[INDICE] - [SU] - [CAPITOLO VII]
La chiesa
27 aprile 1828: Visita Pastorale del Vescovo di Rieti
mons. G. Ferretti al villaggio di S. Anatolia
Nel 1828 il vescovo di Rieti Gabriele Ferretti visitò la nostra regione Cicolana
posta all’interno della sua diocesi e, come di consuetudine, scrisse il resoconto
dello stato delle chiese, dei sacerdoti e della popolazione delle varie parrocchie.
Attualmente nell’Archivio Vescovile di Rieti, posizionato nella cartella n.
66 titolata Visita Ferretti Anno 1828, è archiviato il manoscritto originale
e, esattamente dalla pag.179 alla 187, vi è il resoconto della situazione della
parrocchia di S. Anatolia. Poiché il documento è molto chiaro e scritto in un
italiano praticamente perfetto e soprattutto non è noioso ma è pieno di molte
curiosità interessanti, in particolare per la descrizione dettagliatissima della
struttura delle chiese, lo riporterò qui di seguito integralmente e senza inutili
commenti:
Sant’Anatolia - 27 aprile 1828 - Da Torano Mons. Vescovo col suo seguito passò
alla terra di S. Anatoglia e venne accolto nella casa del Sig. Abate d. Pietro
Placidi dove si trasferì dopo di aver gravemente orato nella chiesa parrocchiale.
La terra di S. Anatoglia dista circa un miglio e 1/2 da Torano. E’ situata sopra
una amena collina alle falde degli Appennini non molto lungi dall’agro Torense.
E’ composta di 443 anime, divise in 64 famiglie circa. Era feudo di Colonna,
ora è unita alla comune di Borgo Colle Fegato.
CHIESA PARROCCHIALE
La C. P. posta dentro il paese è dedicata a S. Niccola. E’ di moderna architettura
a volta, lunga canne 10 larga canne 4. Ha 10 archi aperti, ed uno chiuso per
parte. - In fondo è l’altare Magg. elevato dal resto della chiesa, per mezzo
di due gradini con un ovato al di sopra ove in un quadro è dipinta la Vergine
S.ma e San Niccola ed ai lati due statue di legno dorate ed inverniciate, rappresentanti
San Niccola e Santa Anatoglia; sotto le quali sono 2 porte che danno l’ingresso
alla Sagrestia. E’ dedicata a S. Niccola di Bari: ed in esso conservasi il S.mo
Sagramento. - Il Sagramento aveva un monte frumentario di 15 salme, che ora
è soppresso; e possiede alcuni beni dalla cui rendita l’amministratore deve
render conto alla pubblica beneficenza. Con tal vendita si deve mantenere la
lampada; si deve provveder la cena per tutte le Sante Domeniche, e solennità
dell’anno, e per soddisfare gli obblighi seguenti: - 1°) Quattro messe all’anno
per Antonio Placidi. - 2°) Una messa all’anno per Francesco Gentili. - 3°) Quattro
messe all’anno per Antonia Amanzi. - Non si sono soddisfatte; onde si è risoluto
di scrivere al Sig. Intendente affinché faccia metter questi obblighi nei cosiddetti
Stati discussi, onde almeno in avvenire siano adempiti. In oltre colle medesime
vendite si danno 4 carlini a parroco per la messa solenne, ed un tarino a ciascun
canonico nel dì del Corpo del Signore, e a’ 4 maggio, giorno dedicato a San
Atanasio. - Il primo altare a cornu epistule è del S.mo Suffragio. Possedeva
quell’altare un piccolo fondo che più non esiste. - Il secondo altare è dedicato
alla Madonna S.ma del Carmine, ed è patronato della famiglia Placidi. Vi è un
beneficio semplice patronato della medesima famiglia, fondato da Antonio, e
Camilla Placidi coll’obbligo di 2 messe al mese, e di altre 3 all’anno. Si possiede
dal Sig. don Giuseppe Placidi, il quale ha giurato di averle sempre celebrate.
