[INDICE] - [SU] - [CAPITOLO V] - [NOTE]




CAPITOLO IV



L'età dei Castelli


I Castelli nei dintorni di Cartore dopo il 1268



Torano, Corvaro, Spedino, Castelmenardo e Collefegato, forti delle loro posizioni strategiche e delle loro appetitose fortezze, nonostante la sconfitta riuscirono subito a risorgere. Il 5 ottobre del 1273, in un diploma di Carlo d’Angiò, in cui divise l’ampio giustiziarato di Abruzzo in due, e cioè in ultra et citra flumen Piscariae, sono ricordati nel nostro Abruzzo ulteriore: Marano, Spedino, Collefegato, Castellum Maynardi, Corbanum, Maleto, Latuscolo, ecc. (1). Nel 1279 tutti i conti, baroni e feudatari del Giustizierato d’Abruzzo, quasi completamente sostituiti da Carlo d’Angiò, dovettero passare la mostra dinanzi al giustiziere Brunello in Sulmona e Penne e furono registrati: il 28 aprile del 1279 si presentarono:

Sinibaldo de Aquilano nuovo proprietario del Corvaro che fu valutato 1 feudo (2); Sibilia, mg. di Tommaso Ammone, per Castel Menardo, valutato 1/8 di feudo, e per Castel Maleto, valutato 2 once e 25 tareni; Guglielmo Stacca provenzale per Collefegato e Tufo valutati 2/3 di feudo; un certo Giovannino si presentò come procuratore di Maria di Aquino per Marano che fu valutato 1/2 feudo; il 10 maggio Stefano Colonna mandò come suo vicario Giovanni da Poggiovalle per i feudi che possedeva nel Cicolano, fra i quali Poggiovalle (3).



STEMMA DI
BORGOCOLLEFEGATO


Carlo d’Angiò morì il 5 maggio del 1309 e gli successe nel regno il figlio Roberto il quale nei suoi registri dell’anno 1316 rammentò vari castelli del Cicolano. In quel tempo Corvaro e Spedino erano posseduti dalla contessa di Albe e Torano, con altri beni feudali posti nei confini con gli Abruzzi, era posseduto da Amelio di Corvaro ma faceva parte delle terre della contessa di Albe. Nel 1319 era signore del Corvaro, Gentile di Amiterno (4). Nel 1324 Ugo Stacca di Collefegato vendette a Raimondo di Catania il suo castello di Poggiovalle, ed il re vi prestò il suo assenso (5). Nel 1325 Roberto Orsini era Conte di Alba (6). Nel 1338 Collefegato "tranquillo castello di campagna" era di proprietà di un certo Fidanza (7)

Il 19 gennaio del 1343 morì il re Roberto d’Angiò e gli successe la nipote Giovanna moglie di Andrea il fratello di Lodovico re d’Ungheria. La sorella di lei, Maria, ebbe dal suo avo paterno la contea di Albe dei Marsi con molti altri feudi in altri luoghi (8). Il 20 maggio 1366 quest’ultima morì e la contea di Albe tornò al regio demanio (9). Il 30 settembre 1371 Giuntarello di Poppleto era il signore dei castelli di Corvaro, Collefegato e Poggiovalle e alcuni anni dopo questi furono ereditati da Antonio suo figlio (10).




1380: La battaglia di Torano



Il 1378 fu l’anno del grande scisma d’occidente nel quale furono eletti contemporaneamente due pontefici, Urbano VI dai vescovi romani e Clemente VII dai francesi. La regina Giovanna prese le parti del pontefice Clemente VII mentre Carlo II di Durazzo, discendente degli Angioini e aspirante al trono del regno, parteggiò per Urbano.




TORANO


A quel punto anche l’Abruzzo come l’Italia si spaccò in due. L’Aquila parteggiò per la regina Giovanna e quindi per il papa Clemente mentre il nostro Cicolano per il papa Urbano. Questa situazione provocò vari scontri fra cui una battaglia per noi molto importante perché combattuta nei pressi di Torano.

