stellare. Sono visibili anche deboli bracci di spirale che si avvolgono intorno alla regione centrale. La banda di materiale che circonda l'anello interno è probabilmente ciò che rimane del terreno fertile che ha alimentato l'intensa formazione stellare.

-NGC7317-20: galassie interagenti del "Quintetto di Stephan" ubicate a mezzo grado a sud-sud-ovest da NGC7331 visibili solo con grandi telescopi. Sono un gruppo di deboli galassie di magnit.14-15, una delle quali si avvicina a noi a 780 Km/sec. mentre le altre si allontanano: tale fatto ha avuto implicazioni sul "principio cosmologico" dell'espansione dell'Universo, in base al quale viene interpretato lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali delle galassie. Burbidge ha proposto una soluzione dell'enigma, ipotizzando che si tratti di un gruppo di galassie squassato da una colossale esplosione. In realtà delle cinque (e secondo taluni sei galassie) galassie, solo quattro sono fisicamente collegate. La più luminosa, invece, è molto più vicina a noi e si sovrappone prospetticamente.

"Quintetto di Stephan", NGC7317-20  (By: Chris Lasley- USA)
Galassie interagenti del "Quintetto di Stephan" ubicate in Pegaso a mezzo grado a sud-sud-ovest da NGC7331 visibili solo con grandi telescopi. Sono un gruppo di deboli galassie di magnit.14-15, una delle quali si avvicina a noi a circa 770 Km/sec. mentre le altre si allontanano: tale fatto ha avuto implicazioni sul "principio cosmologico" dell'espansione dell'Universo, in base al quale viene interpretato lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali delle galassie. Burbidge ha proposto una soluzione dell'enigma, ipotizzando che si tratti di un gruppo di galassie squassato da una colossale esplosione. In realtà delle cinque (e secondo taluni sei galassie) galassie, solo quattro sono fisicamente collegate. La più luminosa, invece, è molto più vicina a noi e si sovrappone prospetticamente.
Le cinque galassie in Pegaso, raggruppate in un piccolo ammasso di 3' diametro, negli ultimi anni sono state al centro di una famosa controversia. La componente più grande, in basso a sinistra, mostra un redshift inferiore, il che suggerisce che sia a noi molto più vicina delle altre. Halton Arp asserisce invece un legame fisico (ponti di materia) tra tutte le componenti, gettando ombre sul significato cosmologico del redshift.
L’immagine è stata ottenuta con un CCD ST-7 su Ritchey-Chrétien 12,5" f/9. Posa di 120 minuti. This color composite is from CCD images taken at the Kitt Peak National Observatory 2.1-meter telescope by W.C. Keel and R.E. White, III.

 

PERSEUS (Algenib 1,8 m 620 a.l. F5)

-NGC869 e NGC884:  Doppio ammasso apertoh (acca) e x (chi) Persei.
Ubicato nella costellazione del Perseo, è composto da due ammassi separati fisicamente che, data la loro vicinanza prospettica, si citano spesso insieme come "ammasso doppio". Sono composti da stelle molto giovani e alcune di queste sono migliaia di volte più luminose del Sole.

"h Persei" - NGC869
Tipo: I 3r (sistema di J. Trumpler) (Ammasso aperto denso)
Catalogo Dreyer: CL,VVL,VRI,*7...14
Magnitudine apparente: 4,3
Diametro apparente: 30.0'
Diametro reale: 70 a.l.
Distanza: 7.200 a.l.
Età: 3,2 milioni d'anni.
Luminosità totale: circa 200.000 volte quella del Sole.
Contiene 400 stelle più luminose della magnitudine 12.
Contiene una ventina di supergiganti rosse, con magnitudine tra 7,6 e 9,2, con spettri fra M0 e M5.

"chi Persei" - NGC884
Tipo: I 3r (sistema di J. Trumpler) (Ammasso aperto denso)
Catalogo Dreyer: CL,VL,VRI,RUBY*M
Magnitudine apparente: 4,4
Diametro apparente: 30.0'
Diametro reale: 70 a.l.
Distanza: 7.500 a.l. 4
Età: 5,6 milioni d'anni.
Luminosità totale: circa 200.000 volte quella del Sole.
Contiene 300 stelle più luminose della magnitudine 12.
Contiene una ventina di supergiganti rosse, con magnitudine tra 6 e 9,2, con spettri fra M0 e M5.

I due gruppi distano ca. 0,5 gradi e possono vedersi molto bene con un semplice binocolo, un rifrattore da 7,5 cm a 30 x (quindi a bassissimo ingrandimento) li mostra entrambi nello stesso campo di vista. Li aveva già notati Hipparcos nel 150 a.c. come una tenue nebulosità: Messier non li incluse nel catalogo probabilmente perché ben noti. I due ammassi non sono fisicamente legati e né hanno la stessa età, né la stessa distanza.Ognuno dei due ammassi ha un diametro di ca. 70 a.l. e insieme contengono materia per formare 5.000 Soli. Essi sono tra gli ammassi più giovani della Galassia: NGC869 ha 5,6 milioni di anni e NGC884 ha 3,2 milioni di anni !
NGC 869, con una mag.apparente di 4,3, comprende ca.400 stelle sino alla magnit.12 e dista 7.200 a.l..  NGC884, con una mag.app.di 4,4  comprende ca.300 stelle e dista 7.500 a.l.. Le 10 stelle più brillanti degli ammassi hanno mag. apparenti comprese tra 6,3 e 8,3 e assolute tra -4,9 e -7,3  con una luminosità compresa tra 7.500 e 70.000 volte quella del Sole (più o meno come Rigel), hanno spettri tra B1 e A2. Nei due ammassi ci sono anche ca. 20 supergiganti rosse tra mag.7,6 e 9,2 e la stella più luminosa delle qualiha addirittura una mag.assoluta di -5,7

-M34: ammasso aperto scoperto da Messier nell'agosto del 1764. Comprende 80-100 stelle tra magnit. 8 e 13. Dista 1.430 a.l. Un ammasso aperto di età intermedia (190 miloni di anni secondo lo Sky Catalog 2000, composto da circa 100 stelle (secondo H.S. Hogg) che si trova a circa 1.400 anni luce ed è disperso in una regione di oltre 35 minuti d'arco, oltre il diametro della Luna piena. Questo diametro angolare corrisponde ad una dimensione lineare di 14 anni luce; Wallenquist fa una stima leggermente inferiore (42' corrispondenti a 18,5 anni luce). Il suo aspetto è influenzato dalla presenza di una stella vicina, ma estranea all'ammasso, di magnitudine 7,3, il membro più luminoso è di mag. 7,9. L'età di M34 è stata stimata in 110 milioni di anni da Van Hoerner nel 1957, mentre lo Sky Catalog 2000 indica un valore, più aggiornato, di 190 milioni di anni.

-M76: nebulosa planetaria di forma irregolare scoperta da Méchain nel 1780 e poco dopo catalogata da Messier. Ha magnit.12,5 e si estende 2' x 1'. La sua stella centrale è di magnit.16,5. Dista secondo O'Dell 1.750 a.l., ma secondo lo Skalnate Pleso Catalogue dista 8.200 a.l.

-NGC1275: galassia Seyfert o radiosorgente Perseo A, di magnit.12,7. Fa parte di un ammasso di galassie (e di un superammasso) a 300 milioni di a.l. da noi. La strana forma e una forte emissione di onde radio hanno fatto pensare che si tratti, secondo Baade e Minkowsky, a due galassie che stanno fondendosi: una spirale e una ellittica attualmente completamente compenetrate e distorte dalla marea gravitazionale. Se è così, impiegheranno 1 milione di anni a trapassarsi. L'ipotesi è stata avvalorata dalla recente scoperta di una forte emissione di raggi X (3 volte più intensa di M87), provenienti da gas con una temperatura di almeno 80 milioni di gradi.

 

PHOENIX (Alpha 2,4 m 76 a.l. B5)

 

PICTOR (Alpha 3,3 m A5)

 

PISCES (Alrescha doppia 4,3 e 5,2 m 130 a.l. A2 e A3)

-M74: Galassia a spirale Sc nei Pesci. Magnitudine 10,0 m. Vel.radiale: +687 km/s. Notevole spirale prototipo delle galassie di tipo Sc dall'aspetto sontuoso. La sua distanza dovrebbe essere tra i 30 ed i 40 milioni di anni luce (Nearby Galaxies Catalog di R. Brent Tully indica 32), allontanandosi a 793 chilometri al secondo. I suoi bracci a spirale sono larghi quindi 1.000 anni luce, nelle immagini a colori sono cosparsi di ammassi di giovani stelle blu e coprono una regione di oltre 10 minuti d'arco, corrispondenti a circa 95.000 anni luce, approssimativamente le stesse dimensioni della nostra galassia Via Lattea. Il nucleo è piccolo e luminoso. Probabilmente M74 il principale membro di un gruppo di galassie molto piccolo che comprende la peculiare spirale barrata di tipo SBa NGC 660, la peculiare galassia Sm UGC 891 (di un tipo misto tra spirali ed irregolari), e le irregolari UGC 1176, UGC 1195 ed UGCA 20. Per gli astrofili sono necessarie ottime condizioni di seeing per poterne osservare il nucleo. Se così fosse, il fascino della bellezza dei bracci a spirale diviene visibile con telescopi da 10 cm in su.
 (A cura di: http://astrolink.mclink.it/messier/m/m074.html)

 

PISCIS AUSTRINUS (Fomalhaut 1,2 m A3)

 

PUPPIS

-M46: ammasso aperto molto ricco, posto a 14°30' a est di Sirio. Scoperto da Messier nel 1771, occupa mezzo grado. Composto da centinaia di stelle, le più brillanti sono di di magnit.8, ma ce ne sono 150 tra magnit.10 e 13. M46 dista ca. 5.400 a.l. Nella zona più fittamente popolata ci sono 9 stelle per parsec cubico. Alla periferia nord del gruppo c'è una piccola nebulosa planetaria la NGC2438 notata per la I volta da Herschel. Ha un diametro di poco più di un 1' d'arco e contiene una debole stella centrale, dalla fotosfera caldissima (75.000 gradi). E' tuttora controverso se questa nebulosa planetaria appartenga all'ammasso aperto o se, come sembra più probabile, c'è solo una visione prospettica. Infatti secondo O'Dell la distanza della nebulosa è di 3.300 a.l. e quindi molto meno di M46.

-M47: ammasso aperto posto 1°30' a ovest di M46 registrato da Messier nel febbraio del 1771. La distanza del gruppo è di 1.700 a.l. Delle 45 stelle identificate, la più luminosa raggiunge la magnit.5,7. Wallenquist ha calcolato una densità centrale di 16 stelle per parsec cubico.

-M93: ammasso aperto a 9°gradi a sud di M46 scoperto da Messier nel marzo del 1781. Ha un diametro di 24', si trova a 3.400 a.l. e contiene ca. 60 stelle tra magnit.7,0 e 12,0.

-NGC2477: ammasso aperto molto bello che sfuggì a Messier poiché si trova molto a sud e non è facilmente osservabile. Contiene ca. 300 stelle in un campo di 20'. Magnitudine integrata di 5,7. La distanza è incerta: tra 2.800 e 6.000 a.l.

Dark Nebula CG4
Lo strano oggetto al centro dell'immagine, simile ad una "creatura" in procinto di ingoiare la galassia sulla sinistra, è una nube di gas nota come globulo cometario che ha perduto il suo originale aspetto tondeggiante. Questo tipo di oggetti sono generalmente caratterizzati da una "testa", formata dai resti di una condensazione di gas e polveri interstellari le cui parti meno dense sono state in massima parte ormai dissolte dall'azione della radiazione proveniente da stelle vicine, e da una coda allungata. Queste caratteristiche danno ai globuli cometari un aspetto simile a quello delle comete, ma in realtà sono oggetti estremamente differenti. I globuli cometari sono spesso luoghi dove si formano le stelle e molti di loro mostrano la presenza di stelle molto giovani nella loro testa. La ragione della rottura della testa del globulo non è ancora del tutto chiara. La galassia sulla sinistra è molto lontana e appare vicina a CG4 solo per una questione prospettica.

Rotten Egg Nebula: le stupende immagini riprese dall'HST ci mostrano il momento della trasformazione di una stella gigante rossa in una nebulosa planetaria. Nonostante gli astronomi ritengano che gran parte delle stelle simili al Sole siano destinate ad attraversare prima o poi questo drammatico stadio evolutivo, l'evento ha una durata molto breve e quindi è estremamente raro riuscire ad osservarlo. La polvere e i gas prodotti dalla stella (identificata con la sigla OH231.8+4.2) vengono soffiati in due direzioni opposte. La loro quantità è così grande che ci impediscono la visione diretta della stella: possiamo osservarne soltanto la luce, riflessa dalla polvere. Il materiale viene espulso ad altissima velocità (oltre 700.000 km/h) in due direzioni opposte formando due getti. Il getto a destra è costituito da numerosi nastri paralleli che sembrano abbattersi contro alcuni addensamenti di gas generando delle violente onde d'urto. Capire come possano prodursi strutture gassose così strettamente collimate pur essendo accelerate ad altissime velocità è una notevole sfida per gli studiosi. L'immagine a colori è una composizione di quattro immagini, con diversi filtri infrarossi, ottenute con lo spettrometro NICMOS il 28-3-1998. In questo modo si mettono in evidenza le significative variazioni di composizione e temperatura nelle varie parti della struttura gassosa. L'immagine in bianco e nero, ottenuta con un singolo filtro, ci mostra con maggiore chiarezza i deboli dettagli e la struttura della nebulosa. Lo strano nome assegnato a questa nebulosa è stato suggerito dalla sua insolita composizione chimica ricca di molecole contenenti zolfo (come ad esempio l'acido solfidrico e l'anidride solforosa, sostanze caratterizzate da un tipico odore di uova marce). Si crede che questi composti si siano prodotti in seguito al passaggio delle onde d'urto attraverso i gas.I dati ottenuti da queste osservazioni aiuteranno gli astronomi a capire meglio gli ultimi stadi evolutivi delle stelle simili al Sole.

 

PYXIS (Alpha Pyxidis 3,7 m 1.300 a.l. B1)

 

RETICULUM (Alpha 3,4 m 365 a.l. G5) (famosa è la stella simile al Sole, Z Reticuli.

-NGC1313: galassia a spirale barrata a sud di Zeta Reticuli (è una stella di tipo G2, come il Sole). La galassia ha una magnit.11,0.

 

SAGITTA (Sham 4,0 m 620 a.l. F8)

-M71: ammasso globulare di magnit.8,3 Dista 13.000 a.l. Ha un diam. app. di 6’(tra i più compatti).

