Sardigna Natzione - Indipendentzia

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TOTU IMPARE PRO SA INDIPENDENTZIA DE SA NATZIONE SARDA

Est arribada s'ora de cumintzare sa bardana pro torrare sa Sardigna a sos Shardanas

Sa tzerachia batut miseria sa suverania batut prosperidade

Tzeladu su ventu sardista si pesat su ventu de s'indipendentzia

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torra a buscadore

TESI   INDIPENDENTZIA E PROSPERIDADE

PER UN SARDISMO INDIPENDENTISTA DEL TERZO MILLENNIO

 

UN NAZIONALISMO REALE MODERNO ALLA BASE DI UN NUOVO MODO DI AGGREGARE I POPOLI E DIFFENDERE LE NAZIONI OPPRESSE DALL’IMPERIALISMO DEGLI STATI-NATZIONE E DALLA MONDIALIZZAZIONE, CHE PORTI LA NAZIONE SARDA ALL’INDISPENDENZA E ALLA COSTITUZIONE DELLO STATO SARDO INDIPENDENTE

PREMESSA

Per impostare un progetto politico che si ponga come obiettivo la costruzione di un movimento indipendentista reale e moderno bisogna riempire di significato le due parole chiave del nazionalismo sardo, Sardismo, Iindipendentismo e Separatismo.

Sardismo; è la consapevolezza dell’appartenenza ad una nazione diversa da quella che ci viene imposta dallo stato oppressore e la volontà di battersi per il riscatto dei propri diritti nazionali. Di contro vi è l’italianismo di coloro che pur essendo sardi sono organici alla nazione italiana, ne curano gli interessi in Sardegna, sono eterodiretti, sono tramite per il mantenimento della sudditanza e si adoperano per fare della sardità una questione culturale-folcloristica e per costringere la lotta di liberazione nazionale del popolo sardo nei confini della questione meridionale o della lotta di classe. 

Due soluzioni sardiste sono possibili quella unionista e quella indipendentista.

Unionismo; è la parte più colonizzata e compromissoria del Sardismo che è convinta, forse più per interesse che per credo ideologico, che la nazione sarda possa ottenere un riconoscimento dei propri diritti rimanendo all’interno dello stato Italiano e rinunciando all’indipendenza statuale.

Indipendentismo; è la parte più consapevole del Sardismo che ha capito che non ci può essere nessun riscatto dei propri diritti nazionali se non si consegue la piena e totale indipendenza dallo stato oppressore e dalla nazione che lo esprime.

Separatismo; coincide con secessionismo ed è l’azione e l’aspirazione di chi facente parte di una nazione unica intende separarsi da essa e costituire un’altra entità nazionale ed organizzarsi in un altro stato. La lotta della nazione sarda non è separatismo ma liberazione in quanto mai essa ha fatto parte della nazione italiana ma è stata invece, da quest’ultima, assoggettata, colonizzata e tenuta prigioniera.

L’essere sardista esclude l’essere separatista ma non esclude l’essere indipendentista. Sardismo ed indipendentismo non sono due categorie di pensiero che si escludono a vicenda ma piuttosto due livelli di consapevolezza dello stesso pensiero. Le intuizioni e gli intenti del sardismo, se si vuole nel concreto rivendicare i diritti nazionali del popolo sardo, non possono che portare alla soluzione indipendentista, qualsiasi altra ipotesi unionista non ha risolto e non risolverà il problema.

Per un indipendentista del 2000 IL SARDISMO, nella sua soluzione indipendentista, è la forma sarda del nazionalismo libertario,  è la più alta applicazione delle idee di libertà, di uguaglianza e di fratellanza non solo tra individui ma tra popoli e nazioni espresse o non espresse in stati indipendenti. La costruzione di un nuovo modello di aggregazione tra popoli, basato sui principi del nostro nazionalismo è dunque la nostra aspirazione e per ora la nostra utopia. Per uscire dalla sfera dell’utopia e costruire il concreto bisogna comunque fissare qualche pietra di fondazione.

Il nostro nazionalismo non è contenibile in un partito politico, non può essere imprigionato nella giaculatoria dei partiti dove è stato costretto a mettersi in fila assieme alla variegata gamma dei partiti italianisti.

Il nazionalismo non è contenibile in un’ideologia politica da mettere in alternativa a comunismo, socialismo, socialdemocrazia o altre forme di organizzazione sociale che un popolo si può autonomamente dare.

Il nazionalismo non è un sottoinsieme né della sinistra, né del centro, né della destra, non è neanche ad esse complementare è piuttosto il loro insieme universo e le contiene pienamente tutte.

Il nazionalismo indipendentista è il nuovo spettro che si aggira per l’Europa e per il Mondo è l’anelito di libertà dei popoli oppressi delle nazioni “proletarie” che non vogliono impinguare il capitale degli stati-nazione e vogliono avere con essi un rapporto paritario e di reciproca dipendenza.

Il nazionalismo non è neanche un partito, nessuna attuale organizzazione nazionalista, compresa Sardigna Natzione, dovrà tendere a diventare il partito unico del nazionalismo ma piuttosto lo strumento politico della parte più consapevole e più resistente del popolo sardo atto a fungere da polo di attrazione anche per il sardismo non libero e attualmente imprigionato nelle gabbie dei partiti italianisti.

Bisogna, coinvolgere tutto il nazionalismo diffuso,  anche quello interno ai partiti italiani, aggregarlo su di un progetto di liberazione nazionale, aiutarlo ad uscire dalle gabbie italianiste, porlo nelle condizioni di poter continuare ad essere di destra o di sinistra e far capire a tutti che l’essere sardisti non impedisce di professare fedi religiose e neanche politiche.

Il vero progetto dei nazionalisti e dei sardi consapevoli della loro dipendenza deve essere la sovranità e l’indipendenza, intesi nel vero significato della parola.

Il progetto di sovranità non deve dunque porsi obbiettivi minimali e non può porsi neanche obiettivi intermedi, la ricontrattazione dei rapporti con lo stato italiano deve comunque passare per la totale indipendenza della nazione sarda.

Senza il requisito della indipendenza, qualunque ricontrattazione con lo stato italiano si trasformerebbe in una semplice riverniciatura del rapporto di dipendenza.

L’utopia può diventare realtà se si creano due condizioni fondamentali; il nostro popolo diventa sovrano sulla Sardegna indipendente e nessun altro stato avanza pretese di sovranità sul territorio sardo.

Queste due condizioni si possono conseguire solo con una diversa riformulazione dello stato italiano dovuta ad una sua dissoluzione o ad una contrattazione complessiva, in ambito europeo, tra le nazioni senza stato e gli stati-nazione.

Solo in questo modo si potranno liberare le potenzialità delle nazioni senza stato, come quella sarda, che oggi si sentono imprigionate all’interno dei rispettivi stati centralisti.

Saranno esse le protagoniste di un nuovo modo di aggregare i popoli e costituire stati federali amalgamati dal cemento del reciproco rispetto tra gli stati membri e non dalle armi degli eserciti e tantomeno dall’imposizione di false patrie e inesistenti nazioni.

In ogni caso si dovrà passare per la fase dell’indipendenza libera ed incondizionata di tutte le nazioni. Lo spettro dell’indipendenza non deve far paura al popolo sardo, non è uno spettro foriero di isolamento e miseria ma piuttosto di apertura e di prosperità.

L’indipendenza che noi vogliamo non è né separatismo, né autarchia, né isolazionismo è piuttosto il rifiuto di un rapporto di dipendenza unilaterale e di un separatismo imposto che ci impedisce di entrare nella democrazia della interdipendenza tra popoli.

Il nostro indipendentismo è il contrario del separatismo e dell’isolazionismo  è la volontà di portare il popolo sardo ad avere un rapporto paritario con tutti gli altri popoli.