In quel tempo vi erano due grandi famiglie a L’Aquila, i Camponeschi ed i Pretatti, che, per vecchie inimicizie e rancori, cercavano sempre la scusa per poter andare in guerra. Lo scisma fu preso al balzo e quando la famiglia Pretatti, capitanata da Francescantonio, si mise dalla parte di Carlo di Durazzo quella dei Camponeschi, capitanata da Antonio, si mise dalla parte opposta. Francescantonio detto Ceccantonio era figlio di Nicolò e di Pasqua di Poppleto ed era cugino di Antonuccio da Giunta, signore di Corvaro, Collefegato e Poggiovalle. Dopo una sconfitta avvenuta a L’Aquila nel novembre del 1378 in una battaglia contro Antonio Camponeschi, Ceccantonio si riparò nel castello di Poggiovalle e da lì a più riprese tentò di riconquistare i suoi feudi Aquilani. In una delle sue scorrerie mise a fuoco le terre di Pendenza e di Rascino; assalì Antrodoco per prenderne la rocca ma fu respinto; s’impadronì della rocca di Pelino, vicina all’Aquila; il 22 settembre del 1379 entrò nel territorio di Amiterno scorrendo fino a Pile e facendo danni e rovine; si accampò a S. Vittorino, a Preturo e a Civita Tomassa, ma poi trovata una forte resistenza dovette uscire, dirigendosi a Leonessa, dal regno di Sicilia.

Gli Aquilani, sdegnati da tali assalti, riunirono un esercito e andarono contro il castello di Corvaro dove fecero molte prede e prigionieri. La vedova di Giuntarello, signora del Corvaro, riunì un altro esercito e ricambiò l’offesa facendo prede e prigionieri a Tornimparte. Questi fatti scatenarono una reazione per cui gli Aquilani ripeterono più volte le scorrerie contro i Corvaresi e, chi più ne pagò, fu la valle di Maleto che rimase molto danneggiata. Ceccantonio, chiamato in aiuto dai Corvaresi, irruppe nel contado aquilano e, giunto in una villa a Tornimparte, vi predò e uccise alcune persone. Nel gennaio del 1381 Ceccantonio si impadronì della roccaforte di S. Donato al centro del territorio aquilano e ciò creò una situazione talmente difficile per gli aquilani che anche la potente famiglia Orsini per paura si mise contro di lui.

Nel giugno dello stesso anno l’esercito aquilano, capitanato da Antonio Camponeschi, partì alla volta di Torano e, accampatosi in quel castello, si diede a fare scorrerie nei luoghi vicini e ad assaltare frequentemente i castelli di Corvaro, Collefegato e Poggiovalle. Rinaldo Orsini invece si diresse nel suo castello di Tagliacozzo a radunare gente per dare manforte al Camponeschi.

Ceccantonio, infastidito da tali scorrerie, dopo aver radunato un piccolo esercito a Poggiovalle, il 15 luglio si presentò a Torano e, dopo aver ordinato le sue schiere ed assegnati i posti ai fanti ed ai cavalieri, si mise a provocare il Camponeschi che accettò la sfida e, uscito dal castello, iniziò la battaglia.

Alcune ore dopo Ceccantonio stava decisamente vincendo la battaglia quando arrivò in soccorso degli aquilani un rinforzo mandato da Rinaldo Orsini condotto da Gianni di Lello. A quel punto le sorti della battaglia si capovolsero e, dopo poco tempo, l’esercito del Pretatti cominciò a piegare. Stanchi del lungo combattimento, molti dei suoi uomini fuggirono nei castelli vicini. Ceccantonio invece, infuriatosi ancor più dall’evidente disfatta, continuò a combattere ma, alla fine, caduto da cavallo, venne fatto prigioniero. Il seguito fu molto tragico per Ceccantonio che, dopo lunghe trattative non andate in porto fra gli aquilani, l’Orsini e Pasqua, la madre del Pretatti, il 16 agosto del 1381 fu condannato a morte per taglio della testa (11)




1398-1418: Il Castello di S. Anatolia e le sue Chiese



Nel 1398, nel villaggio abbandonato di Cartore, esisteva ancora la parrocchiale di San Laurento de Cartola, il monastero di S.Leonardus et S. Nicolaus, dipendenti dal monastero di San Paolo di Roma, la chiesa di S. Sebastiano alle falde della Duchessa, la chiesa del S. Sepulcro vicino Castiglione a Bocca di Teve e l’eremo di S. Costantio a Val di Teve. In quel tempo la chiesa di S. Anatholia dipendeva in parte dai benedettini, ma questa volta dai monaci del Monasterio S. Salvatoris vicino a Rieti. Nelle sue vicinanze sorgeva la chiesetta rurale di S. Maria de Collis (12).