 

SAGITTARIUS (Rukbat 4,4 m 115 a.l. B9) (verso il centro della Via Lattea)

-Nubi nella regione del Sagittario: nubi di gas e materia oscura ci nascondono il nucleo: l'assorbimento in tale direzione è di 9-10 mag., ma là dove queste dense nuvole di minuscoli detriti oscuri coprono i panorami stellari assorbendo ogni raggio di luce, negli ultimi anni si è tentato di penetrare con altre tecniche. Ad esempio "ascoltando" l'emissione di onde radio e scrutando il nucleo galattico nell'infrarosso, come ha fatto il satellite "Iras" nel 1983. Il nucleo galattico fu anche la prima sorgente radio del cosmo individuata: la scoperta, avvenuta nel 1931, si deve a Karl Jansky della Bell Telephone. Le ultime notizie sul nucleo galattico sono state raccolte nel 1983 da Fred Lo, radioastronomo del California Institute of Technology con il radiotelescopio di Socorro nel New Mexico. L'immagine è stata ottenuta elaborando in falsi colori al computer i segnali radio captati dalle 27 antenne del V.L.A. di Socorro distribuite secondo una pianta ad Y su un'area lunga 40 Km. In essa si vedono nitidamente 3 nubi a forma di "S" composte di plasma, ovvero di particelle atomiche cariche elettricamente e disposte a spirale attorno al misterioso "oggetto centrale". La polvere interstellare è sparsa in tutte le direzioni e produce un indebolimento generale (che aumenta con la distanza) della luce delle stelle. Dal confronto delle foto e delle mappe relative a lunghezza d'onda diverse, si è potuto valutare il coefficiente di attenuazione dovuto alle polveri che impediscono di vedere il "core" della Galassia quando si utilizza la radiazione visibile. Ebbene, nel visibile la radiazione proveniente dal centro galattico è attenuata per un fattore 1010, corrispondente a ben 25 mag. Ma vi sono alcune finestre e una di queste con assorbimento di 2 sole mag. si trova a 4° sotto il centro galattico. Data la distanza, 4° corrispondono a 600 pc e, relativamente alle dimensioni con cui abbiamo a che fare, 600 pc non sono molti. L'assorbimento prodotto dalla materia interstellare porta ad assegnare alle stelle una magnitudine apparente più grande di quanto risulterebbe in assenza dell'assorbimento e ciò porta ad attribuire alle stelle una maggiore magnitudine assoluta.

-M8: nebulosa diffusa "Laguna". E' stato il primo oggetto ad essere scoperto. In questo caso si tratta dell'ammasso aperto NGC 6530, nella metà ad est di M8, scoperto da Flamsteed nel 1680 circa e riosservato da De Cheseaux nel 1746. Le Gentil, invece, fu il primo a scoprire la nebulosa nel 1747.
La distanza di M8 è alquanto incerta: da 3.000 a 5.000 a.l. a seconda dei criteri scelti per la stima; considerando un valore di 3.000 a.l. le dimensioni reali sarebbero di 60 x 44 a.l. e le dimensioni angolari nelle foto a lunga posa sono di 0,7° x 0,5°. Nella parte più luminosa della nebulosa è possibile osservare una particolarità importante che, alla sua forma deve il nome di "Nebulosa clessidra". Questa si trova in una regione dove sembra stia avendo luogo un effervescente processo di formazione stellare; l'emissione luminosa è provocata dalla forte eccitazione di stelle molto giovani estremamente calde, in particolare la Clessidra è illuminata dalla stella calda Herschel 36 (mag. 9.5, classe spettrale O7). Vicino a questa particolarità si trova quella che sembra essere la stella più luminosa associata alla Nebulosa Laguna, 9 Sagittarii (mag. 5.97, classe spettrale O5), che sicuramente contribuisce a fornire una parte considerevole della radiazione ad alta energia che eccita la nebulosa e la fa risplendere. Come è stato reso noto, nel gennaio 1997, il Telescopio Spaziale Hubble è stato utilizzato per studiare la regione della Nebulosa Clessidra all'interno della Laguna M8. Il giovane ammasso aperto NGC 6530 associato alla Nebulosa Laguna M8 è stato classificato di tipo "II 2 m n" (vedi per es. lo Sky Catalog 2000), ciò significa che è isolato ma ha solo una debole concentrazione verso il centro, le sue stelle si presentano in una moderata gamma di luminosità, è moderatamente ricco (50-100 stelle) ed associato a nebulosità (sicuramente con la Laguna). Poiché la luce delle sue stelle presenta un lieve arrossamento dovuto alla materia interstellare, probabilmente l'ammasso si trova di fronte alla Nebulosa Laguna. La componente più luminosa è una stella calda O5 di magnitudine 6,9 cui Eichler assegna un'età di 2 milioni di anni. Woldemar Götz cità l'ammasso poiché contiene una particolare stella Of, un astro estremamente caldo di tipo spettrale O con linee caratteristiche dell'elio e dell'azoto ionizzati. Si presenta come un fioco chiarore ovoidale, attraversato da un "canale" oscuro che le ha procurato il nome datogli da Clerke nel suo libro "The system of the stars" del 1890. Nelle foto riprese con i grandi telescopi M8 rivela però una grande quantità di fini strutture gassose fluorescenti, deboli stelle e globuli di Bok che spiccano bui sullo sfondo chiaro. Il diametro di tali globuli va da 7.000 a 10.000 U.A.. In pratica in M8 sono rappresentate tutte le fasi gestazione delle stelle: dai globuli di Bok, alle protostelle che emanano luce e calore per contrazione prima dell'innesco delle reazioni nucleari, fino alle stelle neonate e alle giovani stelle variabili nella fase T Tauri, che sono sorgenti di fortissimo vento stellare.
Le immagini dell’HST rivelano una varietà di strutture a piccola scala presenti nel mezzo interstellare, come le piccole nubi scure chiamate globuli di Bok (Bok globules), onde d'urto attorno alle stelle (bow shocks), ciuffi di gas ionizzato (ionized wisps), anelli (rings), noduli (knots) e getti (jets).
La nebulosa Laguna, come le nebulose presenti in altre galassie, è un sito di formazione stellare dove le nuove stelle si generano a partire dalle nubi molecolari. Queste regioni rappresentano "laboratori spaziali" che aiutano gli astronomi a capire la formazione stellare e l'interazione tra il vento interstellare e il gas circostante. Studiando la ricchezza dei dati provenienti dall'Hubble gli astronomi capiranno meglio il modo in cui le stelle si formano all'interno delle nebulose.

Una nebulosa a clessidra attorno ad una stella morente:
Questa immagine di MyCn18, una giovane nebulosa che si trova a 8.000 anni luce di distanza nel Sagittario, è stata ripresa dalla camera WFPC2 a bordo dell'Hubble. Essa ne rivela la vera forma a clessidra le cui pareti sono ricche di intricati disegni. La foto deriva dalla composizione di tre immagini separate ottenute a diverse lunghezze d'onda (il rosso rappresenta l'azoto ionizzato, il verde l'idrogeno e il blu l'ossigeno doppiamente ionizzato). I risultati rivestono un interesse notevole perché portano nuova luce sui meccanismi ancora poco conosciuti dell'emissione di materia stellare che accompagna la lenta morte di stelle simili al Sole. Nelle precedenti immagini ottenute con telescopi a terra, la nebulosa MyCn18 appariva essere costituita da due grandi anelli esterni con un piccolo anello centrale, ma era impossibile distinguere ulteriori dettagli. In accordo con una teoria sulla formazione di nebulose planetarie, la forma a clessidra è prodotta dall'espansione di un vento stellare veloce all'interno di una nube in lenta espansione che è più densa nelle regioni equatoriali rispetto a quelle polari. Quello che appare come un luminoso anello ellittico al centro e che ad un primo sguardo può essere scambiato erroneamente con una densa regione equatoriale, ad una indagine più ravvicinata si rivela essere una struttura dalla forma a patata con un asse di simmetria singolarmente diverso da quello della grande clessidra. La calda stella che si pensa sia la causa dell'emissione e dell'illuminazione della nebulosa e che ci si aspetta debba risiedere proprio nel suo centro di simmetria, si trova invece al di fuori di esso. Dunque la struttura di MyCn18 non combacia con alcune cruciali previsioni.
 
16-1-1996 _ http://www.vialattea.net/hubble/1996/9607.htm

-M17: (NGC6618)  nebulosa diffusa "Omega" posta 2° a sud di M16. Scoperta nel 1764 dall'astronomo svizzero De Cheseaux e, indipendentemente, lo stesso anno, da Messier. La nebulosa è detta anche Nebulosa Ferro di Cavallo. Il colore della Nebulosa Omega è il rossiccio tendente al rosa, e la regione più luminosa è realmente di colore bianco (e non è una sovraesposizione della fotografia come si potrebbe credere). Questo fenomeno probabilmente è dovuto a due effetti concomitanti: l'emissione di luce da parte dei gas più caldi e la riflessione della luce stellare da parte delle polveri. Una delle principali caratteristiche della nebulosa è la grande quantità di materiale oscurante che contiene. La massa del gas è stata stimata in circa 800 masse solari, quanto basta per formare un ricco ammasso stellare e di molto superiore a quella della Nebulosa di Orione M42. Mentre la nebulosa brillante ha un diametro di circa 15 anni luce, l'intera nube gassosa, inclusa la parte meno luminosa, sembra estendersi almeno per 40 anni luce. Le stime della distanza di M17 spaziano in un grande intervallo di valori, ma quelle più recenti sono comprese fra 5.000 e 6.000 anni luce, cioè poco meno della distanza del suo vicino apparente, M16 con la Nebulosa Aquila -- pare perciò che queste due regioni di formazione stellare siano davvero vicine fra loro, nello stesso braccio a spirale della nostra galassia la Via Lattea. Le sue dimensioni apparenti sono di ca. 25', l'aspetto è vagamente cometario. La principale fonte di eccitazione della nebulosa è un piccolo gruppo di stelle annidato nel suo centro. Nella parte più calda della nebulosa l'intensità delle linee di emissione spettrale del gas è distribuita in modo tale che l'impressione visuale risultante è di un vivido colore bianco. Nel suo gas sono state individuate 35 giovani stelle ben nascoste dentro la nube di gas, ma la massa totale di materia sarebbe sufficiente a formare 800 stelle come il Sole. M17 è uno degli oggetti più luminosi nell’infrarosso. Dista ca. 5.700 a.l. e con la distanza così stimata, M17 avrebbe le dimensioni di 40 x 12 a.l.

-M20 (NGC6514): nebulosa diffusa "Trifida" del tipo E+R, infatti presenta caratteristiche sia di emissione che di riflessione. Ciò è ben visibile in fotografie a colori, in quanto la zona “trilobata” si presenta di colore rosso, mentre l’altra regione più a Nord è di un colore azzurrino. E’ posta 1°30' a nord di M8 (nebulosa Laguna) e non può escludersi che i due oggetti facciano parte di un unico complesso. Fu notata da Le Gentil nel 1747 e Messier la ritrovò nel 1764, ma curiosamente la inserì nel suo catalogo non come nebulosa ma come un ammasso di stelle. W.Herschel descrisse la ripartizione in 3 zone chiare (ma a rigore sono 4) scandite da sottili solchi scuri; fu per questa forma tripartita che il figlio di William, John, la battezzò "Trifid". Le dimensioni in un medio telescopio sono di 20' x 15' ed è ampia ca. 20 a.l. La magnit. delle 3 sezioni va da 7,0 a 10,5. La distanza è incerta: 5.000 a.l. è la più comunemente accettata. Nel suo centro si trova un compatto gruppo di stelle fra cui una molto brillante che sembra produrre la maggior parte della luce che illumina sia la parte rossa ad emissione (H Alpha della serie di Balmer) che quella azzurra a riflessione, dei gas. Quindi, molte protostelle si annidano nel cuore della nebulosa. E ricordiamo la presunta stella eccitatrice della nebulosa, la stella multipla HN40, di classe spettrale O5, un sistema stellare quintuplo. Nel medesimo campo visivo di M20 si trova anche l'ammasso aperto M21, formato da c.a. 50 stelle tra magnitudine 8 e 12, distante ca. 2.200 a.l. B85 è una nebulosa oscura che sembra dividere tale oggetto. Per la vicinanza estrema con il piano dell’equatore galattico (meno di 30’) il numero delle stelle che circondano M20 è notevolmente elevato.

Nursery stellare nella Nebulosa Trifida  -  By: www.vialattea.net
 Le giovani stelle massicce che si formano all'interno di una nebulosa, emettono una grande quantità di radiazione ultravioletta. Questa intensa emissione comincia a spazzar via il gas che le circonda e che contribuiva alla loro formazione. Nella nebulosa si forma una cavità relativamente vuota le cui pareti interne continuano ad essere erose dalla radiazione. All'interno degli addensamenti residui continuano a sopravvivere giovani oggetti stellari avvolti in densi bozzoli di gas, destinati anch'essi, prima o poi, ad evaporare. E' il caso della Nebulosa Trifida osservata dal Telescopio Spaziale Hubble. La nebulosa, appartenente alla costellazione del Sagittario, dista da noi 9000 anni-luce. Nella sua regione centrale brilla una giovane stella massiccia la cui emissione soffia via il gas dell'ambiente circostante. Hubble ha inquadrato una piccola regione di questa nebulosa dove è possibile studiare le fasi embrionali di stelle che si stanno ancora formando all'interno di una nube destinata a scomparire. La stella centrale, la cui intensa radiazione illumina i gas della nebulosa, si trova in alto, oltre il bordo superiore dell'immagine, a circa 8 anni-luce di distanza. Uno degli oggetti più interessanti è il sottile getto stellare, che fuoriesce dalla testa di una densa nube e che si estende con un percorso irregolare (a "cavatappi") per circa tre quarti di anno-luce in direzione dell'angolo superiore sinistro. Si tratta di gas emesso a sbuffi da una stella appena nata, la quale non è visibile perché seppellita all'interno della nube. Il getto ci informa sulla storia evolutiva della giovane stella che lo ha prodotto. La stella cresce "nutrendosi" dei gas che la circondano e che riesce a catturare per mezzo della gravità. Ma la crescita non potrà continuare a lungo:  la luminosissima stella centrale della nebulosa, con la sua intensa emissione, sta infatti distruggendo la nube e sottraendo la materia prima che alimenta il suo processo evolutivo. La giovane stella è quindi destinata ad una improvvisa e prematura fine entro i prossimi 100.000 anni. Un'altra stella vicina, potrebbe aver già vissuto questo destino. Hubble ci mostra un "gambo" (un oggetto a forma di dito) che parte dalla testa della densa nube e punta in alto, in direzione della stella centrale della Nebulosa Trifida. Questo "gambo" è un notevole esempio di "EGG" (Evaporating Gaseous Globules - Globuli gassosi in evaporazione). Gli EGG sono stati osservati precedentemente nella Nebulosa Aquila (Eagle Nebula), un'altra regione di formazione stellare fotografata dal Telescopio Spaziale Hubble. Il "gambo" è sopravvissuto perché si trova nel cono d'ombra del nodulo di gas (presente al suo apice) sufficientemente denso da resistere all'effetto erosivo della potente radiazione stellare. La luminosità all'apice dell'EGG potrebbe essere dovuta alla luce prodotta dalla stella centrale della Nebulosa Trifida, oppure da quella di un giovane oggetto stellare seppellito nell'EGG stesso. La presenza di una minuscola punta luminosa che esce dall'apice potrebbe favorire questa seconda ipotesi. Infatti potrebbe trattarsi di una emissione di gas prodotta da un oggetto stellare che si trova avvolto all'interno. L'immagine, ottenuta l'8 settembre del 1997, è una combinazione in falsi colori di tre riprese che selezionano l'emissione di idrogeno atomico, zolfo ionizzato e ossigeno doppiamente ionizzato.