In tutto ciò non c’è né massimalismo, né avventurismo, ci sono invece i presupposti fondanti per l’unico modello di interrelazione tra popoli che permette di sostituire lo scontro con il confronto.

Lo stato italiano, ultimo diretto oppressore della nostra terra, non è il solo nemico della nazione sarda, il nostro popolo insieme agli altri popoli oppressi potrebbe essere una delle prime vittime della nuova forma di imperialismo economico e sociale che il capitalismo internazionale sta imponendo con la globalizzazione dei mercati e la religione del liberismo.

Il nuovo mostro del capitalismo multinazionale, dopo aver debellato l’illusione resistenziale dell’internazionalismo proletario, sta dilagando e sembra abbia la forza di far soccombere non solo le sovranità rivendicate ma anche quelle già espresse. Gli stati-nazione, madri e figli del capitalismo nazionale, colonialisti ed imperialisti per formazione sono ormai superati, destinati, forse a soccombere e a perdere anche loro quei diritti nazionali che oggi stanno negando alle loro colonie.

Erano gli stati-nazione che fino a ieri hanno tenuto in mano la programmazione economica, nazionale, europea e mondiale.

Questo ruolo, è cessato bruscamente lasciando economie come la sarda, fino ad oggi sotto “tutela “, in balia del libero mercato mondiale, senza avere diretta rappresentanza politica nelle sedi preposte e con un aggravio della dipendenza dallo stato centrale che per rifarsi dai danni causatigli dalla globalizzazione non può fare altro che riversare i maggiori oneri sulle proprie colonie e sulle zone deboli.

In questo contesto, la grave situazione in cui si trova oggi l’economia sarda, tenuta in piedi dai partiti italiani più per scopi politici che economici, diventa improvvisamente drammatica. Vengono a mancare improvvisamente i punti di riferimento politici, considerati ormai acquisiti e consolidati, essi non sono in grado di trovare soluzioni ai problemi che pone il mondialismo, il caos e l’insicurezza sta ormai permeando l’ordinamento sociale .

La globalizzazione e la mondializzazione stanno stravolgendo le regole dell’economia mondiale, il capitale non vuole avere più nessun tipo di limite o di ostacolo, vuole mondializzare un modello sociale che gli permetta di prosperare ed autoalimentarsi.

In questo modello sociale, non solo non c’è posto per i valori ambientali, culturali, sociali ed individuali, ma non c’è posto neanche per la soggettività politica degli stati-nazione e tantomeno delle nazioni senza stato. Paradossalmente può succedere che gli italiani siano, tra non molto, costretti a difendere quei valori nazionali che oggi negano al popolo sardo, saranno una minoranza linguistica ed etnica ed avranno difficoltà a mantenere la loro soggettività statuale.

Ampi strati sociali del nostro popolo stanno ormai per essere schiacciati a causa della marginalizzazione della nostra economia imposta dalla dipendenza e aggravata dalla globalizzazione dei rapporti economici, rispetto ai quali ci è impedito di essere protagonisti.

Oggi più che mai è dunque necessario lottare per una concreta soggettività politica ed economica  della nostra nazione. Ci sono comunque obiettivi immediati da conseguire, bisogna arrestare la distruzione della nostra economia e restituire dignità agli strati più oppressi del nostro popolo.

Bisogna farsi interpreti anche delle esigenze più immediate, dei bisogni più concreti, delle discriminazioni più evidenti che i sardi subiscono, siano essi disoccupati o operai, artigiani, pastori o imprenditori. E’ il momento di arrivare ad uno scontro duro con lo stato italiano, coinvolgere gli strati sociali più discriminati, anche se non di fede nazionalista, ed arrivare ad una contrattazione dura per eliminare nell’immediato le cause che negano le pari opportunità ai nostri lavoratori ed imprenditori. E’ necessario dunque creare le condizioni per avere un nazionalismo forte ed unito ed allo stesso tempo creare un fronte ampio di lotta per salvare il nostro lavoratori ed imprenditori dalla recessione e dalla umiliazione.

Dobbiamo avere un progetto politico che si ponga senza indugi l’obiettivo dell’indipendenza e nel contempo, del riscatto sociale degli strati più sofferenti del nostro popolo, della lotta contro il mondialismo, il liberismo, le aggressioni imperialiste, le discriminazioni razziali, sociali, religiose e sessuali.

 

 

Progetto politico per la lotta di liberazione nazionale della nazione sarda.

 

L’interdipendenza tra nazioni, stati-nazione, nazioni senza stato, economia e geopolitica rende il problema estremamente complesso; il progetto politico di liberazione nazionale del nostro popolo deve assolutamente tenerne conto ed uscire dal ristretto ambito di scontro con lo stato italiano ed avere almeno un respiro europeo.

E’ inutile illudersi che lo stato italiano possa concedere ai sardi qualcosa di diverso dalla dipendenza. Una contrattazione bilaterale tra una nazione senza stato e uno stato-nazione non porterà mai alla soggettività della nazione impedita. Difficilmente gli stati-nazione come l’Italia, la Francia, la Spagna e l’Inghilterra cederanno alle pressioni, anche armate, esercitate dalle lotte di liberazione nazionale delle nazioni senza stato.  La Sardegna sta nella stessa barca della Corsica, dei Paesi Baschi, della Catalogna e di tutte le nazioni senza stato d’Europa, è più probabile una soluzione complessiva in sede europea piuttosto che in seguito ad una trattativa di petitoria o anche di duro scontro tra il popolo oppresso ed il potere oppressore.

Le nostre questioni nazionali sono questioni politiche e politicamente vanno risolte .

Gli stati nazione che ci tengono in sudditanza devono riconoscere l’esistenza e la soggettività delle nostre nazioni, devono riconoscere che la loro presenza nei nostri territori nazionali è una chiara dominazione coloniale e dunque in nostro sacrosanto diritto all’autodeterminazione.

Come è inutile illudersi che l’attuale classe politica, per 80% italianista, sia in grado e abbia la volontà di progettare qualcosa di diverso dalla fallimentare autonomia, di guardare più a Bruxelles che a Roma  e di correlarsi con le altre nazioni senza stato per entrare in Europa da protagonisti e con una propria soggettività economica e statuale.

Il nostro progetto politico deve dunque porsi due finalità importanti, portare verso la soluzione indipendentista parti sempre più rilevanti del popolo sardo e nel contempo creare le condizioni internazionali, in particolare europee, che favoriscano e rendano possibile l’indipendenza della nazione sarda.

 

Impegno internazionale del movimento Sardigna Natzione

 

Convinti che la vera partita per l’indipendenza della Sardegna sia da giocarsi più in Europa che in Italia, ne consegue l’assoluta necessità di porre in atto un processo comune a tutte le nazioni senza stato, d’Europa, formare un fronte unito di contrattazione indisponibile ad accettare soluzioni minimali che ripropongano forme simili alle cosiddette  “Autonomie”, speciali o meno, o federalismi calati dall’alto .

Convinti anche che i risultati della contrattazione dipendano molto dal peso contrattuale che si riesce a mettere in campo se ne deduce che un fronte formato solamente dai nazionalisti indipendentisti delle nazioni senza stato sarebbe assolutamente insufficiente e facile da isolare costringendolo nella comoda, per loro, categoria del terrorismo.

E’ necessario dunque coinvolgere in unico fronte  multinazionale sia il nazionalismo autonomista che quello indipendentista e allo stesso tempo rafforzare la componente indipendentista per evitare che nel fronte prevalgano soluzioni minimali o parziali.

Qualsiasi forma di rapporto con gli stati-nazione o con l’Europa dovrà essere alla pari, dovrà avere come presupposto la piena soggettività politica dei contraenti.

