[INDICE] - [SU] - [CAPITOLO VII]




CAPITOLO VI



La chiesa


27 aprile 1828: Visita Pastorale del Vescovo di Rieti
mons. G. Ferretti al villaggio di S. Anatolia



Nel 1828 il vescovo di Rieti Gabriele Ferretti visitò la nostra regione Cicolana posta all’interno della sua diocesi e, come di consuetudine, scrisse il resoconto dello stato delle chiese, dei sacerdoti e della popolazione delle varie parrocchie. Attualmente nell’Archivio Vescovile di Rieti, posizionato nella cartella n. 66 titolata Visita Ferretti Anno 1828, è archiviato il manoscritto originale e, esattamente dalla pag.179 alla 187, vi è il resoconto della situazione della parrocchia di S. Anatolia. Poiché il documento è molto chiaro e scritto in un italiano praticamente perfetto e soprattutto non è noioso ma è pieno di molte curiosità interessanti, in particolare per la descrizione dettagliatissima della struttura delle chiese, lo riporterò qui di seguito integralmente e senza inutili commenti:

Prima visita pastorale nel Cicolano fatta nell’anno 1828
da Monsignore Gabriele de’ Conti Ferretti


Sant’Anatolia - 27 aprile 1828 - Da Torano Mons. Vescovo col suo seguito passò alla terra di S. Anatoglia e venne accolto nella casa del Sig. Abate d. Pietro Placidi dove si trasferì dopo di aver gravemente orato nella chiesa parrocchiale. La terra di S. Anatoglia dista circa un miglio e 1/2 da Torano. E’ situata sopra una amena collina alle falde degli Appennini non molto lungi dall’agro Torense. E’ composta di 443 anime, divise in 64 famiglie circa. Era feudo di Colonna, ora è unita alla comune di Borgo Colle Fegato.

CHIESA PARROCCHIALE




La C. P. posta dentro il paese è dedicata a S. Niccola. E’ di moderna architettura a volta, lunga canne 10 larga canne 4. Ha 10 archi aperti, ed uno chiuso per parte. - In fondo è l’altare Magg. elevato dal resto della chiesa, per mezzo di due gradini con un ovato al di sopra ove in un quadro è dipinta la Vergine S.ma e San Niccola ed ai lati due statue di legno dorate ed inverniciate, rappresentanti San Niccola e Santa Anatoglia; sotto le quali sono 2 porte che danno l’ingresso alla Sagrestia. E’ dedicata a S. Niccola di Bari: ed in esso conservasi il S.mo Sagramento. - Il Sagramento aveva un monte frumentario di 15 salme, che ora è soppresso; e possiede alcuni beni dalla cui rendita l’amministratore deve render conto alla pubblica beneficenza. Con tal vendita si deve mantenere la lampada; si deve provveder la cena per tutte le Sante Domeniche, e solennità dell’anno, e per soddisfare gli obblighi seguenti: - 1°) Quattro messe all’anno per Antonio Placidi. - 2°) Una messa all’anno per Francesco Gentili. - 3°) Quattro messe all’anno per Antonia Amanzi. - Non si sono soddisfatte; onde si è risoluto di scrivere al Sig. Intendente affinché faccia metter questi obblighi nei cosiddetti Stati discussi, onde almeno in avvenire siano adempiti. In oltre colle medesime vendite si danno 4 carlini a parroco per la messa solenne, ed un tarino a ciascun canonico nel dì del Corpo del Signore, e a’ 4 maggio, giorno dedicato a San Atanasio. - Il primo altare a cornu epistule è del S.mo Suffragio. Possedeva quell’altare un piccolo fondo che più non esiste. - Il secondo altare è dedicato alla Madonna S.ma del Carmine, ed è patronato della famiglia Placidi. Vi è un beneficio semplice patronato della medesima famiglia, fondato da Antonio, e Camilla Placidi coll’obbligo di 2 messe al mese, e di altre 3 all’anno. Si possiede dal Sig. don Giuseppe Placidi, il quale ha giurato di averle sempre celebrate. - Il terzo altare è dedicato a S. Luigi Gonzaga; - Il quarto alla nascita di Maria Santissima, che fu eretto nel 1785 dalla congregazione di alcune zitelle, che tutt’ora ospita, e che ogni anno fa celebrare la festa. - Il primo altare a cornu evangelii è dedicato alla Madonna del Rosario. Aveva un monte frumentario di venti salme di grano, che ora è dissipato. Possiede ancora de’ beni particolari, colle di cui rendite si devono far celebrare due messe all’anno per Carlo Amanzi che lasciò alcuni pezzetti di terra ascendenti a coppe 44. Anche nella prima domenica di ottobre si danno 14 carlini all’abate, ed un tarino a ciascun canonico. L’abate per altro è obbligato a provvedere la cena per la messa, e per i primi, e secondi vesperi della solennità del rosario; a recitare il rosario in tutte le feste dell’anno, a celebrarvi in ogni prima domenica del mese, e farvi la processione. - Le due messe per Carlo Amanzi non si sono celebrate; onde siccome il procuratore del Rosario deve ogni anno render conto alla pubblica beneficienza; si è risoluto di scrivere al Sig. Intendente, affinché faccia porre anche questa partita negli Stati discussi. Il Sig. Presidente della Commissione Diocesana ci ha assicurati, che in quest’altare trovasi eretto sin dal 1640 un beneficio semplice, che si possiede dal Sig. d. Angelo Falcioni. - Il secondo altare è dedicato a S. Gio. Battista. E’ senza pietra sacra. Appartiene alla famiglia Spera. Ha un beneficio semplice patronato col peso di una messa al mese, che si possiede dal Sig. abate d. Pietro Placidi, il quale ha giurato di aver soddisfatto.