-M22: ammasso globulare molto bello del cielo australe. Fu scoperto dal tedesco Abraham Ihle nel 1665. Halley lo cita nel 1716, Le Gentil lo osserva nel 1747, Messier lo registra nel 1764, infine Herschel lo risolve in stelle: le più luminose sono di 11° magnit., un telescopio da 20 cm può rivelarne centinaia, ma sembra che contenga ca. 500 mila stelle. A differenza di M13 con il quale rivaleggia in bellezza, M22 è nettamente ellittico: lungo l'asse maggiore Shapley ha stimato che le stelle siano più numerose di ca. il 30% rispetto all'asse minore. M22 contiene ca. 40 stelle variabili e la sua magnit. complessiva è 6,48. Si avvicina a noi a 145 Km/sec. Valutarne la distanza non è agevole perché in direzione del Sagittario l'assorbimento dovuto alla materia interstellare falsa i dati in modo imprevedibile. Sembra che sia corretta una stima di 9.600 a.l.: in tal caso M22 sarebbe uno dei più vicini ammassi globulari e il suo diametro sarebbe solo di 50 a.l., ovvero relativamente modesto per tale classe di oggetti. Essendo un ammasso piuttosto largo, dovrebbe essere osservato a non più di 150/170 x anche con grandi telescopi.

-M70: ammasso globulare molto compatto scoperto da Méchain nel 1784. Herschel lo descrisse come "una miniatura di M3". Si avvicina a noi a +200 Km/sec. e sembra che si trovi a ben 95.000 a.l.: in tal caso sarebbe il più remoto oggetto di questo tipo catalogato da Messier.

-NGC6822: galassia irregolare nana (detta anche Galassia di Barnard) appartenente al Gruppo Locale. Fu scoperta da Barnard nel 1884 con un rifrattore da 13 cm, ma è tutt'altro facile osservarla. E' di magnitudine 10, ma la sua notevole estensione angolare (10' x 9') rende molto bassa la sua luminosità superficiale. Occorre quindi usare oculari a basso ingrandimento. All’estremità della prominente barra si possono vedere poche nubi di gas brillante. In prossimità dell’altra barra, luminose stelle bluastre si sparpagliano in quello che può essere il primo segno di un braccio di spirale. Le singole stelle più brillanti che si possono distinguere in essa appaiono di 15° magnit. Sono state individuate e classificate nella stessa ben 16 regioni di idrogeno ionizzato (HII), mentre l'idrogeno neutro (HI) ivi contenuto potrebbe formare quasi 300 milioni di stelle come il Sole. E' posta in posizione isolata a 1,5 milioni di a.l. e si sta avvicinando a noi velocemente Le sue dimensioni sono: 10.000 a.l. X 5.000 a.l. Contiene ca. 2 miliardi di stelle.

-M23: ammasso aperto di 120 stelle: tra 9,4 e 14,0 m, 2.150 a.l.

-M24: ammasso aperto di 50 stelle a 16.000 a.l.

-M18: piccolo ammasso aperto di 12 stelle a 4.900 a.l.

-M25: ammasso aperto di 50 stelle a 1.800 a.l.

-M28: ammasso globulare: 7,3 m, 15.000 a.l.

-M69: ammasso globulare: 9,0 m, 36.000 a.l.

-M54: ammasso globulare: 8,74 m, 50.000 a.l.

-M55: ammasso globulare: 6,0 m, 19.000 a.l.

 

 

SCORPIUS (Antares tra -0,9 e 1,8 m 520 a.l. 700 volte il diam.del Sole M0)

-M4: ammasso globulare che si trova a 1°18' a ovest di Antares. E' molto luminoso: magnit. visuale di 6,5. Già con un telescopio da 20 cm può essere parzialmente risolto in stelle. E' molto vicino a noi: 5.700 a.l. Con quello dell' Ara, è il più vicino tra gli ammassi globulari. Una sua particolarità è il basso numero di stelle giganti: appena 1/5 di quelle di M13. Il suo diam. apparente è di 22'. Contiene numerose variabili del tipo RR Lyrae.

-M6: ammasso aperto 80 stelle tra 6,0 e 11,0 m 1.300 a.l.

-M7: ammasso aperto 80 stelle tra 6,0 e 10,0 m 800 a.l.

-M62: ammasso globulare 8,0 m 26.000 a.l.

-M80: ammasso globulare, piccolo ma luminoso, scoperto da Messier e da Méchain nel 1781. John Herschel lo risolse in stelle di magnit.14-15. Il diam. apparente è di 5', la magnit.è 7,7 e dista 36.000 a.l. In esso, evento rarissimo per un ammasso globulare, apparve una nova. Fu notata il 21 maggio 1860 da Auwers a Berlino, raggiungeva la magnit.7,0 e quindi brillava più di tutto l'ammasso insieme, che pure è formato da oltre 100.000 stelle.

-NGC6231: vistoso ammasso aperto registrato per la I volta da Lacaille nel 1755 durante la sua esplorazione nel cielo australe. Contiene una ventina di stelle tra magnit.5,0 e 9,0 e si trova a 5.700 a.l. Come oggetto ricorda le Pleiadi, ma le sue stelle sono almeno 50 volte più luminose.

Dark Nebula Antares and the Rho Ophiuchi
The dusty region between Ophiuchus and Scorpius contains some of the most colourful and spectacular nebulae ever photographed. The upper part of the picture is filled with the bluish glow of light from hot stars reflected by a huge, cool cloud of dust and gas where such stars are born. This dust is also seen as a dark nebulaa, hiding the light of background stars, especially on middle left (east) of the picture. Dominating the lower half of this cosmic landscape is the over-exposed image of the red supergiant star Antares, a star that it is steadily shedding material from its distended surface as it nears the end of its life. These solid particles reflect Antares' light and hide it in a nebula of its own making. Partly surrounding Sigma Scorpii at the right of the picture is a red emission nebula, completing the most comprehensive collection of nebular types ever seen in one photograph. There's also two globular clusters, one of the nearest, M4 at lower centre right and NGC 6144, buried in Antares' haze

 

 

SCULPTOR (Alpha Scultoris 4,4 m 425 a.l. B5)

-NGC253: galassia a spirale di tipo Sc, distante circa 9-10 milioni di a.l., ha una massa di ca. 120 miliardi di masse solari e un diametro di ca. 75 mila a.l. La galassia è stata scoperta nel 1783 da Caroline Herschel, sorella del grande astronomo, mentre cercava comete. Essa è estesa ca. 0,5° ed è visibile anche con un binocolo; ma per distinguerne il rigonfiamento centrale e i bracci è necessaria un 'apertura di almeno 100 mm. Purtroppo per la sua declinazione australe (-25°) la si può osservare solo nei pressi del meridiano e solo quando il cielo ha una buona trasparenza anche all’orizzonte. Ha una magnitudine integrata di 7 ed essendo un oggetto angolarmente molto esteso, la sua brillanza superficiale non è molto alta. La galassia è vista quasi di profilo, essendo inclinata di ca. 15° rispetto alla nostra linea di vista. Questo fatto insieme alla presenza della riga scura in basso a destra, costituita da polveri che bloccano la luce delle stelle retrostanti, impedisce di percepire la struttura a spirale. La presenza della riga assorbente ci mostra che questa parte della galassia è quella a noi più vicina. E’ una delle galassie più ricche di polveri interstellari e quindi una delle più opache, nonché molto ricca di idrogeno (ca. l’8 %). L'HST osservandone il nucleo ha constatato la nascita di nuove stelle, violentemente innescata da esplosioni che avvengono nella sua regione centrale. Il core di NGC 253 emette ca. la metà dell’energia globale dell’intera galassia, pari ca. 100 miliardi di volte quella del Sole. Tale energia è irradiata in prevalenza nell’infrarosso, ciò la pone al terzo posto tra tutte le “Galassie IR”. NGC 253 è la componente maggiore dell’ammasso di galassie dello Scultore, l’ammasso più vicino al nostro Gruppo Locale. Con il Gruppo Locale ed altri ammassi, come detto in precedenza, l’ammasso dello "Scultore" fa parte del c.d. Superammasso Locale, centrato sull’immenso ammasso di galassie “Virgo”.

-Grande ammasso di galassie dello Scultore.

Cartwheel Galaxy Interactions
La galassia "ruota del carro" distante 500 milioni di anni luce nella costellazione dello Scultore, si rivela essere il prodotto di una collisione galattica. I filamenti radiali sono il risultato dell'"incursione" di una delle due galassie a destra, che ha fatto "impazzire" le orbite delle stelle scagliandole lontano. L'anello esterno, che si sta espandendo alla velocità di 350.000 km/h crea un'onda d'urto che fa addensare il gas intergalattico creando le condizioni per la nascita di nuove stelle. A sinistra in alto: la formazione stellare è confermata perché l'anello esterno è ricchissimo di stelle giganti blu che esplodono poco dopo la loro formazione lasciando "bolle" di spazio vuoto. A sinistra in basso: la galassia disturbata riprende forma, si evidenziano infatti nuovi bracci di spirale. I punti luminosi sono giganteschi ammassi di stelle giovani. Permane il mistero su quale sia delle due la galassia responsabile: quella blu è evidentemente deformata, ma quella gialla è priva di gas, probabilmente strappato via dalla collisione.

 

SCUTUM (Alpha Scuti 3,8 m 180 a.l. K3)

M11: ammasso aperto (noto come "Anatre selvatiche"). Buona l’osservazione a 80-100 X, sembra un ammasso intermedio tra un globulare ed un ammasso aperto. Scoperto a Berlino da Gottfried Kirch nel 1681 che lo classificò come una macchia nebbiosa, fu il reverendo inglese Derham a risolverlo in stelle nel 1732. "Uno degli ammassi aperti più ricchi e compatti" (Burnham). Un osservatore al centro di M11 vedrebbe molte centinaia di stelle di prima grandezza! Essendo così ricco e denso, fu classificato da Trumpler come II, 2, r. L'età dell'Ammasso dell'Anatra Selvatica è stimata in 220 milioni di anni, perché le sue stelle più calde e luminose nella sequenza principale sono di tipo spettrale B8. L'ammasso si sta allontanando da noi alla velocità di 22 km/sec. M11 fu scoperto dall'astronomo tedesco Gottfried Kirch dell'Osservatorio di Berlino nel 1681. Si scorgono 500 stelle tra magnit.9 e 14 e ca. 900 stelle sino a mag.16,5. L'ammasso ha una mag. apparente di 5,8 e assoluta di -5,2, la sua luminosità totale è pari 10.000 stelle come il Sole, la sua massa totale è pari a 2.900 masse solari. Dista ca. 5.600 a.l.. Ha un diametro di 21 a.l. e apparente di 14'. i. E' un ammasso molto giovane ca. 500 mila anni d'età. Per questo le stelle sono molto vicine ancora, con una densità al centro che è di 80 stelle per parsec cubico. Sembra quindi quasi un ammasso globulare. All’apice del "ventaglio" c’è una stella di magnit. 8. La luminosità di M11 è di 10 mila stelle come il Sole. La maggior parte dei componenti è data da stelle della sequenza principale dei tipi spettrali A e F, ma vi sono anche diverse giganti gialle e rosse.

M11: A cura di: http://web.tiscali.it/fdemaria-wolit/
Definito anche "ammasso Wild Duck", fu scoperto nel 1681 dall'astronomo tedesco Gottfried Kirch del Berlin Observatory; Ecco il racconto di Kirch sulla scoperta di M11: "…la sera del 1° settembre 1681 io osservai un’altra stella nebulosa, che per quel che so non è mai stata osservata prima, vicino al piede settentrionale di Ganimede. La sua forma non era diversa da quella della cometa che ho scoperto…la mattina del 4 novembre 1680, e quindi dapprima fui incerto se il fenomeno fosse una cometa o una stella nebulosa. Quando, per i successivi giorni, la sua forma e la sua posizione rimasero immutati, fu facile decidere che non si trattava di una cometa ma quasi certamente di una stella nebulosa…". Nel 1715 Halley incluse quest'oggetto nella sua breve lista di "stelle nebulose", ma sembra che il primo a risolvere in stelle quest'oggetto sia stato Derham nel 1732: in calce alla sua lista di 16 nebulae prese da Hevelius, che, come sappiamo, contiene ben 14 semplici asterismi, Derham cita le nebulae della lista di Halley, e dice: "Cinque di queste sei le ho accuratamente osservate con il mio eccellente riflettore da 8 piedi (di focale, NdA), e le ho trovate essere fenomeni molto simili; tutte, eccetto quella che precede il piede destro di Antinoo , che non é una nebulosa, ma un ammasso di stelle simile in qualche modo a ciò che c'é nella Via Lattea..."; Le Gentil, nel 1749, ne scrisse come di "Un prodigioso ammasso di piccolissime stelle, che possono esser viste in un buon telescopio. In uno da 3 piedi é simile ad una cometa..."  William Herschel pensava che M11 fosse appena visibile ad occhio nudo, mentre nel suo telescopio consisteva di "stelle di 11a magnitudine divise in 5 o 6 gruppi..." La densità di stelle nell’ammasso è stata stimata in circa 83 stelle per parsec cubico nelle vicinanze del centro, e in circa 10 stelle per parsec cubico intorno alla metà del suo raggio. Il diametro apparente di M11 è diversamente valutato, a seconda delle fonti: Barnard lo stimava in 35', mentre lo Sky Catalog 2000 dà 14'. L'età di M11 è stata stimata in circa 220 milioni di anni, dato che le stelle più calde e brillanti della sua sequenza principale sono del tipo spettrale B8 (secondo lo Sky Atlas 2000), ma anche (Burnham) 500 milioni di anni. La valutazione maggiore è supportata dal fatto che quest'ammasso contiene molte giganti rosse e gialle di magnitudine assoluta attorno a -1. La velocità di recessione di M11 si aggira sui 22 km/sec.

