Questo mese in edicola
   
rossoegiallo.com
  Scrivi a Kammamuri


 

Duefisso      di Kammamuri

3 - La peiperviù ci ha ammazzato

Che merde che siamo. Diciamocelo chiaramente. A Torino ci saremmo andati lo stesso. Se domenica scorsa avessimo vinto ci saremmo andati perchè avevamo vinto. Nè più nè meno di ora, che sosteniamo di partire perchè invece domenica abbiamo perso. Mi chiedo se non si faceva prima a dire che ci saremmo andati comunque? Probabilmente si, ma a noi piace pensare di no. A noi piace pensare che il modo con cui si va è sempre quello migliore, che le nostre emozioni, le nostre scelte, i nostri colori, i nostri viaggi perfino, siamo i migliori. E' sempre stato così. Dal primo giorno in cui con Gecko e Fausto ci siamo conosciuti. In una domenica di diciotto anni fa, invitati tutti e tre a giocare a subbuteo da un amico comune. Era una domenica in cui, come oggi, la Roma giocava a Torino. Mamma mia. Se solo avessimo dedicato allo studio tutte le ore passate a fare triangolari di subbuteo ora non lo so che testa avremmo. A ricordare bene all'inizio Gecko mi stava pure un po' sulle palle. Quel giorno se la tirava col fratello che era andato in trasferta. Si riempiva la bocca con questa parola magica. Allora neppure capivamo bene cosa volesse dire. Trasferta. Occhio e croce era una cosa di cui vantarsi. Anche se a casa mia dicevano sempre che chi faceva le trasferte era un teppista finiva che io come tutti la considerassi una cosa di cui vantarsi. Magari proprio per quel giudizio dei miei. Fatto sta che io non ne potevo proprio più di sentire Gecko ripetere mentre giocavamo che suo fratello era a Torino. La sua percezione distorta lo portava a considerarsi erede delle azioni del fratello, e in fondo il nostro rosicamento implicitamente confermava l'idea. Poi, sai, i bambini stranamente in certe situazioni non si ribellano. Subiscono e basta. Questa storia del fratello di Gecko è sempre stata una persecuzione. Che poi era pure un po' stronzo. Con lui ma anche con noi. Dico, guarda un po' se uno da pischello deve trovarsi come punto di riferimento un tipo del genere. Tutto perchè? Perchè faceva le trasferte. Quel giorno insomma ci trovammo a casa di questo Gianluca che era mio vicino di casa, compagno di scuola di Gecko nonchè cugino di Fausto. Ora non voglio menarla troppo su quel giorno, anche perchè non è che me lo ricordi poi così bene. Diciamo che me lo ricordo a macchie di leopardo. A flash un po' scollegati l'uno dall'altro. Di sicuro però come oggi si giocava Torino-Roma.

Sono diciotto anni e mezzo che ci conosciamo. Quel giorno di marzo del millenovecentottantuno non li avevamo diciotto anni e mezzo. Il che vuol dire che il tempo che ho passato con Gecko e Fausto già ora è di gran lunga maggiore di quello che ho passato senza di loro. Per forza poi che ci capiamo con un colpo d'occhio. per forza che abbiamo suppergiù le stesse idee, gli stessi punti di vista. Pare che le idee si formino sulla base delle esperienze. Se questo è vero francamente allora mi stupirebbe scoprire di avere qualche idea lontana con quei due. Con tutto il tempo che ci ho passato. Talmente tanto che credo che ognuno di noi sia stato geloso delle prime ragazze con cui ci mettemmo insieme. Cominciai io. Allora non capivo perchè loro due mi trattassero male quando ci vedevamo. Poi me ne resi conto quando fu il turno di Fausto. Da fuori quanto si sentiva la sua mancanza. Anche se solo per una sera. Una volta incazzati io e Gecko facemmo pure una trasferta da soli. Fu l'unica volta in cui si ruppe il trio. A ripensarci mi viene da ridere. Tra l'altro quel coglione si era messo con una tipa assurda. Poi dice a me che Maria era un ostacolo tra me e la Roma. Pare sia un classico. Le ragazze combattono spesso la passione per il calcio e quella per gli amici. Forse per gelosia. Non tutte certo. Però Maria sì. E pure la tipa assurda di Fausto. Forse bisognerebbe dare retta a Gecko. Secondo lui per non rischiare bisogna rimorchiare allo stadio. Il massimo poi sarebbe in trasferta. A me però non è mai successo. Di tante ragazze che ho avuto nessuna amava la Roma. Anzi. Solo qualcuna a malapena la tollerava. Non ho mai visto una partita di calcio abbracciato ad una ragazzza. E dire che ne ho viste di partite. Francamente non so neppure se sia peggio. O meglio. E' così. Il calcio nalla mia vita ha quella collocazione. Sta lì. Con Fausto e Gecko. Ho difficoltà a immaginamela una partita senza di loro. Sono diciotto anni e mezzo che li conosco e la cosa si intreccia in modo indissolubile con la Roma. Un sacco di volte ho pensato se, senza sciarpe e striscioni di mezzo, gli avrei voluto lo stesso tanto bene. Oppure se senza di loro sarebbe stata uguale la mia passione. Ci penso e non trovo una soluzione. Probabilmente perchè soluzione non c'è. Probabilmente perchè sono tutti tasselli fondamentali della mia storia. E' la mia storia e ogni cosa, ogni persona che ci sta dentro fa parte di me. Per forza poi che ci capiamo con un colpo d'occhio.