130 anni dopo la battaglia di Corradino la popolazione di Cartore, assimilata a quella degli zingari, si era pian piano spostata vicino alla rocca sul colle della contrada di Vilano. Il termine Vilano con il passar del tempo andò in disuso e già ai primi del ‘400 venne definitivamente sostituito con quello della chiesa più vicina, ormai la principale, di "Sant’Anatolia". 150 anni dopo la battaglia di Corradino nacque ufficialmente il Castello di Sant’Anatolia che, in un documento di tal data (ottobre 1418), veniva nominato quale castello della Contea di Alba (13).


CASTELLO DI S.ANATOLIA
MONTI DELLA DUCHESSA
FONTANILE DEL '400


Nel 1366, morta Maria, sorella della regina Giovanna, la contea era tornata al regio demanio. Un documento datato 6 ottobre 1372 nomina Giovanna col titolo di duchessa di Albe ed è probabile che da lei i nostri monti presero il nome di Montagne della Duchessa (14). Verso l’anno 1390 il re di Napoli Luigi II d’Angiò investì Luigi di Savoia, figlio di Filippo conte di Piemonte, della Contea di Alba ma già nel 1393 il regno passò nelle mani di Ladislao e la contea tornò al regio demanio. Nel 1418 la regina Giovanna II, per gratificarsi il pontefice Martino V°, investì suo fratello Lorenzo Colonna della contea di Albe de’ Marsi (15). In quel tempo facevano parte della nostra contea i seguenti castelli: Alba, S. Anatolia, Rissolo, Luco, Magliano, Castronovo prope Albam, Cappella, Aveczano, Transaquis, Capistrello, Pescocanali, Canistro, Meta, Civitella, Rendinara, Castronovo de Vallibus, Roccadevivo, et Civitantine. Lorenzo, marito di Sveva Caetani, Conte d’Albe e Gran Camerario del Regno di Napoli, fu il primo Colonnese ad essere investito della nostra contea e la mantenne fino al 1423 anno in cui, a causa di un incendio, morì. I suoi titoli e tutti i feudi che gli erano appartenuti furono confermati dalla Regina Giovanna II° ai suoi figli Antonio (16) e Odoardo (17).




La Contea di Albe e Tagliacozzo nei secoli XV e XVI



Nel febbraio del 1427, il pontefice Martino V°, per prevenire delle liti, divise l’eredità in due parti e la contea d’Albe passò ad Odoardo Colonna gestita dalla madre poiché quest’ultimo era d’età minore. In quel tempo il contado era così composto:

Celanum, Piscinam, Canullum, Collum Cerchium, Agellum, S.Petitum, Ovindellum, Roveram, S. Ionam, Paternum, Gallianum, castrum Vetus, Castrum Deceri, Scinarium, Vendelum, Ortrechiam, Resignam, Archium, Speronasinum, S.Sebastianum, e Capistranum de provincia Aprutij Citra flumen Piscariae. Baroniam Caropelle, Castrum Vetus, S.Stephanum, Calanu, Roccam Calani. Licium, Ioyam de provincia Apruty ultra flumen Piscariae, Vasalanum, portam, e serram de provincia terrae Laboris, nen non, e Comitatum Albae, e usque terras castra loca, e fortellitia subscriptas, videlicet Albam, Sanctam Anastasiam, Risolum, Civitellam, Rendenariam, Castrum Novum de Vallibus, Roccamdenino, e Civitatem Anturae de dicta provincia Aprutiy ultra


Il 21 febbraio del 1432 la regina Giovanna II° confermò a Odoardo Colonna il Ducato di Marsi & Albe e Celano con una quantità di terre nell’Apruzzi Citrae e Ultra. Sotto il nome di Contea di Celano fu compresa anche la contea di Albe, poiché si legge nel diploma che il ducato e la contea formavano 44 terre e castelli dei quali si menzionarono soltanto: Albe, Avezzano, Capistrello, Castelnuovo della valle, Celano, Civitella, Luco, Sant’Anatolia e Trasacco. Ora Albe, Avezzano, Civitella, Luco, Sant’Anatolia e Trasacco facevano parte della Contea di Albe (18)

Nel 1436 la contea di Alba passò sotto il dominio di Giacomo Caldora che morì il 25 novembre del 1439 e gli successe il figlio Antonio il quale la tenne fino al 1441, anno in cui ne fu spogliato da Giovanni Orsini (19). Fra il 1435 e il 1441 ci furono delle grandi lotte per la successione al regno di Napoli fra Renato d’Angiò ed Alfonso V° d’Aragona (1385-1458). Nel 1441, dopo la lunga contesa, Alfonso d’Aragona detto il magnanimo, figlio adottivo della regina Giovanna II°, morta nel 1435, divenne re di Napoli e, nonostante che l’Orsini fosse stato a lui nemico, gli confermò tutti i suoi domini fra cui le contee di Alba e di Tagliacozzo.

