Maximilian Albano .... 

una vita da chirurgo....................

E' per me un’occasione per fare il punto, il riesame di trenta anni di vita e lavoro come Chirurgo Ospedaliero: perché l’ho fatto, che cosa ho ricevuto, che cosa ho dato, perché ho smesso, cosa mi è rimasto.

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Certo questa chiacchierata assume il sapore di una confessione pubblica di fronte a tante persone e quindi dovrò ammettere che ho molto peccato.

Perché l’ho fatto è la domanda iniziale: un anno prima che io nascessi mio padre mi dedicò un libro che era l’autobiografia di un famoso chirurgo ; come avrei potuto deludere un simile presagio?

Inoltre negli ultimi anni dell’Università fui affascinato da un grande chirurgo e uomo nel cui reparto frequentai, feci la tesi, mi laureai e specializzai.

Non ho mai considerato quanto ho fatto una missione.  Io do un diverso valore a questo termine, principalmente un senso di volontariato.

Io sono sempre stato pagato per il lavoro svolto. Per me è sempre stata una professione, bella, interessante, pesante, logorante arricchente, stressante, conflittuale. E’, per mia fortuna, un lavoro gratificante che non   definirei neanche un arte: io mi sono sempre considerato piuttosto un buon artigiano, come un ebanista, un orologiaio, un riparatore, con l’unica differenza che noi ripariamo pezzi unici, modelli fuoriserie..   

Non ci vogliono neanche, a mio parere delle doti particolari per essere un chirurgo: memoria, pazienza ed aggressività, cura dei particolari, molto buon senso, capacità a lavorare in gruppo, una dose d’umiltà e di presunzione: in pratica un po’ di tutto ma con equilibrio: la dote che non può mancare è la disponibilità ad analizzarsi onestamente, la capacità di perdonarsi e di accettare le sconfitte come eventi della vita e quindi una certa solidità psicologica.

Ho avuto, credo, una grande fortuna a vivere l’esperienza di questo trentennio, che ha visto enormi cambiamenti, grandi novità, ha sconvolto convinzioni radicate, ha costretto tutti a fare i conti con il nuovo, a rimettersi in discussione ad accettare di correre in avanti o essere abbandonati in retroguardia; la parola d’ordine è diventata perciò: adelante Pedro ma con judicio.

Se è vero, come molti sostengono, che le conoscenze umane cambiano ogni cinque anni, nei trenta anni passati in Chirurgia per ben sei volte mi si è capovolto il mondo. Non so se sia vero, ma certamente questi anni sono stati veramente fertili e ricchi di mutamenti, stimoli, situazioni positive ed anche negative.

Vorrei quindi rivivere questa esperienza prevalentemente con due chiavi di lettura,la prima riguardante come è cambiato il mondo medico dal punto tecnico-scientifico, la seconda come è mutato sotto l’aspetto sociologico organizzativo umano.