CAPITOLO

Questa chiesa parrocchiale è ancora collegiata; ed il Capitolo è composto dell’abate, e di tre canonici. Devono per antica consuetudine assistere alle messi solenni, ai Vesperi, ed alle altre funzioni; intervenire alle processioni; ed associare i cadaveri. Partecipano coll’abate alle decime, ed agli emolumenti de’ funerali. Tanto l’abbazia, quanto i canonicati sono patronati della casa Colonna. Ma il diritto resta in sospeso, perché non ha ancora questa casa mostrata la fondazione. - La Bolla dell’abbazia è stata spedita da Mons. Ascenzi al Sig. Pietro Placidi nominato dagli eredi Colonna, e ritrovato idoneo per esame ad formam concussy ma siccome non è certo il diritto della casa Colonna, la Bolla non fu eseguita. Onde presentemente l’abazia viene amministrata dal prelodato Sig. d. Pietro Placidi in qualità di economo. Egli è nell’età di circa 46. Il canonico più anziano è il Sig. d. Arcangelo Amanzi di anni 80. Il secondo can.o è il Sig. d. Giuseppe Placidi di anni 52. Il terzo can.o è il Sig. d. Angelo Falcioni di anni 54. Non vi sono altri ecclesiastici.

Circa le ore ventitré Monsig. Vescovo si portò in questa chiesa parrocchiale ove accolto dalle solite cerimonie, fece le consuete aboluzioni, tenne un lungo eloquente discorso, ed amministrò il sagramento della Cresima a più di 230 persone. Tornato a casa parlò con molti di vari rilevanti affari; e dopo di aver cenato andò a riposare.

28 Aprile 1828 - Monsignor Vescovo ha questa mattina celebrata la messa nella chiesa di S. Anatoglia, nell’altare dedicato alla Santa. Terminata la messa ha cresimato altre 15 persone; è tornato a casa ha procurato di conciliare varie discordie, ha dati dei consigli a chi lo ha consultato, ha paternamente ammoniti coloro che tengono pratiche scandalose.

CHIESA DI SANTA ANATOGLIA




Questa stessa mattina si è fatta la visita della chiesa di S. Anatoglia. Rimane in poca distanza fuori del paese. L’antichissima e Consagrata. Ha di lunghezza circa 11 canne, di larghezza cinque. E’ a tre navate con diversi archi; e tutte le navate sono a volta. Era qui un monastero di Monaci Benedettini; ma presentemente non ne rimangono che pochi indizi. - L’altare maggiore ha una pittura a fresco, che rappresenta la nascita di nostro Signore con alcuni angeli che tengono in mano gli emblemi della Passione, l’Annunciazione di Maria S.ma da un lato, dall’altro l’adorazione dei Magi. Questa pittura è stata recentemente ritoccata, e solennemente deturpata.