Nel 1445 fu imposta a tutti i feudatari una tassa sulle terre demaniali che essi possedevano nel regno di Napoli. In quel tempo gli Orsini possedevano nelle nostre contee i seguenti territori:

Auricola, Rocca de Bucchi, Collefecato, Castrum Mainardi, Teraco, Spidinum, Tagliacotium, Circum Collum, Petra de Venula, Cappadocium, Rocca de Cerro, Alto, Sancta Maria, Castrum Vetus, Scanzanum, Sanctus Donatus, Podium Filippi, Castellum Paleaiae, Maranum, Scolcura, Collis de Luppa, Colle, Barrochia, Piccetum, Albae, Cappella, Tarascum, Patuvium, Corvara, cum Magliano, Sancta Natolia, Succem, Avezzanum, Canistrum, La Meta, Civitas Antoia, Civitella, Castrum Caroli, Castrum de Flumine, Cose, Rocca de Supra, Girgutum, Rocca Randisiu, Podum Sancti Ioannis, Radicaria, Turris de Taglia, Capradosso


Nel 1456 morì Giovanni Antonio Orsini senza eredi e le contee tornarono per tre anni al regio demanio; in questo intervallo i popoli non obbedivano al feudatario ma erano direttamente sottomessi al comando del Re (21). Nel 1458 morì Alfonso e gli successe nel regno di Napoli Ferdinando I d’Aragona (1431-1494). Nel 1461 il re Ferdinando investì i due fratelli Roberto e Napoleone Orsini delle contee di Alba e Tagliacozzo ma, quando questi morirono, rispettivamente nel 1470 e nel 1480, il re ne riprese il possesso e cedette quella di Alba a Prospero Colonna in cambio di 20.000 ducati. La contea di Tagliacozzo fu ereditata da Virginio figlio di Napoleone il quale, poiché quella di Alba era stata ceduta al Colonna, si inquietò moltissimo tanto da giungere a schierarsi apertamente contro il re Ferdinando; per questo motivo fu dichiarato ribelle e gli furono confiscati tutti i feudi. Fra le due potentissime famiglie si accese un odio furibondo che portò a sanguinose battaglie per fermare le quali dovette intervenire il pontefice e lo stesso re che mediarono restituendo nel 1484 la contea d’Albe all’Orsini (22)

Nel 1485 la contea di Albe si ribellò all’Orsini alzando l’arma Colonnese e, il 5 gennaio 1486, Fabrizio Colonna, con esclusione della rocca del Corvaro (23), ne riprese il possesso in nome della chiesa. Contro di lui marciò Virginio Orsini il quale, appoggiato dal duca di Calabria Alfonso, riprese il possesso della contea (24). Nel 1494 a Ferdinando successe nel regno di Napoli il figlio Alfonso II d’Aragona (1448-1495) ed a lui nel 1495 successe Ferdinando II (1467-1496) detto il cattolico. Fra le famiglie Orsini e Colonna l’odio si riaccese e, quando Carlo VIII di Francia nel 1494 scese in Italia e conquistò il regno di Napoli, a Virginio Orsini, dichiaratosi apertamente in suo favore, vennero riconfermate le due contee (25).