-M26: ammasso aperto scoperto però da Le Gentil prima del 1750 e ritrovato da Messier nel 1764. Contiene 20 stelle entro l'11° magnit. Dista ca. 4.900 a.l. e ha un diam. di 12-16 a.l.

 

SERPENS (Unuk 2,7 m 70 a.l. K2)

-M5: ammasso globulare molto bello vicinissimo all'equatore celeste, nella "testa" del Serpente, già scoperto da Gottfried Kirch all'Osservatorio di Berlino nel 1705 e ritrovato da Messier nel 1764. Appare come una macchia fiocamente luminosa di ca. 10' di diam., con magnit. integrata 7,0. Ha un diam. reale di 150 a.l., si allontana da noi a +52 km/s e dista 27.000 a.l. Esso non è perfettamente sferico: ha uno schiacciamento ca. del 10%, ciò che indica un moto di rotazione su se stesso. Anche la distribuzione delle sue stelle è abbastanza irregolare, ma è difficile scorgerle isolatamente all'osservazione diretta perché solo 25 superano la 14 magnit. Storicamente è interessante ricordare che per alcune stelle variabili contenute in tale ammasso nel 1917 Harlow Shapley verificò una eventuale disuniformità della velocità della luce a diverse lunghezze d'onda. Il risultato fu che tra il violetto e il giallo la velocità risultò identica con approssimazione di 1 parte su 20 miliardi. E oggi si sa che la velocità di propagazione nel vuoto delle onde elettromagnetiche rimane identica dalle onde radio chilometriche sino all'infinitesimale lunghezza d'onda dei raggi gamma.

-M16 (NGC6611): nebulosa diffusa ed ammasso stellare aperto, nella "coda" del Serpente e in parte sconfinante nello Scudo, tale ammasso di stelle piuttosto sparpagliate sono immerse in una nebulosa diffusa: uno di quei "grembi" cosmici dove stanno nascendo nuove stelle. Nebulosa e ammasso furono notati per la prima volta nel 1746 dall'astronomo svizzero De Cheseaux. L’ammasso aperto, visibile anche con piccolissimi telescopi, contiene circa un centinaio di stelle, delle quali circa 30 stelle più luminose tra 8,5 e 11,6 di magnitudine posta in un’area di 7’. La stella più luminosa è di magnit.9,2 e spettro O5e. La maggior parte delle stelle di NGC6611 ha uno spettro compreso tra le classi O e B; e c’è anche qualche gigante rossa di tipo K. L'ammasso è c.a. 5.000 volte maggiore del sistema solare (3/4 a.l.) e la sua distanza è incerta: tra 4.200 e 11.000 a.l. La nebulosa che avvolge l’ammasso ha dimensioni di circa 35’ x 28’, ovvero 80 anni luce ca. se consideriamo la distanza di M16 da noi di ca. 8000 a.l. Nella nebulosa, per la I volta fotografata da Barnard nel 1895, le lastre a lunga posa rivelano alcuni nitidissimi "globuli di Bok", ossia piccole zone tondeggianti completamente oscure dove inizia il collasso dei gas nebulari e si prepara la nascita di una protostella. Anche questo è un indizio dell'estrema giovinezza dell'ammasso. La sua età è probabilmente di appena 800 mila anni, le Pleiadi, ad esempio, se pur giovanissime, hanno già qualche decina di milioni di anni. Si ritiene che le stelle più giovani di M16 abbiano appena 50.000 anni. L'ammasso è avvolto in una nebulosa chiamata "Aquila" (con un diam. apparente 0,5° ca.) con le sue famose "proboscidi d'elefante". Queste ultime sono delle curiose strutture oscure allungate, così chiamate dall’astronomo britannico F. Hoyle. Tali strutture si estendono in prossimità di giovani astri molto caldi, che con la loro intensa radiazione ultravioletta ne erodono via via i margini e ne fanno risplendere le estremità torreggianti.

Dall'HST gli E.G.G. della nebulosa Aquila M16:  - A cura di:  www.vialattea.net/
Queste misteriose sagome scure simili a colonne sono in realtà delle colonne di freddo idrogeno molecolare (due atomi di idrogeno per ciascuna molecola) e polvere: una vera e propria incubatrice per nuove stelle. In questa regione i gas e le polveri sono molto più' densi rispetto al normale mezzo interstellare e le temperature cosi' basse, circa -250° C , da permettere l'unione degli atomi d'idrogeno in molecole H2. Queste colonne sono erose lentamente dalla luce ultravioletta emessa da stelle vicine in un processo denominato "fotoevaporazione". Questo processo, con la sua azione porta allo scoperto piccoli globuli di gas sepolti all'interno della nube. Questi globuli sono stati denominati "Evaporating Gaseus Globules" ovvero "globuli gassosi evaporanti" o EGG. L'ombra degli EGG protegge i gas alle loro spalle, portando alla formazione delle strutture a forma di dita visibili in alto. In almeno qualcuno di questi Egg ci sono delle stelle allo stato embrionale, astri che hanno interrotto bruscamente il processo di formazione quando sono stati portati allo scoperto dal flusso ultravioletto, e che hanno perduto una larga parte della riserva dei gas dai quali attingevano massa. E' probabile che anche le stelle, una volta emerse dagli EGG, soccombano alla fotoevaporazione. Non tutto il gas evapora alla stessa velocità: gli E.G.G., che sono più densi, evaporano con maggior lentezza e quindi restano allo scoperto una volta evaporato il gas circostante. La presenza prevalente di idrogeno  molecolare (H2) nelle nube diffuse di gas interstellare spiega  perché esse siano indicate con il termine di "nubi molecolari"; ed è proprio in quest'ultime che nascono le stelle e i pianeti. Il pilastro più alto (a sinistra) ha le dimensioni di un anno luce circa, dalla base alla vetta. L'immagine è stata ottenuta il 1 aprile 1995 con la Wide Field and Planetary Camera 2 dell'Hubble Space Telescope Riunendo tre immagini prese nelle luci emesse da atomi differenti, è stato possibile ottenere l'immagine a colori. Il rosso è presente nelle emissioni degli atomi di zolfo ionizzato, il verde è dovuto alle emissioni di idrogeno ed il blu è dovuto alle emissioni degli atomi di ossigeno, ionizzati due volte. La fotoevaporazione inibisce l'ulteriore crescita della stella embrionale disperdendo il gas di cui essa "si nutre". Questo processo è decisamente diverso da quello che governa la crescita di una stella che si forma in una regione isolata. In un normale processo evolutivo, la protostella cresce fino al punto da innescare le reazioni nucleari nel suo interno. Quando questo accade, la stella comincia a soffiar fuori un forte vento stellare che spinge via il gas residuo presente nelle zone circostanti. Anche quest'ultimo fenomeno, che produce gli oggetti chiamati Herbig-Haro, è stato dettagliatamente ripreso dall'Hubble.

1- La superficie di una nube molecolare viene illuminata dall'intensa radiazione ultravioletta proveniente da una stella calda presente nelle vicinanze. La radiazione fa evaporare i gas che si diffondono nello spazio esterno.

2- Mentre la nube si dissolve a causa della radiazione, i globuli di gas - che hanno una densità media  maggiore - escono allo scoperto. 

3- L'EGG è ora completamente scoperto. La sua ombra protegge la colonna di gas che si trova nella zona retrostante e la struttura acquista una forma a dito.

4- Alla fine l'EGG può separarsi totalmente dalla nube molecolare nella quale si è formato. Anch'esso evapora lentamente e la stella che vi si trova rinchiusa diventa visibile.

Galassia ellittica "Oggetto di Hoag" (PGC 54559)
E' distante ben 800 milioni di anni luce nella costellazione del Serpente ed è di magnitudine 16,1. La sua posizione è: RA 15h:17' 15.3" DEC +21:35' 12" (al 2000). Con un nucleo perfettamente circolare circondato da un anello altrettanto circolare, tale galassia è probabilmente il caso di una galassia il cui piano equatoriale è proprio perpendicolare alla nostra visuale. Come le altre galassie ellittiche, anche questa ha il nucleo di colore rossastro dove sono presenti stelle vecchie, mentre l'anello di colore bluastro, avente un raggio di 75.000 a.l. e che ruota attorno al centro della galassia a circa 300 km/sec., è indice della presenza di stelle giovani.

 

SEXTANS

 

TAURUS (Aldebaran 0,9 m 68 a.l. K5)

-M1 (NGC1952): (Crab Nebula). Si presenta come un tenue chiarore di forma ovale a 67' a nord-ovest di Zeta Tauri. Ha magnit.8,4 e si estende 6' x 4'.

E' il residuo di una supernova del 1054 ed è l'oggetto astronomico più studiato.

Emette luce dovuta a due componenti principali: 1) una rossastra che forma una caotica ragnatela di filamenti brillanti con righe di emissione nello spettro simili a quello delle nebulose gassose diffuse (o planetarie); 2) uno sfondo bluastro diffuso di radiazione di sincrotone altamente polarizzata emessa da elettroni relativistici (ovvero che hanno alta energia e velocità prossima a quella della luce), che si muovono in un forte campo magnetico. Nelle fotografie fatte con grandi telescopi si vedono filamenti color fucsia che brillano di luce emessa dagli atomi di idrogeno e ossigeno che si ricombinano dopo la ionizzazione; il colore biancastro, invece, è dovuto alla radiazione di sincrotone. Alla luce visibile si può osservare anche la pulsar. M1, già visibile con un telescopio di 10 cm, nasconde nel suo centro la già menzionata pulsar, cioè una stella di neutroni (15,9 di magnit.) che emette un sottile pennello di luce, di raggi x e di onde radio. E' il primo "cadavere" di una supernova che sia stato osservato anche nella luce visibile. Si accende e si spegne 33 volte al secondo, in coincidenza con il suo brevissimo periodo di rotazione. Già nel 1731 la notò un medico inglese dilettante di astronomia e la registrò nel suo atlante "Astronomica Britannica". Fu riscoperta da Messier nel 1758 mentre scandagliava il cielo per cercare una cometa e divenne il primo oggetto del catalogo di nubulose compilato dall'astronomo francese: M1. Nel 1884 Lord Rosse, con il suo telescopio da 72 pollici (183 cm), notò che da essa fuoriuscivano filamenti luminosi simili a tentacoli e la chiamò quindi "Crab Nebula". Negli anni Venti Lampland all'Osservatorio Lowell e Duncan in quello di Mt. Wilson ottennero ottime foto di M1 e si accorsero che i filamenti sono in espansione come se tuttora i gas della nebulosa fossero sotto l'effetto di un'esplosione.

Fotografie prese a distanza di anni hanno mostrato che le parti più esterne di M1 si allontanano dal centro in modo da coprire un arco di 0,20 sec. d’arco all’anno; e osservazioni spettroscopiche del suo centro hanno fornito misure di velocità radiali di c.a 2.000 Km/sec. Tali dati hanno dimostrato l’esistenza di un’espansione di M1 e hanno permesso di dare una stima di 6.500 a.l. di distanza da noi. Se poi si ammette che la velocità di espansione sia stata sempre la stessa e uguale a quella attuale e si parte dal raggio di M1 che 184 sec. e si divide 184 sec. per 0,20 sec., abbiamo un valore di 920 anni: così c.a. 920 anni fa siamo nel 1054 all’epoca della famosa supernova. Si può anche supporre che la velocità inizialmente fosse ancora più elevata: Walter Baade nel 1942 calcolò che c.a. 760 prima una terrificante deflagrazione doveva aver squassato una stellina di magnit.16 al centro geometrico di M1.

Il calcolo era in accordo con una intuizione già avuta da Edwin Hubble nel 1928: M1 poteva essere il prodotto di una supernova registrata nel 1054 da astronomi cinesi e giapponesi. In "Sung-hiu-yao" o "Elementi essenziali della storia Sung" si legge: "27 agosto 1054. Yang Wei-te dice: Osservo umilmente una stella ospite, che è apparsa in queste notti; al di sopra di essa c'è un debole scintillio di colore giallo." Da altre cronache sappiamo che questa "stella ospite" brillava probabilmente quanto la Luna piena e che scomparve nell'aprile del 1056. Ciò è testimoniato dai ritrovamenti nel Navajo Canyon (in Arizona)  e nel Chaco Canyon National Park (in Nuovo Messico) pittografie fatte dagli indios Anasazi. Di recente è stato scoperto che anche in Europa in qualche monastero era stato rilevato tale evento.

La supernova deve aver brillato per alcune settimane come 400 milioni di Soli. Ciò succede quando una stella molto massiccia esaurisce il suo combustibile e la pressione della radiazione prodotta non è più in grado di sostenere il gas che forma la stella. La stella subisce un improvviso collasso per l'azione della forza di gravità e contemporaneamente si riaccende un'ultima fiammata termonucleare e gli strati esterni della stella vengono espulsi violentemente nello spazio. Nel collasso gli elettroni degli atomi del nocciolo di stella rimasto vengono schiacciati nel nucleo, neutralizzando la carica positiva dei protoni. Nasce così un stella di neutroni (o pulsar) incredibilmente densa. Un millimetro cubico di una pulsar peserebbe sulla Terra c.a.100.000 tonnellate e un cucchiaino di zucchero peserebbe 10 milioni di t. Tutta la materia che costituisce il Sole in una pulsar è concentrata in una sfera non oltre i 10 km. Nel 1963 si scoprì che da M1 provenivano intensi raggi x e potenti fasci di onde radio e ciò fu spiegato come "radiazione di sincrotone", una radiazione che viene emessa quando fasci di elettroni (relativistici) sono costretti a muoversi ad altissima velocità in un forte campo magnetico. Nel 1967 Jocelyn Bell, allieva del radioastronomo Hewish si accorse che le onde radio giungevano ad impulsi con un periodo di 0,033 sec.: sembravano segnali artificiali! Ma, infine, nel 1969 tre astronomi dell'Università di Tucson scoprirono che la sorgente coincideva con la stellina di magnit.16 e che anche nel visibile tale stella lampeggia con lo stesso periodo, emettendo complessivamente 30 volte più energia del Sole da una superficie che si trova alla altissima temperatura di mezzo milione di gradi. Nel 1979 il solo Hewish riceveva il Nobel. Le emissioni radio sono, come le emissioni di luce, onde elettromagnetiche. Teoricamente a qualsiasi temperatura un corpo emette radiazione elettromagnetica a qualsiasi lunghezza d’onda. Se si tratta di un "corpo nero", l’emissione delle lunghezza d’onde radio rispetto a quelle, ad esempio, nel visibile, sta nel rapporto fissato dalla legge di Plank sulla distribuzione spettrale dell’energia emessa dal corpo nero. Se l’oggetto non è un corpo nero, i rapporti di emissione alle varie lunghezze d’onda saranno diversi, ma sempre emissioni vi sono. Nessuna sorpresa di trovare radioonde emesse da un oggetto. Anzi poiché alle basse temperature si ha maggior emissione alle lunghezza d’onda più lunghe, è più ovvio trovare emissioni di radioonde anziché emissioni luminose. Elevandosi la temperatura, il max dell’emissione si sposta verso le brevi lunghezze d’onda e quindi da un certo punto in poi l’emissione a queste lunghezze d’onda diviene predominante. Il radiospettro di M1 (ossia la distribuzione dell’intensità delle emissioni radio in funzione della lunghezza d’onda), della nebulosa somigliava molto a quello prodotto da nuvole di elettroni in moto con velocità prossime a quelle della luce su orbite elicoidali, spiraliformi, intorno alle linee di forza di un campo magnetico. Secondo la fisica, in tali condizioni, gli elettroni perdono energia per irraggiamento: è come si è detto la radiazione di sincrotone, fenomeno che viene appunto prodotto nei sincrotoni. La forte emissione radio in M1 era appunto emissione di sincrotone. Per mezzo di strumenti posti a bordo di razzi e satelliti si iniziò anche a fare osservazioni nella parte X dello spettro elettromagnetico: così nel 1964 si scoprì che M1 era anche sede di una forte emissione di raggi X. Il Congresso n.46, agosto 1970, dell' IAU di Jodrell Bank (New England) fu dedicato unicamente a M1.