In fondo alla navata a destra di chi entra in chiesa, vi è una cappella con altare dedicato alla S.ma Pietà. E’ umilissima, recinta da una balaustra di legno; e vi sono due sepolture. Il quadro rappresenta Gesù già deposto dalla Croce. Aveva quest’altare un monte frumentario, che a tempo di Mons. Camanda ascendeva a 80 salme di grano. Ora è dissipato. Possiede però alcuni beni stabili; e deve far celebrare una messa in ogni mercoledì pel G. Fabio Di Domenico. Queste messe si celebrano dall’abate per due porzioni, per la terza porzione da’ canonici. - A cornu evangelii esiste un’altra Cappella in fondo alla navata. E’ dedicata a S. Sebastiano, di cui evvi una statua di legno. La comune celebrava la festa di questo Santo; e dava il conveniente stipendio all’abate, ed a Canonici. Ora non più. Nell’altare vi è un ciborietto inservibile, e dentro il recinto della cappella, due sepolture. - Nella parete a cornu epistole si vede dipinto un Santo Vescovo, e S. Antonio Abate; sotto le quali figure leggesi: Le redi de Marchittu lasciò ducati dui per lascite de lu patre es. - A cornu Evangelii è rappresentato il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno. Nell’alto è il Paradiso, nel quale vedesi Gesù nostro signore cinto da vergini, angeli, arcangeli alcuni dei quali nuotanti fra le nuvole suonano cetre, timpani. Il Purgatorio è a sinistra. E’ diviso come in due piani. Nel più basso vedesi un grande stagno, ove stanno immerse le anime purganti, alcune delle quali co’ piedi in sù. Nel più alto scorgesi come un forte cinto di mura, dalle quali sono accerchiate alcune anime di cui due sono già uscite, e vi sono incamminate  verso il Paradiso, avendo a tergo un angelo, che è in atto di pregare con una palma. Mirasi la porta del Purgatorio in mezzo ad un’alta torre; ed innanzi ad essa un sacerdote colle chiavi in atto di aprirla; e presso al sacerdote una turba di fedeli, che genuflessi stanno pregando. A destra è l’Inferno diviso parimente in due piani. Nel piano inferiore vedesi il principe de’ demoni Satanasso, che a destra, e a sinistra ha i capitani de’ peccati capitali. A destra Rubiconte capit. dell’accidia, Farfarelli cap. dell’invidia, Anciacciu cap. della lussuria; a sinistra Boccarotta capit. de’ lira, Gammarotta cap. del usuria; Calcabricu capit. della gola. Nella parte inferiore mirasi molti dannati tormentati in varie guise. Sulla porta leggesi: Lassate onne speranza o voi che intrate, e più sotto Ecco il vecchiu Caronte, intu alla riva. Vicino alla porta dell’inferno la barca di Caronte. Fra l’inferno e il Purgatorio l’arcangelo S. Michele, che co’ piedi calpesta il drago infernale; e colla destra regge una bilancia, in cui pesa le anime. A lui dappresso vedesi una persona sospesa in aria, che afferra l’anima posta nel disco più vicino all’inferno. L’altare di S. Sebastiano aveva un monte frumentario di circa dieci salme di grano, che trovasi disperso; e possiede alcune rendite particolari. Nella navata a cornu evangelii trovasi un altro altare dedicato alla Madonna SS.ma di Loreto. E’ senza pietra sagra, e senza ornati; e perciò è interdetto. In quest’altare è fondato un beneficio semplice di Jus-Patrono della casa Colonna, che presentemente si possiede dal Sig. d. Angelo Falcioni. E’ stato decretato, che il beneficiante dentro tre mesi lo ristauri, lo provvegga di pietra sagra, e di ornati. - Nell’arco medio tra la navata grande, e la navata a cornu epistole, esiste una cappellina, con 4 colonne di stucco, recinta da un bel cancello di ferro inverniciato, entro la quale esiste un altare dedicato a S. Anatoglia con pittura a fresco rappresentante la Santa. Nella volta della Cappella è dipinto il Redentore, e ha quattro lati, i 4 Evangelisti.

Questa pittura è stata di fresco ritoccata, e deturpata. Vicina alla immagine della Santa leggesi in caratteri gotici Anatolia.

CHIESA SANTA MARIA DEL COLLE

Evvi ancora un’altra chiesa rurale tra Torano e S. Anatoglia, chiamata S. Maria del Colle. E’ lunga circa 4 canne, larga 2. Ha un solo altare ed è siffatto. Il tetto e le mura minacciano rovina. L’ingresso è senza porta; il pavimento fracassato; l’altare semi diruto. In questa chiesa suoleva processionalmente portarsi, l’abate di S. Anatoglia col popolo due volte all’anno, cioè nel giorno di Pasqua, e nel giorno della Visitazione della Madonna; e vi cantavano. - Anche il popolo di Torano vi accedeva in processione nel lunedì di Pasqua. - In questa chiesa trovasi retto un beneficio semplice di Jus-patron. della casa Colonna; che presentemente si possiede dal Sig. Don. Franco Fabrizi di S. Stefano del Corvaro. E’ a carico del beneficiato la manutenzione di questa chiesa (Vis. del 1777 pg. 436 a Far.). Perciò è stato ordinato sotto pena della sospensione Ipso facto incurrendo al Sig. d. Franco Fabrizi, di riattare dentro il mese di settembre questa chiesa col suo beneficio. Questa violenta misura si è resa indispensabile; perché egli ad onta delle preghiere e delle minacce del Sig. Vicario Gen. Pacifici, e ad onta delle promesse, che egli stesso ha più volte fatto, ha sempre temporeggiato, ne mai ha posta la mano all’opera permettendo che la chiesa ogni giorno più deteriorasse. Intanto la chiesa è interdetta.

