[INDICE] - [SU] - [CAPITOLO VI] - [NOTE]




CAPITOLO V



Secoli XVI - XVIII


Cartore e S.Anatolia nel Vicariato del Corvaro.
Prime Visite Pastorali



Nel 1561 il vescovo di Rieti, monsignor Osio, visitò la sua diocesi e, passando per le nostre parti, fece, come suo dovere, l’elenco delle chiese e dei sacerdoti che esercitavano nei nostri villaggi; in quel tempo i territori della diocesi di Rieti erano stati divisi in Vicariati e nella nostra zona era stato costituito il vicariato del Corvaro che comprendeva i paesi di Corvaro, Santo Stefano, Castelmenardo, Collefegato, Poggiovalle, Collorso, Spedino, Latusco, Torano, Cartore, Sant’Anatolia, Grotti e Ville.

Il vecchio borgo di Cartore era ormai ridotto in luogo di nessuna importanza ma la chiesa di S. Lorenzo, detta abbazia e collegiata, era ancora retta da un abate coadiuvato da ben tre canonici; essa era comunque ridotta, parole del vescovo Osio, in uno stato veramente miserabile. Anche il monastero di San Leonardo era ridotto in uno stato di completo abbandono, ma ancora si conservava il culto antico per il quale i malati di dolori articolari, dopo aver percorso con grande fatica il difficile sentiero che vi conduceva, prelevavano, nei pressi dell’altare del Santo, frammenti di minera le di ferro proveniente dalle rocce soprastanti. In quel tempo l’eremo di S. Costanzo era amministrato da un rettore mentre la chiesa di S.Anatolia era detta abbazia ed era amministrata da un rettore e tre canonici. (1).




EREMO DI S.COSTANZO


Nel quinquennio 1560-65 diversi appezzamenti di S. Maria del Colle, beneficio del seminario di Rieti, tra S.Anatolia e Torano, restano sodi (incolti) perché, come riferisce il vicario di Corvaro, nessuno ha voluto pigliarli in affitto, ne lavorarli et dicevano che non li possevano lavorare per non venire in disgratia del si. Giovanni Vincenzo Valignano, quale è padrone di S. Natologlia, et dicevano chel signore predetto non voleva che li lavorassero, ma non dicevano per che causa il signore non volesse. Nel 1565 il Valignani permetteva che se ne lavorasse una parte, a condizione però, che dal frutto di esse terre se ne riparasse la chesia. Per gli anni sfitti il seminario aveva perso circa 50 some di grano e fu sempre per volontà del Valignani che restarono incolti, in quegli stessi anni, i terreni di S. Lorenzo in Cartore e di S. Maria di Brecciasecca (2).

Negli anni 1570-1580 erano sorti nelle nostre zone vari ospedali fra cui a Sant’Anatolia quello di San Liberatore e di San Martino; gli ospedali venivano costruiti dai residenti per motivi di origine caritativa ed ecclesiastica e sorgevano in genere nelle immediate vicinanze di una chiesa della quale poi prendevano il nome; molti di essi non avevano la funzione di raccogliere e curare gli infermi, ma piuttosto quella di ospitare, cioè di accogliere, rifocillare ed alloggiare i pellegrini, i viandanti, gli accattoni ed i bisognosi.



CARTA DEL 1590


La chiesa di San Liberatore era sorta, per devozione del popolo di Spedino, nelle vicinanze di S. Maria di Brecciasecca. Essa passò poi alle dipendenze dei Santesi di S. Anatolia ai quali si deve probabilmente l’iniziativa di aprirvi un ospizio. Nel 1570 la chiesa era piccola, spoglia e senza porta e ridotta quasi ad stabulum bestiarum; l’ospizio era nudum et vacuum. Il vescovo Amulio chiamò allora a rapporto i Santesi i quali si giustificarono asserendo di non avere la avuto possibilità di riparare a tale stato di cose poiché l’ospizio non aveva nessun introito tranne i frutti molto miseri di una vigna. Il Vescovo, non accontentandosi della giustificazione, li depose dalla carica ed ordinò ai massesi di Sant’Anatolia di sceglierne dei nuovi sia per la cura della chiesa di Sancte Anatolie che per l’Hospitalis (3). Qualche anno dopo i redditi dell’ospedale assommavano a 20 giuli; davvero troppo poco per fornire, secondo i decreti di Sacra Visita, la chiesa della suppellettile necessaria e di una porta e l’ospizio de cubilibus et aliis necessariis. In quel tempo, nel 1582, era ospitalaro Giacomo di Giovanni di Sant’Anatolia.