- Il terzo altare è dedicato a S. Luigi Gonzaga; - Il quarto alla nascita di
Maria Santissima, che fu eretto nel 1785 dalla congregazione di alcune zitelle,
che tutt’ora ospita, e che ogni anno fa celebrare la festa. - Il primo altare
a cornu evangelii è dedicato alla Madonna del Rosario. Aveva un monte frumentario
di venti salme di grano, che ora è dissipato. Possiede ancora de’ beni particolari,
colle di cui rendite si devono far celebrare due messe all’anno per Carlo Amanzi
che lasciò alcuni pezzetti di terra ascendenti a coppe 44. Anche nella prima
domenica di ottobre si danno 14 carlini all’abate, ed un tarino a ciascun canonico.
L’abate per altro è obbligato a provvedere la cena per la messa, e per i primi,
e secondi vesperi della solennità del rosario; a recitare il rosario in tutte
le feste dell’anno, a celebrarvi in ogni prima domenica del mese, e farvi la
processione. - Le due messe per Carlo Amanzi non si sono celebrate; onde siccome
il procuratore del Rosario deve ogni anno render conto alla pubblica beneficienza;
si è risoluto di scrivere al Sig. Intendente, affinché faccia porre anche questa
partita negli Stati discussi. Il Sig. Presidente della Commissione Diocesana
ci ha assicurati, che in quest’altare trovasi eretto sin dal 1640 un beneficio
semplice, che si possiede dal Sig. d. Angelo Falcioni. - Il secondo altare è
dedicato a S. Gio. Battista. E’ senza pietra sacra. Appartiene alla famiglia
Spera. Ha un beneficio semplice patronato col peso di una messa al mese, che
si possiede dal Sig. abate d. Pietro Placidi, il quale ha giurato di aver soddisfatto.
CAPITOLO
Questa chiesa parrocchiale è ancora collegiata; ed il Capitolo è composto dell’abate,
e di tre canonici. Devono per antica consuetudine assistere alle messi solenni,
ai Vesperi, ed alle altre funzioni; intervenire alle processioni; ed associare
i cadaveri. Partecipano coll’abate alle decime, ed agli emolumenti de’ funerali.
Tanto l’abbazia, quanto i canonicati sono patronati della casa Colonna. Ma il
diritto resta in sospeso, perché non ha ancora questa casa mostrata la fondazione.
- La Bolla dell’abbazia è stata spedita da Mons. Ascenzi al Sig. Pietro Placidi
nominato dagli eredi Colonna, e ritrovato idoneo per esame ad formam concussy
ma siccome non è certo il diritto della casa Colonna, la Bolla non fu eseguita.
Onde presentemente l’abazia viene amministrata dal prelodato Sig. d. Pietro
Placidi in qualità di economo. Egli è nell’età di circa 46. Il canonico più
anziano è il Sig. d. Arcangelo Amanzi di anni 80. Il secondo can.o è il Sig.
d. Giuseppe Placidi di anni 52. Il terzo can.o è il Sig. d. Angelo Falcioni
di anni 54. Non vi sono altri ecclesiastici.
Circa le ore ventitré Monsig. Vescovo si portò in questa chiesa parrocchiale
ove accolto dalle solite cerimonie, fece le consuete aboluzioni, tenne un lungo
eloquente discorso, ed amministrò il sagramento della Cresima a più di 230 persone.
Tornato a casa parlò con molti di vari rilevanti affari; e dopo di aver cenato
andò a riposare.
28 Aprile 1828 - Monsignor Vescovo ha questa mattina celebrata la messa nella
chiesa di S. Anatoglia, nell’altare dedicato alla Santa. Terminata la messa
ha cresimato altre 15 persone; è tornato a casa ha procurato di conciliare varie
discordie, ha dati dei consigli a chi lo ha consultato, ha paternamente ammoniti
coloro che tengono pratiche scandalose.
CHIESA DI SANTA ANATOGLIA
Questa stessa mattina si è fatta la visita della chiesa di S. Anatoglia. Rimane
in poca distanza fuori del paese. L’antichissima e Consagrata. Ha di lunghezza
circa 11 canne, di larghezza cinque. E’ a tre navate con diversi archi; e tutte
le navate sono a volta. Era qui un monastero di Monaci Benedettini; ma presentemente
non ne rimangono che pochi indizi. - L’altare maggiore ha una pittura a fresco,
che rappresenta la nascita di nostro Signore con alcuni angeli che tengono in
mano gli emblemi della Passione, l’Annunciazione di Maria S.ma da un lato, dall’altro
l’adorazione dei Magi. Questa pittura è stata recentemente ritoccata, e solennemente
deturpata.
