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Che cosa sono i C.A.G.
Le origini L’origine degli interventi rivolti ai giovani nell’ambito dell’extrascuola e dell’extralavoro, viene da alcuni fatta risalire a Don Bosco e all’opera dei Salesiani, da altri ai primi tentativi d’istituzionalizzazione dell’aggregazione spontanea quale intervento sulla condizione giovanile che era divenuta centro d’interesse a seguito del periodo delle contestazioni.
Torino
fu la prima città italiana che negli anni settanta tentò di avviare alcuni
servizi rivolti ai giovani, tentativo che allora non riuscì a decollare: i
centri di Torino furono presto trasformati in ludoteche per l’infanzia e altri
servizi. A Milano, nella
seconda metà di quel decennio, sull’onda della moda del "fare
animazione" e della "scoperta" del "tempo libero",
nacquero i primi C.T.L. (Centri per il Tempo Libero), servizi rivolti alla
totalità della popolazione e quindi non specifici per giovani né orientati al
fare prevenzione. In quegli anni, vengono promulgate una serie di leggi che
cercano d’affrontare in modo nuovo il tema del disagio minorile favorendo la
nascita di progetti alternativi all’istituto per il minore. In questo quadro
si collocano le sperimentazioni di Paderno Dugnano (MI) e di Dalmine (BG), che
tra il ‘79 e l’80 aprirono le porte dei primi due Centri della Regione
Lombardia, allora denominati "Centri diurni minori". Le due esperienze presero strade diverse, sviluppando nel
primo caso il lavoro di sostegno e prevenzione del disagio sui preadolescenti in
piccolo gruppo, e nel secondo caso il lavoro di "promozione" con
adolescenti e giovani. La
denominazione "Centro d’Aggregazione Giovanile" appare nel Piano
Socio Assistenziale della Regione Lombardia 1988/90 (attualmente ancora in
vigore), il quale ne ha definito finalità, standard gestionali e strutturali. Sintetizzando, possiamo affermare che i C.A.G. in Lombardia sono nati da un lato come proposta alternativa al ricovero in Istituto per alcuni minori (prevenzione e in taluni casi recupero e riabilitazione per le situazioni d’accertata reversibilità del disagio), e dall’altro lato dalla necessità di soddisfare i bisogni dell’extrascuola ed extralavoro, come risposta ai bisogni emergenti in una società in cui "spazi aperti", possibilità d’incontro, occasione di sperimentare relazioni sociali ampie e significative, divenivano oggetti sempre di più difficile fruizione.
Il C.A.G. nel Piano Socio-Assistenziale regionale 1988-90 La finalità primaria che il P.S.A. individua per i C.A.G.
è quella di rispondere ai bisogni dell’extrascuola. Il C.A.G. è definito spazio educativo in cui discutere,
documentarsi, giocare, fare sport; uno spazio aperto e luogo di
"convergenza educativa" che svolge azione preventiva laddove si
collega con altri servizi e raccorda gli interventi con programmazioni mirate
anche per fasce d’età. L’indicazione è che questi servizi si rivolgano alla
generalità dei giovani e degli adolescenti, con cura particolare a quelli in
condizione d’emarginazione (che non devono mai prevalere numericamente sul
flusso complessivo). La fascia d’età che viene individuata è 10/21 anni. Sempre secondo il P.S.A., le strutture C.A.G. vanno
organizzate in modo flessibile ed accessibile alle dimensioni più informali che
caratterizzano l’area giovanile; nel C.A.G. devono coesistere pluralità
d’attività e di competenze professionali che vedano implicazioni di più
settori: tempo libero, sport, cultura, istruzione. Le attività proposte al suo interno devono essere
polifunzionali e organizzate secondo il modulo del laboratorio in cui si
coniughi il bisogno di "fare" con quello di "socializzare". Nella scansione della giornata viene data indicazione di
prevedere anche momenti di libera e spontanea aggregazione accanto a momenti strutturati.
Il C.A.G. deve anche garantire attività di pratica sportiva a servizio
della collettività. Per quanto riguarda le figure professionali, si parla di
"educatori" (1 ogni 15 utenti) con competenze animative a cui è
possibile affiancare "esperti" in tecniche particolari per la gestione
dei laboratori, e di un
"coordinatore" responsabile”. L’educatore in questione deve saper costruire
un’atmosfera comunitaria, favorendo l’autogestione del progetto educativo
allo scopo di permettere ai giovani un’ampia autonomia di programmazione,
gestione, verifica delle attività, per lo sviluppo del senso di responsabilità
critica ed autocritica.
I Centri di Aggregazione dopo il P.S.A. Tra il 1990/91 la Regione Lombardia si preoccupò di
"verificare" di che natura fossero realmente i servizi C.A.G. dopo
l’uscita del P.S.A. Vennero distribuite delle schede di rilevamento dalle quali
s’individuarono 4 tipologie di Centri: - C.A.G. di promozione e socializzazione; - C.A.G. di formazione valoriale; - C.A.G. di sostegno per soggetti in difficoltà; - C.A.G. polifunzionali. Il risultato di questa indagine venne presentato al primo
Convegno sulle realtà giovanili organizzato dalla Regione Lombardia nel 1991. In quell’occasione gli
operatori dei servizi espressero delusione per i contenuti del Convegno e la maggior parte dichiararono di non riconoscere il proprio
Centro in nessuna delle 4 tipologie individuate dalla ricerca condotta dalla
Regione Lombardia. Nonostante la delusione, il Convegno fu un momento
importante, il 1° incontro ufficiale tra le queste nuove realtà lombarde. Gli operatori dei Centri proposero alla Regione di farsi
promotrice del raccordo e coordinamento tra i vari Centri; da questa proposta
nacque l’idea di costituire il "C.T."