Nel 1587 a Cartore esisteva ancora la chiesa di S. Lorenzo di cui si ignoravano i sacerdoti, la chiesa di S. Nicola detta di Cartoro, il cui curato era don Vincenzo Innocentio, l’eremo di S. Costanzo detto di S. Costantio semplice, il cui sacerdote era don Berardino Mario, il monastero di S. Leonardo detto di S. Paulo semplice, il cui sacerdote era don Giovanni Antonio figlio del notaio Marco e la cappella di S. Sebastiano (S. Bastiano), tenuta dai frati.

A Sant’Anatolia vi era la parrocchia omonima, S. Natoglia, retta da don Vincenzo Innocentio, e tre canonici, don Berardino Mario, don Antonello di Giovan Marino e don Antonio Di Giovan Battista; nel castello era già nata la chiesa Curata di S. Niccola il cui sacerdote era sempre don Vincenzo Innocentio; la chiesa di S. Maria del Colle detta semplice, rurale fra i villaggi di S. Anatolia e Torano, era retta da don Bartolomeo Alberti di Bologna e la Cappella di S. Maria era vacante. Fuori delle mura del paese erano stati costruiti due ospedali che dovevano fornire asilo e riposo ai pellegrini in visita al nostro santuario (4).





Il Ducato di Tagliacozzo e del Corvaro e la Contea di Alba nel secolo XVII




A Marcantonio II Colonna successe il figlio neonato Marcantonio III (1595-1611) che morì nel 1611 a 16 anni promesso sposo di Eleonora Gonzaga. Non avendo eredi diretti gli successe lo zio Filippo (1585-1639), figlio di Fabrizio, secondogenito di Marcantonio I il quale, marito di Lucrezia Tomacella della casa di papa Bonifacio IX°, ereditò dal nipote il titolo di principe di Palliano e di Tagliacozzo.

Nei primi anni del ‘600 Magini Giovanni Antonio, geografo bolognese, disegnò un Atlante Geografico che denominò Italia. Nel 1620 suo figlio Fabio Magini lo pubblicò dedicandolo al Serenissimo Ferdinando Gonzaga duca di Mantova e di Monferrato, etc.". Esso si trova ora nella biblioteca nazionale di Roma e contiene fra le altre, una carta topografica dell’Abruzzo (Citra - Ultra) molto dettagliata, piena di nomi di paesi, cittadelle, castelli, monti e fiumi:


... S. Anatoglia ... Turano ... Latusci ... Spendino ... Risciolo ... Lo Cervaro ... Le Grotte ... Vellino ... Collefecato ... Vil. Col. Fec. ... C. Monardo ... La Duchessa ... Coll’Arso ... Magliano ... etc.




CARTA DEL 1620


Da Filippo Colonna e Lucrezia Tomacella nacque nel 1601 Federico; questi sposò Margarita Branciforte d’Austria, ed ereditò nel 1639 il titolo di duca di Tagliacozzo, Principe di Botera e Contestabile del Regno di Napoli. Morì nel 1641 non lasciando figli.

Nel 1646 Beltrano Ottavio, storico e geografo nato in Terranova, città della Calabria, pubblicò a Napoli l’opera Breve descrizione del Regno di Napoli e a pag. 282 e segg. nominò tutti i paesi e città di Abruzzo Ultra, con tutti i fuochi, cioè le famiglie, secondo l’ultima numerazione avvenuta circa nell’anno 1595, e secondo il vecchio censimento avvenuto nel 1561. Fra le tante terre registrate si nominano:





Marcantonio IV Colonna germano di Federico nacque circa nel 1620 e sposò Isabella Gioieni Cardona; egli ereditò i feudi di Federico nel 1641 circa e con essi i titoli di Duca di Tagliacozzo, dei Marsi e del Corvaro, e Gran Contestabile del Regno di Napoli. Lorenzo Onofrio Colonna figlio di Marcantonio IV, nacque circa nel 1649 ed ereditò dal padre nel 1659 i seguenti titoli: Principe Romano, Duca di Tagliacozzo, de’ Marsi, e Ernici, e del Corvaio; Principe di Paliano, Sonnino, e Castiglione, marchese dell’Atessa, e di Giuliana, Conte di Rhegio, d’Albe, di Chiusa, e Manupello; Grande di Spagna di prima classe, e Gran Contestabile del Regno di Napoli; egli sposò Maria Mancini (1649-1715), nipote del cardinale Giulio Mazzarino, la quale gli diede un figlio Filippo erede dei suoi beni.