GROTTA DI SAN LEONARDO

Nel territorio di S. Anatoglia e precisamente nel monte Fiui, vi è una grotta con un altare diruto, dedicato a San Leonardo. Ha un beneficio semplice padronato della casa Colonna la cui istituzione spettava all’abate di San Paolo di Roma. Il beneficiato aveva l’obbligo di contribuire al predetto abate 11 once di zafferano all’anno. Oggi dì è padronato reggio; si possiede dal Sig. Canonico don Giuseppe Placidi e le once di zafferano non più si pagano.

CHIESA DI SAN LORENZO IN CARTORA




Altra chiesa rurale è quella di San Lorenzo in Cartora. E’ patronato della casa Colonna. Ha un beneficio semplice similmente patronato, che rende 4 salme di grano all’anno; e gli è annesso il peso di una messa al mese. Ora questo beneficio è presso la commissione diocesana. La chiesa è larga c. 3; lunga 5. Ha un solo altare ha 2 sepolture. Tutto in cattivo stato.

CHIESA DI SANT’ATANASIO

Sotto le mura del paese esisteva un’altra chiesa dedicata a S. Atanasio, che da Mons. Vincenzo Ferretti venne interdetta. Ora è affatto rovinata. Vi era l’obbligo di una messa solenne, e di 3 lette. Quest’obbligo ora appartiene alla compagnia del Sacramento, da cui si fa soddisfare per mezzo dell’abbate, e dei Canonici.




1832 - Mons. Ferretti visita di nuovo S. Anatolia


Il 29 giugno del 1832 il vescovo di Rieti monsignor Gabriele Ferretti, dopo aver concluso la sua visita a Torano, partì su un cavallo alla volta di Sant’Anatolia dove vi giunse alle ore 13.00 accolto dal popolo e dal clero col suono dei sacri bronzi e collo sparo dei fucili. Sant’Anatolia era divenuta in quel tempo uno dei vicariati principali del Cicolano che all’epoca, oltre a S.Anatolia, erano Petrella, Baccareccia e Marmosedio. Nel Vicariato Foraneo di Sant’Anatolia erano comprese le parrocchie dei seguenti villaggi: S. Anatolia, residenza del Vicario Foraneo, Spedino, Corvaro, S. Stefano del Corvaro, Borgo Colle Fegato, Collefegato (che non era una parrocchia), Castel Menardo (che invece aveva due parrocchie), Colle Maggiore, Collorso, Ville Collefegato, Poggio di Valle, Grotte di Torano e Torano. Essa faceva parte del Comune di Borgocollefegato nel Regno di Napoli.

A Sant’Anatolia la casa parrocchiale non era mai esistita, essendo stati i parroci sempre nativi del luogo, e quindi il vescovo prese ristoro e si trattenne nel palazzo dei signori Placidi alla quale famiglia apparteneva il Vicario Foraneo nonché Abate e parroco del paese don Pietro. Lo stesso giorno celebrò la messa alle Ville di Collefegato dove cresimò 32 fanciulli; in seguito rientrò in paese e dopo aver visitato le varie chiese impartì la benedizione colla sacra pisside. In quel tempo la chiesa principale era quella di San Nicola e dentro il suo recinto parrocchiale vi erano altri quattro luoghi di culto e cioè: il Santuario di Sant’Anatolia, la chiesa di S. Maria del Colle, la grotta di S. Leonardo e la chiesa di S. Lorenzo in Cartora.

Nella parrocchia di S. Anatolia, Vicariato principale dei paesi dei dintorni, oltre a don Pietro Placidi abate curato di 50 anni, vi erano altri due sacerdoti: don Giuseppe Placidi canonico di 55 anni e don Angelo Falcioni canonico di 56 anni; tutti e tre i sacerdoti erano nativi del luogo. Il vescovo Ferretti in questo modo descriveva i tre sacerdoti di Sant’Anatolia:

- don Pietro Placidi abate curato di S. Anatoglia; è un sacerdote di media scienza, ma attento ai suoi doveri ed, al pari, di una condotta irreprensibile; - don Giuseppe Placidi canonico, così detto, di S. Anatoglia; è un sacerdote che fa gli affari di sua casa e poco vale nel ministerio ecclesiastico; frasi ricorse si ebbero contro di esso in materia morale, ma ora sembra cambiato; - don Angelo Falcioni canonico, così detto, di S. Anatoglia; è un sacerdote di qualche talento, ma di poco studio; anch’esso è stato accusato in passato in materia morale; ora non si hanno reclami.




1835 - Visita del Vescovo Filippo de’ conti Curoli



Il 7 luglio del 1835 intorno alla mezzanotte, allo scampanare dei sacri bronzi e al frastuono di 150 botti di mortali commissionati dal parroco don Pietro, giunse a Sant’Anatolia su un cavallo e con gran seguito il nuovo vescovo di Rieti monsignor Filippo della famiglia dei conti Curoli.