In fondo alla navata a destra di chi entra in chiesa, vi è una cappella con
altare dedicato alla S.ma Pietà. E’ umilissima, recinta da una balaustra di
legno; e vi sono due sepolture. Il quadro rappresenta Gesù già deposto dalla
Croce. Aveva quest’altare un monte frumentario, che a tempo di Mons. Camanda
ascendeva a 80 salme di grano. Ora è dissipato. Possiede però alcuni beni stabili;
e deve far celebrare una messa in ogni mercoledì pel G. Fabio Di Domenico. Queste
messe si celebrano dall’abate per due porzioni, per la terza porzione da’ canonici.
- A cornu evangelii esiste un’altra Cappella in fondo alla navata. E’ dedicata
a S. Sebastiano, di cui evvi una statua di legno. La comune celebrava la festa
di questo Santo; e dava il conveniente stipendio all’abate, ed a Canonici. Ora
non più. Nell’altare vi è un ciborietto inservibile, e dentro il recinto della
cappella, due sepolture. - Nella parete a cornu epistole si vede dipinto un
Santo Vescovo, e S. Antonio Abate; sotto le quali figure leggesi: Le redi
de Marchittu lasciò ducati dui per lascite de lu patre es. - A cornu Evangelii
è rappresentato il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno. Nell’alto è il Paradiso,
nel quale vedesi Gesù nostro signore cinto da vergini, angeli, arcangeli alcuni
dei quali nuotanti fra le nuvole suonano cetre, timpani. Il Purgatorio è a sinistra.
E’ diviso come in due piani. Nel più basso vedesi un grande stagno, ove stanno
immerse le anime purganti, alcune delle quali co’ piedi in sù. Nel più alto
scorgesi come un forte cinto di mura, dalle quali sono accerchiate alcune anime
di cui due sono già uscite, e vi sono incamminate verso il Paradiso, avendo
a tergo un angelo, che è in atto di pregare con una palma. Mirasi la porta del
Purgatorio in mezzo ad un’alta torre; ed innanzi ad essa un sacerdote colle
chiavi in atto di aprirla; e presso al sacerdote una turba di fedeli, che genuflessi
stanno pregando. A destra è l’Inferno diviso parimente in due piani. Nel piano
inferiore vedesi il principe de’ demoni Satanasso, che a destra, e a sinistra
ha i capitani de’ peccati capitali. A destra Rubiconte capit. dell’accidia,
Farfarelli cap. dell’invidia, Anciacciu cap. della lussuria; a sinistra Boccarotta
capit. de’ lira, Gammarotta cap. del usuria; Calcabricu capit. della gola. Nella
parte inferiore mirasi molti dannati tormentati in varie guise. Sulla porta
leggesi: Lassate onne speranza o voi che intrate, e più sotto Ecco
il vecchiu Caronte, intu alla riva. Vicino alla porta dell’inferno la barca
di Caronte. Fra l’inferno e il Purgatorio l’arcangelo S. Michele, che co’ piedi
calpesta il drago infernale; e colla destra regge una bilancia, in cui pesa
le anime. A lui dappresso vedesi una persona sospesa in aria, che afferra l’anima
posta nel disco più vicino all’inferno. L’altare di S. Sebastiano aveva un monte
frumentario di circa dieci salme di grano, che trovasi disperso; e possiede
alcune rendite particolari. Nella navata a cornu evangelii trovasi un altro
altare dedicato alla Madonna SS.ma di Loreto. E’ senza pietra sagra, e senza
ornati; e perciò è interdetto. In quest’altare è fondato un beneficio semplice
di Jus-Patrono della casa Colonna, che presentemente si possiede dal Sig. d.
Angelo Falcioni. E’ stato decretato, che il beneficiante dentro tre mesi lo
ristauri, lo provvegga di pietra sagra, e di ornati. - Nell’arco medio tra la
navata grande, e la navata a cornu epistole, esiste una cappellina, con 4 colonne
di stucco, recinta da un bel cancello di ferro inverniciato, entro la quale
esiste un altare dedicato a S. Anatoglia con pittura a fresco rappresentante
la Santa. Nella volta della Cappella è dipinto il Redentore, e ha quattro lati,
i 4 Evangelisti.