Anche la futura costituzione europea deve nascere dal rispetto di tale presupposto, piena indipendenza dei contraenti. Bisogna porsi l’obiettivo di imporre che l’Europa che si sta costruendo sia quella dei popoli e non degli stati e del capitale.

Modi e mezzi.

-          Rafforzare la nostra presenza all’interno della CONSEU, ( Conferenza Delle Nazioni Senza Stato ) per farne il luogo di unione di tutto il nazionalismo autonomista ed indipendentista delle nazioni senza stato d’Europa. Solo la CONSEU è in grado di superare le differenze ideologiche, politiche e stratteggiche che caratterizzano le diverse espressioni politiche e culturali nelle quali si è organizzato il nazionalismo dei popoli in sudditanza. Solo nella CONSEU è stato possibile mettere insieme non solo autonomisti e indipendentisti ma anche ideologie di classe molto diverse. Il collante che tiene insieme i diversi colori della Conseu è, non solo la volontà di lottare per i diritti nazionali del proprio popolo, ma anche la consapevolezza che solo uniti si ha qualche speranza di vincere o almeno di contare. Nella Conseu non solo si sta lavorando per dare soluzioni concreate al problema delle nazioni senza stato ma si sta sempre di più concretizzando, tra le componenti, una fratellanza sempre più stretta che in certe occasioni assume tutte le caratteristiche di un legame di comune appartenenza, di appartenenza ad una nazione delle nazioni senza stato. 

-          Completare e rafforzare il progetto di costruzione della SNPP ( Stateless Nations’ Political Plataform – Piattaforma Politica delle Nazioni Senza Stato)  che riunisce le organizzazioni indipendentiste presenti nelle nazioni senza stato d’Europa. Detta organizzazione non è e non dovrà essere alternativa o in contrapposizione con la Conseu ma ne è una componente organizzata alla stregua dell’ALE ( Associazione Libera Europa ) anch’essa componente organizzata della Conseu composta dai nazionalisti autonomisti e moderati. La costruzione della SNPP, che ha attualmente il suo segretariato a Bruxelles, va completato con l’istituzione del segretariato del mediterraneo con sede in Sardegna. Dopo il congresso, Sardigna Natzione si assumerà l’onere di convocare i Corsi, i Catalani ed i Siciliani per istituire il suddetto segretariato e ne assumerà probabilmente la guida.

-          Al fine di portare avanti le suddette iniziative internazionali S.N. si doterà di un’adeguata commissione internazionale in stretto rapporto con la direzione del movimento.

-          Un chiaro impegno nella lotta contro la globalizzazione ed il liberismo quale moderna mutazione dell’imperialismo capitalista degli stati-nazione. Come a Nizza, a Genova e a Barcellona S.N. sarà in prima linea per combattere il nuovo mostro del capitalismo e proporre un mondo diverso fatto da popoli e persone libere in un giusto rapporto di interdipendenza e di reciproco rispetto dei diritti sociali e nazionali che sono propri di ciascun individuo non solo in quanto persona ma anche in quanto parte di un popolo.

 

Impegno di Sardigna Natzione all’interno della Nazione Sarda

 

Prima di procedere è doveroso inquadrare il nostro l’impegno all’interno delle componenti di classe del nostro popolo e chiarire quale deve essere il rapporto tra lotta di liberazione nazionale e lotta di classe, e quale deve essere la risposta da dare a chi ingessato sugli stereotipi del capitalismo e del comunismo continua a proporci atti di fede verso la destra o verso la sinistra.

Per un’indipendentista, capitalismo o comunismo reale sono due forme di globalizzazione, tutte e due di classe. Una teorizza la presa e la conservazione del potere da parte della classe che detiene il capitale e decide le strategie monopolistiche, 1’altra teorizza la presa e la conservazione del potere da parte della classe degli sfruttati e degli oppressi dal sistema capitalistico. In ogni caso le due forme di organizzazione economico-sociale, capitalismo e comunismo, teorizzano l’estensione della forma a tutto il globo, lasciano poco spazio alla lotta di liberazione delle nazioni oppresse ed in nome di un comodo internazionalismo e di strumentali ragioni geopolitiche, anche il comunismo, degenerano spesso verso la pratica dell’imperialismo e della oppressione di altri popoli e nazioni.

Per ambo le forme la conquista del potere passa per la conquista degli stati . Anche per i comunisti più convinti e sinceri 1’obiettivo e quello di conquistare lo stato e trasformarlo da capitalista in socialista. Senza volerlo la loro lotta anticapitalista si mette nelle condizioni di essere perdente, cerca di impossessarsi, invece che di distruggerla, dell’arma più potente che il capitalismo possiede; lo stato-nazione.

Anche la sinistra italiana, sia la riformista che la rivoluzionaria, hanno speso gran parte delle loro energie nella pretesa di volersi impossessare dello stato-nazione per trasformarlo da capitalista in socialista. La battaglia non solo e stata persa su tutti i fronti ma i partiti cosiddetti di sinistra sono stati omologati e resi organici allo stato-nazione capitalista. Il PCI si e trasformato nell’attuale DS e RC è costretta a rimanere ai margini del potere e a svolgere un ruolo comunque organico allo stato- nazione capitalista. Il mondo comunista non si e ancora reso conto che i veri apparati decisivi ed essenziali della struttura capitalista sono l’impresa e lo stato-nazione.

Gli stati, cosi conformati erano e sono attori derivati, in quanto sviluppano, anche con azioni militari, le loro attività in stretta combinazione con le strategie dei gruppi imprenditoriali dominanti nei vari paesi capitalistici. Lo stato-natzione è dunque alla base de1 sistema capitalistico e dunque del liberismo e della globalizzazione. Lo stato-natzione è stato costruito per assolvere ad una funzione ben precisa, non può essere cambiato, bisogna superarlo. Su questo obiettivo si possono trovare sinergie comuni tra la lotta di classe e quella di liberazione nazionale dei popoli oppressi, anche all’interno dello stato italiano. Solo se riusciremo a trovare tratti di unione tra le due lotte, senza perderci nello stabilire priorità, si farà in modo che il punto forte del sistema capitalistico, lo stato-nazione, diventi il suo punto debole. La lotta di liberazione nazionale e la lotta di classe possono andare insieme ma non sono la stessa lotta ed il successo dell’una non implica il successo dell’altra. Il conseguimento dell’indipendenza da parte di un popolo oppresso non implica un sistema politico comunista come la conquista di uno stato-nazione da parte del comunismo non implica l’indipendenza delle nazioni senza stato che esso tiene in sudditanza. E’ doveroso constatare che se anche lo stato italiano fosse comunista la Sardegna non sarebbe più vicina all’indipendenza, al centralismo panitaliano capitalista si sostituirebbe semplicemente quello comunista e visti i presupposti ideologici degli attuali comunisti sardi forse si avrebbe, per i sardi, un rafforzamento della sudditanza piuttosto che l’indipendenza. Anche sull’aspetto antimperialistico le due lotte differiscono fortemente in quanto mentre la lotta di classe è impegnata solo contro l’imperialismo capitalista la lotta di liberazione nazionale rifiuta qualsiasi forma di imperialismo sia capitalista che comunista. Se i comunisti sardi non prendono atto di questi aspetti della questione rischiano che nel mentre che sono impegnati nella nobile lotta contro l’imperialismo capitalista, in particolare americano,  siano essi stessi tramite e strumento di imperialismo. Esempio evidente è quello delle attuali sinistre italianiste, rivoluzionarie o meno, nelle quali militano la stragrande maggioranza dei comunisti sardi, nel mentre che sono impegnati nella lotta di classe, antimperialista e antiglobal nel contempo sono fautori e strumenti del centralismo e dell’imperialismo italiano in Sardegna. E’ una contraddizione evidente, per superarla bisogna avere il coraggio di prendere atto che la lotta di classe è una componente necessaria a stabilire i rapporti tra classi interni ad un popolo e per dare ad esso una forma di stato e la lotta di liberazione nazionale è una lotta che deve liberare tutto il popolo da una sudditanza imposta che gli impedisce anche di fare una scelta comunista. In sostanza la lotta di liberazione nazionale non può essere affidata ad una sola classe sociale ma deve coinvolgere tutta la nazione. I comunisti sardi hanno il dovere, se vogliono essere organici alla loro nazione, di portare avanti la lotta contro lo sfruttamento capitalista e in contemporanea la lotta per la liberazione nazionale del popolo sardo, lotta antimperialista e quindi anche contro 1’imperialismo italiano in Sardegna. La lotta contro il capitalista sardo non è la stessa di quella contro il capitalista lombardo. La prima è una lotta di classe che vede contrapposti sfruttatori e sfruttati sardi, la seconda è una lotta antimperia1ista contro chi ha le leve economiche e politiche di uno stato estraneo che impone un rapporto di sudditanza a tutto il popolo sardo. Proletari e capitalisti della nazione dominata, contrapposti nella lotta per i diritti sociali, diritti validissimi, possono trovarsi alleati nella lotta per la difesa dei propri diritti nazionali, altrettanto validi. I popoli oppressi non possono attendere che sia compiuta la rivoluzione socialista, che in tutto il mondo trionfi i1 proletariato e non possono neanche essere sicuri, perché la storia ci dimostra il contrario ( vedi Cecenia ), che il trionfo del comunismo risolva automaticamente le questioni nazionali. Come già detto, non ci sono neanche i presupposti, molti partiti di sinistra, anche rivoluzionaria, sono più centralisti e statonazionalisti dei partiti di destra. La stessa RC e buona parte dei comunisti non partitici continuano a considerare 1a Sardegna una sorta di proconsolato, lanciano continui appelli all’unità nazionale italiana, sono più difensori della bandiera tricolore che di quella rossa. E’ difficile anche capire come mai compagni sardi impegnati nel sostenere le lotte di liberazione nazionale dei popoli Basco, Irlandese, Curdo ed in qualche caso anche Corso, non si accorgono che la stessa lotta la sta conducendo il popolo sardo all’interno dello stato italiano. Si arriva in qualche caso a mistificare anche la terminologia, la lotta dei popoli esterni allo stato italiano è di liberazione nazionale, la lotta dei popoli interni allo stato è separatismo e secessione.