Nel 1656 la peste orientale, cosiddetta perché originaria dell’Etiopia o dell’Egitto, assalì nuovamente e con furore le contrade Marsicane e Cicolane. I suoi sintomi erano bubboni, pustole maligne, petecchie e carboncelli su varie parti del corpo e soprattutto sui gangli linfatici. Per questa epidemia il villaggio di Gallo, nei pressi di Marano, restò completamente deserto ed in quello di San Donato sopravvissero solo otto persone (5).

Nel 1671 Beltrano Ottavio pubblicò a Napoli un altro libro dallo stesso titolo del precedente ma rimodernato ed attualizzato; le nuove numerazioni dei fuochi riguardano ora gli anni 1648-1669; ecco alcune delle terre in esso riportate:





Dai due libri del Beltrano, e anzi dalla quattro numerazioni da lui riportate dei fuochi del Regno di Napoli, si ottiene il seguente dato statistico: nel 1561 la popolazione di S. Anatolia era di 130 famiglie cioè circa 650 persone; nel 1595 essa diminuì fino a diventare di 114 famiglie cioè circa 570 persone; nel 1656 imperversò la peste orientale e difatti troviamo che la popolazione andò ancora diminuendo: nel 1648 essa era di circa 90 famiglie pari a circa 450 persone; nel 1669 il paese quasi scomparve riducendosi a 43 famiglie con circa 215 individui. In conclusione la peste e forse altri mali a noi sconosciuti in un secolo, cioè circa dal 1560 al 1660, ridusse la popolazione da 650 a 215 persone pari al 60 % circa; ed in particolare, nel ventennio 1648-1669, cioè nel periodo ufficiale della peste (1656), il paese si dimezzò passando da 450 a circa 215 individui. Anche Corvaro, Magliano, Marano, Rosciolo, Spedino e Torano subirono la stessa sorte di S.Anatolia, mentre gli altri paesi del Cicolano e in particolare Collefegato, Castelmenardo e Poggiovalle furono risparmiati dal terribile flagello (6).

Il 15 aprile del 1689 morì Lorenzo Onofrio Colonna a cui successe il figlio Filippo II; questi ebbe due mogli: la prima fu Lorenza di Gian Luigi della Garda Aragona e l’altra Olimpia del principe Giovan Battista Pamphili. Filippo morì il 6 novembre del 1714 e lasciò tutti i suoi beni al figlio primogenito Fabrizio II Colonna.




Sant’Anatolia e Cartore nelle visite pastorali del ‘700



Nel 1712 il vescovo Guinigi visitò il paese di Sant’Anatolia che nel frattempo era passato sotto la giurisdizione ecclesiastica del Vicariato foraneo di Borgo Collefegato (Vicariati Suburby Collis Fegati) (7).

Il villaggio di Sant’Anatolia, sotto il dominio dell’Eccellentissimo Contestabile Colonna, era governato dal suo capitano Franco Cimoli di Ponticelli e la parrocchia principale era ormai divenuta quella di Sant’Anatolia col parroco sessantunenne don Giovanni Antonino della terra di Torano. Il villaggio era popolato da 50 famiglie composte da: 98 uomini e 96 donne adulti, da comunione; 58 fanciulli e 52 fanciulle minori, che non si comunicano; e da 6 sacerdoti secolari e 2 chierici liberi. Anime in tutto 304. Vi erano quindi ben 6 sacerdoti e due chierici: don Giovanni Antonino abbate; don Giacomo Silvy, don Leonardo Placidi e don Franco Antonio Luce canonici; don Alessio Innocenzi e don Tommaso Luce sacerdoti senza beneficio; Berardino Luce e Vincenzo Innocenzi chierici.