Egli prese alloggio nel palazzo della famiglia Placidi ove pernottò anche la notte seguente. La mattina dell’8 luglio celebrò la santa messa nella parrocchia di S. Nicola assistito dal clero di S.Anatolia e dal suo seguito e amministrò il sacramento della Cresima a 15 fanciulli tutti diocesani. In seguito visitò il Santuario di Sant’Anatolia, la sepolcrale, dove, dopo la predica, benedì il popolo del paese.

Si dispiacque il vescovo di una pratica scandalosa che c’era da alcuni anni fra una certa Irene Pozzi, moglie di Marco Fracassi, e il vedovo Nicola Amanzi. Per riparare a questo scandalo il suo segretario, vicario Carlo Pacifici, spedì la seguente lettera di lamentela al sottintendente di Borgocollefegato:

Al Sott’Intendente, lì 8 luglio 1835. - Signore, è in questo paese una prattica scandalosa ed inveterata tra il vedovo Nicola Amanzi, ed Irene Moglie di Marco Fracassi. Questo infelice invano si è adoperato per richiamare la moglie al suo dovere, e finalmente per quieto vivere, ha dovuto abbandonare la propria casa, e mettersi a servire in qualità di garzone in Castelmenardo. Li due scandalosi protervi hanno amareggiato il cuore di questo mio monsignore vescovo di Rieti, anche perché li medesimi da cinque anni in qua sono lontani dai sacramenti, ed io ne fò rapporto perciò a lei Illustrissimo Sott’Intendente, perché si compiaccia di adottare contro di essi le misure le più forti ed energiche in linea di pulizia. - f.to Carlo Pacifici


La chiesa di Santa Maria del Colle andava sempre più degradandosi e già nel 1828 il vescovo Ferretti, dopo averla interdetta, aveva ordinato all’arciprete don Franco Fabrizi di Santo Stefano del Corvaro, che aveva il dovere della manutenzione, di restaurarla per riadattarla agli scopi ecclesiastici; nel 1835 i restauri ordinati erano stati eseguiti solo parzialmente e per questo motivo il vicario Carlo Pacifici spedì la seguente lettera ingiuntiva a don Franco ordinandogli di completarli:

Curia Vescovile di Rieti in Regno - Borgo Collefegato, 10 luglio 1835 - S. Anatolia, beneficio di S. Maria del Colle ritenuto da don Franco Fabrizi.- Signor Arciprete, con decreto del 25 agosto 1828 ella fu precettata a restaurare la chiesa di S. Maria del Colle titolare del beneficio, che ella possiede. I restauri è vero che sono stati fatti da lei, ma è vero ancora, che i restauri medesimi non sono finiti, e che manca il paracielo nell’altare, che deve restaurarsi la statua della Madonna SS. ma, e che deve finalmente provvedersi l’altare di sei candelieri almeno, di Croce, di vasetti, di fiori e di tovaglie. Le fu ingiunto di più di restaurare la chiesa di S. Croce, dove ella ha pure un beneficio semplice. Ma anche in questa chiesa manca tuttavia il paracielo sopra l’altare, e lo stesso altare ha bisogno di essere provveduto come quello di S. M. del Colle, di candelieri, Croce, vasetti, fiori e tovaglie. Pel compimento finale di tutti i restauri dell’una, e dell’altra chiesa, e per la provvista di tutti gli oggetti espressi di sopra, io le do tempo sino a maggio venturo, scorso il quale ella verrà immediatamente sospeso se non avrà ubbidito. Carlo Pacifici Vic. St.e. Al Sig.r Arciprete Fabrizi (S.to Stefano).


Il sacerdote don Franco Fabrizi non si scompose, ma rispose alla lettera nel seguente modo:

Borgo Collefegato 10 luglio 1835. - Monsignor Vicario Illustrissimo, oggi predetto ho ricevuti i suoi ordini in quanto debbo adempiere per la chiesa di S. Maria del Colle nel distretto di S. Anatoglia, e di S. Croce di Corvaro. Ubbidisco a tutto ciò che mi prescrive, e spero eseguirlo prima del tempo stabilito tanto per i miei doveri, quanto per ubbidire cecamente ai suoi ordini. E nell’atto che le recuso la vocazione della sua stimatissima passo a baciarle le sue mani e sono al Sig. Vicario Illustrissimo di Rieti in Regno. - f.to Franco Arciprete Fabrizi.