Lo schiavo ovunque sia non si può secedere dal padrone oppressore, è infatti altro non parte, si può piuttosto liberare. E’ inutile anche nascondere il proprio statonazionalismo dietro il mitico internazionalismo e pura finzione che nasconde la scelta di essere organici alla nazione dominante piuttosto che a quella dominata, quella di appartenenza etnica. Non si può più nascondere, siamo tutti naziona1isti, ognuno di noi, inteso come cittadino del mondo, ha una sua nazione di riferimento, tra i sentimenti di appartenenza ad aggregati sociali, ( famiglia, città, ......... ) vi e anche quello di popolo e nazione. I partiti politici, sindacati etc, sono anch’essi nazionalisti in quanto organici ad una nazione di riferimento ed alla costruzione di uno stato che veda tale nazione vincente su altre, pur facenti parte dello stato, perdenti e da tenere in stato di sudditanza e nella maggior parte dei casi da non riconoscere. E’ necessaria la chiarezza, senza finzioni, anche i comunisti sardi devono dire al popolo sardo a quale nazione fanno riferimento, a quale nazione sono organici, di quale nazione fanno gli interessi, di quella sarda o di quella italiana?. A questa chiarificazione si sta arrivando, molti comunisti sardi, presenti anche all’interno di S.N., hanno scelto di continuare ad essere comunisti da sardi e da sardi continuare al loro lotta contro l’imperialismo capitalista e nel contempo quella di liberazione nazionale del loro popolo.

 

Il nostro impegno all’interno della nostra nazione deve evidenziarsi anche con delle proposte immediate che facciano capire ai sardi che gli indipendentisti non vivono solo di elaborazioni teoriche ma che sono in grado di progettare prosperità sviluppo e dignità. E’ proporre un programma politico immediatamente comprensibile che tocchi, anche se sinteticamente le questioni più importanti che riguardano il nostro popolo e che sia in grado di rendere evidente che l’indipendenza non è solo l’unica soluzione per restituire la dignità e i diritti nazionali ai sardi ma è anche l’unica soluzione per avere prosperità e sviluppo. Bisogna insomma far capire che l’indipendenza conviene e la sudditanza ci impoverisce. Ribadendo che il nostro obiettivo è conseguire l’indipendenza totale della Sardegna dall’Italia, stante il nostro stato di sudditanza che ci costringe ad essere regione di uno stato che non è il nostro, il nostro programma politico deve tendere a conquistare pezzi sempre più grandi di sovranità, fermare la rapina delle nostre risorse e creare le condizioni per rafforzare la nostra economia e liberare i nostri cervelli dai cespugli della sudditanza e dell’autoimpotenza. Siamo sicuri infatti che gran parte della dipendenza sia di tipo psicologico e sia basata sul colonialismo mentale che ci porta a credere che senza l’assistenza italiana la nostra economia non sarebbe in grado di sopravivere e si avrebbe un’ulteriore impoverimento del nostro popolo. E’ una chimera che dobbiamo sconfiggere e dimostrare che la Sardegna ha risorse per assicurare prosperità ad una popolazione doppia di quella attuale e che la miseria non solo è conseguenza della dipendenza ma è anche uno dei mezzi più efficaci che il colonizzatore usa per mantenerci in tale stato.

 

 

Programma   politicu in tzerachia

 

1 – Autogoverno fiscale

Per impedire che lo stato italiano continui a rubarci le risorse fiscali previste dall’art. 8 dello Statuto.

·         Obbligatorietà della sede fiscale in Sardegna per le imprese che vi operano stabilmente.

·         Diritti fiscali, su qualunque corrispettivo a persone o merci, pagato per lavoro prestato da residenti, per produzione o esportazione di merci o comunque corrisposto nel territorio sardo.

 

2 – Riduzione dei costi energetici

In attesa di adeguate soluzioni tecniche,   lo stato  deve  eliminare da subito , con apposita norma di legge, la disparità dei costi energetici tra la Sardegna e le zone già metanizzate. Oggi i sardi pagano l’energia circa il 40% in più delle altre zone dello stato italiano.

3 - Lavoro ai residenti

Per tutelare la lingua e la  cultura sarda e allo stesso tempo per creare maggiori opportunità di lavoro, ad approvazione di leggi che diano priorità di occupazione negli uffici pubblici e nelle scuole ai sardi, ai residenti da almeno cinque anni e ai figli degli emigrati nati fuori dall’isola.

 

4 – Tassa d’ingresso in Sardegna

Per far fronte ai maggiori oneri causati dall’insularità, imposizione di una tassa d’ingresso e di permanenza ai non residenti e ai non Sardi.

I proventi potranno essere investiti oltre che nel settore turistico e ambientale anche in quello dei trasporti e in quello agropastorale .

 

5– Fermare la rapina delle  materie prime

Per fermare la rapina delle nostre risorse derivate da estrazione, imposizione di una sanzione amministrativa, per danno ambientale irreparabile, e la revoca della concessione ai cavatori che esportano  materie grezze, verrà invece e incentivata la lavorazione in loco delle stesse.

 

6 – Servitù  militari

La smilitarizzazione dell’isola e la sua denuclearizzazione è l’obiettivo finale che tuttavia potrà essere raggiunto nel quadro di un nuovo assetto dell’Europa, non più comunità di mercanti e di stati centralisti ma unione di nazioni e di popoli.