Questa pittura è stata di fresco ritoccata, e deturpata. Vicina alla immagine
della Santa leggesi in caratteri gotici Anatolia.
CHIESA SANTA MARIA DEL COLLE
Evvi ancora un’altra chiesa rurale tra Torano e S. Anatoglia, chiamata S. Maria
del Colle. E’ lunga circa 4 canne, larga 2. Ha un solo altare ed è siffatto.
Il tetto e le mura minacciano rovina. L’ingresso è senza porta; il pavimento
fracassato; l’altare semi diruto. In questa chiesa suoleva processionalmente
portarsi, l’abate di S. Anatoglia col popolo due volte all’anno, cioè nel giorno
di Pasqua, e nel giorno della Visitazione della Madonna; e vi cantavano. - Anche
il popolo di Torano vi accedeva in processione nel lunedì di Pasqua. - In questa
chiesa trovasi retto un beneficio semplice di Jus-patron. della casa Colonna;
che presentemente si possiede dal Sig. Don. Franco Fabrizi di S. Stefano del
Corvaro. E’ a carico del beneficiato la manutenzione di questa chiesa (Vis.
del 1777 pg. 436 a Far.). Perciò è stato ordinato sotto pena della sospensione
Ipso facto incurrendo al Sig. d. Franco Fabrizi, di riattare dentro il
mese di settembre questa chiesa col suo beneficio. Questa violenta misura si
è resa indispensabile; perché egli ad onta delle preghiere e delle minacce del
Sig. Vicario Gen. Pacifici, e ad onta delle promesse, che egli stesso ha più
volte fatto, ha sempre temporeggiato, ne mai ha posta la mano all’opera permettendo
che la chiesa ogni giorno più deteriorasse. Intanto la chiesa è interdetta.
GROTTA DI SAN LEONARDO
Nel territorio di S. Anatoglia e precisamente nel monte Fiui, vi è una grotta
con un altare diruto, dedicato a San Leonardo. Ha un beneficio semplice padronato
della casa Colonna la cui istituzione spettava all’abate di San Paolo di Roma.
Il beneficiato aveva l’obbligo di contribuire al predetto abate 11 once di zafferano
all’anno. Oggi dì è padronato reggio; si possiede dal Sig. Canonico don Giuseppe
Placidi e le once di zafferano non più si pagano.
CHIESA DI SAN LORENZO IN CARTORA
Altra chiesa rurale è quella di San Lorenzo in Cartora. E’ patronato della casa
Colonna. Ha un beneficio semplice similmente patronato, che rende 4 salme di
grano all’anno; e gli è annesso il peso di una messa al mese. Ora questo beneficio
è presso la commissione diocesana. La chiesa è larga c. 3; lunga 5. Ha un solo
altare ha 2 sepolture. Tutto in cattivo stato.
CHIESA DI SANT’ATANASIO
Sotto le mura del paese esisteva un’altra chiesa dedicata a S. Atanasio, che
da Mons. Vincenzo Ferretti venne interdetta. Ora è affatto rovinata. Vi era
l’obbligo di una messa solenne, e di 3 lette. Quest’obbligo ora appartiene alla
compagnia del Sacramento, da cui si fa soddisfare per mezzo dell’abbate, e dei
Canonici.
Il 29 giugno del 1832 il vescovo di Rieti monsignor Gabriele Ferretti, dopo
aver concluso la sua visita a Torano, partì su un cavallo alla volta di Sant’Anatolia
dove vi giunse alle ore 13.00 accolto dal popolo e dal clero col suono dei sacri
bronzi e collo sparo dei fucili. Sant’Anatolia era divenuta in quel tempo uno
dei vicariati principali del Cicolano che all’epoca, oltre a S.Anatolia, erano
Petrella, Baccareccia e Marmosedio. Nel Vicariato Foraneo di Sant’Anatolia erano
comprese le parrocchie dei seguenti villaggi: S. Anatolia, residenza del Vicario
Foraneo, Spedino, Corvaro, S. Stefano del Corvaro, Borgo Colle Fegato, Collefegato
(che non era una parrocchia), Castel Menardo (che invece aveva due parrocchie),
Colle Maggiore, Collorso, Ville Collefegato, Poggio di Valle, Grotte di Torano
e Torano. Essa faceva parte del Comune di Borgocollefegato nel Regno di Napoli.