1839 - Seconda Visita del Vescovo Filippo Curoli



Nell’anno 1839 il vescovo Filippo Curoli fece una seconda visita pastorale nella sua diocesi e, il 19 luglio proseguendo il viaggio, si volse verso S. Anatolia; ivi vi giunse al tramontar del sole. La prima chiesa che egli visitò fu quella di S. Maria del Colle, situata sulla strada che viene da Torano, per la quale, siccome don Franco Fabrizi non aveva eseguito praticamente quasi nessuno dei lavori prescritti, furono emessi i decreti che qui sotto riporto:

Che fornisca l’altare dell’occorrente per la celebrazione dei divini misterji; che formasse un armadio, che gli arredi sacri, e per potersi vestire il sacerdote celebrante, e si provvedino i medesimi sacri arredi. Che alla fenestra a cornu epistole si mettesse un’impannata almeno, che si eseguisse tutto ciò entro due mesi, ed il Vicario Foraneo Placidi ne riferisse l’esito.


La sera, il vescovo con la sua comitiva, fu accolto in casa dei Sigg. Placidi ove alloggiò e terminata la cena, dopo aver pregato nella cappella della famiglia Placidi, andò a dormire. La mattina il vescovo visitò la chiesa parrocchiale di San Nicola, da dove benedì il popolo di Sant’Anatolia; in seguito per questa chiesa emanò i seguenti decreti:

Si riatti la fronte dell’altare di S. Nicola e del Carmine: si pongano le nuove stampe alle carta-glorie dell’altare di S.Luigi e del SS.mo Rosario: si mettano ai due confessionali i casi riservati in diocesi stampati, e il caso manoscritto contra alienantes non retinentes, etc. etc.


In seguito il vescovo, avendo parlato con l’abate Placidi e avendo saputo che c’erano dei problemi in parrocchia per la distribuzione delle elemosine dei fedeli e dei pellegrini che, soprattutto durante la festa di S.Anatolia il 9 e 10 luglio, erano considerevoli, emise il seguente decreto:

Decreto emesso per la regolare distribuzione delle elemosine di messe offerte nella chiesa di S. Anatolia

1). A cura del rettore della chiesa si aprirà un registro di tutte le elemosine che verranno offerte tanto nella vigilia che cade ai 9 di luglio quanto nella festa della Santa che ricorre nel giorno 10 dello stesso mese.
2). Si provvederà del pari un libro in cui si noteranno le distribuzioni che si faranno di elemosine ai sacerdoti, coll’indicazione del giorno, mese, e del nome del sacerdote a cui si faranno, e si ritirerà dal medesimo la corrispondente dichiarazione che verrà inserita nel libro.
3).Tanto il registro quanto il libro suddetti si presenteranno in atto di S. Visita a noi e ai nostri successori per apporvi i convenienti decreti.
4). In conseguenza sarà ufficio dei sacerdoti confessori di dirigere in quei ed in ogni altro tempo all’ecclesiastico destinato a registrare tutte le elemosine i penitenti, che intendono di darle per le messe, e di consegnare al suddetto quelle che saranno loro offerte dai fedeli che non amassero presentarsi alla sagrestia, sotto pena della sospensione a Divinis da incorrersi ipso facto in caso di contravenzione.
5).Viene espressamente proibito di distribuire siffatte limosine ai sacerdoti del clero secolare o regolare i quali non appartengano alla nostra diocesi.
6). Il presente decreto verrà dal rettore communicato all’uopo ad ogni sacerdote, e si terrà affisso alla porta della sagrestia nella chiesa di S. Anatolia, affinché ogni ecclesiastico ne abbia la piena conoscenza sotto la responsabilità del Rettore suddetto.
S.Anatolia in visita lì 20 luglio 1839.


Il 20 luglio 1839, dopo pranzo, il vescovo andò a far visita alla famiglia dei Baroni Masciarelli a Magliano de’ Marsi con l’obbiettivo di andare poi a vedere il lago Fucino ed, in particolare, l’emissario eseguito dagli imperatori romani e ripurgato in quel tempo dai re di Napoli. La mattina del 21 luglio il vescovo andò a far visita a questo lago e poi a pranzo andò a mangiare da don Giovanni Battista Masciarelli a Paterno; la sera tornò a dormire a Magliano. Il 22 luglio, dopo aver celebrato la messa nell’oratorio privato dei Sigg. Masciarelli, tornò a Sant’Anatolia dove, dopo aver cresimato tre bambini, si trattenne tutto il resto della giornata ad ascoltare sia i sacerdoti che tutte le persone che volevano parlare con lui, soprattutto per cercare di comprendere lo stato morale della popolazione del villaggio; la notte dormì ancora in casa dei Sigg. Placidi e la mattina del 23 luglio, dopo aver celebrato la messa, si diresse verso Spedino.