Nell’immediato pretenderemo la restituzione ai Sardi delle somme (migliaia di miliardi) per l’affitto delle basi militari versate allo stato italiano e il risarcimento dei danni causati all’ambiente ed alla popolazione.

 

7 – Vertenza agropastorale

Sarà primario l’impegno - per la difesa e il potenziamento delle produzioni agricole sarde in ogni sede politica, con una programmazione a largo respiro dotata di risorse economiche necessarie per attuarla. - Per ostacolare l’importazione di prodotti transgenici. – Per incentivazione dell’agricoltura biologica e delle erbe medicinali. – Per una viabilità più adeguata e per completamento della elettrificazione delle campagne. Per impedire che la Lingua Blu e il divieto di movimentazione carni metta definitivamente in ginocchio il settore pastorale e dell’allevamento.

 

8 – Autogoverno del territorio

Particolare impegno presteremo in materia di ambiente, territorio, beni archeologici e ambientali. La qualità della natura e dell’ambiente sardi è un bene sempre più raro nel mondo ed è la ricchezza principale della Sardegna. Sulla gestione esclusiva , di tale risorsa, da parte dei sardi è possibile fondare la nostra prosperità. Per questo bisogna fermare la cementificazione incontrollata e   rivedere completamente la legge che istituisce i Parchi e le riserve naturali. Va revocata immediatamente l’intesa Regione-Stato per il parco del Gennargentu e va studiata, insieme alle popolazioni locali, una nuova legge che tuteli le risorse ambientali  e allo stesso tempo sancisca il principio che il territorio è parte irrinunciabile della identità comunitaria e che nessuno a nessun titolo può sostituirsi ad esse nella gestione del bene ambientale. Vigileremo sulla tutela del territorio non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello della sovranità, non permetteremo che le servitù in verde si aggiungano a quelle in grigio-verde.

In quanto al turismo riteniamo che esso sia una delle op­portunità più concrete per la prosperità dei sardi.

Oggi quest’opportunità è messa in forse dalla cementificazione selvaggia delle coste e dal dominio degli stranieri sulla organizzazione turistica.

La nuova politica turistica sarà fondata su uno sviluppo degli insediamenti produttivi e residenziali, compatibili con la tutela dei beni ambientali e finalizzati ad espandere il lavoro e il benessere dei sardi

Tutto ciò verrà attuato nell'ottica della difesa, valorizzazione e fruizione sociale del territorio, dei beni naturali ed ambientali della Sardegna, come fondamento di un nuovo sviluppo econo­mico, culturale e della identità dei Sardi.

In quanto alle discariche;

·         L’immediata revoca di tutte le concessioni per lo smaltimento dei rifiuti speciali provenienti dall’Italia e dall’Europa

·         Un immediato monitoraggio dei danni ambientali causati, la valutazione degli stessi e l’avvio di un’azione giudiziaria per ottenerne il risarcimento.

·          

9 – Autogoverno dei trasporti

Competenza esclusiva in materia di trasporti da e per la Sardegna.

 

10 – Mare territoriale e pesca

Definizione delle acque territoriali della Sardegna e rivendicazione della sovranità esclusiva su di esse. Tutela dell’attività svolta dai pescatori sardi al fine evitare che pescatori esterni possano distruggere una delle nostre risorse più importanti.

 

11 – Zona Franca ed Energia

 La zona franca come strumento per creare le pari opportunità per l’imprenditoria sarda. Costituzione di un ente energetico sardo che punti anche sull’energia dolce (eolica, solare, biomasse), oltre che sulla gassificazione del carbone sardo e sulla metanizzazione.

 

12 – Artigianato, commercio e credito

Valorizzare ed incentivare l’artigianato sardo e a tutelare il piccolo commercio, anche impedendo l’apertura di altre Città Mercato.

In materia di credito attuazione da parte della Regione dell’articolo 4 dello statuto Speciale. In quest’ambito emanazione di disposizioni alle aziende operanti in Sardegna tese a facilitare l’impiego dei depositi al fine dello sviluppo della piccola e media impresa di trasformazione, dell’agricoltura, della pastorizia e delle imprese turistiche che reinvestono i profitti in Sardegna.

 

14 – Scuola lingua e cultura

La storia, la lingua e la cultura dei Sardi devono essere ufficializzate ed introdotte nella scuola pubblica. Deve essere riconosciuto il bilinguismo perfetto in tutti gli uffici pubblici e nelle scuole. Bisogna bloccare la cosiddetta “ razionalizzazione della rete scolastica” e dare impulso all’università istituendo i corsi di laurea oggi mancanti.

Questi punti saranno sviluppati singolarmente in apposite tesi tematiche corredate anche da dati statistici e finanziari.

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Per attuare il progetto politico è necessario avere una strategia ed uno strumento politico, movimento o partito in grado di portarla avanti.

 

Due soluzioni sono proponibili.

 

-          Partito unico del sardismo indipendentista

-          Ambiente sardista con alla base il movimento indipendentista

 

Partito unico del sardismo indipendentista

Tale soluzione, nasce dal credere che la lotta di liberazione nazionale possa essere condotta da un solo partito, il partito unico del sardismo. Significa  pensare che i sardisti siano una classe del popolo sardo la quale vuole condurre una sorta di lotta di classe anche contro le altre classi del nostro popolo, alle quali non riconosce nessun ruolo attivo nella lotta per l’autodeterminazione e l’indipendenza.

In questo caso gran parte delle energie saranno spese nel rafforzamento del partito, nella strutturazione dello stesso in termini verticistici e lideristici, nella sua blindatura, nel dover rincorrere continuamente una necessaria visibilità, nello spostare, almeno verbalmente, sempre più in là metodi di lotta e obiettivi intermedi.

Questo modo di professare il nazionalismo, è vecchio, non conduce a niente ed è anzi assolutamente deleterio in quanto può portare ai seguenti risultati;

-          pone in primo piano gli obiettivi del partito e non quelli della nazione

-          non crea aggregazione tra i nazionalisti ma produce continui frazionamenti legati più ai culti della persona dei leader che non ai contenuti politici

-          porta ad un settarismo sempre più esasperato ed escludente che conduce inesorabilmente a piccole organizzazioni con regole interne sempre più selettive e imposte da un ristretto numero di dirigenti o in molti casi da un’unica individualità laider .

-          relega il sardismo nel ghetto dei partiti politici e gli toglie il carattere di pensiero universale legato ai diritti fondamentali dei popoli

-          divide il popolo sardo in classi e quelle che non si riconosceranno nel partito unico del sardismo vedranno gli indipendentisti come antagonisti e non come difensori dei loro diritti fondamentali in quanto appartenenti anche loro alla nazione sarda

-          ripropone la disastrosa soluzione del partito-stato, fa intravedere un futuro di dittatura di partito dove la struttura del partito coincide con quella dello stato, con quella dell’informazione e persino con quella della religione

-          porta alla nascita di leader che basano la loro influenza più sul braccio che non sulla mente, più sull’immagine che non sui risultati, disposti a qualunque cosa pur di accrescere il loro culto

Questa soluzione è quella tentata dal Partito Sardo D’azione, che nonostante fosse alla sua nascita un grosso partito di massa, con l’intento di impedire altri germogli sardisti, non ha saputo creare un ambiente politico che gli permettesse di rompere l’accerchiamento dei partiti italiani e per sopravivere è stato costretto a stendere radici da bonsai nel poco fertile ambiente italianista. Detta soluzione è stata adottata anche da piccoli gruppi elitari che nati già bonsai o   sono diventati rami secchi o continuano a soppravivere in piccoli vasi isolati e sconnessi totalmente dalla lotta di liberazione nazionale del popolo sardo.