A Sant’Anatolia la casa parrocchiale non era mai esistita, essendo stati i parroci
sempre nativi del luogo, e quindi il vescovo prese ristoro e si trattenne nel
palazzo dei signori Placidi alla quale famiglia apparteneva il Vicario Foraneo
nonché Abate e parroco del paese don Pietro. Lo stesso giorno celebrò la messa
alle Ville di Collefegato dove cresimò 32 fanciulli; in seguito rientrò in paese
e dopo aver visitato le varie chiese impartì la benedizione colla sacra pisside.
In quel tempo la chiesa principale era quella di San Nicola e dentro il suo
recinto parrocchiale vi erano altri quattro luoghi di culto e cioè: il Santuario
di Sant’Anatolia, la chiesa di S. Maria del Colle, la grotta di S. Leonardo
e la chiesa di S. Lorenzo in Cartora.
Nella parrocchia di S. Anatolia, Vicariato principale dei paesi dei dintorni,
oltre a don Pietro Placidi abate curato di 50 anni, vi erano altri due sacerdoti:
don Giuseppe Placidi canonico di 55 anni e don Angelo Falcioni canonico di 56
anni; tutti e tre i sacerdoti erano nativi del luogo. Il vescovo Ferretti in
questo modo descriveva i tre sacerdoti di Sant’Anatolia:
Il 7 luglio del 1835 intorno alla mezzanotte, allo scampanare dei sacri bronzi
e al frastuono di 150 botti di mortali commissionati dal parroco don Pietro,
giunse a Sant’Anatolia su un cavallo e con gran seguito il nuovo vescovo di
Rieti monsignor Filippo della famiglia dei conti Curoli.
Egli prese alloggio nel palazzo della famiglia Placidi ove pernottò anche la
notte seguente. La mattina dell’8 luglio celebrò la santa messa nella parrocchia
di S. Nicola assistito dal clero di S.Anatolia e dal suo seguito e amministrò
il sacramento della Cresima a 15 fanciulli tutti diocesani. In seguito visitò
il Santuario di Sant’Anatolia, la sepolcrale, dove, dopo la predica, benedì
il popolo del paese.
Si dispiacque il vescovo di una pratica scandalosa che c’era da alcuni anni
fra una certa Irene Pozzi, moglie di Marco Fracassi, e il vedovo Nicola Amanzi.
Per riparare a questo scandalo il suo segretario, vicario Carlo Pacifici, spedì
la seguente lettera di lamentela al sottintendente di Borgocollefegato:
La chiesa di Santa Maria del Colle andava sempre più degradandosi e già nel
1828 il vescovo Ferretti, dopo averla interdetta, aveva ordinato all’arciprete
don Franco Fabrizi di Santo Stefano del Corvaro, che aveva il dovere della manutenzione,
di restaurarla per riadattarla agli scopi ecclesiastici; nel 1835 i restauri
ordinati erano stati eseguiti solo parzialmente e per questo motivo il vicario
Carlo Pacifici spedì la seguente lettera ingiuntiva a don Franco ordinandogli
di completarli:
Nell’anno 1839 il vescovo Filippo Curoli fece una seconda visita pastorale nella
sua diocesi e, il 19 luglio proseguendo il viaggio, si volse verso S. Anatolia;
ivi vi giunse al tramontar del sole. La prima chiesa che egli visitò fu quella
di S. Maria del Colle, situata sulla strada che viene da Torano, per la quale,
siccome don Franco Fabrizi non aveva eseguito praticamente quasi nessuno dei
lavori prescritti, furono emessi i decreti che qui sotto riporto:
La sera, il vescovo con la sua comitiva, fu accolto in casa dei Sigg. Placidi
ove alloggiò e terminata la cena, dopo aver pregato nella cappella della famiglia
Placidi, andò a dormire. La mattina il vescovo visitò la chiesa parrocchiale
di San Nicola, da dove benedì il popolo di Sant’Anatolia; in seguito per questa
chiesa emanò i seguenti decreti:
In seguito il vescovo, avendo parlato con l’abate Placidi e avendo saputo che
c’erano dei problemi in parrocchia per la distribuzione delle elemosine dei
fedeli e dei pellegrini che, soprattutto durante la festa di S.Anatolia il 9
e 10 luglio, erano considerevoli, emise il seguente decreto:
Decreto
emesso per la regolare distribuzione delle elemosine di messe offerte nella
chiesa di S. Anatolia
1). A cura del rettore della chiesa si aprirà un registro di tutte le elemosine
che verranno offerte tanto nella vigilia che cade ai 9 di luglio quanto nella
festa della Santa che ricorre nel giorno 10 dello stesso mese.