In seguito, dopo aver visitato Spedino, e prima di deviare per Corvaro, passò a far visita al villaggio semi abbandonato di Cartore ed in particolare alla chiesa di San Lorenzo e alla chiesa di S. Maria di Brecciasecca:

Visita di San Lorenzo in Cartore

Fu visitata la chiesa di San Lorenzo in Cartora la quale trovasi a poca distanza da S. Anatolia da chi parte da questo paese e va al Corvaro per la strada della valle lasciando a manca Spedino. Com’è tradizione in questo luogo era un monastero di monaci: i pochi beni rimasti sono stati riuniti alla chiesa parrocchiale di S. Anatolia. Dicesi inoltre essere qui stata l’antica città di Tora ove conseguì il martirio S. Anatolia. A poca distanza da questa chiesa si osservano alcuni ruderi con un fonte ove i fedeli sono chiamati per devozione onde guarire dai loro malori: essendovi forse anticamente qualche chiesa evvi un benefizio sotto il nome di S. Costanzo, ora riunito alla parrocchia di S.Anatolia. Decreti: nella visita della chiesa di San Lorenzo in Cartora si decretò che: Si ponesse sull’altare un quadro in tela essendo espressamente proibito dai sacri riti di porre alla pubblica venerazione immagini fragili come sono quelle di carta.

S. Maria di Brecciasecca

A poca distanza da S. Lorenzo in Cartora vi è l’altra piccola chiesa rurale di S. Maria di Brecciasecca: per questa si decretò che < Si facesse la chiave alla porta > essendosi asserito non essersi mai detto messa in tale chiesa, non essendovi altare con pietra consacrata, ma una semplice mensa non si è dettagliato il bisogno che avrebbe al fine di potervi celebrare i sacri misterj.




La chiesa della Madonna Addolorata.
Errori e curiosità






Nel 1968 Vincenzo Saletta a pag. 114 del suo libro su S. Anatolia scriveva:

... il piccolo colle, denominato Noce di Cristo, su cui sorge l’abitato di S. Anatolia con la chiesa parrocchiale, dove si custodisce una statua di S.Anatolia e presso la quale occhieggiano i ruderi della distrutta chiesa dell’Addolorata (3) ... - nota (3): Su questa chiesa, un tempo forse utilizzata come cimitero per i membri di qualche confraternita religiosa o quando la popolazione era tutta compresa entro le mura e di cui restano quattro sepolcreti a ridosso delle mura perimetrali, ci sarebbe da spendere più di una semplice nota. L’esame del portale superstite ci dice che essa venne eretta l’anno 1507.

Andrea R. Staffa nel suo capitolo La topografia pievana del Cicolano nei secoli XI-XIV inserito in San Francesco nella civiltà medioevale convegno di studi Borgorose 18-19 dicembre 1982 a pag.200 scriveva: ... Da S. Martino di Torano, situata fuori del borgo medievale, dipendevano nel 1398 le chiese di S. Maria di Torano, oggi Madonna Addolorata, antichissima in quanto attestata in un documento dell’VIII secolo, controllata dall’abbazia di Farfa almeno sino all’XI secolo (Regesto Farfense doc.1303), e risalente nel suo attuale impianto al XIV secolo ...

Sempre Andrea R. Staffa nel sua monografia L’assetto territoriale della Valle del Salto fra la tarda antichità ed il medioevo edito nella rivista Xenia semestrale d’antichità (1° semestre 1987) vol.13 pag. 74 scriveva: ... n.112: Chiesa di S. Maria de Torano, menzionata in una memoria dell’XI secolo di fatti riferiti all’VIII, oggi detta Madonna Addolorata, è completamente in rovina, e presenta una facciata a coronamento rettilineo riferibile al XIV secolo ed un portale databile agli inizi del Cinquecento. E’ anch’essa ormai del tutto isolata nella campagna, mentre in passato (ben prima del XVI secolo) doveva essere collegata ad un insediamento aperto poi abbandonato.

Chi conosce il villaggio di Sant’Anatolia non può non aver notato questa chiesetta e non può non esserne rimasto affascinato dato che essa si trova completamente isolata e sulla cima di una collina; la chiesa è a tutt’oggi un rudere senza pavimento, senza finestre e senza tetto. A prima vista, come asserì il Saletta, essa sembrava risalire ai primi del ‘500, se non prima, ma in seguito l’archeologo Andrea Staffa, sulla base di documenti farfensi, determinò l’origine della chiesetta al VII secolo d.C. e, in base ad indagini eseguite sul luogo, collocò la struttura attuale al secolo XIV. In effetti in vari documenti dei secoli VII e XI viene nominata la chiesa di S. Maria de Turano, controllata dall’abbazia farfense, e poi, nel 1398, viene nominata più di una chiesa chiamata S. Maria situata nella nostra zona; in seguito non venne più nominata tale chiesa e questo ci farebbe supporre che essa già aveva perso importanza ed era ridotta a rudere.