Inoltre vi erano i benefici semplici che consistevano in vari terreni di proprietà delle singole chiese, chiesette rurali, cappelle o altari con i ricavi dei quali ne beneficiava il sacerdote prescelto; dai benefici posseduti dalla parrocchia di Sant’Anatolia, consistenti in terre coltivate direttamente o date in affitto, si ricavavano in totale ... salme undici di grano in circa, et uno scudo di prata e venti, inventicinque carlini d’incerti e trentacinque carlini di vigna .... Il sacerdote, in cambio del godimento del beneficio, doveva occuparsi delle riparazioni all’interno ed all’esterno delle chiese o altari e doveva recitare delle messe in onore del fondatore, donatore dei terreni. I benefici a Sant’Anatolia erano sei e cioè: San Lorenzo in Cartore e S. Maria del Colle con le loro terre godute dal sacerdote Giacomo Silvy; il beneficio di San Costanzo in Cartore goduto dal chierico Cesiddio nominato da don Franco Antonio Luce; l’altare della Madonna del Loreto con le sue terre godute da don Leonardo Placidi; la cappella di San Giovanni battista, jus patronato della famiglia Spera, goduta dall’abbate Silvy; il beneficio di San Leonardo sul camino che veniva goduto dal parroco don Giovanni Antonino e che dipendeva dai monaci di San Paolo di Roma.

La chiesa parrocchiale era munita di campanile ed al suo interno aveva cinque altari cioè il capo altare con il titolo della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, la Cappella della Pietà a latere destro, e a latere sinistro la Cappella di San Sebastiano e nell’ingresso della chiesa la Cappella di Santa Anatolia e dall’altro lato l’altare della Santa Vergine Maria di Loreto.

I morti venivano seppelliti soprattutto nella chiesa di Sant’Anatolia ma vi erano pile mortuarie anche nella chiesa di San Lorenzo a Cartore. Trovandosi la parrocchia fuori dal centro abitato, venne costruita dai suoi abitanti, più vicina al castello e proprio nella piazza centrale del villaggio, un’altra chiesa dedicata a San Nicola. Già in precedenza esisteva una chiesa dallo stesso nome sotto la Val di Fua a Cartore dipendente dai monaci di San Paolo di Roma ma che, coll’abbandono di Cartore, era ridotta ormai a macerie.

La chiesa di San Nicola nel 1712 era munita del fonte battesimale, privilegio che non aveva la chiesa di Sant’Anatolia, ma in essa non vi si poteva seppellire. In un certo senso si nasceva nella chiesa di San Nicola e si moriva in quella di Sant’Anatolia.

Nel 1712 l’abbate parroco Giovanni Antonini rispondendo al vescovo sullo stato generale della popolazione del paese scriveva:


... In detta parrocchia non vi sono meretrici ne persone scandalose e ne vi sono bestembiatori ereticali; tutti i maritati abitano assieme; non vi sono ne usurai ne altre persone malefiche; le feste pare che poco si osservino e l’inosservanza deriva dai lavori che si fanno: le censure e gli sbirri sarebbero l’opportuno rimedio; la mamma [l’ostetrica] è stata esaminata et in caso di bisogno è prattica della forma del battesimo, si chiama Margarita Fracassi e sono da otto anni che esercita; Amico di Federico e Beatrice Luce solamente non si sono comunicati fino ad ora; ... vi è il maestro di scuola et è di buoni costumi ma non ave fatta la professione della fede essendo scuola di semplici fanciulli e si chiama Claudio Cherubbini; ... non vi è medico; ... non vi sono persone inosservanti; ... non vi è persona alcuna che tenga libri proibiti; ...


Inutile commentare la chiarezza del nostro parroco.

Nel 1742 replicate scosse di terremoto colpirono la nostra zona nei giorni 4, 5 e 6 febbraio causando dei considerevoli guasti; la chiesa di San Nicola ne risentì alquanto e la sua riparazione fu terminata nel 1749, data ancora impressa sul portale (8).

