i manoscritti Medioevali

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Progetto

Glossario



Indice

Committenza

 

Materiali Tecniche

-Pergamena

-Papiro

-Carta

-Rigare - tracciare

-Penna

-Inchiostro

-Doratura

-Pigmenti

-Rilegatura

Struttura del libro

-Struttura del Testo

-Sistemaz. Testo

Tipologie del libro

La Bibbia

I libri liturgici

Altre tipologie

Manoscritti Miniati

Breve storia


Materiali e Tecniche della produzione dei Manoscritti

La Doratura 

 Diversi sono i metodi utilizzabili per applicare l’oro alle pagine di un manoscritto e, alcune volte, queste diverse tecniche venivano usate nella realizzazione di una singola miniatura per ottenere effetti differenti. In sintesi, vi sono tre metodi basilari appropriati alla doratura dei libri. Due di questi usano fogli di oro mentre l’altro utilizza polvere d’oro. Nel primo caso, un disegno viene schizzato su una superficie coperta con un tipo di colla umida e, poi, il foglio di oro viene posizionato su di esso ed infine lucidato quando è secco. Questa tecnica era usata in particolare nei primi manoscritti e con la stessa è possibile ottenere un efficace effetto luminoso come quello tipico dei primi pannelli dipinti. Nel secondo caso, viene precedentemente preparato un fondo di intonaco in modo da ottenere un risultato tridimensionale. Quando l’applicazione e la lucidatura dell’oro sono stati completati, la miniatura appare molto spessa e la sua superficie cesellata assorbe luce da più angoli. Tale tecnica è certamente la più magnifica fra le diverse metodologie della miniatura medievale e sarà descritta nei minimi dettagli più avanti. Il terzo metodo consiste nell’applicare dell’inchiostro dorato, ottenuto mescolando polvere d’oro con gomma arabica (comunemente preparato e contenuto all’interno di una conchiglia di cozza o ostrica, da cui il nome in inglese di “Shell gold”) con la penna o il pennello. Lo stesso era detto anche patina d’oro o oro liquido. Al contrario dei fogli d’oro veniva aggiunto dopo i colori. Fu particolarmente in voga dopo la seconda metà del XV secolo e può in qualche modo assomigliare alla “glassa dorata” stampata su certe odierne carte natalizie. È abbastanza curioso che tale metodo sia stato tanto comune in quanto il suo effetto può facilmente divenire barocco ed eccessivo e, inoltre, doveva essere assai più caro poiché tritare dell’oro per ottenerne polvere necessita di una maggiore quantità di materiale rispetto alla semplice applicazione di una foglia d’oro; chi ha tentato di contornare i colori con l’inchiostro dorato ha sottolineato quanto sia lungo e complicato tale metodo.

Anche la foglia d’oro non è di semplice applicazione. Una delle proprietà specifiche dell’oro è che questo può essere martellato e ridotto sempre più fino senza che esso si sbricioli. Una foglia d’oro è infinitamente più fina del più fino dei fogli di carta. È virtualmente senza peso e spessore. Se lasciata cadere non sembra fluttuare verso il basso. Se deposta su una superficie può incresparsi o piegarsi ma può essere steso facilmente con un fiato, divenendo piano come un lenzuolo stirato. Fino al 1200 era comparativamente poco usato eccetto che per lavori particolarmente ricchi e di lusso.

Tale metodo è abbastanza economico anche attualmente. Cennino Cennini, gioielliere e teorico dell’arte italiano del XIV secolo, diceva che quando si acquista dell’oro in fogli occorre essere sicuri che il venditore sia bravo a battere l’oro, controllare l’oro stesso e vedere se la sua superficie è opaca ed increspata, come la pergamena di capra, per poterlo valutare un buon affare. Entrambi, Cennini e il Modello di Gottinga, libro 5, descrivono ampiamente il modo di fabbricare l’intonaco per preparare la base della miniatura. “Inizia con il gesso di Parigi, e mischialo con un poco di polvere di piombo bianco (meno di un terzo della quantità del gesso, secondo Cennini). La sostanza così ottenuta è molto bianca e friabile.” Il manoscritto di Gottinga riprende la medesima ricetta: “poi si vada a prendere dallo speziale del bolo armeno e lo si mescoli con il gesso fino a che questo stesso no assuma un colore rosso carne.” Il bolo armeno, così chiamata anche se certamente proveniva anche da molte altre zone più vicine dell’Armenia, è un’argilla grassa che non ha altre funzioni in questo processo se non quella di fornire il colore. Al momento di applicare l’intonaco su di una pagina bianca, infatti, l’uso di una sostanza colorante rende questo composto maggiormente visibile; e, inoltre, se parte della doratura dovesse perdersi è sempre maglio vedere la di sotto una tonalità rosa/marrone che un bianco sfavillante.