(Collegamento Territoriale), struttura
che tra l’altro avrebbe consentito alla Regione stessa di avere un contatto più
diretto con le realtà, ricavando dati e informazioni utili al
"controllo" e alla "programmazione". L’esperienza dei C.T. prese il via nel 1992. Agli operatori spettò designare all’interno di ogni C.T.
un referente che, assieme agli altri e ai funzionari della Regione, andò a
comporre il C.T. Regionale (consulenza rispetto alla programmazione, stato e
verifica dell’unità di offerta).
I C.A.G. oggi I Centri
d’Aggregazione Giovanile nel 1999 erano 291 per un numero complessivo di
frequentanti pari a 63.646 (dati rilevati dalla Circ. 4 - Regione Lombardia). Il
panorama odierno è estremamente variegato: la fascia d’età presa in
considerazione va dai 6 ai 25 anni, con prevalenza di Centri rivolti a
preadolescenti ed adolescenti (circa 11 - 18 anni). Gli enti che gestiscono i Centri d’Aggregazione Giovanile
sono diversi: Per
quanto riguarda i Comuni, l’Assessorato di riferimento generalmente è quello
dei Servizi Sociali; in alcuni Comuni esistono Assessorati ai Giovani. I
progetti, a seconda delle diverse realtà,
"incrociano" o addirittura "intersecano" gli
interventi relativi alla L. R. 45, progetti del Fondo Sociale Europeo, L.
285/97 e parti di "Piano Diritto allo Studio". I C.A.G.
sono divenuti in molte zone "erogatori" di servizi paralleli:
animazione e sostegno educativo nelle scuole, sportelli d’ascolto, sale prove
pubbliche per gruppi musicali, orientamento e formazione lavoro, educativa di
strada… etc. .. In
quasi tutte le realtà, l’accesso al servizio è libero; in pochi Centri
esiste ancora l’"invio". In alcuni è prevista
un’iscrizione/autorizzazione (soprattutto nei Centri per fasce d’età
"basse"). Sono
da qualche anno in fase di sperimentazione esperienze d’autogestione in Centri
per giovani, sia di tipo parziale (ad attività o orari specifici) che totale. L’orario
d’apertura è pomeridiano e in alcuni casi anche serale (giovani o gruppi
genitori). Le
figure professionali in campo sono prevalentemente educatori professionali,
animatori sociali, laureati in Scienze dell’Educazione o Psicologia. Numerosi
sono i casi di personale non qualificato (formazione sul campo o lauree non
inerenti). E’
stata ormai da tutti introdotta la figura del Coordinatore,
che generalmente è un operatore con maturata esperienza nel campo.
Vita, sopravvivenza, morte dei C.A.G. Nonostante
la popolazione lombarda non sembri ancora saper bene dell’esistenza di questo
servizio, i Centri d’Aggregazione Giovanile continuano ad aumentare di numero. La legge 285/97 ha sicuramente contribuito a dare ulteriore impulso
alla crescita numerica di Centri e, dal momento in cui è stato tolto il
sostegno economico diretto da parte della Regione Lombardia, è divenuta in
alcuni casi, assieme a fondi recuperati con la Legge Regionale 45, l’unica
opportunità di sopravvivenza. I Centri
Giovani hanno ancora vita difficile. I C.T.
hanno in questi anni hanno cercato di contribuire alla definizione del nuovo
Piano Socio Assistenziale, che non è ancora stato approvato. La
Regione Lombardia nel frattempo ha istituito l’Osservatorio per l’Infanzia e
l’Adolescenza senza contemplare la presenza dei C.A.G. e dei C.T. L'Amministrazione
Regionale ha promosso, dal 1991 ad oggi, altri tre convegni: ·
9-10 maggio 1996: "Centri di Aggregazione Giovanile: dalla
prestazione alla progettualità. 1991-1996: cosa è cambiato"; ·
18-19 febbraio 2000: "Convegno Internazionale dei Centri
d’Aggregazione Giovanile: l’Europa dei Balcani" (centrato
prevalentemente sui progetti in gemellaggio con l’Albania e l’ex-Yugoslavia); ·
20 novembre 2000: "Prima giornata regionale per i Diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza - L. 285/97" (i C.A.G. restano ai
margini del discorso). E’ grazie alla volontà dei referenti dei vari
Collegamenti Territoriali e del funzionario regionale di riferimento (sino al
2000) che l’esperienza non muore. Nell’ambito del C.T. Milano Provincia 1, dato l’alto
numero dei servizi partecipanti, si scelse dal 1998 di organizzarsi in gruppi di
lavoro tra Centri di Comuni limitrofi; sono nati così i "Nodi", la
cui evoluzione nella nostra zona (provincia di Milano nord-ovest) è la
"Rete Territoriale dei Centri d’Aggregazione Giovanile". Dopo un lungo periodo di black-out della relazione tra
Regione e C.T. , con l’anno 2002 sono ripresi gli incontri presso la sede
della Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale. I C.T. stanno cercando di capire insieme quale ruolo può
avere la Regione per loro e viceversa, capire cioè, a fronte di tutte le
trasformazioni avvenute in questi anni, quale organizzazione darsi e quale
posizionamento può far sì che tale organismo torni ad essere un'efficace
risorsa per questi servizi, sempre di frontiera. |