Diciotto anni e mezzo fa giocavamo a subbuteo e sentivamo la radio. Ogni volta che entrava il telecronista da Torino Gecko riattaccava con la storia del fratello che stava lì. La Roma vinse due a zero. Entrambi i gol nel primo tempo se non ricordo male. Di Pruzzo e Di Bartolomei, di questo sono sicuro. Entrambi mezzi in mischia. Il secondo mi pare su tiro di Scarnecchia. Alla fine della partita successero pure dei casini. Me lo ricordo perchè Gecko non smise di fare il grosso, ma si vedeva che un po' di paura per il fratello ce l'aveva. Erano anni tosti. Che ovviamente ricordo in modo probabilmente distorto dalla lente dell'età. Succedevano cose strane. Quella domenica addirittura in Spagna fu rapito il centravanti del Barcellona. La Spagna veniva fuori dal periodo di Franco, durante il quale Barcellona e il Barcellona erano stati parecchi osteggiati. Stando almeno a quanto ho potuto sentir dire e studiare. Quell'anno la squadra, allenata da Helenio Herrera era seconda in classifica. A due punti dall'Atletico Madrid in casa del quale avrebbe avuto lo scontro diretto la domenica successiva. Era insomma ad un passo dalla vittoria dello scudetto. Il suo centravanti, quini, era capocannoniere e improvvisamente sparì al termine di una partita vinta per sei a zero. Quella domenica appunto. Ieri era lo stesso domenica e lo stesso si giocava Torino-Roma. Però non sono successi casini sugli spalti e non hanno rapito nessun centravanti in nessun angolo del mondo. In compenso però le trasferte sono sotto accusa più di allora. Molto più di allora. Ieri allo stadio di Torino c'era uno striscione che avvertiva che ci sarà resistenza al tentativo più o meno evidente a seconda degli occhi di scoraggiare le trasferte. Diceva "trasferte: non ce le toglierà nessuno". Io di quando avevo dieci anni mi ricordo poche cose, ed una di queste è il fratello di Gecko che va in trasferta. Ma non basta. Delle persone che frequentavo allora sono rimasto amico solo con Fausto e Gecko con cui faccio le trasferte. Anzi con loro da amico ci sono diventato pure fratello. Probabilmente proprio per via delle trasferte.

In un vecchio film Massimo Troisi partiva per un viaggio da Napoli a Firenze e ogni volta che parlava con qualcuno era costretto a dire di non essere un emigrante bensì semplicemente un turista. Con lo sguardo abbacchiato cercava di dire al suo interlocutore che anche un ragazzo di napoli può fare "nu viagge", senza dover per forza emigrare. Cosa c'entra? C'entra che ultimamente sembra che un tifoso non possa fare una trasferta per vedere una partita, ma solo per fare casino. Diciotto anni e mezzo fa i casini ci furono per davvero e in mezzo ci stava pure il fratello di Gecko, al termine di una partita sigillata dal Bomber e da Diba, mentre in Spagna spariva nel nulla il capocannoniere. Il tutto nell'arco di un torneo di subbuteo. Giocato con tre bambini estranei, uno dei quali destinato a rimanere tale e gli altri due destinati ad essere accanto a me oggi come chissà quante volte. Col bello come col brutto tempo. Nelle belle come nelle brutte partite. Anche come ieri. Per una brutta partita in una brutta giornata. Quante partite hanno fatto storia di tutte quelle che ho visto? Sicuramente pochissime. Il calcio è questo. Mica è un varietà che ti permette di andare sul sicuro. Il calcio chiede alla tua passione di sottoscrivere un assegno in bianco. Quanti sono disposti a dire non solo ci sono ma ci sarò comunque? L'abbonamento lo fai d'estate. Paghi già le partite che si giocheranno nove mesi dopo. Paghi già quelle che si giocheranno sotto il diluvio universale. Paghi quelle che si giocheranno quando avrai quaranta di febbre. Il calcio chiede alla passione l'opposto esatto di quello che la peiperviù chiede ai suoi fruitori, ovvero l'acquisto dell'evento. Anche trenta secondi prima che accada. E così si passa dalla logica della passione a quella dell'evento a tutti costi. Che siccome è a tutti i costi deve essere preparato e come tutte le cose preparate non c'entra niente con la passione. Mica basta il dubbio sul risultato a scatenare la passione. Fosse stato per questo avremmo giˆ smesso tutti da un pezzo. Sicuramente almeno proprio dall'anno di quel Torino-Roma della partita di subbuteo. Fosse per il dubbio del risultato ci saremmo messi a giocare a morra cinese invece di dover prestare le mani per contare gli scudetti degli altri. Fausto qualche tempo fa se ne uscì con una proposta singolare. Dal momento che Juventus e Milan dovranno vincere almeno ottanta dei cento scudetti del prossimo secolo, perchè non gliene diamo quaranta e quaranta a tavolino e ci giochiamo in santa pace giˆ l'anno prossimo il campionato 2080-2081.

 

  1. E la chiamano estate

  2. Venezia in bianco e nero