-M45: "Le Pleiadi", ammasso stellare aperto conosciuto sin dall'antichità. La letteratura greca contiene numerosi riferimenti all’asterismo delle Pleiadi, sono anche citate nel libro V dell'Odissea. La poetessa Saffo scrisse: “Tramontata è la Luna, è tramontate sono le Pleiadi, la notte è a metà del suo corso...”. Sono presenti anche nell'Antico Testamento, Libro di Giobbe, Capo XXXVIII: "Potrai tu forse legare le stelle folgoreggianti delle Pleiadi o sconvolgere il corpo di Orione?" Infatti quando le Pleiadi sorgevano in maggio i greci iniziavano la navigazione, per finirla quando esse tramontavano in autunno. L'etimologia della parola potrebbe quindi derivare da "plein" (navigare), più che da "pleios" (molti), poiché il sorgere eliaco delle Pleiadi apriva la stagione della navigazione nel Mediterraneo. Sono ricordate anche negli annali cinesi del 2357 a.C., segnalate da documenti precolombiani in Messico, compaiono in una leggenda degli indiani Cheyenne, e i Maia e gli Aztechi attribuivano ad esse poteri magici. Sono almeno 6 i membri visibili ad occhio nudo, che diventano 9 con moderate condizioni di visibilità e salgono a 12 sotto cieli bui e tersi. Secondo Kenneth Glyn Jones, il primo riferimento conosciuto all'ammasso è una citazione di Esiodo, risalente circa al 1.000 a.C.. Omero ne fa menzione nell'Odissea, e nella Bibbia compaiono tre riferimenti alle Pleiadi. Sono chiamate anche "Le Sette Sorelle", il nome giapponese invece è "Subaru", utilizzato per l'omonimo marchio automobilistico. Seguendo la mitologia greca, le stelle principali hanno il nome delle sette figlie di Atlante e di Pleione. Rispetto ad altri ammassi aperti, la densità è abbastanza bassa. E' questo uno dei motivi per cui si ritiene che le Pleiadi siano destinate, come ammasso, ad una vita piuttosto breve. Le nebulosità delle Pleiadi sono di colore bluastro, il che indica che si tratta di nebulose a riflessione che riflettono la luce stessa delle stelle luminose nelle vicinanze (o al loro interno). Alcune delle stelle delle Pleiadi ruotano rapidamente, caratteristica comune a molte stelle della sequenza principale di un certo tipo spettrale (A); a causa della rotazione, dovrebbero essere degli sferoidi schiacciati ai poli piuttosto che dei corpi sferici. Il principale esempio è quello di Pleione. Cecilia Payne-Gaposhkin ricorda che questo ammasso contiene qualche nana bianca (WD). La presenza di queste stelle solleva uno specifico problema di evoluzione stellare: come possono esistere delle stelle nane bianche in un ammasso così giovane? E non è il solo, è quasi certo che queste stelle appartengano all'ammasso originario e non stelle che sono state "catturate" (un fenomeno che, in ogni caso, non è molto efficace negli ammassi piuttosto aperti). Dalla teoria dell'evoluzione stellare, sappiamo che le stelle nane bianche non possono avere masse superiori al limite di 1,4 masse solari (il limite di Chandrasekhar), se così non fosse, la gravità le farebbe collassare su se stesse. Però stelle di massa così bassa si evolvono assai lentamente, al punto che occorrerebbero miliardi di anni per portarle a questa condizione e non i 100 milioni di anni che corrispondono all'età dell'ammasso delle Pleiadi. L'unica spiegazione possibile è questa: sembrerebbe che un tempo queste nane bianche fossero corpi massivi che si sarebbero evoluti rapidamente e poi, per una qualche ragione (per esempio per forti venti stellari, perdita di massa verso astri vicini, o a causa di una rotazione veloce), avrebbero perso gran parte della loro massa. Di conseguenza, in seguito avrebbero potuto perdere un'altra frazione considerevole della massa in una nebulosa planetaria. In ogni caso, alla fine di questa evoluzione, il resto della stella (quello che in precedenza era il nucleo dell'astro) avrebbe dovuto avere una massa inferiore al limite di Chandrasekhar, cosicché si sarebbe evoluta nella fase finale stabile di nana bianca, che noi oggi osserviamo. Nuove osservazioni eseguite dal 1995 hanno rivelato la presenza di diverse candidate di un tipo esotico di stelle, o corpi stellari, le cosiddette Nane Brune. Questi oggetti, finora ipotetici, si pensa abbiano una massa intermedia tra quella dei pianeti giganti (come Giove) e quella delle piccole stelle (secondo la teoria della struttura stellare gli astri più piccoli, per produrre energia dalla fusione in qualche fase della loro vita, devono avere una massa pari almeno al 6, 7 per cento di quella solare, pari a 60/70 masse gioviane). Le nane brune devono avere quindi una massa compresa tra 10 e 60 volte quella di Giove, si ritiene siano visibili nella luce infrarossa, abbiano un diametro uguale o inferiore (143.000 km) ed una densità da 10 a 100 volte il gigante gassoso, a causa della gravità che li comprime maggiormente. Sono nate nel grembo di una stessa nebulosa 20-30 milioni di anni fa e tuttora le avvolge un tenue alone di gas. Ad occhio nudo se ne distinguono 6 o 7 e 9 sono ben visibili: Alcyone (la più brillante, 1.000 volte più lum. del Sole, è di mag.2,86) e in ordine di luminosità decrescente abbiamo Atlas, Elettra, Maia, Merope, Taygeta Pleione, Celaeno, e Asterope (questa è doppia e le due componenti sono mag. 5,6 e 6,4 , al limite della visibilità ad occhio nudo). Maestlin, il tutore di Keplero, ne conto 14. Con un telescopio da 5 cm Robert Hooke nel 1664 riuscì a scorgerne 78. Max Wolf ne ha censite 625 sino a magnit.14 nel 1876 con l'astrografo dell'osservatorio di Parigi. Moderne fotografie individuano c.a. 2.000 stelle alcune delle quali hanno una luminosità di appena 1/centesimo del Sole. Queste stelle azzurre molto giovani distano 450 a.l. secondo una stima fatta da Johnson e Mitchell nel 1958 e occupano in prevalenza una regione di spazio con diametro di 7 a.l. .e non tutte sono giganti. Le più esterne si trovano a 20 a.l. dal centro. Tutte le pleiadi si muovono in direzione sud-sud-est con velocità molto simili, ca. ai 40 Km/s. In 30 mila anni percorrono in cielo una distanza pari al diametro apparente della Luna. Molte Pleiadi ruotano velocissime su se stesse. Pleione ad esempio è 100 volte più veloce del Sole, essa inoltre varia la sua luminosità di mezza mag. e rivela strane turbolenze nella sua atmosfera: pare che lanci nello spazio gusci di gas in espansione. L'ultimo fenomeno del genere è stato osservato nel 1972. La diminuzione periodica di luminosità è probabilmente dovuta a questi veli gassosi: notevoli i minimi rilevati nel 1937 e nel 1939. Pleione ha un diametro di 7,5 volte maggiore di quello solare ed è forse così instabile proprio a causa della sua grande velocità di rotazione. La nebulosità che avvolge le pleiadi fu notata per la prima volta da Tempel intorno alla stella Merope osservata il 19 ottobre 1859 a Venezia con un rifrattore da 10 cm. La nebulosità di M45 è ben evidenziata con foto a lunga posa fatte con strumenti di notevole apertura e in cieli molto bui. Molte delle stelle appartenenti alle Pleiadi sono legate gravitazionalmente in sistemi doppi o multipli, ad es. Alcyone fa parte di un sistema quadruplo.

IC349  “Nebulosa Merope di Barnard”
L’H.S.T. ha ripreso questa magnifica immagine della “Nebulosa Merope di Barnard”, nota agli astronomi anche con la sigla IC 349 e scoperta dall'astronomo E.E. Barnard nel 1890. Si tratta di una nebulosa a riflessione, formata da gas e polveri a bassa temperatura che non emettono luce propria. La nebulosa è visibile solo perché viene illuminata dalla vicina stella Merope, appartenente all'ammasso delle Pleiadi. La nebulosa dista 0,06 anni-luce dalla stella: una distanza pari a 3500 volte la distanza tra la Terra e il Sole. La stella Merope si trova in alto a destra, al di fuori del campo dell'immagine: i raggi che vediamo arrivare dall'alto e che sembrano provenire dalla stella sono solo un effetto ottico prodotto all'interno del telescopio e non sono reali anche se convergono alla posizione effettiva dell'astro. I filamenti paralleli che da sinistra in basso si estendono verso l'angolo in alto a destra sono invece delle strutture realmente esistenti e rivelate per la prima volta grazie all'alto potere risolutivo del telescopio Hubble. L'ammasso delle Pleiadi è un famoso gruppetto di stelle blu situato nella costellazione del Toro e visibile di sera nei mesi invernali. Esso dista 380 anni-luce dalla Terra. Un osservatore distratto potrebbe scambiare questo ammasso per una piccola nuvola ma, osservando bene, anche ad occhio nudo, si possono distinguere al suo interno sei o sette stelline. Anche un piccolo telescopio è sufficiente per rivelare la presenza qualche centinaio di deboli stelle e di una debole nebulosità che circonda le stelle principali. Normalmente queste nebulose che circondano le stelle di un ammasso rappresentano i resti di polveri e gas che hanno fatto da “nido” per la loro recente formazione.  Nel caso delle Pleiadi invece si tratta di nebulosità del tutto indipendenti che stanno attraversano l'ammasso alla velocità relativa di 11 chilometri al secondo. Gli astronomi George Herbig e Theodore Simon, dell'Università delle Hawaii, che hanno condotto le osservazioni con l'HST, ritengono che la nebulosa si stia avvicinando alla stella Merope e che il suo moto sarà rallentato a causa della pressione di radiazione. Quest'ultimo è un fenomeno noto ai fisici: esso sta all'origine della formazione della chioma delle comete. Le stelle emettono un'intensa radiazione elettromagnetica che, in questo contesto, conviene immaginare come un flusso di fotoni. I fotoni colpiscono le particelle di polvere presenti nello spazio circostante e le sospingono in direzione opposta a quella della stella. Nel caso delle comete, la pressione di radiazione “soffia” sulla cometa dando origine alla chioma; in questo caso provoca il rallentamento del moto della nebulosa. Accade inoltre che le particelle più piccole siano rallentate in misura maggiore rispetto a quelle più grosse. In questo modo, mano a mano che si avvicina alla stella, la nebulosa è costretta a “passare al setaccio” della pressione di radiazione: le particelle più grosse vanno a formare quelle striature, visibili nell'immagine, che puntano in alto a destra; le particelle più sottili rimangono indietro (a sinistra in basso).

-Iadi: ammasso aperto di stelle attorno alla stella Aldebaran ma non fisicamente collegate a questa. Osservabili bene con un binocolo. Formano una "V" disposta orizzontalmente e si trovano a 130 a.l., ovvero a ca. il doppio della distanza che ci separa da Aldebaran e da un estremo all'altro del gruppo ci sono 8 a.l.. Sono nate assieme da una stessa nebulosa ca. 400 milioni di anni or sono e si muovono tutte assieme nella stessa direzione, convergendo verso un punto non lontano da Betelgeuse Ad occhio nudo si vedono 5-6 stelle, ma entro la mag.9 sono state individuate 259 stelle; ma ce ne sono anche di debolissime intorno alla mag.16. Queste, tenendo conto della distanza, risultano 2.100 volte meno luminose del Sole. La più brillante è Theta-2 Tauri, di mag.3,3 e colore bianco azzurro ed è 50 volte più splendente del Sole. Le Iadi comprendono stelle che vanno dalle giganti azzurre alle nane rosse. Il 29/5/1919, durante un'eclisse totale di Sole, Eddington, misurando spostamento di un raggio di luce di alcune stelle delle Iadi, potè fornire un'importante verifica della teoria della relatività generale del 1916. La Luna nuova, infatti, occultò completamente il Sole per qualche minuto proprio mentre transitava accanto alle Iadi e i raggi radenti di queste stelle risultarono attratti (e quindi deflessi) dalla massa del Sole. In accordo con le previsioni mostrarono con la loro deviazione di seguire la curvatura dello spazio-tempo indotta dalla massa solare.

Le galassie NGC1410 e NGC1409
Tali galassie sono legate da un peculiare cordone: un nastro di gas e polveri largo appena cinquecento anni luce. Il "condotto" nasce dalla prima galassia, attraversa uno spazio intergalattico di ventimila anni-luce, e finisce con l'avvolgere la galassia compagna, come il nastro di un pacco regalo. Le due galassie presentano i segni indubitabili di una storia e di un destino gravitazionale comune. Esse hanno subito una collisione circa cento milioni di anni fa e sono destinate a sfiorarsi e allontanarsi nuovamente in un gioco che si concluderà fra duecento milioni di anni con la definitiva fusione. I loro nuclei sono separati da appena 23.000 anni luce, una distanza inferiore a quella che separa il Sole dal centro della nostra Galassia. Le due galassie orbitano una attorno all'altra alla velocità di un milione di chilometri orari.
NGC1410 è una galassia attiva (di Seyfert) con bracci di spirale ricchi di gas. Il colore blu è un tipico segno di intensa attività di formazione stellare. La barra di materiale scuro che taglia il nucleo di NGC1409 è un altro segnale dell'avvenuta collisione. L'aspetto più singolare della coppia è senz'altro il "condotto" di materia: molto probabilmente è un fenomeno che si è originato in seguito alla collisione. Comunque, rimangono ancora molte domande senza risposta: perché la materia fluisce proprio dalla galassia NGC 1410 verso la compagna e non viceversa? Dove si trova esattamente il punto di origine del "condotto"? Inoltre, la materia che fluisce costantemente verso NGC 1409 dovrebbe favorire in essa un'intensa attività di formazione stellare; eppure non se ne vede traccia. I motivi possono essere cercati nella scarsa quantità di materia che fluisce, o nell'elevata temperatura dei gas che impedisce il collasso gravitazionale necessario a innescare il fenomeno. NGC 1409 e NGC 1410 si trovano a trecento milioni di anni-luce di distanza dalla Terra, in direzione della costellazione del Toro.

