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L'età dei Castelli
I Castelli nei dintorni di Cartore dopo il 1268
Torano, Corvaro, Spedino, Castelmenardo e Collefegato, forti delle loro posizioni
strategiche e delle loro appetitose fortezze, nonostante la sconfitta riuscirono
subito a risorgere. Il 5 ottobre del 1273, in un diploma di Carlo d’Angiò, in
cui divise l’ampio giustiziarato di Abruzzo in due, e cioè in ultra et citra
flumen Piscariae, sono ricordati nel nostro Abruzzo ulteriore: Marano,
Spedino, Collefegato, Castellum Maynardi, Corbanum, Maleto, Latuscolo,
ecc. (1). Nel 1279 tutti i conti, baroni e feudatari
del Giustizierato d’Abruzzo, quasi completamente sostituiti da Carlo d’Angiò,
dovettero passare la mostra dinanzi al giustiziere Brunello in Sulmona e Penne
e furono registrati: il 28 aprile del 1279 si presentarono:
Carlo d’Angiò morì il 5 maggio del 1309 e gli successe nel regno il figlio Roberto
il quale nei suoi registri dell’anno 1316 rammentò vari castelli del Cicolano.
In quel tempo Corvaro e Spedino erano posseduti dalla contessa di Albe e Torano,
con altri beni feudali posti nei confini con gli Abruzzi, era posseduto da Amelio
di Corvaro ma faceva parte delle terre della contessa di Albe. Nel 1319
era signore del Corvaro, Gentile di Amiterno (4). Nel
1324 Ugo Stacca di Collefegato vendette a Raimondo di Catania il suo castello
di Poggiovalle, ed il re vi prestò il suo assenso (5).
Nel 1325 Roberto Orsini era Conte di Alba (6). Nel
1338 Collefegato "tranquillo castello di campagna" era di proprietà di un certo
Fidanza (7)
Il 19 gennaio del 1343 morì il re Roberto d’Angiò e gli successe la nipote Giovanna
moglie di Andrea il fratello di Lodovico re d’Ungheria. La sorella di lei, Maria,
ebbe dal suo avo paterno la contea di Albe dei Marsi con molti altri feudi in
altri luoghi (8). Il 20 maggio 1366 quest’ultima morì
e la contea di Albe tornò al regio demanio (9).
Il 30 settembre 1371 Giuntarello di Poppleto era il signore dei castelli di
Corvaro, Collefegato e Poggiovalle e alcuni anni dopo questi furono ereditati
da Antonio suo figlio (10).
Il 1378 fu l’anno del grande scisma d’occidente nel quale furono eletti contemporaneamente due pontefici, Urbano VI dai vescovi romani e Clemente VII dai francesi. La regina Giovanna prese le parti del pontefice Clemente VII mentre Carlo II di Durazzo, discendente degli Angioini e aspirante al trono del regno, parteggiò per Urbano.
A quel punto anche l’Abruzzo come l’Italia si spaccò in due. L’Aquila parteggiò
per la regina Giovanna e quindi per il papa Clemente mentre il nostro Cicolano
per il papa Urbano. Questa situazione provocò vari scontri fra cui una battaglia
per noi molto importante perché combattuta nei pressi di Torano.
In quel tempo vi erano due grandi famiglie a L’Aquila, i Camponeschi ed i Pretatti,
che, per vecchie inimicizie e rancori, cercavano sempre la scusa per poter andare
in guerra. Lo scisma fu preso al balzo e quando la famiglia Pretatti, capitanata
da Francescantonio, si mise dalla parte di Carlo di Durazzo quella dei Camponeschi,
capitanata da Antonio, si mise dalla parte opposta. Francescantonio detto Ceccantonio
era figlio di Nicolò e di Pasqua di Poppleto ed era cugino di Antonuccio da
Giunta, signore di Corvaro, Collefegato e Poggiovalle. Dopo una sconfitta avvenuta
a L’Aquila nel novembre del 1378 in una battaglia contro Antonio Camponeschi,
Ceccantonio si riparò nel castello di Poggiovalle e da lì a più riprese tentò
di riconquistare i suoi feudi Aquilani. In una delle sue scorrerie mise a fuoco
le terre di Pendenza e di Rascino; assalì Antrodoco per prenderne la rocca ma
fu respinto; s’impadronì della rocca di Pelino, vicina all’Aquila; il 22 settembre
del 1379 entrò nel territorio di Amiterno scorrendo fino a Pile e facendo danni
e rovine; si accampò a S. Vittorino, a Preturo e a Civita Tomassa, ma poi trovata
una forte resistenza dovette uscire, dirigendosi a Leonessa, dal regno di Sicilia.