Il 24 agosto del 1783 il Vescovo Marini venne a far visita nel nostro villaggio (9). In quel tempo si erano formate due congregazione che riunivano i sacerdoti delle varie parrocchie nel nostro Vicariato; per cui da una parte si era formata la congregazione dei sacerdoti di Collefegato, Borgo, Villa, Santo Stefano, Castel Menardo, Colle Maggiore e Poggio di Valle e dall’altra la nostra congregazione formata dai sacerdoti di Grotte, Turano, S.Anatolia e Spedino. Corvaro dapprima apparteneva alla nostra congregazione, poi, dato il cattivo esempio che davano alcuni sacerdoti di S.Anatolia, si spostò nell’altra congregazione di Collefegato.

I preti che a S. Anatolia davano scandalo erano soprattutto don Urbano Innocenzi, don Arcangelo Amanzi e don Urbano Amanzi. Il primo di anni 50 era ... di poco buoni costumi e ignoranza il secondo era ... dedito al vino e dai costumi cattivi . Don Arcangelo Amanzi aveva poi dei rapporti con una donna del paese Antonia Scafati con la quale pare che avesse avuto un figlio. Poi c’era don Urbano Amanzi che ... si ubbriaca sempre e dice parole scandalose parola di Leonardo Pozzi testimone; Fulgenzio Peduzzi invece testimonia al vescovo che sia Urbano Amanzi che Urbano Innocenzi ... pubblicamente s’ubbriacano e strapazzano li secolari .

Per il povero Abbate don Germano Amanzi la situazione era pesantissima; alcuni anni prima aveva perso la pazienza tanto che, in piazza San Nicola davanti a tutto il paese, aveva dato una sonora sberla a Urbano Innocenzi che completamente ubriaco faceva scandalo. Per questo fatto il povero abbate venne inquisito ma, avute le opportune informazioni, il vescovo decise di archiviare il caso. Infine, per la situazione così grave, il vescovo dopo aver accusato i sacerdoti Amanzi e Innocenzi, scriveva nel suo resoconto: Bisogna mandare la missione in questo paese, a Turano, Corvaro e Collefegato !!!.

Nel 1783 la popolazione ascendeva a circa 430 anime, molte delle quali sono sparse fuori dalla terra benché non in molta distanza. Il curato o abbate era don Germano Amanzi e gli altri sacerdoti oltre a don Urbano Innocenzi, a don Arcangelo e a don Urbano Amanzi erano: don Agapito Placidi di anni 84 canonico; don Gennaro Luce di anni 70 canonico; Luigi Placidi chierico di anni 18; Francesco Maria Luce e Carlo Scafati nuovissimi inabili.




Provvedimenti e decreti fatti nella Sacra Visita del 25 ag. 1783




Provvedimenti e decreti fatti nella Sacra Visita dei 25 ag. 1783 a riparo di molti disordini accaduti in S. Anatolia diocesi di Rieti, in ordine alle pie oblazioni, e sodisfazioni di messe

1) (.....) nella chiesa di S. Anatolia che spetta all’abb.e e can.ci, che sta fuori della terra, la chiave della sagrestia debba stare in mani dell’abbate e di qualche can.co. Intanto si è affidata altra chiave al can.co Luce, che deve dipendere anche dall’abbate.
2) Niun sacerd.e nei giorni festivi potrà celebrare la messa prima della messa parochiale.
3) Per la festa di S. Anatoglia concorrendo molto popolo a venerare la Santa, e a prendere l’oglio, che arde nella lampada, quest’oglio dovrà distribuirsi o dall’abbate, o qualcuno dei due canonici, o da altro prete deputato dall’abbate, e non da verun altro, che non sia stato deputato dall’abb.e e can.ci tutti.
4) Solendo il popolo fedele portare le oblazioni o per messe o per altro sacro culto, queste si dovranno in chiesa ricevere dall’abbate o da uno dei can.ci di modo che da uno solo non si devono ricevere, ma da due, cioè dall’abb.e, e da un can.co, o in luogo del can.co da un prete deput.o dai can.ci, e non altrimenti.
5) Queste oblazioni si devono notare a libro, subito alla presenza dell’abb., e collocare in deposito (.....) con due chiavi, una delle quali si tenga dall’abb.e, e l’altra da uno dei can.ci.
6) Nel detto libro deve notarsi l’erogazione delle oblazioni secondo la pia mente dei fedeli e la sodisfazione della messa col giornale di mano del sacerdote che celebrerà; però si faccia il libro e si osservi la nostra prescrizione sotto pena di sospensione.
7) Li preti, chierici, e novizi nei giorni festivi vadano ad assistere alla messa solenne, ed ad altre sacr. funzioni, che si fanno nella parrocchiale. Se saranno negligenti i novizi e chierici non saranno promossi agli (.....) maggiori; li preti poi resteranno privi delle oblazioni che sogliono ripartirsi e dal vescovo non saranno considerati nelle vacanze dai benefizi e impieghi ma in altra contingenza.
Fin qui le provvidenze generali.




