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Per il
70 Compleanno di Fabrizio Napolitani Inizio ricordando una data, il 1968, iscritta nella memoria storica come nella coscienza comune: un sasso lanciato in uno stagno col desiderio di allargare i confini della tolleranza tolleranza. Forse fii un caso, che proprio in quell'anno, Fabrizio decidesse di fondare l'IGAR. Per noi che come pazienti, allievi e colleghi abbiamo condiviso la straordinaria esperienza clinica e culturale di Fabrizio, questa è una data dal significato particolare, un significato più marcato di quanto possa esserlo nella intelligenza comune. Una data di nascita e quindi, come tutte le nascite, anche di compimento. La nascita dell'IGAR, infatti è il compimento di un progetto avviato molti anni prima e che si è sviluppato fin dai tempi dell'esperienza di Rio de Janeiro e poi in Svizzera con Binswanger, infine in Italia; in luoghi e culture diverse, comunque sempre fedele a due referenti centrali, tra loro intrecciati, consistenti in un oggetto, "il gruppo" e in un metodo, "il metodo psicomaietutico." Mi soffermo prima di tutto sul metodo, la cui elaborazione precede la nascita dell'IGAR e vi si incarna, per sottolinearne il significato, sia in ordine generale che nella storia del pensiero psicoanalitico e del rapporto tra psico e gruppo analisi. "Maieusi" e un termine che ci arriva dalla cultura greca e da un personaggio che per molti versi ben si accoppia con Fabrizio. Ricorriamo alla fonte, a Platone, che nel "Menone" parla di Socrate che introduce al particolare e difficile metodo di condurre il dialogo e di indagare intorno alla verità. Si inizia con
una richiesta di Menone a Socrate: Quest'ultimo concetto: "So di non sapere" è, in effetti, passato nel linguaggio comune per indicare quel particolare "non sapere" che costituisce la base reale di ogni conoscenza. Gorgia che non è qui..." Tu, invece, Menone, che sei qui presente, cosa dici che sia la virtù? Parla! Non rifiutare! Il mio sarà stato un errore felice se mi mostri che tu e Gorgia lo sapete, mentre io ho detto che non ho mai incontrato nessuno che lo sapesse. Messo da parte il "fantasma di Gorgia", Socrate invita Menone a parlare in prima persona. Produce un capovolgimento della domanda, o meglio riconduce la domanda al luogo di emissione e al soggetto che l’ha emessa; e questo è specificamente il connotato tecnico di quello che la storia del pensiero indica come "metodo psicomaieutico". Ora vorrei richiamare il legame diretto che esiste tra questo approccio maieutico che Fabrizio ha introdotto nella psicoanalisi e nella gruppoanalisi e il dibattito che il pensiero psicoanalitico ha sviluppato a proposito dell'interpretazione. E generalmente assunto che l'interpretazione sia l'elemento di maggiore rilievo nella prassi psicoanalitica. Per la verità, questa impostazione subisce una critica già in Freud, la dove, nel "L 'amore di traslazione", mette in guardia i principianti perché tutti all'inizio si fanno l'idea che la cosa più importante sia l'interpretazione, mentre questo è solo un abbaglio e col maturare dell'esperienza si apprende che lo strumento più importante non è l'interpretazione, ma il "modo di maneggiare il transfert',, come Freud si esprime. La formulazione di Freud potrebbe essere fraintesa, nel senso di un lasciarsi andare alla manipolazione del paziente, e qualcuno l'ha effettivamente intesa cosi, proponendo tecniche attive di intervento dell'analista; Freud, in realtà intendeva dire che l'analisi è portata avanti da qualcosa di più dell'interpretazione, da una specifica modalità relazionale che restituisce al paziente la capacità di interpretare. Un paziente sogna di essere a un pranzo organizzato dalla nonna cui sono invitati rappresentanti di parte paterna e materna. Lui se ne sta in disparte mentre è un cugino a rappresentare la parte paterna. Nel sogno si chiede perché mai se ne sta in disparte e perché è proprio un cugino, e non lui, a rappresentare il padre.. non se ne rende conto... "Nel sogno - intervengo - ancora no, ma qui, ora, se ne potrebbe rendere conto". Attraverso l'intervento dell'analista, infatti, non si tratta di elargire conoscenza interpretativa ma di invitare il paziente a riassumere la titolarità e la centralità della domanda, secondo quanto Fabrizio non cessava di ripetere. Ciò comporta la relativizzazione della interpretazione come momento centrale del processo analitico e uno spostamento verso un approccio nuovo con quella che Fabrizio avrebbe chiamato "teoria della Tecnica". Questo è un passo di grande importanza per la storia del pensiero psicoanalitico, che ne cambia la struttura, perché sotto la veste umile dell'aspetto tecnico, introduce il fatto che l'elaborazione teorica non è qualcosa di disincarnato rispetto al concreto vissuto della seduta ma che proprio in questo vissuto prende forma. Il fatto che questo apporto di Fabrizio trovi nel gruppo e nella Gruppoanalisi il luogo elettivo del suo sviluppo, è un dato significativo, ma ciò non toglie che sia un'acquisizione teorico/pratica per l'intero movimento psicoanalitico. Gruppoanalisi non ridimensiona la finzione del conduttore, come talvolta si dice, ma la colloca in una condizione particolare, nella posizione socratica di chi non dispensa verità interpretativa, ma trova anzi il coraggio di sottrarsi alla richiesta di interpretazione. Questa credo essere l'essenza del metodo maieutico e dell'approccio gruppoanalitico dove, sottraendosi il conduttore alla richiesta di interpretazione, è restituito alle persone lo spazio per pensare e per interpretare. Freud stesso, del resto, descriveva il suo lavoro simile a quello dello scultore che procede non per aggiunte, ma per "sottrazione". Sottrazione di indottrinamenti, e di insegnamenti: l'in-segnamento è sostituito da un con-segnamento. Nel rapporto
analitico si con-segna qualcosa a qualcuno, una traccia labile, non rigida,
ma non per questo meno resistente; anzi, resistente proprio in funzione
della sua elasticità. Proprio poiché quello che questa traccia va a mettere
in questione èl'identità delle persone, l'identità forte non è quella
rigida, paranoide. L'identità forte, matura e più attrezzata per il suo
rapporto con la realtà, è quella apparentemente più difficile da definire,
costituita di tracce duttili meno marcate, che costituiscono un sistema
semi permeabile in trasformazione, un "Ego training in action", come Fabrizio
ci ha insegnato.
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