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 COME LA PENSIAMO 
 
Le dipendenze patologiche costituiscono nella nostra società un problema di dimensioni allarmanti. In tutte le loro manifestazioni (dipendenza da droghe legali e illegali, gioco d'azzardo patologico, dipendenze affettive, etc.) questi disturbi sono quotidianamente causa di sofferenze notevoli e determinano, o contribuiscono a determinare, conseguenze negative sul piano personale sociale ed economico. 
A fronte della gravità della situazione, spesso più oggetto di notizie scandalistiche e di colore che di riflessione attenta, non sembra si sia sviluppata una adeguata consapevolezza da parte della società nel suo complesso. 
Per quanto riguarda le dipendenze da droghe si constata quotidianamente una sorta di atteggiamento schizofrenico. Da una parte la società ufficialmente punisce, stigmatizza ed emargina chi ha necessità di ricorrere alle cure del caso o ha commesso dei reati in relazione a questi problemi, dall'altra, nel privato, considera il consumo e la detenzione come un comportamento insindacabile perchè attinente unicamente la sfera privata, quando non lo incoraggi addirittura in diverse forme come manifestazione di "tolleranza" e "apertura" culturale. La scelta del consumo è vincolata esclusivamente a considerazioni di convenienza personale o di immagine sociale. Raramente si pone il problema delle conseguenze e dei riflessi che il consumo su larga scala implica sul mercato degli stupefacenti e sull?incentivazione diretta o indiretta di stili di consumo dannosi. 
Rispondendo ad un richiesta crescente, una fetta rilevante della popolazione che risiede in alcuni quartieri, ha fatto del mercato illecito una occupazione stabile. Con il tempo si è sviluppata non solo l?abitudine a considerare lo spaccio un fatto normale, ma si è sviluppata una cultura che vede in questa attività una forma, seppure impropria, di autodifesa sociale in risposta ?all?assenza di valide alternative da parte del mondo della politica o delle istituzioni?. Questa posizione contiene al suo interno due gravi errori: uno di tipo economico e l?altro di tipo sociale. 
Dal punto di vista economico lo spaccio finisce per colpire economicamente le famiglie più povere. I tossicodipendenti dei quartieri più degradati finiscono più facilmente nelle fila delle organizzazioni criminali, spinti dalla necessità di mantenere la propria dipendenza e provvedere alla sussistenza o affascinati dal miraggio di un riscatto sociale fondato sui consumi. Così mentre la carriera di chi vende al dettaglio è segnata dalla emarginazione e dal carcere, le risorse economiche sottratte ai consumatori finanziano altre attività illecite e rendono i vertici delle organizzazioni sempre più potenti. Queste risorse si traducono con il riciclaggio, in attività economiche che competono slealmente nel mercato del lavoro, soffocando la crescita di nuove imprese. Il grosso volume di denaro che circola in questi quartieri, inoltre, non produce altro che sottosviluppo, degrado, povertà ed emarginazione per i suoi residenti, tranne che per poche persone che hanno capito che è più conveniente, vendere la merce per fare soldi. 
La conseguenza più grave dal punto di vista sociale, è la perdita del senso della responsabilità verso la comunità e la dissoluzione del patto sociale. Si rafforza la convinzione che sia necessario essere l?uno contro l?altro per poter sopravvivere. Se questa situazione era già drammatica qualche decennio fa, si è ulteriormente aggravata ai giorni nostri, perché dopo diverse generazioni, ciò che era considerato come una drammatica necessità, si sta sedimentando in stile di vita possibile e vincente. 
La diffusione del consumo di droghe in tutte le fascie sociali e demografiche, perpetua sempre le diseguaglianze sociali ed economiche, alimenta la criminalità e condiziona in molti modi negativi la vita delle persone. L?ingresso nel mercato di sostanze meno conosciute e di stili di consumo "apparentemente" più compatibili con la vita quotidiana, determina una sottostima dei problemi d'abuso e dipendenza e una riduzione del ricorso ai servizi e un incremento del ricorso a trattamenti in stato di crisi. Le istituzioni ed i servizi preposti sembrano far fatica ad adeguare le proprie proposte d'intervento in ragione di questo mutamento complessivo dello scenario. 
La deliberazione N. 44/9 DEL 20.9.2005 In della Regione Autonoma Della Sardegna riporta: 
 
"I flussi informativi, relativi al 2004, volti a rilevare le caratteristiche dei soggetti in trattamento 
presso i Sert o presso le strutture di tipo comunitario, evidenziano le seguenti linee di tendenza in 
riferimento alla Sardegna: 
·      l?aumento del numero di inserimenti nelle comunità terapeutiche (con un incremento pari al 6,7% rispetto al 2003 e al 7,9% rispetto al 2002); 
·      la riduzione, pari al 12,6% rispetto al 2003 e al 6,2% rispetto al 2002, del numero di utenti in trattamento presso i Sert; 
·      l?aumento delle persone che utilizzano sostanze di abuso e che non fanno alcun riferimento al sistema dei servizi per le tossicodipendenze pubblico e di privato sociale, come rilevato nell?ultima Relazione annuale al Parlamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali." 
 
Di fronte a questo problema, ogni cittadino è chiamato a contribuire. L'impegno tuttavia, non dovrebbe tradursi in appelli astratti o deleghe in bianco ma manifestarsi nelle scelte concrete, con la personale assunzione di responsabilità e con azioni di stimolo ed indirizzo nei confronti delle istituzioni preposte a fronteggiare questo fenomeno.  
Le persone che direttamente o indirettamente sono state toccate da questi problemi, sentono la necessità di raccogliere questa sfida, portando il proprio contributo al miglioramento della società. 
Nel fare ciò intende dar seguito alle linee d'indirizzo tracciate dal Piano Sanitario Regionale che auspica "l'integazione del servizio pubblico con il volontariato operante nel settore".