 

Ambiente sardista, Logu Politicu Sardista, con alla base il movimento indipendentista

 

Questa soluzione è quella della costruzione di un ambiente sardista in netta e dura contrapposizione con quello italianista che è poi quella che il nostro compianto fondatore, Angelo Caria, chiamava, Casa Comune dei Sardi e che oggi potremmo chiamare . Logu Politicu Sardista (LPS)

Un piccolo modello è Sardigna Natzione

 

La proposta, è fondata su alcune considerazioni molto semplici;

-          Siamo tutti nazionalisti, ognuno di noi, inteso come cittadino del mondo, ha una sua nazione di riferimento, tra i sentimenti di appartenenza ad aggregati sociali, ( famiglia, città, ......... ) vi è anche quello di popolo e nazione.

-          I partiti politici, sindacati etc, sono anch’essi nazionalisti in quanto organici ad una nazione di riferimento ed alla costruzione di uno stato che veda tale nazione vincente su altre, pur facenti parte dello stato, perdenti e da tenere in stato di sudditanza e nella maggior parte dei casi da non riconoscere.

-          Ogni popolo ha il diritto di creare al suo interno organizzazioni politiche, partiti, che pur distinguendosi per schieramento, abbiano genesi e giustificazione all’interno della nazione e ad essa siano organici.

-          La lotta di liberazione nazionale è la lotta che una nazione, stanca della sudditanza, conduce contro una o più altre nazioni che organizzate in uno o più stati impediscono il suo diritto all’autodeterminazione.  

-          Il popolo sardo è una nazione costretta dentro uno stato che non la riconosce come tale,  che le nega i diritti fondamentali e le impedisce di autodeterminarsi; il popolo sardo ha il diritto di organizzarsi per una lotta di liberazione nazionale.

-          Lo stato oppressore, per mantenere l’oppressione è disposto ad usare qualsiasi mezzo, comprese le armi, la nazione oppressa ha il diritto di difendersi con gli stessi mezzi dell’oppressore; il livello di violenza dello scontro dipende solo dall’oppressore, la nazione in sudditanza ha convenienza a risolvere la questione in termini pacifici di semplice contrattazione alla pari.

In seguito a queste considerazioni, il nazionalismo sardista e specialmente la parte più avanzata, l’indipendentismo, ha il compito di proporre un progetto politico che si ponendosi come obiettivo il conseguimento della piena indipendenza della nazione sarda, proponga un modello vincente di lotta di liberazione nazionale e sociale del nostro popolo e crei i presupposti per un futuro stato sardo democratico legato agli altri stati dell’Europa e del mondo da una reciproca dipendenza basata unicamente sulla libera scelta.

Solo Sardigna Natzione è oggi nelle condizioni di elaborare un progetto così complesso e articolato, ne ha le basi teoriche e ne ha verificato in piccolo, al suo interno, l’applicazione.

Sardigna Natzione è riuscita a creare un ambiente indipendentista con diverse anime e diversi colori, ha dimostrato che il nazionalismo indipendentista può unire nello stesso fronte di lotta di liberazione nazionale ideologie di destra di centro e di sinistra e che è possibile condurre la lotta senza passare prima per un processo di conversione e di omologazione ideologica.

Questo modello, con i dovuti adattamenti, va adesso proposto a tutti quei sardi che organizzati o meno, pur non avendo ancora maturato la soluzione indipendentista, si sentono organici alla nazione sarda e non a quella italiana.

Un’applicazione, anche se imperfetta, del modello lo si può trovare nel comitato che si è costituito intorno alla proposta di assemblea costituente.

In questo contesto S.N. deve conservare una sua forte individualità, rafforzarsi nella struttura, mantenere il suo carattere movimentista e allo stesso tempo avere regole interne certe che le permettano di diventare punto di riferimento di tutti gli indipendentisti e di adempiere a tutti gli impegni nazionali ed internazionali che sono alla base del suo progetto politico. A tale scopo a completamento di questa tesi politica verrà allegata una proposta di statuto.

 

Due sono dunque gli obiettivi da conseguire e due sono i livelli dove dobbiamo intervenire;

 

-          Costruire un forte movimento indipendentista, rafforzando Sardigna Natzione e attirando in un fronte unico quelle piccole realtà indipendentiste  che voglio mantenere una loro individualità

-          Formare un ambiente politico sardista in grado di contrastare e sconfiggere quello italianista, coinvolgendo tutti i sardi, organizzati o no, che hanno scelto di fare riferimento alla nazione sarda invece che a quella italiana..

 

In tutti e due i casi non si deve trattare di alleanze politiche, di fusioni, di federazioni partitiche, ma di nuove forme di coinvolgimento di tipo aperto che evitando di mortificare le particolarità sfrutti al massimo le sinergie possibili.

 

Nella costruzione del primo livello, nazionalismo indipendentista, S.N. che deve essere l’internet del nazionalismo, deve creare le condizioni per interconnettere i diversi siti nazionalisti, conservandone l’individualità. Deve creare le condizioni affinché tra i nazionalisti vi sia un patto di consultazione permanente, Plataforma Nazionalista Sarda, che non si limiti a coinvolgere solo le forze organizzate, partitiche o sindacali, ma anche i singoli patrioti che intendono lavorare al funzionamento de la Plataforma, a rafforzare il motore della lotta di liberazione nazionale e a scontrarsi in maniera dura e decisa con lo stato italiano e con i partiti italianisti.

Lo strumento per costruire Sa Plataforma, può essere quello del Cungressu de sos Indipendentistas che coadiuvato da convegni, dibattiti, lotte comuni, mobilitazioni e quanto altro serva per far sentire tutti, protagonisti, partecipi e responsabili delle iniziative e della lotta intrapresa.

 

Il secondo livello, deve coinvolgere tutti i sardi organizzati o no che hanno scelto in maniera chiara di far riferimento alla nazione sarda invece che a quella italiana e deve costruire un ambiente politico sardista assolutamente alternativo a quello italianista ed in netta contrapposizione con esso. Questo ambiente politico sardista in nessun caso dovrà essere visto come un’alleanza tra partiti e tanto meno come un nuovo partito, esso dovrà essere il luogo dove si ritroveranno le diverse espressioni politiche sarde che pur mantenendo le loro scelte ideologiche di schieramento, hanno avuto o avranno genesi all’interno della nazione sarda, che ad essa sola faranno riferimento e di essa sola difenderanno gli interessi in campo europeo ed internazionale anche in contrasto con i loro ideologicamente omologhi partiti italiani o italianisti presenti in Sardegna. La nazione sarda si deve organizzare politicamente come uno stato, deve costruirsi un ambiente politico sardista completo, con una destra, un centro e una sinistra sardisti in contrapposizione dura con l’ambiente politico italianista e in concorrenza diretta con i rispettivi schieramenti di destra, di centro e di sinistra italianisti. Ogni sardo deve essere posto nelle condizioni di continuare a professare il suo credo politico di schieramento ed essere allo stesso tempo protagonista e partecipe nella lotta di liberazione nazionale del proprio popolo. In una lotta di liberazione nazionale l’uniformità ideologica non solo non è necessaria ma è inopportuna e fuorviante, causa rotture con la parte e alleanze con la controparte, divide i sardi in trincee ideologicamente contrapposte e li impegna in battaglie tra ascari nelle quali a vincere sarà comunque una fazione del potere partitico italianista ed etero diretto.

Stiamo vivendo un momento storico nuovo dobbiamo creare in Sardegna i presupposti di un bipolarismo reale e non ingannevole come quello imposto dai partiti italianisti.  L’unico bipolarismo possibile in Sardegna, l’unico almeno per il quale valga la pena di mostrare interesse, è quello che opponga i due schieramenti reali: quello italianista e quello sardista, l’uno e l’altro, ovviamente, articolati secondo interessi culturali e politici che organizzino o rappresentino ceti e sensibilità. In maniera consapevole o inconscia si va affermando in Sardegna questa necessità.