Gli Aquilani, sdegnati da tali assalti, riunirono un esercito e andarono contro
il castello di Corvaro dove fecero molte prede e prigionieri. La vedova di Giuntarello,
signora del Corvaro, riunì un altro esercito e ricambiò l’offesa facendo prede
e prigionieri a Tornimparte. Questi fatti scatenarono una reazione per cui gli
Aquilani ripeterono più volte le scorrerie contro i Corvaresi e, chi più ne
pagò, fu la valle di Maleto che rimase molto danneggiata. Ceccantonio, chiamato
in aiuto dai Corvaresi, irruppe nel contado aquilano e, giunto in una villa
a Tornimparte, vi predò e uccise alcune persone. Nel gennaio del 1381 Ceccantonio
si impadronì della roccaforte di S. Donato al centro del territorio aquilano
e ciò creò una situazione talmente difficile per gli aquilani che anche la potente
famiglia Orsini per paura si mise contro di lui.
Nel giugno dello stesso anno l’esercito aquilano, capitanato da Antonio Camponeschi,
partì alla volta di Torano e, accampatosi in quel castello, si diede a fare
scorrerie nei luoghi vicini e ad assaltare frequentemente i castelli di Corvaro,
Collefegato e Poggiovalle. Rinaldo Orsini invece si diresse nel suo castello
di Tagliacozzo a radunare gente per dare manforte al Camponeschi.
Ceccantonio, infastidito da tali scorrerie, dopo aver radunato un piccolo esercito
a Poggiovalle, il 15 luglio si presentò a Torano e, dopo aver ordinato le sue
schiere ed assegnati i posti ai fanti ed ai cavalieri, si mise a provocare il
Camponeschi che accettò la sfida e, uscito dal castello, iniziò la battaglia.
Alcune ore dopo Ceccantonio stava decisamente vincendo la battaglia quando arrivò
in soccorso degli aquilani un rinforzo mandato da Rinaldo Orsini condotto da
Gianni di Lello. A quel punto le sorti della battaglia si capovolsero e, dopo
poco tempo, l’esercito del Pretatti cominciò a piegare. Stanchi del lungo combattimento,
molti dei suoi uomini fuggirono nei castelli vicini. Ceccantonio invece, infuriatosi
ancor più dall’evidente disfatta, continuò a combattere ma, alla fine, caduto
da cavallo, venne fatto prigioniero. Il seguito fu molto tragico per Ceccantonio
che, dopo lunghe trattative non andate in porto fra gli aquilani, l’Orsini e
Pasqua, la madre del Pretatti, il 16 agosto del 1381 fu condannato a morte per
taglio della testa (11)
Nel 1398, nel villaggio abbandonato di Cartore, esisteva ancora la parrocchiale
di San Laurento de Cartola, il monastero di S.Leonardus et S. Nicolaus,
dipendenti dal monastero di San Paolo di Roma, la chiesa di S. Sebastiano
alle falde della Duchessa, la chiesa del S. Sepulcro
vicino Castiglione a Bocca di Teve e l’eremo di S. Costantio a
Val di Teve. In quel tempo la chiesa di S. Anatholia dipendeva
in parte dai benedettini, ma questa volta dai monaci del Monasterio S. Salvatoris
vicino a Rieti. Nelle sue vicinanze sorgeva la chiesetta rurale di S.
Maria de Collis (12).
130 anni dopo la battaglia di Corradino la popolazione di Cartore, assimilata
a quella degli zingari, si era pian piano spostata vicino alla rocca sul colle
della contrada di Vilano. Il termine Vilano con il passar del
tempo andò in disuso e già ai primi del ‘400 venne definitivamente sostituito
con quello della chiesa più vicina, ormai la principale, di "Sant’Anatolia".
150 anni dopo la battaglia di Corradino nacque ufficialmente il Castello di
Sant’Anatolia che, in un documento di tal data (ottobre 1418), veniva nominato
quale castello della Contea di Alba (13).