-T Tauri: è il prototipo di una classe di stelle variabili irregolari (dette anche variabili nebulari) note per emettere un violento "vento stellare" e per essere spesso associate a nebulose anch'esse di aspetto variabile in funzione della stella che le illumina e le investe con il suo "vento" di particelle. T Tauri fu scoperta da Hind a Londra nel 1852 ed era allora una stella di mag.10 mai registrata prima su carte celesti. La contigua nebulosa negli anni seguenti impallidì sino a scomparire nel 1868. Ritrovata fotograficamente, si è poi visto che aveva mutato dimensioni e forma. Quanto alla stella, varia tra le magnit.9 e 13 e nello spettro denuncia una sovrabbondanza di litio (70 volte più che nel Sole). Tutte le stelle, probabilmente, attraversano una fase "T Tauri" quando, poco dopo l'innesco delle reazioni termonucleari, cercano un equilibrio tra contrazione ed espansione radiativa, espellendo notevoli quantità di massa sotto forma di "vento" di particelle. Ciò contribuisce a diradare e a disperdere la nebulosa dalla quale la giovane stella è nata. Accanto alle stelle T Tauri si trovano sempre nubi di materia interstellare da cui deriva tra l'altro il nome di "variabili nebulari". Tali stelle si trovano al di sopra delle sequenza principale e devono essere assai giovani. Talvolta si trovano riunite in gruppi, chiamati "Associazioni T Tauri", ad es.nella nebulosa "Testa di cavallo" in Orione e nella nebulosa dell'ammasso aperto NGC2264 nell'Unicorno. E la variazione di luce deve aver luogo a causa di uno scambio di materia tra l'atmosfera della stella e la materia interstellare circostante.

 

TELESCOPIUM (Alpha 3,5 m 600 a.l. B3)

 

TRIANGULUM (Elmuthalleth 3,4 m 59 a.l. F6)

-M33 (NGC598):  galassia a spirale del Triangolo di tipo Sc, è il III oggetto per dimensioni all'interno del nostro Gruppo Locale. Scoperto da Messier nell'agosto del 1764, tale oggetto è da lui descritto come "una nebulosa senza stelle". E' visibile anche con un binocolo o un piccolo telescopio a basso ingrandimento. Fu Lord Rosse a evidenziare la vera natura morfologica dell'oggetto. Ma per scorgerne i bracci di spirale occorre un potente strumento. Il disco non è perfettamente piano ai bordi, ma presenta come la nostra Via Lattea dei bracci ricurvi verso il basso e verso l'alto: tale fenomeno è chiamato "Warping". Contiene c.a. 60 miliardi di stelle. Ha una magnit. di 6,8 (ma con scarsa luminosità specifica). Non quindi facilmente distinguibile nelle stelle che la compongono, infatti la sua luce è diffusa su un'ampia area con diametro apparente di 60’ x 40’. Ha un diametro di 40 mila a.l. e dista 2,35 mil. a.l. Sono ben evidenziate, oltre alla struttura dei bracci a spirale e la peculiare mancanza di rigonfiamento centrale, anche la presenza di circa 300 regioni di idrogeno ionizzato. E' osservabile ad occhio nudo solo con cieli eccezionali o con buoni binocoli ma la sua notevole luminosità è distribuita in un'area vasta quasi quattro volte quella della Luna piena (2°) il che porta la luminosità superficiale a valore estremamente bassi. Pertanto, è difficile se non impossibile osservarla in telescopi che non permettono ingrandimenti molto bassi, più basso l'ingrandimento meglio è ! E' un oggetto di notevole interesse per gli astrofotografi, che possono registrare sulla pellicola i bracci della spirale e le nebulose più brillanti con equipaggiamenti ridotti al minimo. Il satellite Einstein ha scoperto in M33 una sorgente di radiazione ad alta energia che si accende e si spegne rapidamente. L'idrogeno neutro è abbondante e rappresenta il 5% della massa totale.

NGC604: Nebulosa diffusa in M33:
Nel cuore di NGC 604 (una delle 4 regioni di idrogeno ionizzato HII catalogate da Dreyer) ci sono oltre 200 stelle caldissime, molto più massive del nostro Sole (da 15 a 60 masse solari). Sono loro che riscaldano la muraglia di gas della nebulosa rendendola fluorescente. La loro luce inoltre, la illumina rendendola tridimensionale, come una lanterna in una grotta. Studiandone la struttura fisica gli astronomi sono in grado di determinare come questi ammassi di stelle massive influenzano l'evoluzione del mezzo interstellare galattico. La nebulosa inoltre, fornisce indicazioni sulla storia della formazione delle sue stelle ed aiuta la comprensione di quei processi stellari esplosivi cui è sottoposta una galassia investita da una "tempesta" di formazioni stellari. L'immagine della Wide Field and Planetary Camera 2 di Hubble è del 17 gennaio 1995. Sono state effettuate riprese separate in colori differenti per studiare le proprietà fisiche dei gas caldi (10.000 gradi Kelvin).

 

TRIANGULUM AUSTRALE (Alpha 1,9 m 55 a.l. K2)

 

TUCANA (Alpha 2,9 m 62 a.l. K3)

-NGC104: ammasso globulare "47 Tucanae", il più luminoso del cielo dopo Omega Centauri, ha un'età di 7 miliardi di anni, quindi è molto giovane rispetto agli altri ammassi globulari.Diametro di 200 a.l., magnit. di 4,0, dista ca. 15.000 a.l. Contiene ca. 2/3 milioni di stelle.

Stelle blu ritardatarie (o blu "vacabonde") in M104
L'Hubble consente di far luce sull'enigma dell'origine e dell'evoluzione delle stelle blu vagabonde, chiamate anche stelle blu ritardatarie (blu straggler stars), una specie "esotica" presente negli ammassi globulari. Il nucleo dell'ammasso globulare 47 Tucanae (NGC 104) ospita molte "stelle blu ritardatarie ", stelle che brillano con la luce azzurra tipica delle stelle giovani. Scrutando nel cuore del luminoso nucleo dell'ammasso, apparentemente compatto, la camera WF/PC2 dell'HST è riuscita a separarlo nelle numerose, singole stelle, che lo compongono. Molte di queste stelle brillano del colore tipico delle stelle "anziane"; altre invece hanno il colore azzurro delle "stelle vagabonde". I cerchi gialli evidenziano alcune di queste ultime. Gli astronomi teorizzano ora, che le stelle blu vagabonde possono formarsi:  a) in seguito ad una lenta fusione di una coppia di stelle appartenenti ad un sistema doppio; oppure, b) dalla collisione violenta di due stelle che, in origine, non avevano relazione tra loro; ed è più probabile questa soluzione b). L'origine e l'evoluzione delle stelle blu vagabonde, scoperte 45 anni fa da Allan Sandage nell'ammasso globulare M3, hanno sempre rappresentato un enigma di difficile interpretazione; è comunque più probabile la soluzione a) di cui sopra.. Essi infatti non riuscivano a spiegare la presenza di questo tipo di stelle molto luminose, calde e poco frequenti, che risiedono in un ambiente ben stabilizzato composto da altre stelle molto più vecchie. E' come incontrare degli adolescenti in una "casa di ricovero stellare". Grazie al telescopio spaziale, gli astronomi ora hanno la prova che può finalmente aiutare a risolvere il mistero della loro origine. Utilizzando il F.O.S. (Faint Object Spectrograph), rimosso dall'Hubble ancora nella seconda missione di servizio, gli astronomi avevano analizzato lo spettro di una singola stella blu vagabonda, misurandone la temperatura, il raggio e la velocità di rotazione. Il team ha poi confrontato queste misure con la magnitudine apparente presa dall'immagine di archivio del WF/PC2, per ottenerne una stima della massa. I risultati indicano che si tratta di una stella piuttosto massiccia (1,7 la massa solare) con una velocità di rotazione elevata (75 volte rispetto a quella del Sole). Per mezzo di questi tre dati (temperatura, massa, velocità di rotazione) gli astronomi possono ipotizzare la sua origine. Ora essi credono che le stelle blu vagabonde derivino dall'incontro e dalla conseguente fusione di due stelle di piccola massa. Sulle modalità dell'incontro esistono però due diverse teorie: una di esse propone un lento incontro di due stelle legate gravitazionalmente tra loro in un sistema binario, l'altra invece prevede uno scenario di collisione violenta tra due stelle che, casualmente, avevano traiettorie incidenti all'interno del denso nucleo dell'ammasso globulare. Nel caso della particolare stella blu analizzata, il team propende per la prima teoria. Infatti in un sistema binario in cui le due stelle sono abbastanza vicine da "toccarsi", la più massiccia delle due "cannibalizza" la compagna più piccola producendo una singola stella ancora più massiccia. Si spiega in questo modo anche la notevole velocità di rotazione della stella blu, derivata dal rapido moto orbitale del sistema binario originale. Gli ammassi globulari sono sistemi massicci formati da oltre un milione di stelle agglomerate all'interno di uno sferoide di circa 20 anni-luce di diametro. Essi possono essere considerati fra i più antichi sistemi stellari della Via Lattea (la nostra Galassia). La notevole velocità delle stelle all'interno di questi affollati ammassi portano ad una maggiore probabilità di collisioni o di interazioni dinamiche tra di loro, rispetto a ciò che avviene invece in altre regioni della Galassia, come ad esempio nei dintorni del nostro Sole, dove esse sono molto più sparpagliate e distanziate. Questi processi possono produrre una notevole varietà di stelle di tipo "esotico" come le binarie a raggi-X, le pulsar e le stelle blu vagabonde, tutte osservabili nei nuclei degli ammassi globulari.

-Piccola nube di Magellano (SMC): galassia irregolare: distante 230.000 a.l. con un diam. app. di 216’. Visibile ad occhio nudo come una macchia nebulosa a forma di girino larga 3,5°.

 

 

URSA MAJOR (Dubhe 1,8 m 75 a.l. K0)

-M81: galassia detta anche "Galassia di Bode" di tipo Sb o Sc: è distante 11 milioni di a.l. Scoperta da Bode a Berlino nel 1774 e registrata da Messier nel 1781. Ha una magnit. di 7,9, un diam. di 21’ x 10’ e una luminosità di 20 mld. di Soli. E’ una galassia molto compatta contenente 1/10 di massa solare per parsec/cubico e ruota su se stessa a 290 km/s. E' una delle galassie dell'emisfero settentrionale più facili ed appaganti da osservare per gli astrofili, a causa dell'elevata luminosità visuale totale che la porta ad avere una magnitudine di circa 6,8; è possibile osservarla con strumenti molto piccoli. Questa galassia, dal maestoso disegno ben pronunciato di spirale è la più luminosa di una notevole coppia fisica, con la vicina M82, ed è, probabilmente, il membro dominante di un gruppo a noi prossimo denominato gruppo di M81. Poche decine di milioni di anni fa, tempi quasi recenti su scala cosmica, è avvenuto un incontro ravvicinato tra M81 ed M82. Nel corso di questo evento M81, molto più massiva e grande, ha drammaticamente deformato M82 per interazione gravitazionale.. L'incontro ha lasciato tracce anche nella struttura a spirale della più grande e luminosa M81: innanzi tutto rendendola complessivamente più pronunciata e secondariamente formando la struttura lineare scura nella parte inferiore a sinistra della regione del nucleo. Le galassie sono ancora molto vicine essendo i loro centri separati da solo 150.000 anni luce. Nel 1993 un team guidato da W. Freedman utilizzando l'HST ha studiato 32 variabili cefeidi in M81, determinandone la distanza in 11 milioni di a.l. Accoppiata alla correzione della scala della distanza apportata dai risultati del satellite Hipparcos dell'ESA, la vera distanza di M81 è probabilmente prossima a 12 milioni di anni luce. Il 28 marzo 1993, esplose in M81 una supernova (1993J) di tipo II, scoperta dall'astrofilo spagnolo Garcia Diaz di Lugo, che raggiunse una luminosità massima di 10,5 magnitudini. Il resto di questa supernova è stato osservato alla lunghezza d'onda radio di 3,6 cm da, quasi, il sesto mese per i 18 mesi seguenti con il radiotelescopio del VLA del NRAO. Ricerche compiute nel 1994 hanno fornito la prova che M81 ha poca materia oscura perché la sua curva di rotazione cala sensibilmente nelle regioni esterne.

-M82 (NGC3034): galassia irregolare di classe II, classificata come "peculiare", vicina a M81, caratterizzata da una struttura altamente caotica e dalla presenza di filamenti brillanti che sembrano emergere dal nucleo (nucleo attivo). E' una "galassia Starburst" e anche una forte radiosorgente; è inoltre perturbata fortemente dalla vicina M81. Dista 10 milioni di a.l. Scoperta anch’essa da Bode nel 1774, visibile di taglio, studiata molto da Lord Rosse, tale galassia ha rivelato un potente campo magnetico e una intensa sorgente di onde radio. Sandage e Lynds l’hanno classificata tra le "Galassie peculiari" e l'hanno fotografata con una lastra particolarmente sensibile alla luce rossa della riga H Alpha dell'idrogeno e con un filtro di luce che lasciava passare esclusivamente la luce emessa da tale riga. Ne è risultata un'immagine totalmente diversa da quella consueta. Dalla zona centrale escono due enormi baffi, perpendicolari al piano equatoriale, dovuti a luce emessa non da stelle ma da gas, ovvero da idrogeno. Tali baffi d'idrogeno consistono in due enormi sistemi di filamenti della lunghezza di 10 mila a.l. L'osservazione spettroscopica di tali filamenti ha mostrato che il gas che li compone esce dal nucleo alla velocità di 1000 Km/sec. Dunque, su questa galassia si verifica un fenomeno analogo a quello osservato nel nucleo e nel getto di M87, solo che qui non avviene in una sola direzione ma è un'unica immensa esplosione che coinvolge un'intera galassia. L'energia scatenata è dell'ordine di 1055 erg, ossia quanto quella di 1 milione di supernovae. Dalla velocità di espansione dei filamenti si trova che l'esplosione dovette iniziare al massimo 1,5 milioni di anni or sono. Si notano diverse condensazioni brillanti e molte linee oscure che l'attraversano in varie direzioni e rivelano la presenza di notevole quantità di polvere interstellare. Si pensa che nel centro di M82 siano concentrate iperstelle massicce o un buco nero. Fotografie all'infrarosso hanno rivelato la presenza di un nucleo compatto in prossimità del centro. Non è una galassia molto grande (1/6 della nostra galassia) e ha una massa di 50 mld. di Soli. M82 è vicina alla galassia a spirale M81; queste due galassie sono talmente vicine (38’) che possono vedersi nello stesso campo con un binocolo da 20 x e 80 mm di obiettivo. Fanno parte di un ammasso di galassie minori che si estendono anche nella vicina cost. della Giraffa.