 È interessante verificare se ilo bolo armeno sia stato più o meno usato nella miniatura di un manoscritto. Di solito, specialmente nei manoscritti di valore, è possibile riconoscere se tale sostanza è presente al di sotto della doratura Tale fondotinta in Italia era rosa, in Germania e nelle Fiandre era marrone, A Parigi non veniva generalmente utilizzato. Questa deve essere considerata una di quelle curiose differenze che qualora venissero documentate e studiate sistematicamente potrebbero un giorno aiutare a riconoscere il luogo di produzione di un manoscritto a almeno la zona di provenienza del miniaturista. Tuttavia, per tornare alla ricetta, ora abbiamo una sostanza a base di gesso e piombo, più o meno colorata che sia. Ora occorre aggiungere dello zucchero. Questo o il miele agivano come sgrassanti, ovvero eliminavano l’umidità ed è importante che il preparato resti umido il più a lungo possibile. La sostanza poteva essere seccata in piccole palline rosa ed essere conservata in questa forma. Ogni qualvolta fosse stata necessaria, poi, si poteva prendere una di queste palline e frantumarla mischiandola con dell’acqua pulita e chiara d’uovo, su una superficie piana, probabilmente di pietra, fino a che non diventasse fluida e senza bolle. L’albume si otteneva raccogliendo il liquido appiccicoso che si forma sul fondo di una recipiente in cui vengono sbattute le chiara d’uovo, specialmente se si aggiunge una tazza di acqua fredda.

Questo è l’intonaco, una mistura che necessita di essere girata spesso, pronta per l’uso. Veniva applicata con una penna d’oca e non con un pennello. La velocità è importante in quanto occorre passarla con tocco lieve per non danneggiare la pergamena con la punta. Il liquido viene immesso nel centro della parte da dorare e velocemente ed attentamente sparsa negli angoli e in tutte le parti della pagina del manoscritto evidenziate dai contorni del bozzetto, intorno ai margini delle iniziali, sulle foglie di edera, delle aureole, punteggiato sulla quadrettatura degli sfondi e così via. Presumibilmente il miniaturista medievale, diversamente dal copista, lavorava su un tavolo piatto piuttosto che su ripiano inclinato dal momento che l’intonaco viene ammonticchiato e tenuto insieme dalla tensione della superficie e, in caso contrario, ovvero su un piano inclinato tenderebbe a scivolare verso il basso. Un tempo umido e la rugiada della mattina sono ritenute essere eventi favorevoli all’applicazione della doratura. Un leggerissimo pezzo di foglio dorato viene preso per mezzo di un finissimo pennelletto, detto punta da doratura, e lasciato cadere sul morbido cuscino per la doratura dove può essere appiattito con un semplice soffio e tagliato con un coltello acuminato nella forma di strisciette o in altre semplici forme prima di essere ripreso col pennelletto. Respirando pesantemente sulla pagina de manoscritto, il miniaturista mantiene un giusto tasso di umidità permettendo all’intonaco di mantenersi appiccicoso; così il foglio d’oro può venire posizionato in modo da sovrapporsi ai margini della forma di intonaco. Come si avvicina alla pagina il foglio d’oro sembra saltare per suo conto nella giusta posizione. Viene poi coperto immediatamente con un pezzo di seta e pressato con forza col pollice. La trama della seta si imprime così sulla superficie dell’oro ma ciò resta senza conseguenze in quanto tale effetto può venir facilmente rimosso. A questo punto, il miniaturista inizia la fase di lucidatura mediante uno strumento che tradizionalmente era fatto con un dente di cane montato su un manico; tuttavia Cennini riporta che il dente di un leone, lupo, gatto o di qualsiasi altro carnivoro è adatto all’uopo e descrive anche come sia possibile fabbricare uno strumento di lucidatura usando dell’ematite. Lo strumento per lucidare viene passato sopra ed intorno ai contorni del foglio d’oro ed anche negli interstizi presso i margini dello stesso. A causa dello strofinamento, l’oro che ricopriva in abbondanza i margini del bozzetto intonacato, si stacca e cade via; queste infinitesime particelle d’oro possono essere spazzolate via o raccolte.

Alcuni artigiani contemporanei asseriscono, sulla base della loro esperienza di bottega, che molte delle decorazioni dei manoscritti medievali furono effettuate utilizzando una penna piuttosto che un pennello. Ciò sembra plausibile soprattutto per le iniziali decorate la parte interna delle quali era monocromatica senza alcun innalzamento. Qualora la tinta sbiadisca diviene possibile riconoscere i tratti della penna. Le istruzioni di Gottinga suggeriscono la possibile utilizzazione di entrambi i metodi: “dovrai mettere tutti i colori, ombreggiare e schiarire, con un pennello tranne che negli sfondi quadrettai per i quali andrà usata la penna e solo per schiarirli si adopererà un pennello, altrimenti, tutte le decorazioni floreali, grandi o piccole che siano, devono essere fatte a pennello.” Vi sono istruzioni del XVI secolo su come fabbricare un pennello per le miniature. Secondo tale fonte occorre usare i peli della coda di scoiattolo o ermellino arrotolati insieme mediante della carta ed inseriti nella parte finale del fusto di una piuma. Quindi potrebbe anche essere che le immagini di miniaturisti che sembrano avere in mano una penna d’oca in realtà stiano tenendo uno di questi pennelli. 

Liberamente tratto dalla rete


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Ultimo Aggiornamento: 29/11/05.