Il Ducato di Tagliacozzo e la famiglia Colonna nel XVI secolo



L’Aragonese in quel tempo fu costretto a fuggire dal regno ed a rifugiarsi in Sicilia; in seguito Fabrizio con altri colonnesi, a loro spese, assoldarono genti per la sua difesa. L’anno dopo (1495) Ferdinando, scacciato Carlo VIII, ritornò sul trono e, per ringraziarlo dei servizi resi, donò a Fabrizio Colonna fra l’altro le contee di Alba e Tagliacozzo (26). Ferdinando II non ebbe la possibilità di spedirgli il privilegio di tale donazione perché prevenuto dalla morte (1496). Fu quindi il re Federico II (1451-1504), fratello di Ferdinando I e suo successore nel regno di Napoli, che, dopo aver dichiarato ribelle Virginio Orsini, condannandolo a morte, nel 1497 emise a favore di Fabrizio Colonna i due diplomi con i quali gli confermò la contea di Albe, di Tagliacozzo e la Baronia di Civitella Roveto. In quel tempo facevano parte delle suddette contee i seguenti castelli e villaggi:

Taleacozzi, Alba, Cellanum, Criculae, Roccam de Brato, Perisi, Collis Intermontis, Rochiae de Cerro, Verrechiae, Capadotis, Petrellae, Paleanis, Castelli de Flumine, Curcumelli, Caesae, Scurculae, Pody, S. Donati, Scanzani, S. Mariae, Castelli Veteris, Marani, Terani, Tusely, Speriandidi, Corvary, Castelli Manandi, S. Anatoliae, Ricciolo, Magliani, Paterni, Avellani, Luci, Trasacchi, Caressi, Civite Dantinae e Cappellae


Tutte queste terre presero il nome di Stato o Ducea di Tagliacozzo da cui i duchi di Tagliacozzo o de’ Marsi (27).

Fabrizio Colonna (n.1460), gran contestabile del Regno di Napoli, poi comandante degli eserciti di Giulio II, primo duca di Tagliacozzo, morì in Aversa nel marzo del 1520. Egli aveva avuti dalla moglie Agnese di Montefeltro, figlia del duca d’Urbino, quattro figli dei quali gli era sopravvissuto il solo Ascanio che ereditò l’intero suo patrimonio.

Nel 1500 un morbo epidemico e contagioso, del quale s’ignora il nome, infierì per ogni dove senza risparmiare le nostre contrade; ribelle ad ogni rimedio mieteva centinaia di vittime e la cosa più terribile fu che i medici, il parroco e gli assistenti non potevano avvicinarsi senza il certo pericolo di contrarre la malattia. Per questo gli alimenti, i farmaci e gli stessi conforti religiosi si apprestavano agli infelici per mezzo di una canna per mantenere la distanza (28).

Ascanio, nato a Roma circa nel 1485, sposò Giovanna di Aragona, figlia del duca di Montalto (1500-1577) e fu duca di Tagliacozzo, dei Marsi e di Palliano e gran contestabile del regno di Napoli. Egli, uomo d’arma, partecipò al sacco di Roma costringendo Clemente VII a rifugiarsi a Castel S. Angelo. Morì nel 1557 lasciando la moglie vedova col figlio erede Marcantonio. Marcantonio I Colonna nacque a Civita Lavinia nel 1535  ed ereditò i titoli del padre; Marcantonio, Principe di Palliano e duca di Tagliacozzo, ammiraglio, sposò Felice Ursina della casa dei duchi di Bracciano, fu capitano generale dal 1570 della flotta pontificia contro i Turchi ed ebbe massima parte nell’impresa e nella vittoria di Lepanto (1571).

Nel 1577 fu nominato da Filippo II viceré di Sicilia. Recatosi in Spagna dietro invito vi morì forse avvelenato. Alla sua morte, avvenuta il 2 agosto del 1584, gli successe nei numerosi feudi il nipote Marcantonio II (n.ca.1560), figlio del suo primogenito Federico, ma che morì giovanissimo il 1 novembre 1595.




I castelli di Corvaro, Collefegato, Poggiovalle, Castelmenardo e Torano fra il XV e il XVI secolo



Verso il 1393 il Regno era passato sotto il dominio di Ladislao figlio di Carlo di Durazzo che costituì verso l’anno 1400 la Contea del Corvaro che comprendeva i castelli di Corvaro, di Collefegato, di Poggiovalle, di Castelmenardo, di parte del castello di Monte Odorisio, delle ville di Castiglione e di Valle Maleto e di altri feudi nella provincia dell’Aquila.

Il primo feudatario investito di tale contea fu Bonomo di Poppleto, forse fratello di Antoniuccio di Giunta, a cui successe il figlio Piero. Questo ebbe due figli: Gionata e Paola; Gionata morì senza prole e Paola divenne quindi contessa del Corvaro e ne ebbe l’investitura dalla regina Giovanna II nel 1434. Paola di Poppleto sposò Francesco Mareri, appartenente ad una potentissima famiglia del Cicolano, il quale, nominato a sua volta conte del Corvaro, ebbe da lei tre figli Filippo, Giovanni e Giulio (29).