-M97: nebulosa planetaria "Gufo": ha una magnit. di 10,0, dista 3.000 a.l. e ha un diam. di 3’20". E’ una delle più estese e vicine nebulose planetarie. Testimonia il dramma di una stella giunta all’esaurimento delle sue scorte di energia e quindi collassata in una nana bianca di magnit.14 e può essere scorta con un telescopio da 30 cm., ha un diametro pari al 4% del Sole e una massa pari al 15%. La sua superficie è tra le più calde che si conoscano: 85.000°, tanto che la sua magnit. assoluta è ca. la metà di quella del Sole nonostante che le sue dimensioni siano del 75% inferiori.

-M101: (NGC5457), nota anche come la “Galassia Girandola”, è una spirale di tipo Sc vista quasi frontalmente. Dista tra i 22 e i 26 milioni di a.l. L'osservazione, nel 1994-95, delle cefeidi situate nella galassia da parte dell’HST ha permesso di stabilire esattamente la distanza di M101. Dall'inizio del secolo scorso, sono state scoperte tre supernovae in questa galassia: SN 1909A, scoperta nel 1909 da Max Wolf; SN 1951H, di tipo II, scoperta nel 1951; SN 1970G, scoperta nel 1970 (la più luminosa);
Si trova a 5°30’ a est di Mizar ed è stata scoperta da Mechain nel 1781 e poi catalogata da Messier. William Herschel fu il primo ad osservare delle piccole macchie (in realtà frammenti dei bracci a spirale) che circondano M101.
Ha una magnitudine di 7,7; è estesa su un’area grande quasi come il disco lunare (30’ x 26’) ed è un oggetto di bassa luminosità superficiale, possiede però un nucleo molto brillante. Ha un diametro reale di ca. 90 mila a.l., quasi come la Via Lattea. In rari casi M101 può anche essere osservata con un binocolo. Le dimensioni della galassia richiedono ingrandimenti bassi per la sua osservazione. Comunque occorre un telescopio di almeno 250 mm per iniziare a distinguerne il nucleo, più brillante e qualche  frammento dei bracci a spirale. La galassia è poco densa  e contiene 1 massa solare per 160 pc cubici; sono state anche individuate molte regioni HII.

 

URSA MINOR (Polare 2,12 m 360 a.l. F8)

 

VELA

-Nebulosa "Gum". Se si eccettua la Via Lattea stessa, tale nebulosa è il più grande oggetto che sia visibile in cielo, in quanto si estende dalla Vela ad Orione per 36°. La nebulosa dista 1.500 a.l.; è osservabile solo fotograficamente. La nebulosa di Gum è forse ciò che rimane di una o più supernove esplose nella Vela, l'ultima delle quali, 6.000 anni fa può essere stata vista dagli antichi Sumeri. Fanno parte di tale nebulosa anche i resti, che si presentano come filamenti intrecciati di gas che venano la costellazione, di una supernova esplosa nella Vela c.a. 10.000 anni or sono. Il nucleo della stella è rimasto come debole pulsar che lampeggia 11 volte al secondo. Nonostante tali dimensioni, sino al 1953 nessuno ne sospettava l'esistenza, quando l'astronomo australiano , Colin S. Gum scattò una serie di foto del cielo australe usando un obiettivo a grande campo (11°) e un filtro che lasciava passare solo la luce emessa dalle nubi di idrogeno ionizzato e di azoto. Gum morì nel 1960 per un incidente di sci e non vide gli sviluppi della sua scoperta. Oggi la nebulosa è probabilmente una bolla di idrogeno "gonfiata" da un fuoco di fila di supernovae esplose negli ultimi milioni di anni. Nella Vela del resto c'è un gruppo di stelle giganti molto massicce, a dimostrare che il fenomeno è ancora in corso. . Nel 1977 la pulsar della Vela fu vista lampeggiare visualmente; essa è la stella meno luminosa che sia stata mai identificata otticamente.

 

VIRGO (Spica 1,0 m 275 a.l. B2)

-M87: galassia supergigante ellittica di tipo E1 o (E0), ha una magnit.apparente di 9,2 e una magnit. assoluta di -21. Dista 65 milioni di anni luce, seppur ha un diametro apparente di circa 7' che corrisponde ad un'estensione lineare di "soli" 120 mila a.l. (la nostra galassia ha un diam.di circa 100 mila a.l.), contiene nel suo volume immenso addirittura più di mille miliardi di stelle. In un ipotetico cubo si spazio attorno a noi di ben 100 milioni di anni luce per lato, M87 è la galassia più grande presente in tale cubo. Con la massa di M87 si potrebbero costruire oltre 200 galassie come la nostra. E’ "centro" di aggregazione gravitazionale del Grande ammasso "Virgo". Scoperta da Messier nel marzo del 1781 come un oggetto di M=8, "una nebulosa senza stelle". Attorno ad M87 orbitano più di 500 ammassi globulari: ma secondo stime recenti sarebbero ca. 4.000. E’ anche una radiosorgente: "Virgo A"ed è stata scoperta da Bolton già nel 1948. Ora registrata come 3C274 nel catalogo di Cambridge, è la 5° sorgente radio per intensità mai scoperta. E’ stato visto un jet, osservabile solo fotograficamente, che esce dal centro di M87 (coincidente con la sorgente radio) già notato da Curtis nel 1918 all’osservatorio di Lick. Il nucleo di M87 presenta una struttura spiraliforme nella quale si trova del gas che si muove a velocità, misurate dallo spettrografo per oggetti deboli posto dell' H.S.T. sino a 800 Km/sec. Il jet è lungo 20 sec.d’arco e largo 2 sec.e fotografato con il telescopio da 5 mt. rivela 3 principali addensamenti. La sua luce è polarizzata (Baade) e lo spettro è continuo (Humason). I satelliti con telescopi a raggi X hanno visto che emette intensamente anche in questa banda. Se la distanza di M87 è stimata correttamente, le dimensioni del jet sono di 4.100 a.l. per 400 a.l. Nel 1983 è stato fotografato da Wlérick (telesc.3,6 mt. Manua Kea) con rivelatore sensibile all’ultravioletto (il seeing arrivava a 0,6 sec.d’arco). I noduli del filamento luminoso appaiono risolti: se ne contano 10 tutti collegati fra loro da un filamento sottile con dimensioni da 0,4 a 1,0 sec.d’arco (misura che alla distanza di M87 corrisponde a ca. 250 a.l.). Osservazioni radiotelescopiche fatte con il Very Large Array di Socorro, New Mexico, e con altri radiotelescopi collegati in radiointerferometria intercontinentale mostrano una struttura simile a quella ottica. L’idea più corrente come afferma anche un noto studioso delle galassie, Francesco Bertola, è che nel nucleo di M87 (come nei nuclei di molte altre galassie) vi sia un buco nero supermassiccio rotante ad alta velocità, lungo il cui asse di rotazione fuoriescono le particelle del getto. Una precessione nel moto di rotazione del buco nero con un periodo di 10.000 anni potrebbe anche spiegare il carattere ondeggiante del jet. Nel nucleo di M87 ci sarebbe una concentrazione di materia pari a 2 o 3 miliardi di masse solari, vale a dire un immenso buco nero il quale tra l'altro impedirebbe al gas che fuoriesce velocemente dal nucleo (800 km/sec.) di fuggire via.

Disco di gas nella galassia attiva M87
Fin dal 1917 gli astronomi avevano osservato l'inusuale attività della galassia M87, distante 50 milioni di anni luce nella costellazione della Vergine, in quanto essa emetteva un getto di materia. Dalle osservazioni radiotelescopiche condotte negli anni '50 si era dedotta l'esistenza di un oggetto estremamente energetico nel cuore della galassia che fornisse l'energia rilevata. Ora le immagini e le misurazioni del telescopio tolgono ogni dubbio: al centro della galassia attiva si trova un disco spiraliforme di gas alla temperatura di 10.000°C che ruota alla velocità di 550 km/s. L'unica spiegazione per una rotazione così vorticosa è la presenza di un buco nero di circa tre miliardi di masse solari non più grande del nostro sistema solare. L'installazione delle nuove apparecchiature su HST dovrebbe migliorare la risoluzione spettroscopica permettendo di studiare il moto dei gas nelle vicinanze del buco nero.

-M49: galassia ellittica E4 8,6 m 42 mil. a.l., è tra gli oggetti più luminosi dell’ammasso. Con un diam. stimato pari a 1/2 della Via Lattea, Holmberg stima però la sua massa 5 volte maggiore della Via Lattea, quindi con un’altissima densità stellare. La galassia ellittica M49 fu il primo membro dell'Ammasso di galassie della Vergine ad essere scoperto da Charles Messier nel 1771. E' anche uno dei più luminosi essendo di magnitudine 8,5, corrispondente ad una magnitudine assoluta approssimativa pari a -22,8, alla distanza di 60 milioni di anni luce. E' una delle ellittiche giganti di questo enorme ammasso (oltre ad M60 ed M87), ed è di tipo E4. Si estende per 9x 7,5 minuti d'arco corrispondenti ad un ellissoide con l'asse maggiore di 160.000 anni luce (non conoscendo l'orientamento nello spazio degli assi dell'ellisiode ma solo l'estensione lungo la nostra linea di vista non possiamo, naturalmente, conoscerne la reale dimensione), possiamo definirla quindi un grande ellissoide. Stime precedenti avevano suggerito una massa forse superiore a quella della vicina gigante M87 ma ora si sa che M87 è più densa. Con G7 come classe spettrale integrata e con un indice di colore +0.76, è più gialla delle altre galassie dell'Ammasso della Vergine. Fotografie a lunga posa hanno rivelato la presenza di un sistema di ammassi globulari meno ricco di quelli presenti in M87 e M60. Nel 1969 è stata osservata una probabile supernova, 1969Q di magnitudine 13,0.

-M84 e M86: bella coppia di galassie ellittiche con un Diam.di 25.000 a.l. massa tot. ca. 500 mld di Soli. Mentre tutto l’ammasso Virgo si allontana da noi più o meno uniformemente, questa coppia si avvicina a noi a ca. -450 km/sec.

-M104 (NGC4594): galassia a spirale Sb, visibile di profilo, detta "Sombrero". Tra le più belle galassie del cielo, specialmente in fotografia. Ha un inusuale ampio "bulge" attorno ad un piccolo nucleo nascosto. Ha una magnitudine integrata di circa 8,5, le sue dimensioni sono di 9’ x 4’. Purtroppo è posta a più di 10° al di sotto dell’equatore celeste quindi non sale mai sull’orizzonte oltre i 30°. Dista da noi, secondi taluni astronomi, 64 milioni di a.l. E’ posta tra le costellazioni della Vergine e del Corvo. Essa non fa parte dell'ammasso della Vergine; infatti, poiché l'ammasso di galassie Virgo-Coma dista mediamente 55 milioni di a.l., è improbabile che M104, distando 9/10 milioni di a.l. in più, possa far parte di tale ammasso. E' ubicata verso il sud della costellazione, visibile anche con un semplice binocolo in particolari condizioni di cielo, è una delle più belle galassie dell’ammasso Virgo. Le fotografie a lunga posa evidenziano una densa nube di materia oscura lungo tutto il piano equatoriale (fascia scura già visibile con telesc. da 20 cm con cielo perfettamente buio e seeing perfetto). In molte fotografie possono inoltre scorgersi decine di ammassi globulari giacenti nell’alone galattico. Scoperta da Mechain nel 1781 è stata aggiunta da Messier al proprio catalogo nel 1784. Rappresenta una fase di transizione tra le galassie ellittiche e quelle a spirale, ma secondo molti astronomi essa avrebbe inglobato una galassia più piccola. Ha un diametro di 130.000 a.l., ha la grandissima massa di circa 1.300 miliardi di Soli, ed ha una magnitudine assoluta di circa -23,  pari ad un flusso energetico di ca. 240 miliardi di Soli. Dal suo Redshift di vede che si allontana da noi a quasi 1.000 Km/sec., per la I volta misurato nel 1912 a Lowell Observatory dove si iniziò a sospettare l’espansione dell’Universo.

-M58 (NGC 4579) galassia a spirale barrata di tipo SBc. M58 è una delle quattro galassie a spirale barrate del catalogo di Messier (le altre sono M91, M95, ed M109, anche se talvolta viene classificata come intermedia tra le spirali normali e le barrate (ad es. nel Nearby Galaxies Catalog di R. Brent Tully). E' una delle componenti più luminose dell'ammasso della Vergine. In un piccolo telescopio assomiglia alle ellittiche della Vergine, essendone visibile solo il nucleo brillante. Con buone condizioni di osservazione ed un telescopio di 10 cm o più, si vede un alone luminoso evanescente con alcune condensazioni che paiono coincidere con le aree più luminose dei bracci della spirale. La barra è avvertibile con telescopi di almeno 20 cm come "estensione del nucleo centrale in direzione NO" (Kenneth Glyn Jones).

-M59 (NGC 4621) galassia ellittica di tipo E5. E' una delle ellittiche più grandi dell'ammasso stesso, anche se è molto meno luminosa e massiva delle più grandi ellittiche che ne fanno parte, M49, M60 e, soprattutto, M87. E' discretamente appiattita, varie fonti indicano un'ellitticità nei valori E3-E5.

Altri oggetti:
M60: galassia ellittica; M61:galassia a spirale; M89 ellittica; M90 a spirale.

Un buco nero nella galassia NGC 4261
HST ha scoperto un buco nero di 1,2 milioni di masse solari, con annesso disco di accrescimento largo 800 anni luce, all'interno della galassia NGC4261 distante 100 milioni di anni luce in direzione della Vergine. La sicurezza con cui gli astronomi hanno accolto la scoperta è espressa dalla frase "la questione ora non è se i buchi neri esistano oppure no, piuttosto se tutte le galassie contengono un buco nero". Il buco nero tuttavia non coincide col centro geometrico della galassia, probabilmente questo "doppio nucleo" testimonia la fusione di due galassie.