Il Saletta non era un’archivista e difatti chi legge attentamente il suo libro intuisce facilmente che egli prese le informazioni esclusivamente per mezzo di ricerche bibliografiche; Staffa invece è un bravo archivista ed un esperto archeologo e questo si desume con grande evidenza dai suoi scritti. Quasi sempre gli storici del reatino, che attingono informazioni dall’archivio della diocesi di Rieti, preferiscono cominciare le proprie ricerche dai documenti più antichi e, trovandone moltissimi e a volte inediti, vi si ritrovano spesso invischiati e tralasciano completamente i documenti più moderni.

L’archivio della diocesi di Rieti contiene centinaia di documenti in cui viene menzionato il villaggio o la chiesa di Sant’Anatolia. Dal 1560 ca. vi sono poi le visite pastorali che consistono in un centinaio di incartamenti divisi per anno, ognuno dei quali contiene decine di pagine su S.Anatolia e paesi adiacenti. Non essendo io un bravo latinista fui costretto a cominciare le mie ricerche all’inverso e cioè iniziando dai documenti più moderni perché scritti in italiano ed in una calligrafia più comprensibile e poi pian piano scendendo ai documenti più antichi e più difficili da tradurre; ed ecco la sorpresa: il 19 luglio del 1839 monsignor Filippo de’ conti Curoli nella visita effettuata nella diocesi di Rieti, relazionando sul villaggio di S.Anatolia, non fa alcuna menzione della chiesa della Madonna Addolorata.

Il 21 maggio del 1851 monsignor Gaetano Carletti, vescovo di Rieti, in visita al nostro villaggio, scriveva: ... Chiesa dell’Addolorata. A devozione del popolo, su di un colle di fronte al paese, per una grazia di Maria Vergine, si diè principio vari anni dietro ad una chiesa. Mancarono i mezzi nel meglio, e tuttora resta incompleta. Si invitò il popolo al proseguimento, e soprattutto ad assegnare una dote al mantenimento, onde non vederla rovinare nel nascere ...

Dopo 23 anni, il 16 giugno del 1874, il vescovo Egidio Mauri scriveva:...Chiesa dell’Addolorata. Si trovò tuttora incompleta la fabbrica di essa. Non se ne può sperare la continuazione. Si vuole rendere sepolcrale invece del Santuario. Non vi si è mai funzionato né celebrato ...

Il 22 agosto 1897 monsignor Bonaventura Quintarelli ripeteva: ... Chiesa della SS. Addolorata. Trovasi a sud-ovest del paese alla distanza di 7 od 8 cento metri. Fu fabbricata da circa 60 anni; e fino a pochi anni or sono, ossia fino a che fu costruito il camposanto fu la sepolcrale della parrocchia. Non ha, ne ebbe mai altro che mura e tetto. Sta in cattivo stato, massime nel tetto: può ritenersi che tra non molti anni andrà in rovina; non se ne ebbe cura per lo passato, e così sarà per l’avvenire, atteso che il popolo è tutto impegnato nel compiere, ornare, e provvedere la chiesa di S. Anatolia ...

La chiesa della Madonna Addolorata, senza il tetto, il pavimento e le finestre, attualmente ha l’aspetto di un rudere antichissimo e questo ha ingannato sia storici che archeologi.

La popolazione di S. Anatolia nelle sue tradizioni non ricorda il periodo della sua costruzione ed in genere la chiesa, probabilmente per influenza del libro del Saletta, viene ricordata dagli abitanti come antichissima. Fu invece fra il 1840 ed il 1850 che, per una grazia di Maria SS avvenuta su quella collina adiacente al paese, il popolo di S. Anatolia decise di costruire questa chiesa; dapprima furono scavate le fondamenta e le stanze sotterranee per le pile mortuarie; poi fu tirato il piano al di sopra della stanza mortuaria, vennero costruite le sei pile e furono alzate le mura; venne poi creato il portale che, se veramente è così antico come disse il Saletta e lo Staffa, venne forse prelevato da qualche chiesetta campestre dei dintorni che andava in rovina (San Lorenzo in Cartore, San Nicola a valle Fua, S. Maria del Colle); infine fu costruito il tetto e ci si riprometteva di mettere al più presto le finestre e di costruire l’altare.

Verso il 1860 vennero iniziati i lavori per la ricostruzione e l’ampliamento del Santuario di S. Anatolia; la popolazione, non avendo a disposizione energia sufficiente alla costruzione di due chiese, preferì tralasciare la "Madonna Addolorata" e finanziare i lavori per il Santuario e fu per questo motivo che la chiesa della Madonna Addolorata venne lasciata incompleta; per circa un ventennio, fra il 1874 e il 1897, essa divenne la sepolcrale del paese, ma in seguito, quando venne costruito il cimitero nella valle verso Torano, venne definitivamente abbandonata; crollò il tetto, la chiesa si riempì di vegetazione e prese lentamente l’aspetto attuale di rudere dall’apparenza antichissimo.

TORNA ALL'INDICE

CAPITOLO VII