Movimenti e partiti si sono formati e altri si vanno formando e fondano la loro legittimazione in un’appartenenza a questa nazione.

Altri, invece o parti di altri rivendicano la loro appartenenza alla nazione maggioritaria nello stato italiano.

C’è un obbligo di chiarezza e di schieramento. Se si vuole sottrarre la nostra terra al destino della subalternità, e dall’inganno che alimenta la sudditanza, dobbiamo costringere tutti a dichiararsi.

Non si può continuare a far finta di essere allo stesso tempo italianisti e sardisti.

In Sardegna come altrove nel mondo, almeno in una certa fase, possono convivere e persino a volte collaborare quanti si sentono parte della nazione italiana e quanti riconoscono la Sardegna come unica loro nazione. Purché non si finga ci sia altro a distinguerci fondamentalmente.

Tutte le scuole di pensiero, tutte le culture politiche, tutte le organizzazioni di partito sono permeate in Sardegna di una contraddizione primaria: sardismo o italianismo.

Credo sia giunta l’ora che questa contraddizione esploda, dividendo lungo una linea di frattura che non può essere se non questa.

Solo allora sardismo da una parte, italianismo dall’altra diventeranno sostantivi, nomi veri.

Il resto destra, sinistra, centro saranno riconosciuti per quel che sono: aggettivi forse necessari ma certo non sufficienti a governare i processi.

Sa Domo de Cumone, come la chiamava A. Caria o su Logu Politicu Sardista o qualunque altro nome si voglia dare a questo ambiente politico sardista e a questa aspirazione in crescita, deve essere  aperta a tutti i portatori di culture politiche di sensibilità culturali e di appartenenza ideale purché si pongano al centro gli interessi collettivi e nazionali dei sardi.

Questo ambiente sardista non può comunque essere un’alleanza di partiti e tanto meno un nuovo partito, come hanno tentato di fare i componenti di Convergenza Sarda, essa deve avere il carattere di ambiente politico all’interno del quale, come in quelli italiano, francese e di tutto il mondo democratico, possano convivere i diversi schieramenti ideologici o poli, ma che in nessun caso sia disponibile, ad alleanze organiche con partiti o poli italianisti e a far nascere o sostenere governi della Sardegna da loro diretti o che comunque li veda presenti in maggioranza. Nessuno dovrà strumentalizzare per scopi personali o di partito su Logu Politicu Sardista, non permetteremo che un novello Mario Floris porti in dote a Berlusconi o ad altri feudatari italiani il sogno dei sardi liberi.

Lo scontro con le forze italianiste deve essere comunque duro, con tutti i mezzi bisogna impedire che riescano ad esprimere governi e alimentare i loro carrozzoni clientelari, bisognerà renderli nudi agli occhi dei sardi, rendere evidente la loro incapacità ed il loro asservimento ad interessi estranei ed in gran parte contrastanti con quelli della nazione sarda. Il rapporto con loro, per il governo sardo, deve essere ricondotto nell’ambito della politica estera e per i partiti politici nell’ambito dei fronti ideologici sopranazionali.

Il nostro intervento nel suddetto ambiente si potrebbe, per esempio concretizzare in una partecipazione più fattiva al movimento che si è creato intorno alla proposta di costituente, anche se quel progetto come quello, ancora più italianista, della cosiddetta “Via Parlamentare” sono molto lontani da quello nostro di indipendenza.

Sia, infatti, i sostenitori dell’Assemblea Costituente, che i sostenitori della via Parlamentare non solo vogliono arrivare alla riformulazione dello Statuto Sardo senza mettere in discussione l’italianietà dei sardi e dunque senza prima passare per il riconoscimento dello status di nazione al popolo sardo, ma vogliono continuare a giocare la partita del federalismo nel ristretto campo italiano non considerando che ormai la vera partita si gioca nel campo europeo.

La loro impostazione ripropone, quasi fosse una nemesi storica di sudditanza, la fallimentare iniziativa degli stamenti sardi che nel 1793 portarono al cospetto del re piemontese la petitoria dei famosi 5 punti, con l’illusione, ieri come oggi, che uno stato oppressore possa andare contro i propri interessi e favorire le condizioni per far crescere la volontà di riscatto di un popolo in sudditanza.

Qualunque riscrittura dello  Statuto e qualunque proposta di federalismo che non riconosca al popolo sardo lo status di nazione diversa da quella italiana ed il suo diritto a costituirsi in stato, sarà una mera riverniciatura   dell’attuale trattato di sudditanza.

Bisogna comunque riconoscere che la proposta di Assemblea Costituente presenta degli aspetti indubbiamente positivi:

Ha reso evidente che la volontà di impegnarsi per una maggiore sovranità del popolo sardo non è ne di destra ne di sinistra ma sta permeando tutti gli schieramenti politici e sociali.

Ha costretto i centralisti pan-italiani a venire allo scoperto e ha reso evidente che anche i nemici della nazione sarda sono disposti ad unirsi e fare fronte unico senza fare distinzione tra destra e sinistra.

Ha creato un’aspettativa di dignità e un ritorno di orgoglio nei figli della Sardegna. Nella proposta di assemblea costituente molti sardi hanno visto un’occasione di sfida e di ribellione nei confronti del strapotere italiano, un possibile spazio di autogoverno non mediato dal governo regionale che vedono ormai sempre più incapace di governare e sempre più organico ai casati italiani più che al popolo che lo ha eletto.

E’ questa aspettativa di dignità e l’occasione di sfida e di ribellione che,  se ci saranno le condizioni, potranno creare delle sinergie tra gli indipendentisti ed il fronte per l’Assemblea Costituente.

Nessuna sinergia sarà invece possibile se a gestire l’iniziativa dell’assemblea costituente saranno forze politiche o persone che continuando a fare i vassalli di Arcore o di Roma, pretenderanno di interpretare il ruolo di vice re e contemporaneamente anche quello di promotori dei moti antifeudali. Nessun ruolo, nella formazione dell’Assemblea Costituente, dovranno avere i partiti politici nella loro veste istituzionale, come nessun ruolo dovrà avere il Consiglio Regionale ed i rappresentanti dei poteri locali. Nessuno di essi ha avuto dai sardi deleghe da costituente, il loro mandato è limitato alla esecuzione di un programma di governo e non a rappresentare il popolo sardo in una vertenza costituzionale con lo stato italiano. Quasi tutti, consiglieri regionali e  rappresentanti degli enti locali sono stati eletti in quanto rappresentanti di partiti politici, per il 90% italianisti, e non in quanto espressione degli schieramenti trasversali che sulla questione si stanno formando e che saranno i veri protagonisti dell’assemblea costituente.

Lesiva della dignità dei sardi, succursali sta e arrogante è invece la proposta della via parlamentare avanzata dagli opposti estremi italianisti, essa mira a far diventare la nazione sarda un’anonima minestra del minestrone italiano e a dare un colpo di acceleratore al processo di integrazione dei sardi nella nazione italiana, togliendo di mezzo anche le ultime parvenze di particolarità che lo satus di Regione Autonoma ci riconosce. Anche nella proposta Parlamentare vi è comunque un aspetto positivo, ha reso evidente che, le parvenze di sardismo che alcuni partiti si sono dati sono solo strumentali infingimenti, che si può essere rivoluzionari in casa d’altri e imperialisti in casa propria e che i partiti italiani tengono in Sardegna proconsolati di destra e di sinistra.

Anche la proposta Cossiga-Floris presenta degli aspetti positivi simili a quelli della proposta di Assemblea Costituente e merita un’analisi approfondita che ci riserviamo di fare successivamente.