Francesco Mareri, da Ferdinando I, con conferma poi di Federico III d’Aragona, ottenne il privilegio di poter disporre ad arbitrio dei suoi feudi fra i suoi discendenti. Giovanni, il secondogenito, venne riconosciuto dal padre il più abile fra i suoi fratelli e, dopo il suo matrimonio avvenuto nel 1500 con la contessa Laura Cantelmi, gli furono riconosciuti in eredità la metà dei castelli di Collefegato e Poggiovalle ed altri beni. L’altra metà dei castelli fu ereditata dal terzogenito Giulio. Alla morte di Giovanni i suoi feudi passarono al figlio Francesco e alla morte di Giulio i suoi passarono al figlio Franciotto. Nel 1527, durante la guerra fra Francesco I° re di Francia e l’imperatore Carlo V°, Renzo di Ceri, a capo dell’esercito pontificio, invase l’Abruzzo e si impadronì di Tagliacozzo e di altri luoghi. Francesco e Franciotto combatterono sotto le bandiere di Carlo V° ma, durante una delle battaglie contro Renzo, Franciotto rimase ucciso (30). I suoi beni furono ceduti dal viceré di Napoli a Francesco ma questa donazione non fu valida poiché, non essendo stato avvertito l’imperatore, questi li aveva già donati a Giovan Giorgio Cesarini. Francesco rimase quindi con la metà dei feudi che già possedeva e l’imperatore, per scusarsi dello sgarbo, gli assegnò, quale ricompensa ai servigi resi, la somma di trecento ducati annui con la facoltà di prelevarli sui pagamenti fiscali del regno (31). Questi decise di prelevarli su quelli delle sue terre di Collefegato e Poggiovalle e su altre terre di Raiano e di Pentarsia. Da Francesco, morto verso l’anno 1573, i feudi passarono al figlio Giovanni Antonio che ne fu investito ufficialmente l’anno 1584. L’ultimo dei Mareri, possessore di tale contea, fu Cesare che nel 1669 venne nominato, nella situazione fiscale del regno, come feudatario dell’Adoe di Collefegato e della metà di Poggiovalle (32).

Giovan Giorgio Cesarini figlio di Gabriele, gonfaloniere del popolo romano, nel 1530 era divenuto proprietario dell’altra metà dei feudi di Collefegato e Poggiovalle; nel 1533 essi furono ereditati dal figlio Giuliano, procreato da Marzia di Guido Sforza, che in seguito, nel 1560 comprò da Lodovico Savelli la terra di Castelmenardo. La famiglia Savelli era stata investita del feudo di Castelmenardo verso l’anno 1520 dall’imperatore Carlo V° per importanti servigi a lui resi. Da Giuliano Cesarini e dalla moglie Giulia Colonna, nacque Gian Giorgio che nel 1565 ereditò i beni; Gian Giorgio sposò Clarice Farnese da cui ebbe un figlio di nome Giuliano che ereditò i beni nel 1585; Giuliano sposò Livia di Virginio Orsini duca di S. Gemini, da cui ebbe cinque figli: Alessandro, Ferdinando, Giangiorgio, Pietro e Virginio. Giuliano morì a Roma il 14 gennaio del 1613 (33).

Nel 1520 Fabrizio Colonna aveva concesso, per importanti servizi resi, a Pietro Caffarelli, cavaliere romano, il feudo di Torano; nel 1585 era signore dello stesso Ascanio Caffarelli, nel 1610 Giovan Pietro Caffarelli e nel 1669 Gaspare Caffarelli. Ma il feudo di Torano, la famiglia Caffarelli lo possedeva solo in parte, poiché nel 1533 Ferdinando Rota era possessore dei feudi di Torano, Marano, Rosciolo e Pizzicorno; nel 1546 era signore degli indicati castelli Antonio Rota che ebbe vari figli e di essi gli successe Ferdinando che morì senza aver lasciato prole; gli successe il fratello Alfonso che morì nel 1565 anch’esso senza aver lasciato prole e gli successe l’altro fratello Bernardino cavaliere di S. Giacomo che morì nel 1575 (34).

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