Un buco nero nella galassia NGC 4438
Riprendendo la regione centrale della galassia NGC 4438, il Telescopio Spaziale Hubble ha individuato una grossa bolla di gas emanata dal buco nero supermassiccio che risiede nel suo nucleo. La bolla di gas ci appare come una massa brillante, seminascosta da una banda scura. Quest'ultima è formata da gas e polveri opache. La banda scura ci nasconde anche altre bolle retrostanti, delle quali possiamo vedere solo alcuni frammenti che ci appaiono come deboli macchie rosse poste al di sotto. Le bolle sono composte da gas estremamente caldi e la loro origine è legata al comportamento "divoratore" del buco nero. Attorno a quest'ultimo, infatti, si raccoglie un disco di materia che tende a cadervi dentro a spirale, ruotando vorticosamente. Nella nostra immagine, il disco di accrezione corrisponde alla regione brillante alla base della bolla principale. Non tutta la materia ricade nel buco nero: una parte sfugge via ad altissima velocità in due direzioni opposte lungo l'asse di rotazione del disco. Questi due getti opposti spazzano via la materia che si trova lungo il loro cammino. Se incontrano masse di gas che si muovono a velocità più lenta, entrano in collisione, si riscaldano e formano le bolle che vediamo. Le bolle sono destinate ad espandersi ulteriormente e, alla fine, a dissiparsi. La bolla principale è alta 800 anni-luce e altrettanto larga. NGC 4438 rientra nella categoria delle galassie peculiari per la sua forma insolita. Si trova nell'ammasso della Vergine e dista 50 milioni di anni-luce dalla Terra.

Ammasso di galassie della Vergine
E' uno dei più grandi ammassi di galassie, ca. 3.000 galassie in circa 5 milioni di a.l. di spazio, delle quali M87 è l'elemento più rilevante. G
ià con un telescopio da 20 cm a basso ingrandimento, nell'Ammasso della Vergine  si scorgono più di 100 galassie sparse senza soluzione di continuità da Virgo a Coma (un altro ammasso cospicuo). De Vaucouleurs nel 1977 ha stimato una distanza di 42 mil. di a.l., ma Sandage e Tamman parlano di 70 mil.a.l.(dato più corretto secondo taluni) La valutazione dipende dalla costante di Hubble adottata. Recentemente Tully e Fischer hanno determinato la distanza di Virgo Cluster con una nuova tecnica basata sulla larghezza della riga radio a 21 cm. dell’idrogeno neutro. La larghezza della riga dipende infatti dalla velocità di rotazione delle nubi di idrogeno e quest’ultima dipende dalla massa della galassia. Poichè la massa determina la luminosità, si può risalire alla distanza per confronto tra luminosità apparente e assoluta. E si è trovato un valore di 51 mil.di a.l. In tale ammasso 3 galassie su 4 sono a spirale, le altre sono per lo più ellittiche. Poche le irregolari e le nane. Le 3.000 galassie di Virgo fanno forse a loro volta parte di una metagalassia composta ca. da 10.000 oggetti: il nostro Gruppo Locale (2 dozzine di oggetti) e: Chioma di Berenice, Cani da caccia, Leone e Orsa maggiore. In effetti, rappresentando con un puntino tutte queste galassie collocate secondo le loro coordinate, Shapley e Ames hanno ottenuto un unico Superammasso di forma lenticolare. L'ammasso della Vergine, che rappresenta fisicamente il centro del Superammasso Locale, avrebbe rallentato la velocità di fuga (dovuta all'espansione cosmica) di tutte le galassie e ammassi di galassie che lo circondano, attirando un flusso di materia verso di sé (il c.d. flusso Virgo-centrico). Chiaramente tale ammasso tenderà sempre più ad aumentare le proprie dimensioni. L'ammasso "Virgo" ha una struttura dinamica molto complessa. Ad esempio IC3258 si sta avvicinando al Gruppo Locale a 517 Km/sec. (blueshift); poiché l'ammasso "Virgo" recede da noi a 1.110 Km/sec., IC3258 si muove rispetto alla regione centrale dell'ammasso di oltre 1.600 Km/sec. Un altro esempio: NGC4388 si sta allontanando a ben 2.535 Km/sec. Il nostro Gruppo Locale si dirige verso l'ammasso della Vergine a 100/400 Km/sec. 
Secondo alcuni astronomi, certi moti osservati nel Superammasso della Vergine indicherebbero la presenza di un altro Superammasso ancora più grande e più lontano. Forse situato a 300 milioni di anni luce dalla Terra, in direzione delle costellazioni dell'Idra e del Centauro, è stato denominato "Grande attrattore". La sua esistenza è posta in dubbio, con l'argomento che l'ipotetico Superammasso dovrebbe causare una difformità nel fondo di radiazione cosmica a microonde dell'Universo che non è stata mai osservata.
Credit: Photograph made from plates taken with the UK Schmidt Telescope. Color photography by David Malin. Copyright: Anglo-Australian Telescope Board.

 

-3C273: il I quasar ad essere scoperto ed è il più vicino. Dista 2,6 miliardi a.l. e si allontana da noi a +44.000 Km/s. (vedi Paragrafo A.G.N.)

- M100 (vedi Coma Berenices)

Galassia gigante dell'ammasso di galassie "Abell 2029"
Osservata nel 1999 dallo "European Southern Observatory" in Cile, è attualmente la più grande galassia che si conosca. Questo immenso e vecchio agglomerato di stelle, assieme a circa 1.000 galassie dell’ammasso, dista un miliardo di anni luce ca. da noi. E’ 3.000 miliardi ca. di volte più luminosa della nostra Via Lattea, ha un diametro di ben 6 milioni di anni luce, ossia 60 volte circa il diametro della nostra Via Lattea e potrebbe contenere addirittura 100.000 miliardi di stelle!
A mosaic of images shows the extended structure of the that resides at the center of the rich cluster of galaxies Abell 2029. After correcting for the scattered light of nearby stars and galaxies, the faint halo of this giant can be traced out to a distance of more than 1 megaparsec, making it one of the largest and most luminous galaxies known. The smoothness of this halo suggests that it was formed early in the history of the cluster.
(Abstract by: http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/nph-bib_query?1990Sci%2E%2E%2E250%2E%2E539U&db_key=AST)

 

 

VOLANS (Alpha 4,0 m 78 a.l. A5)

-NGC2442-3: galassia a spirale barrata di magnit.apparente 11,0. Tale inusuale galassia, dal diam.apparen.di 6' d'arco, fu scoperta da sir. William Herschel che la descrisse come una doppia nebulosa con una appendice a forma di uncino. Infatti essa è composta da due oggetti NGC. La galassia ha anche un inusuale nucleo luminoso. Sebbene non visibile in tale diapositiva, l'oggetto sembra avere alcune deboli compagne non notate da Herschel. Queste galassie hanno un simile redshift e sono probabilmente associate con il suddetto oggetto. Una di queste deboli galassie è anche distorta gravitazionalmente e sembra che abbia avuto nel passato un incontro ravvicinato con NGC2442-3. Quest'ultima è infatti chiaramente perturbata e numerosi gruppi brillanti di stelle e regioni di formazione stellare, specialmente nel braccio a spirale meridionale, confermano tale perturbazione. Se non ci saranno ulteriori incontri, le forze gravitazionali che tengono aggregata la galassia, le restituiranno una più definita e forma a spirale. Tuttavia è molto più probabile che la compagna e la galassia a spirale distorta, che sono state legate assieme per la maggior parte dell'età dell'Universo, con i loro periodici incontri incrementino la probabilità di una loro fusione in una galassia singola.

 

VULPECULA (6 Vulpeculae 4,6 m 270 a.l. M1)

-M27 (NGC6853): nebulosa planetaria (Dumbell o "batacchio di campana") che ha l'aspetto di due masse gassose a contatto. Fu scoperta da Messier nel 1764. Egli la descrive come "una nebulosa di forma ovale", mentre W. Herschel, ingannandosi, la vide come "un doppio strato di stelle di grande estensione, uno dei quali è rivolto verso di noi". Il suo aspetto varia a seconda della potenza del telescopio: se lo strumento è abbastanza potente, acquista una simmetria ovoidale come la maggior parte delle nebulose planetarie, originate dall'esplosione di stelle che hanno esaurito il combustibile nucleare. La Nebulosa Manubrio M27 fu la prima nebulosa planetaria ad essere scoperta. Il 12 luglio 1764, Charles Messier scoprì questa nuova ed affascinante classe di oggetti. La possiamo osservare approssimativamente dal suo piano equatoriale, se l'osservassimo in prossimità di uno dei poli, avrebbe con tutta probabilità l'aspetto della Nebulosa Anello M57. E' certamente l'oggetto di questo tipo più impressionante nel cielo, con un diametro angolare di quasi 6 minuti d'arco ed un debole alone che si estende per oltre 15', metà del diametro lunare apparente. E' anche uno tra i più luminosi, avendo una magnitudine apparente stimata di 7,3, quella della Nebulosa Elica (Helix Nebula) NGC 7293 nell'Acquario è di 7,3 e che peraltro ha una luminosità superficiale inferiore a causa della notevole estensione. Adottando il valore di 1.200 anni luce, la luminosità intrinseca della nebulosa è pari a quella di 100 soli (circa -0.5 di Magnitudine assoluta), mentre la stella è di circa +6 (1/3 del Sole) e la compagna di +9-9.5 (circa 100 volte più debole del Sole), tutte stime nella parte visuale dello spettro elettromagnetico. Il fatto che la nebulosa sia molto più luminosa della stella significa che quest'ultima emette principalmente radiazione ad alta energia nella parte non visibile dello spettro elettromagnetico che è assorbita dalla nebulosa, ne eccita i gas e viene riemessa, stavolta nella parte visibile dello spettro. Al momento, come per quasi tutte le nebulose planetarie, la maggior parte della luce visibile viene emessa in una sola linea spettrale: nella luce verde a 5007 Ångström. Appare di magnit.7,6 e si estende per 8' x 5' d'arco (una delle più estese nebulose planetarie dopo NGC7293) ed è visibile anche con un modesto telescopio. Sulla sua distanza non c'è un buon accordo, ma è una delle nebulose planetarie più vicine e taluni dicono che disti 1250 a.l. Shklowsky parla di 490 a.l. (O' Dell di 850 a.l.) ma taluni parlano di 900 a.l. , ammettendo quest'ultima distanza il suo diametro reale risulta di 2,5 a.l. .La stellina centrale appare di magnit.13,5, emette la metà della luce del Sole ed è una delle stelle più calde che si conoscano: una nana bianca con la fotosfera a 85 mila gradi, probabile residuo di una nova. Possiede anche una compagna gialla di magn.17 a 1.800 U.A. L'espansione dei gas di M27 procede a 25 - 30 Km/sec, il che comporta un aumento del diametro apparente di 1 sec. d'arco per secolo. L'esplosione risalirebbe a 48 mila anni fa nell'ipotesi che l'espansione abbia sempre mantenuto il ritmo attuale. Ma poiché c'è stato un rallentamento, sembra ragionevole attribuire a tale nebula un'età di 20 mila anni. Osservata con telescopio da 20 cm e con buon seeing essa si rivela quale un bellissimo oggetto: si distinguono delicatissime sfumature dall'azzurro al rosa.

 

Hubble Deep Field (HDF)

La più profonda immagine dell'universo svela miriadi di galassie appartenenti all'inizio del tempo. Diverse centinaia di galassie mai viste prima sono visibili in questa immagine del profondo universo, chiamata Hubble Deep Field (HDF). A fianco delle classiche galassie a spirale ed ellittiche, appare una sconcertante varietà di galassie di altre forme e colori che rappresentano importanti indizi per la comprensione dell'evoluzione dell'universo. Molte di queste galassie si sono formate un miliardo di anni dopo il Big Bang. L'immagine HDF rappresenta una stretta apertura verso l'estremo orizzonte visibile dell'universo. Si tratta infatti di una piccola area di cielo con un diametro pari ad 1/30 del d. della Luna piena (questa immagine rappresenta soltanto il 25% dell'intera HDF).  L'apertura è così stretta che le poche stelle appartenenti alla nostra Galassia (la Via Lattea) sono di gran lunga superate in numero dalla grande quantità di galassie lontane. Queste ultime sono talmente deboli che alcune di esse possiedono una luminosità (magnit.30) che è 4 miliardi di volte inferiore al limite della visione umana.  L'oggetto relativamente luminoso appena a sinistra del centro dell'immagine è una stella di magnit. 20. Sebbene il campo sia un campione molto piccolo, è considerato rappresentativo della tipica distribuzione delle galassie nello spazio perché l'universo appare statisticamente uguale in tutte le direzioni. L'immagine è stata assemblata utilizzando 276 singole esposizioni prese nel corso di dieci giorni consecutivi tra il 18 e il 28-12-1995 con la camera WFPC2 . Sono stati utilizzati filtri per il blu, il rosso e l'infrarosso e le singole esposizioni sono state combinate per formare la singola immagine a colori che vediamo. Da questi dati gli astronomi sono in grado di dedurre, almeno statisticamente, la distanza, l'età e la composizione chimica delle galassie che appaiono. Gli oggetti nei quali prevale il colore blu contengono stelle giovani e/o relativamente vicine, mentre gli oggetti prevalentemente rossi contengono popolazioni stellari vecchie e/o lontane. L'obiettivo dell'HDF è stato una piccola regione di cielo accuratamente selezionata che si trova nei pressi dell'Orsa Maggiore. Questa regione, lontana dal piano della nostra Galassia, è sgombra da oggetti vicini, come le stelle. Il campo di osservazione si trova ovviamente nella zona di visione continua (continuous viewing zone, CVZ) dell'orbita dell'Hubble: una speciale regione che può essere visualizzata dall'HST con continuità senza interruzioni causate dalla presenza della Terra o dall'interferenza del Sole o della Luna. L'HDF ha scoperto numerosi oggetti deboli nell'universo (con oltre 30 gradi di magnit.) che non potevano essere visti con i telescopi terrestri. Alcuni degli oggetti che si trovano lungo la direzione visiva dell'Hubble possono essere galassie relativamente vicine ma intrinsecamente deboli. Altri oggetti deboli presi in esame, comunque, sono lontanissime galassie che esistevano quando l'universo era molto giovane.

 

Parte delle informazioni contenute in tale pagina sono state ricavate, oltre che dai siti Internet  della NASA e dell'H.S.T., anche dai seguenti libri:
M.Rigutti, Cento miliardi di stelle, Giunti, 1995.
P.Bianucci e W.Ferreri, Atlante dell'Universo, Utet, 1997.
J.Herrmann, Atlante di Astronomia, Sperling & Kupfer, 1992.
G.Vanin, Atlante fotografico dell'Universo, Mondadori, 1995.
I.Ridpath e W.Tirion, Guida delle stelle e dei pianeti, Muzzio, 1988.
W.Ferreri, Come osservare il cielo, Il Castello, 1996.
P.Bianucci, Stella per stella, Giunti, 1997. 
Colin A.Ronan, L’Universo, Mondadori, 1991.
Voce "Galassia", Enciclopedia Treccani delle Scienze fisiche.

[ Materiale raccolto da Pietro Musilli - Roma, 1997-2001]