L’assemblea Costituente e la Nova Carta de Logu , anche se frutto di una politica unionista, possono essere un’occasione perché stanno dividendo i politici sardi in due fronti sempre più distinti da una parte i sardisti e dall’altra gli italianisti. La nostra azione potrebbe essere di stimolo e di salvaguardia per evidenziare le contraddizioni e le strumentalità che vi sono all’interno e per sostenere i nazionalisti che via hanno aderito con la convinzione che quelle siano le vie più percorribili per il riscatto del popolo sardo. Certo non avremmo permesso che si andasse, con il capello in mano, ad umiliarsi di fronte a Ciampi e a Berlusconi.

 

Per portare avanti il progetto politico in tutta la sua articolazione occorre un movimento o partito indipendentista in grado assolvere a tale compito; questo non può essere che Sardigna Natzione che superata la fase della maturazione deve strutturarsi ed organizzarsi per assolvere a tale importante compito.

 

Struttura e caratteri fondamentali di Sardigna Natzione.

 

Sardigna Natzione che è nata, per iniziativa del Partidu Sardu Indipendentista, è nata come unione federale di vari movimenti che da tempo avevano fatto alcuni una chiara scelta indipendentista altri ancora fermi al concetto di autodeterminazione intesa in termini federalisti.

Con il tempo, con il procedere comune, con l’impegno unanime nelle lotte e per la capacità dei dirigenti di saper prendere un pò da tutti e far sentire tutti protagonisti delle scelte, le differenze si sono fuse e Sardigna Natzione ha assunto pienamente il ruolo di movimento chiaramente indipendentista e leader nella lotta di liberazione nazionale del Popolo Sardo.

La struttura che ne ha permesso il funzionamento, mutuata dal Partidu Sardu Indipendentista del quale ne ha adottato fino ad oggi lo statuto, mostra oggi di essere insufficiente ed ha bisogno di essere adeguata alla nuova realtà che è diventata S.N.

La nuova struttura che sarà comunque meglio specificata nella proposta di statuto dovrà avere le seguenti caratteristiche fondamentali;

 

·         Avere un apparato dirigente costituito in tutte le sue articolazioni da una parte eletta e da una parte cooptata. La cooptazione è stato il sistema che ha permesso la continua rivitalizzazione di sardigna natzione evitando la fossilizzazione dei quadri dirigenti l’apertura di spazi ai militanti che hanno mostrato volontà di impegno e partecipazione nelle lotte nelle quali il movimento si è impegnato.

·         Assegnare il potere legislativo al CONSIGLIO NATZIONALE costituito da non più di 50 membri di cui 40 eletti in congresso e 10 per cooptazione.

·         Avere due tipi di tessere una per militanti e una per simpatizzanti. La seconda rilasciabile anche ad iscritti ad altri partiti che anche non aderendo a S.N. condividono l’idea indipendentista. Dei simpatizzanti si può prevedere anche la presenza in C.N. per una quota non superiore al 20% dei membri cooptati.

·         Il Consiglio Nazionale e la direzione nazionale deve essere rappresentativo del territorio nazionale sardo e dell’emigrazione.

·         Il territorio nazionale deve essere diviso in distretti, che per esigenze pratiche si possono far coincidere con il territorio compreso nelle nuove province.

·         Avere delle commissioni ad acta che si occupino dei settori specifici, coordinate da membri della direzione nazionale o comunque da milittanti in stretto contatto con la dirigenza del movimento.

·         Avere squadre di militanti, commandos, che volontariamente si rendono disponibili per azioni simili a quelle che hanno caratterizzato l’attività politica militante di S.N.

·         Avere una commissione che si occupi del finanziamento del movimento.

 

 

Alleanze e relazioni con le altre forze politiche e sociali.

 

I sistemi elettorali stanno portando ad un sistema maggioritario che non lascia spazio a movimenti politici come il nostro. Si stanno restringendo quegli spazi di democrazia che ci hanno portato a scegliere di caratterizzare la nostra lotta di liberazione nazionale come una lotta non armata e fatta alla luce del sole e non in clandestinità.

E’ in corso il tentativo di toglierci gli spazi di sopravivenza e costringerci a soluzioni facilmente classificabili come terroristiche e secessioniste e dunque agevolmente contrastabili con azioni di polizia.

Non dobbiamo cadere nella trappola bisogna creare le condizioni per non rimanere isolati e per creare delle sinergie con altre realtà politiche che come noi sono discriminate dal sistema elettorale maggioritario e allo stesso tempo cercare di far convergere altre forze organizzate o no su di un progetto nazionalista che ci permetta di formare aggregazioni in grado di non soccombere nello scontro elettorale con i blocchi italianisti.

Si pone quindi il problema delle alleanze possibili per S.N., problema che è stato argomento di molti consigli nazionali molto animati e qualche volta burrascosi; burrascosi ma normali se si considera che il nostro movimento  si deve muovere in un ristrettissimo spazio politico compresso tra il settarismo e l’omologazione.

Da una parte, dunque, l’esigenza di evitare compromissioni e dall’altra quella di costituire un blocco nazionalista, il più vicino possibile alla soluzione indipendentista, che dia ai sardi una speranza di dignità possibile che non sia legata solo all’azione d’avanguardia portata avanti da S.N.

Sono queste esigenze che hanno determinato la scelta di costruire le aggregazioni elettorali di SA MESA per le elezioni regionali e d’INDIPENDENTZIA per le politiche. In nessuno di questi casi vi è stata una minima compromissione della linea politica di S.N., vi è stata però qualche incomprensione da parte di militanti e dirigenti che non hanno capito o che non condividono il progetto politico del quale fanno parte dette scelte. Come in ogni organizzazione politica le eventuali diversità di vedute devono essere viste all’interno di una dinamica tra maggioranza e minoranza e non devono essere motivo di spaccature o di divisioni interne tali da pregiudicare la credibilità e l’incisività del movimento.

Bisogna comunque stabilire, per le alleanze, regole ben precise che solo in casi eccezionali potranno essere derogate con deliberazioni del consiglio nazionale.

·         Nelle elezioni politiche e regionali e provinciali sono permesse solo alleanze con poli, partiti o movimenti che hanno genesi e apparato dirigente in Sardegna e che non hanno rapporti di dipendenza con poli o partiti italiani. Qualunque decisione in merito può essere deliberata solo da Consiglio Nazionale.

·         Nelle elezioni amministrative nei capoluoghi di provincia si devono seguire gli stessi criteri del punto precedente. Su richiesta motivata della sezione locale o del distretto potranno essere concesse deroghe con deliberazione del Consiglio Nazionale.

·         Nelle elezioni amministrative per comuni al di sopra di 15.000 abitanti, non capoluoghi di provincia, preferibilmente si dovranno presentare liste proprie, potranno essere fatte liste comuni solo con partiti o movimenti di cui al punto uno il sindaco indicato dovrà essere espressione della lista, in caso eccezionale si potrà indicare un sindaco esterno purché non espresso da partiti italiani.

·         Nelle elezioni amministrative per comuni sotto 15.000 abitanti, dove ci sono le condizioni si dovranno presentare liste proprie altrimenti entrare a far parte di liste civiche che non ricalchino nei nome, nei simboli e nei programmi poli e aggregazioni chiaramente riconducibili ai poli che si contrappongono nei due rami parlamento italiano o che sono eterodiretti.

Le regole su riportate potranno essere modificate in sede di Consiglio Nazionale e successivamente ratificate in sede congressuale.

La tesi è da considerarsi aperta al contributo ed alle modifiche che i militanti vorranno introdurre in sede congressuale e precongressuale.

 

SERVAT CUSTU PROZETU A VATURE AMISTADE INTRO SARDIGNA NATZIONE E UNIDADE TRA SOS NATZIONALISTAS CHE CADA ZENIA PRO UNU TRINTZERAMENTU UNIDU E FORTE CONTRA S’INIMIGU ANZENU E CONTRA SO TZERACOS SUOS. FORTZA PARIS PRO S’INDIPENDENTZIA