Nel 1366, morta Maria, sorella della regina Giovanna, la contea era tornata al regio demanio. Un documento datato 6 ottobre 1372 nomina Giovanna col titolo di duchessa di Albe ed è probabile che da lei i nostri monti presero il nome di Montagne della Duchessa (14). Verso l’anno 1390 il re di Napoli Luigi II d’Angiò investì Luigi di Savoia, figlio di Filippo conte di Piemonte, della Contea di Alba ma già nel 1393 il regno passò nelle mani di Ladislao e la contea tornò al regio demanio. Nel 1418 la regina Giovanna II, per gratificarsi il pontefice Martino V°, investì suo fratello Lorenzo Colonna della contea di Albe de’ Marsi (15). In quel tempo facevano parte della nostra contea i seguenti castelli: Alba, S. Anatolia, Rissolo, Luco, Magliano, Castronovo prope Albam, Cappella, Aveczano, Transaquis, Capistrello, Pescocanali, Canistro, Meta, Civitella, Rendinara, Castronovo de Vallibus, Roccadevivo, et Civitantine. Lorenzo, marito di Sveva Caetani, Conte d’Albe e Gran Camerario del Regno di Napoli, fu il primo Colonnese ad essere investito della nostra contea e la mantenne fino al 1423 anno in cui, a causa di un incendio, morì. I suoi titoli e tutti i feudi che gli erano appartenuti furono confermati dalla Regina Giovanna II° ai suoi figli Antonio (16) e Odoardo (17).
Nel febbraio del 1427, il pontefice Martino V°, per prevenire delle liti, divise
l’eredità in due parti e la contea d’Albe passò ad Odoardo Colonna gestita dalla
madre poiché quest’ultimo era d’età minore. In quel tempo il contado era così
composto:
Il 21 febbraio del 1432 la regina Giovanna II° confermò a Odoardo Colonna il
Ducato di Marsi & Albe e Celano con una quantità di terre nell’Apruzzi Citrae
e Ultra. Sotto il nome di Contea di Celano fu compresa anche la contea di Albe,
poiché si legge nel diploma che il ducato e la contea formavano 44 terre e castelli
dei quali si menzionarono soltanto: Albe, Avezzano, Capistrello, Castelnuovo
della valle, Celano, Civitella, Luco, Sant’Anatolia e Trasacco. Ora Albe, Avezzano,
Civitella, Luco, Sant’Anatolia e Trasacco facevano parte della Contea di Albe
(18)
Nel 1436 la contea di Alba passò sotto il dominio di Giacomo Caldora che morì
il 25 novembre del 1439 e gli successe il figlio Antonio il quale la tenne fino
al 1441, anno in cui ne fu spogliato da Giovanni Orsini (19).
Fra il 1435 e il 1441 ci furono delle grandi lotte per la successione al regno
di Napoli fra Renato d’Angiò ed Alfonso V° d’Aragona (1385-1458). Nel 1441,
dopo la lunga contesa, Alfonso d’Aragona detto il magnanimo, figlio adottivo
della regina Giovanna II°, morta nel 1435, divenne re di Napoli e, nonostante
che l’Orsini fosse stato a lui nemico, gli confermò tutti i suoi domini fra
cui le contee di Alba e di Tagliacozzo.
Nel 1445 fu imposta a tutti i feudatari una tassa sulle terre demaniali che
essi possedevano nel regno di Napoli. In quel tempo gli Orsini possedevano nelle
nostre contee i seguenti territori:
Nel 1456 morì Giovanni Antonio Orsini senza eredi e le contee tornarono per
tre anni al regio demanio; in questo intervallo i popoli non obbedivano al feudatario
ma erano direttamente sottomessi al comando del Re (21).
Nel 1458 morì Alfonso e gli successe nel regno di Napoli Ferdinando I d’Aragona
(1431-1494). Nel 1461 il re Ferdinando investì i due fratelli Roberto e Napoleone
Orsini delle contee di Alba e Tagliacozzo ma, quando questi morirono, rispettivamente
nel 1470 e nel 1480, il re ne riprese il possesso e cedette quella di Alba a
Prospero Colonna in cambio di 20.000 ducati. La contea di Tagliacozzo fu ereditata
da Virginio figlio di Napoleone il quale, poiché quella di Alba era stata ceduta
al Colonna, si inquietò moltissimo tanto da giungere a schierarsi apertamente
contro il re Ferdinando; per questo motivo fu dichiarato ribelle e gli furono
confiscati tutti i feudi. Fra le due potentissime famiglie si accese un odio
furibondo che portò a sanguinose battaglie per fermare le quali dovette intervenire
il pontefice e lo stesso re che mediarono restituendo nel 1484 la contea d’Albe
all’Orsini (22)
Nel 1485 la contea di Albe si ribellò all’Orsini alzando l’arma Colonnese e,
il 5 gennaio 1486, Fabrizio Colonna, con esclusione della rocca del Corvaro
(23), ne riprese il possesso in nome della chiesa.
