maggio 1977 Con tutta la nostra intelligenza. Ancora 

per una strategia del desiderio  

 

La primavera '77 è il punto di arrivo di trasformazioni dell'esistenza, di emergenze del rimosso. Abbiamo tentato di dare all'inconscio collettivo la possibilità di produrre realtà, e di dare alle nostre angosce una dimensione collettiva di superamento. Alla fine di questa primavera l' possiamo dirlo: abbiamo accumulato nuove angosce, siamo costretti di nuovo alla separatezza e all'isolamento. Possiamo chiedere: chi ce l'ha fatto fare di cominciare la rivoluzione? Il problema è proprio qui: quando il desiderio emerge sulla scena del movimento, se viene ridotto a mera immediatezza, se non si fa pratica strategica del desiderio, viene riconsegnato all'angoscia e ai terrorismo; la dimensione strategica del desiderio è solo nella possibilità concreta della rivoluzione. E quanto a questo possiamo dirlo senza problemi:la primavera '77 in Italia, e a Bologna in particolare, è stata la prima esperienza di emergenza pratica di massa consapevole del rimosso di tutta storia. Nella storia della lotta di classe l'inconscio ha sempre scritto il suo testo in modo cifrato, si è sempre inscritto come un contrappunto leggibile solo in controluce. Questa primavera è stata la prima volta in cui questo testo si è scritto con i suoi caratteri, e la lotta d i classe è divenuta apertamente, e consapevolmente, liberazione produttiva di inconscio, linguaggio desiderante e trasformativo. È una chiave difficilissima, che mal sopporta di essere svilita in un facile psicoanalismo, o in una beota filosofia della felicità, perché la trama leggera del rimosso si inscrive in un tessuto che è fittissimo e compatto di determinazioni assolutamente materiali, storiche, economiche, politiche, il cui spessore di violenza e di repressione è irriducibile al linguaggio e al gesto che pure le a/traversa. Si tratta di parlare della capacità di liberazione dell'intelligenza creativa contro l'intelligenza accumulata in forma di scienza-capitale,di tecnica capitale. Roberto Vacca, uno che si occupa di teoria dei sistemi, ha detto che una società fortemente sistematizzata, informatizzata, non può essere facilmente messa in crisi dal sabotaggio. E la ragione è chiara: la struttura dei sistemi informativi è troppo ramificata e complessa per per essere disgregata, colpendola in un punto, in quanto la stessa alta concentrazione rende impossibile al sabotatore che non sia un sistemi competente di causare danni seri. Dunque il problema è quello di diventare "sistemisti competenti non solo perché occorre interrompere il funzionamento dei grandi sistemi, bensì perché è necessario cominciare a individuare due funzioni (quella attuale e quella possibile) dell'intelligenza tecnico-scientifica applicata, e particolarmente della sistemistica e dell'informatica. Scopriremmo che la funzione reale dell'intelligenza applicata dal capitale è tutta di controllo su ll' erogazione di lavoro vivo. Che l'uso che il capitale fa dell'intelligenza è integralmente finalizzato alla riproduzione del dominio politico sul tempo di lavoro operaio. Ma scopriremmo probabilmente anche che le potenzialità dell'intelligenza applicata vanno nella direzione della soppressione del lavoro. Il ruolo da sciogliere è quello del rapporto di dipendenza dell'intelligenza viva rispetto all'intelligenza accumulata in forma di capitale, e precisamente in forma di dominio del dato sul possibile.E' nella struttura logica stessa dei sistemi, oltre che (e prima che) nel loro funzionamento materiale e tecnico, che è inscritto il dominio del processo di valorizzazione sul processo lavorativo, precisamente il dominio della produzione di valore di scambio (comando sul lavoro salariato, aumento dell'estrazione di plusvalore relativo) sulla produzione di beni utili. Occorre mettercelo bene in testa: chi pratica oggi, in Italia, la lotta armata contro le strutture poliziesche e statali rischia di combattere una battaglia tanto costosa quanto arretrata. Non perché lo Stato poliziesco non sia un dato rilevante ma perché è in realtà la forma apparente, e in ultima analisi una forma capace di riprodursi all'infinito in un rapporto di produzione e di organizzazione capitalistica dell'intelligenza sociale che si garantisce proprio spostando verso i suoi apparati superficiali le tensioni sociali aggressive e/o trasformative. Si rischia di combattere una battaglia di artiglieria, per di più perdente, con un nemico che, mentre impegna l'artiglieria sul fronte esterno, sta intanto preparando un armamento tecnologicamente infinitamente più avanzato, capace non solo di sconfiggere militarmente il movimento, ma di sottomettere per un periodo storico lungo la classe del lavoro salariato. E mentre nella battaglia di artiglieria ci logoriamo e perdiamo uomini, forze e soprattutto intelligenza e vita, sul terreno dell'organizzazione tecnologico-informativa è possibile vincere. E non distruggendo la struttura produttiva e tecnoscientifica che il capitale ha determinato, ma mettendo in crisi il suo uso limite, la sua ambivalenza: distruggere la funzione di controllo dell'intelligenza accumulata (controllo come memoria, sorveglianza e riproduzione dei rapporti dati, controllo come forma matura dello Stato postindustriale) liberando la sua funzione di liberazione, di creatività, di riduzione del lavoro, di uso alternativo dei circuiti informativi. Il solito Vacca annuncia che l'azione dei sabotatori è un elemento irregolare che può essere studiato e previsto proprio con procedure tipiche dell'ingegneria dei sistemi, ad esempio con la teoria dei giochi competitivi. È chiaro che Vacca parla unicamente di un intervento in forma di sabotaggio, irregolare ma prevedibile, o comunque programmabile in termini di retroazione e autocorrezione della struttura sistemica. Ma non di questo si tratta, per noi: si tratta di progettare la sovversione complessiva della struttura logica e tecnica dell'apparato sistemico, di rompere e "detournare" la sua funzione. E si tratta di sperimentare questa sovversione anche su piccola scala, esemplarmente, in una città, in una fabbrica, in un centro di progettazione.E' il passaggio che dobbiamo fare, è difficile ma straordinariamente ricco.  

 

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