2). Si provvederà del pari un libro in cui si noteranno le distribuzioni che
si faranno di elemosine ai sacerdoti, coll’indicazione del giorno, mese, e del
nome del sacerdote a cui si faranno, e si ritirerà dal medesimo la corrispondente
dichiarazione che verrà inserita nel libro.
3).Tanto il registro quanto il libro suddetti si presenteranno in atto di S.
Visita a noi e ai nostri successori per apporvi i convenienti decreti.
4). In conseguenza sarà ufficio dei sacerdoti confessori di dirigere in quei
ed in ogni altro tempo all’ecclesiastico destinato a registrare tutte le elemosine
i penitenti, che intendono di darle per le messe, e di consegnare al suddetto
quelle che saranno loro offerte dai fedeli che non amassero presentarsi alla
sagrestia, sotto pena della sospensione a Divinis da incorrersi ipso facto in
caso di contravenzione.
5).Viene espressamente proibito di distribuire siffatte limosine ai sacerdoti
del clero secolare o regolare i quali non appartengano alla nostra diocesi.
6). Il presente decreto verrà dal rettore communicato all’uopo ad ogni sacerdote,
e si terrà affisso alla porta della sagrestia nella chiesa di S. Anatolia, affinché
ogni ecclesiastico ne abbia la piena conoscenza sotto la responsabilità del
Rettore suddetto.
S.Anatolia in visita lì 20 luglio 1839.
Il 20 luglio 1839, dopo pranzo, il vescovo andò a far visita alla famiglia dei
Baroni Masciarelli a Magliano de’ Marsi con l’obbiettivo di andare poi a vedere
il lago Fucino ed, in particolare, l’emissario eseguito dagli imperatori romani
e ripurgato in quel tempo dai re di Napoli. La mattina del 21 luglio il vescovo
andò a far visita a questo lago e poi a pranzo andò a mangiare da don Giovanni
Battista Masciarelli a Paterno; la sera tornò a dormire a Magliano. Il 22 luglio,
dopo aver celebrato la messa nell’oratorio privato dei Sigg. Masciarelli, tornò
a Sant’Anatolia dove, dopo aver cresimato tre bambini, si trattenne tutto il
resto della giornata ad ascoltare sia i sacerdoti che tutte le persone che volevano
parlare con lui, soprattutto per cercare di comprendere lo stato morale della
popolazione del villaggio; la notte dormì ancora in casa dei Sigg. Placidi e
la mattina del 23 luglio, dopo aver celebrato la messa, si diresse verso Spedino.
In seguito, dopo aver visitato Spedino, e prima di deviare per Corvaro, passò
a far visita al villaggio semi abbandonato di Cartore ed in particolare alla
chiesa di San Lorenzo e alla chiesa di S. Maria di Brecciasecca:
Fu visitata la chiesa di San Lorenzo in Cartora la quale trovasi a poca distanza
da S. Anatolia da chi parte da questo paese e va al Corvaro per la strada della
valle lasciando a manca Spedino. Com’è tradizione in questo luogo era un monastero
di monaci: i pochi beni rimasti sono stati riuniti alla chiesa parrocchiale
di S. Anatolia. Dicesi inoltre essere qui stata l’antica città di Tora ove conseguì
il martirio S. Anatolia. A poca distanza da questa chiesa si osservano alcuni
ruderi con un fonte ove i fedeli sono chiamati per devozione onde guarire dai
loro malori: essendovi forse anticamente qualche chiesa evvi un benefizio sotto
il nome di S. Costanzo, ora riunito alla parrocchia di S.Anatolia. Decreti:
nella visita della chiesa di San Lorenzo in Cartora si decretò che: Si ponesse
sull’altare un quadro in tela essendo espressamente proibito dai sacri riti
di porre alla pubblica venerazione immagini fragili come sono quelle di carta.