Contro di lui marciò Virginio Orsini il quale, appoggiato dal duca di Calabria
Alfonso, riprese il possesso della contea (24). Nel
1494 a Ferdinando successe nel regno di Napoli il figlio Alfonso II d’Aragona
(1448-1495) ed a lui nel 1495 successe Ferdinando II (1467-1496) detto il
cattolico. Fra le famiglie Orsini e Colonna l’odio si riaccese e, quando
Carlo VIII di Francia nel 1494 scese in Italia e conquistò il regno di Napoli,
a Virginio Orsini, dichiaratosi apertamente in suo favore, vennero riconfermate
le due contee (25).
L’Aragonese in quel tempo fu costretto a fuggire dal regno ed a rifugiarsi in
Sicilia; in seguito Fabrizio con altri colonnesi, a loro spese, assoldarono
genti per la sua difesa. L’anno dopo (1495) Ferdinando, scacciato Carlo VIII,
ritornò sul trono e, per ringraziarlo dei servizi resi, donò a Fabrizio Colonna
fra l’altro le contee di Alba e Tagliacozzo (26). Ferdinando
II non ebbe la possibilità di spedirgli il privilegio di tale donazione perché
prevenuto dalla morte (1496). Fu quindi il re Federico II (1451-1504), fratello
di Ferdinando I e suo successore nel regno di Napoli, che, dopo aver dichiarato
ribelle Virginio Orsini, condannandolo a morte, nel 1497 emise a favore di Fabrizio
Colonna i due diplomi con i quali gli confermò la contea di Albe, di Tagliacozzo
e la Baronia di Civitella Roveto. In quel tempo facevano parte delle suddette
contee i seguenti castelli e villaggi:
Tutte queste terre presero il nome di Stato o Ducea di Tagliacozzo da cui i
duchi di Tagliacozzo o de’ Marsi (27).
Fabrizio Colonna (n.1460), gran contestabile del Regno di Napoli, poi comandante
degli eserciti di Giulio II, primo duca di Tagliacozzo, morì in Aversa nel marzo
del 1520. Egli aveva avuti dalla moglie Agnese di Montefeltro, figlia del duca
d’Urbino, quattro figli dei quali gli era sopravvissuto il solo Ascanio che
ereditò l’intero suo patrimonio.
Nel 1500 un morbo epidemico e contagioso, del quale s’ignora il nome, infierì
per ogni dove senza risparmiare le nostre contrade; ribelle ad ogni rimedio
mieteva centinaia di vittime e la cosa più terribile fu che i medici, il parroco
e gli assistenti non potevano avvicinarsi senza il certo pericolo di contrarre
la malattia. Per questo gli alimenti, i farmaci e gli stessi conforti religiosi
si apprestavano agli infelici per mezzo di una canna per mantenere la distanza
(28).
Ascanio, nato a Roma circa nel 1485, sposò Giovanna di Aragona, figlia del duca
di Montalto (1500-1577) e fu duca di Tagliacozzo, dei Marsi e di Palliano e
gran contestabile del regno di Napoli. Egli, uomo d’arma, partecipò al sacco
di Roma costringendo Clemente VII a rifugiarsi a Castel S. Angelo. Morì nel
1557 lasciando la moglie vedova col figlio erede Marcantonio. Marcantonio I
Colonna nacque a Civita Lavinia nel 1535 ed ereditò i titoli del padre;
Marcantonio, Principe di Palliano e duca di Tagliacozzo, ammiraglio, sposò Felice
Ursina della casa dei duchi di Bracciano, fu capitano generale dal 1570 della
flotta pontificia contro i Turchi ed ebbe massima parte nell’impresa e nella
vittoria di Lepanto (1571).
Nel 1577 fu nominato da Filippo II viceré di Sicilia. Recatosi in Spagna dietro
invito vi morì forse avvelenato. Alla sua morte, avvenuta il 2 agosto del 1584,
gli successe nei numerosi feudi il nipote Marcantonio II (n.ca.1560), figlio
del suo primogenito Federico, ma che morì giovanissimo il 1 novembre 1595.
Verso il 1393 il Regno era passato sotto il dominio di Ladislao figlio di Carlo
di Durazzo che costituì verso l’anno 1400 la Contea del Corvaro che comprendeva
i castelli di Corvaro, di Collefegato, di Poggiovalle, di Castelmenardo, di
parte del castello di Monte Odorisio, delle ville di Castiglione e di Valle
Maleto e di altri feudi nella provincia dell’Aquila.