Fra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800



Il 28 ottobre del 1755 Fabrizio II Colonna duca di Tagliacozzo morì lasciando la moglie, Caterina Zefirina di Antonio Salviati, vedova con ben sedici figli. Suo figlio Lorenzo, erede nei suoi feudi, morì il 2 ottobre del 1779 e dei suoi tre figli, che aveva avuti da Marianna di Carlo Filippo d’Este, fu suo erede Filippo. Nel 1784 ci fu un altro assalto del morbo epidemico che molte vittime trasse alla tomba (Gattinara Giuseppe Storia di Tagliacozzo 1894 - pag. 95) e difatti, negli anni subito appresso, la popolazione di Sant’Anatolia scese di nuovo al di sotto dei 400 abitanti.

Nel 1795 l’abate don Francesco Sacco pubblicò il ‘Dizionario geografico-istorico-fisico del Regno di Napoli’ dove alla pagina 301 del terzo tomo così si esprimeva:


San Natoglia (Sancta Anatolia): Villaggio nella provincia dell’Aquila, ed in diocesi di Rieti in regno, situato sopra una collina, d’aria buona, e nella distanza di ventidue miglia in circa dalla città dell’Aquila, che si appartiene in feudo alla famiglia contestabile Colonna di Roma. In esso è da notarsi soltanto una chiesa parrocchiale sotto il titolo di San Natoglia. La produzione del suo terreno sono grani, granidindia, vini, e ghiande. La sua popolazione ascende a trecento ottantasei sotto la guida spirituale di un parroco, che porta il titolo di abate, e di due canonici coadiutori





CARTA DEL 1790


Nel 1806 Filippo III Colonna, erede dei feudi di Tagliacozzo, Albe, Corvaro, etc., a causa della rivoluzionaria legge sull’abolizione dei feudi, pubblicata da Giuseppe Bonaparte e da Gioacchino Murat, rimase spoglio di tutti i feudi che possedeva nel regno di Napoli. In quel tempo le terre e le ville comprese nel ducato dei Marsi, erano:

Albe, Androsciano, Atessa, Avezzano, Canistro, Capistrello, Cappadocia, Cappelli, Carsoli, Castel a Fiume, Castel Nuove, Castel Vecchio, Cese, Civita d’Antino, Civitella, Val di Roveto, Colle, Corcumello, Corvaro, Fara Filiorum Petri, Forme, Gallo, Luco, Magliano, Manopello, Marano, Massa, Meta, Morono, Oricola, Orsognia, Paterno, Penna, Pereto, Peschio Canale, Poggio San Filippo, Puggitello, Pretoro, Rapino, Rocca de’ Vivi, Rocca di Botte, Rocca di Cerro, Rocca di Monte Piano, Rosciolo, San Donato, San Giovanni, San Pelino, Sant’Anatolia, Sante Marie, S.to Stefano, Scanzano, Scurcula, Sorbo, Spedino, Tagliacozzo, Trasacco, Torre Reccio, Tremonti, Tubione, Villa Romana, Villa Sabinese, Villa San Sebastiano.


Nel 1811 l’intera provincia del 2° Abruzzo Ulteriore fu divisa in tre distretti e cioè in quelli dell’Aquila, di Cittaducale e di Sulmona; tutte le università del Cicolano furono aggregate al distretto di Cittaducale e per esse furono stabiliti due circondari, cioè quello di Mercato, in cui vennero compresi i comuni centrali di Mercato e di Petrella, e quello di Borgocollefegato, in cui vennero compresi i comuni centrali di Borgocollefegato e Pescorocchiano.

Nello stesso anno venne eseguito il censimento dell’intera popolazione del Regno e il numero complessivo degli abitanti del circondario di Borgocollefegato risultò essere 6.169 ripartiti secondo il quadro statistico seguente:





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