A poca distanza da S. Lorenzo in Cartora vi è l’altra piccola chiesa rurale di S. Maria di Brecciasecca: per questa si decretò che < Si facesse la chiave alla porta > essendosi asserito non essersi mai detto messa in tale chiesa, non essendovi altare con pietra consacrata, ma una semplice mensa non si è dettagliato il bisogno che avrebbe al fine di potervi celebrare i sacri misterj.
Nel 1968 Vincenzo Saletta a pag. 114 del suo libro su S. Anatolia scriveva:
... il piccolo colle, denominato Noce di Cristo, su cui sorge l’abitato
di S. Anatolia con la chiesa parrocchiale, dove si custodisce una statua di
S.Anatolia e presso la quale occhieggiano i ruderi della distrutta chiesa dell’Addolorata
(3) ... - nota (3): Su questa chiesa, un tempo forse utilizzata come cimitero
per i membri di qualche confraternita religiosa o quando la popolazione era
tutta compresa entro le mura e di cui restano quattro sepolcreti a ridosso delle
mura perimetrali, ci sarebbe da spendere più di una semplice nota. L’esame del
portale superstite ci dice che essa venne eretta l’anno 1507.
Andrea R. Staffa nel suo capitolo La topografia pievana del Cicolano nei
secoli XI-XIV inserito in San Francesco nella civiltà medioevale
convegno di studi Borgorose 18-19 dicembre 1982 a pag.200 scriveva: ...
Da S. Martino di Torano, situata fuori del borgo medievale, dipendevano nel
1398 le chiese di S. Maria di Torano, oggi Madonna Addolorata, antichissima
in quanto attestata in un documento dell’VIII secolo, controllata dall’abbazia
di Farfa almeno sino all’XI secolo (Regesto Farfense doc.1303), e risalente
nel suo attuale impianto al XIV secolo ...
Sempre Andrea R. Staffa nel sua monografia L’assetto territoriale della Valle
del Salto fra la tarda antichità ed il medioevo edito nella rivista Xenia
semestrale d’antichità (1° semestre 1987) vol.13 pag. 74 scriveva: ... n.112:
Chiesa di S. Maria de Torano, menzionata in una memoria dell’XI secolo di fatti
riferiti all’VIII, oggi detta Madonna Addolorata, è completamente in rovina,
e presenta una facciata a coronamento rettilineo riferibile al XIV secolo ed
un portale databile agli inizi del Cinquecento. E’ anch’essa ormai del tutto
isolata nella campagna, mentre in passato (ben prima del XVI secolo) doveva
essere collegata ad un insediamento aperto poi abbandonato.
Chi conosce il villaggio di Sant’Anatolia non può non aver notato questa chiesetta
e non può non esserne rimasto affascinato dato che essa si trova completamente
isolata e sulla cima di una collina; la chiesa è a tutt’oggi un rudere senza
pavimento, senza finestre e senza tetto. A prima vista, come asserì il Saletta,
essa sembrava risalire ai primi del ‘500, se non prima, ma in seguito l’archeologo
Andrea Staffa, sulla base di documenti farfensi, determinò l’origine della chiesetta
al VII secolo d.C. e, in base ad indagini eseguite sul luogo, collocò la struttura
attuale al secolo XIV. In effetti in vari documenti dei secoli VII e XI viene
nominata la chiesa di S. Maria de Turano, controllata dall’abbazia farfense,
e poi, nel 1398, viene nominata più di una chiesa chiamata S. Maria situata
nella nostra zona; in seguito non venne più nominata tale chiesa e questo ci
farebbe supporre che essa già aveva perso importanza ed era ridotta a rudere.
Il Saletta non era un’archivista e difatti chi legge attentamente il suo libro
intuisce facilmente che egli prese le informazioni esclusivamente per mezzo
di ricerche bibliografiche; Staffa invece è un bravo archivista ed un esperto
archeologo e questo si desume con grande evidenza dai suoi scritti. Quasi sempre
gli storici del reatino, che attingono informazioni dall’archivio della diocesi
di Rieti, preferiscono cominciare le proprie ricerche dai documenti più antichi
e, trovandone moltissimi e a volte inediti, vi si ritrovano spesso invischiati
e tralasciano completamente i documenti più moderni.
L’archivio della diocesi di Rieti contiene centinaia di documenti in cui viene
menzionato il villaggio o la chiesa di Sant’Anatolia. Dal 1560 ca. vi sono poi
le visite pastorali che consistono in un centinaio di incartamenti divisi per
anno, ognuno dei quali contiene decine di pagine su S.Anatolia e paesi adiacenti.