Il primo feudatario investito di tale contea fu Bonomo di Poppleto, forse fratello
di Antoniuccio di Giunta, a cui successe il figlio Piero. Questo ebbe due figli:
Gionata e Paola; Gionata morì senza prole e Paola divenne quindi contessa del
Corvaro e ne ebbe l’investitura dalla regina Giovanna II nel 1434. Paola di
Poppleto sposò Francesco Mareri, appartenente ad una potentissima famiglia del
Cicolano, il quale, nominato a sua volta conte del Corvaro, ebbe da lei tre
figli Filippo, Giovanni e Giulio (29).
Francesco Mareri, da Ferdinando I, con conferma poi di Federico III d’Aragona,
ottenne il privilegio di poter disporre ad arbitrio dei suoi feudi fra i suoi
discendenti. Giovanni, il secondogenito, venne riconosciuto dal padre il più
abile fra i suoi fratelli e, dopo il suo matrimonio avvenuto nel 1500 con la
contessa Laura Cantelmi, gli furono riconosciuti in eredità la metà dei castelli
di Collefegato e Poggiovalle ed altri beni. L’altra metà dei castelli fu ereditata
dal terzogenito Giulio. Alla morte di Giovanni i suoi feudi passarono al figlio
Francesco e alla morte di Giulio i suoi passarono al figlio Franciotto. Nel
1527, durante la guerra fra Francesco I° re di Francia e l’imperatore Carlo
V°, Renzo di Ceri, a capo dell’esercito pontificio, invase l’Abruzzo e si impadronì
di Tagliacozzo e di altri luoghi. Francesco e Franciotto combatterono sotto
le bandiere di Carlo V° ma, durante una delle battaglie contro Renzo, Franciotto
rimase ucciso (30). I suoi beni furono ceduti dal viceré
di Napoli a Francesco ma questa donazione non fu valida poiché, non essendo
stato avvertito l’imperatore, questi li aveva già donati a Giovan Giorgio Cesarini.
Francesco rimase quindi con la metà dei feudi che già possedeva e l’imperatore,
per scusarsi dello sgarbo, gli assegnò, quale ricompensa ai servigi resi, la
somma di trecento ducati annui con la facoltà di prelevarli sui pagamenti fiscali
del regno (31). Questi decise di prelevarli su quelli
delle sue terre di Collefegato e Poggiovalle e su altre terre di Raiano e di
Pentarsia. Da Francesco, morto verso l’anno 1573, i feudi passarono al figlio
Giovanni Antonio che ne fu investito ufficialmente l’anno 1584. L’ultimo dei
Mareri, possessore di tale contea, fu Cesare che nel 1669 venne nominato, nella
situazione fiscale del regno, come feudatario dell’Adoe di Collefegato e della
metà di Poggiovalle (32).
Giovan Giorgio Cesarini figlio di Gabriele, gonfaloniere del popolo romano,
nel 1530 era divenuto proprietario dell’altra metà dei feudi di Collefegato
e Poggiovalle; nel 1533 essi furono ereditati dal figlio Giuliano, procreato
da Marzia di Guido Sforza, che in seguito, nel 1560 comprò da Lodovico Savelli
la terra di Castelmenardo. La famiglia Savelli era stata investita del feudo
di Castelmenardo verso l’anno 1520 dall’imperatore Carlo V° per importanti servigi
a lui resi. Da Giuliano Cesarini e dalla moglie Giulia Colonna, nacque Gian
Giorgio che nel 1565 ereditò i beni; Gian Giorgio sposò Clarice Farnese da cui
ebbe un figlio di nome Giuliano che ereditò i beni nel 1585; Giuliano sposò
Livia di Virginio Orsini duca di S. Gemini, da cui ebbe cinque figli: Alessandro,
Ferdinando, Giangiorgio, Pietro e Virginio. Giuliano morì a Roma il 14 gennaio
del 1613 (33).
Nel 1520 Fabrizio Colonna aveva concesso, per importanti servizi resi, a Pietro
Caffarelli, cavaliere romano, il feudo di Torano; nel 1585 era signore dello
stesso Ascanio Caffarelli, nel 1610 Giovan Pietro Caffarelli e nel 1669 Gaspare
Caffarelli. Ma il feudo di Torano, la famiglia Caffarelli lo possedeva solo
in parte, poiché nel 1533 Ferdinando Rota era possessore dei feudi di Torano,
Marano, Rosciolo e Pizzicorno; nel 1546 era signore degli indicati castelli
Antonio Rota che ebbe vari figli e di essi gli successe Ferdinando che morì
senza aver lasciato prole; gli successe il fratello Alfonso che morì nel 1565
anch’esso senza aver lasciato prole e gli successe l’altro fratello Bernardino
cavaliere di S. Giacomo che morì nel 1575 (34).
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