Non essendo io un bravo latinista fui costretto a cominciare le mie ricerche
all’inverso e cioè iniziando dai documenti più moderni perché scritti in italiano
ed in una calligrafia più comprensibile e poi pian piano scendendo ai documenti
più antichi e più difficili da tradurre; ed ecco la sorpresa: il 19 luglio del
1839 monsignor Filippo de’ conti Curoli nella visita effettuata nella diocesi
di Rieti, relazionando sul villaggio di S.Anatolia, non fa alcuna menzione della
chiesa della Madonna Addolorata.
Il 21 maggio del 1851 monsignor Gaetano Carletti, vescovo di Rieti, in visita
al nostro villaggio, scriveva: ... Chiesa dell’Addolorata. A devozione del
popolo, su di un colle di fronte al paese, per una grazia di Maria Vergine,
si diè principio vari anni dietro ad una chiesa. Mancarono i mezzi nel meglio,
e tuttora resta incompleta. Si invitò il popolo al proseguimento, e soprattutto
ad assegnare una dote al mantenimento, onde non vederla rovinare nel nascere
...
Dopo 23 anni, il 16 giugno del 1874, il vescovo Egidio Mauri scriveva:...Chiesa
dell’Addolorata. Si trovò tuttora incompleta la fabbrica di essa. Non se ne
può sperare la continuazione. Si vuole rendere sepolcrale invece del Santuario.
Non vi si è mai funzionato né celebrato ...
Il 22 agosto 1897 monsignor Bonaventura Quintarelli ripeteva: ... Chiesa
della SS. Addolorata. Trovasi a sud-ovest del paese alla distanza di 7 od 8
cento metri. Fu fabbricata da circa 60 anni; e fino a pochi anni or sono, ossia
fino a che fu costruito il camposanto fu la sepolcrale della parrocchia. Non
ha, ne ebbe mai altro che mura e tetto. Sta in cattivo stato, massime nel tetto:
può ritenersi che tra non molti anni andrà in rovina; non se ne ebbe cura per
lo passato, e così sarà per l’avvenire, atteso che il popolo è tutto impegnato
nel compiere, ornare, e provvedere la chiesa di S. Anatolia ...
La chiesa della Madonna Addolorata, senza il tetto, il pavimento e le finestre,
attualmente ha l’aspetto di un rudere antichissimo e questo ha ingannato sia
storici che archeologi.
La popolazione di S. Anatolia nelle sue tradizioni non ricorda il periodo della
sua costruzione ed in genere la chiesa, probabilmente per influenza del libro
del Saletta, viene ricordata dagli abitanti come antichissima. Fu invece
fra il 1840 ed il 1850 che, per una grazia di Maria SS avvenuta su quella
collina adiacente al paese, il popolo di S. Anatolia decise di costruire questa
chiesa; dapprima furono scavate le fondamenta e le stanze sotterranee per le
pile mortuarie; poi fu tirato il piano al di sopra della stanza mortuaria, vennero
costruite le sei pile e furono alzate le mura; venne poi creato il portale che,
se veramente è così antico come disse il Saletta e lo Staffa, venne forse prelevato
da qualche chiesetta campestre dei dintorni che andava in rovina (San Lorenzo
in Cartore, San Nicola a valle Fua, S. Maria del Colle); infine fu costruito
il tetto e ci si riprometteva di mettere al più presto le finestre e di costruire
l’altare.
Verso il 1860 vennero iniziati i lavori per la ricostruzione e l’ampliamento
del Santuario di S. Anatolia; la popolazione, non avendo a disposizione energia
sufficiente alla costruzione di due chiese, preferì tralasciare la "Madonna
Addolorata" e finanziare i lavori per il Santuario e fu per questo motivo
che la chiesa della Madonna Addolorata venne lasciata incompleta; per circa
un ventennio, fra il 1874 e il 1897, essa divenne la sepolcrale del paese, ma
in seguito, quando venne costruito il cimitero nella valle verso Torano, venne
definitivamente abbandonata; crollò il tetto, la chiesa si riempì di vegetazione
e prese lentamente l’aspetto attuale di rudere dall’apparenza antichissimo.
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CAPITOLO VII