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Risonanza
all'Estero della Morte di Fabrizio Napolitani "Nessuno è profeta in patria o, quanto meno, è difficile che lo diventi", non ho potuto fare a meno di pensare nel constatare la vasta e profonda eco che la scomparsa di Fabrizio Napolitani, il fondatore della nostra rivista, ha suscitato a livello internazionale. Sapevo che egli era uno studioso che godeva di molta considerazione da parte dell'AGPA (American Association of Group Psychotherapy) di cui era socio (fellow) per meriti scientifici, avendo svolto attività didattica nel-l'ambito degli Incontri Annuali (Annual Meetings) organizzati da questa associazione; sapevo che aveva svolto un ruolo significativo all'interno della IAGP (International Association of Group Psychotherapy), che raggruppa le associazioni di psicoterapia di gruppo di tutto il mondo e che aveva contribuito a sviluppare; ma, almeno a me e in qualche misura anche nell'ambito della sezione SGAI di Milano e nel Nord Italia, non erano noti in tutta la loro portata l'apprezzamento e il prestigio di cui godeva all'estero. E ciò anche in considerazione di alcuni fondamentali lavori, sui suoi primi esperimenti con i gruppi gruppo-analitici e con la comunità terapeutica in Svizzera prima e in Italia poi, che aveva pubblicato in varie riviste internazionali, oltre per i corsi tenuti, su invito, presso università straniere e per i suoi contributi scientifici ai vari consessi, che si tenevano qua e là nel mondo, sulla psicoterapia di gruppo, nel cui ambito era nel contempo esponente e portavoce della gruppoanalisi italiana, che si andava via via sviluppando. No, qui al Nord, Roma, dove fin dal 1968 Fabrizio Napolitani aveva fondato l'IGAR (Istituto di Gruppo-Analisi di Roma), appariva come un'isola lontana da dove arrivava solo qualche eco. Eppure l'IGAR era il centro propulsivo della sua attività di formazione in gruppoanalisi, a cui affluivano professionisti alla ricerca di formazione nell'allora nuova prassi terapeutica di analisi di gruppo, che costituiva la continuazione del lavoro con i gruppi svolto in Svizzera fin dal 1958 nella Clinica di L. Binswanger. Ciononostante, qui, a fronte del notevole contributo dato allo sviluppo della gruppoanalisi, avendo ideato la metodologia di formazione attraverso il gruppo, la sua figura non era conosciuta nel suo reale valore. Una possibile spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che l'alone carismatico che circondava il fratello Diego Napolitani - l'altro pioniere della gruppoanalisi italiana, che aveva elaborato un modello teorico originale della gruppoanalisi pubblicando molto in Italia - può avere in qualche misura reso difficile guardare oltre. Ma a questo può aver contribuito anche lui, Fabrizio Napolitani, il quale, come dirò più avanti, dopo aver additato la meta, tendeva a tirarsi in disparte per sperimentare nuove vie e nuove tecniche. Mi pare comunque significativo che lo stesso Diego Napolitani, al recente congresso della SGAI (Castelgandolfo, nov. 1995), riferendosi a sé e al fratello Fabrizio ne desse un'immagine "gruppale", definendo se stesso come "lo scrivano fiorentino", cioè come colui che elaborava teoricamente ciò che nasceva dal loro scambio fecondo. In un certo qual modo, mi verrebbe da dire che i due fratelli Napolitani si siano più o meno inconsapevolmente divisi i compiti, privilegiando, anche se non in modo esclusivo, l'uno la teoria e l'altro il metodo, l'uno Milano e l'altro Roma, l'uno l'Italia e l'altro l'estero, favoriti in ciò dalle proprie caratteristiche e storie personali. I contributi internazionali, però, venivano resi noti in Italia, a volte attraverso la loro pubblicazione sulla nostra rivista, a volte attraverso attività seminariali svolte da eminenti studiosi stranieri, diventando materia di un proficuo confronto. Ma lui, Fabrizio Napolitani, non lo si vedeva e non lo si sentiva molto qui da noi, così come non appariva che raramente sulla rivista che egli stesso aveva fondato, e me lo immagino come un regista che se ne sta dietro le quinte a dirigere e ad animare la rappresentazione in atto, o come un ambasciatore rivolto a tessere e a promuovere gli scambi con il proprio paese. Un'attività questa che deve essergli stata congeniale, se nell'agosto del 1981 a Roma, attraverso l'apertura del 5° Congresso Europeo di Gruppoanalisi – presieduto da lui e da M. Pines – a tutte lo organizzazioni italiane dedite all'analisi di gruppo, fu anche in Italia l'anima promotrice dello scambio e del confronto nell'ambito del movimento gruppologico italiano, un'iniziativa che, non molto tempo dopo, sfociò nella costituzione della COIRAG, di cui fu uno dei fondatori e il primo presidente. Salvo poi, una volta indicata la strada, cedere subito il passo ad altri ritornando, al pari del buon conduttore di gruppo, sullo sfondo. E, dunque, sempre pronto a battere nuovi sentieri. e a tessere nuovi contatti con l'ampio territorio internazionale della psicoterapia di gruppo. Ecco, forse ciò che più di ogni altra cosa lo contraddistingueva era la sua capacità di stare o di rientrare nello sfondo. Forse, anche per questo motivo noi, che eravamo lontani, facevamo fatica a intravederlo. Quale è stata, dunque, la mia sorpresa nel vedere che sulla rivista della IAGP, The International Forum of Group Psychotherapy, gli venisse riservato così tanto spazio nella forma di ben tre necrologi, dove, assieme a ricordi personali e professionali, viene messa in rilievo la sua figura di pioniere della psicoterapia di gruppo. Il suo pionierismo lo si può dedurre dal profilo scientifico-professionale che Giusy Cuomo ha scritto sulla nostra Rivista (vol. XI, n. 1, 1996) e che ci ha fatto conoscere aspetti poco o per nulla noti, i quali ci danno la possibilità di constatare, come sin da giovanissimo il suo interesse fosse rivolto ai gruppi. Ritengo, dunque, sia doveroso, in attesa che venga pubblicato un libro con la raccolta dei suoi scritti, rendere giustizia alla memoria di Fabrizio Napolitani, riportando alcuni stralci di quanto viene pubblicato su Forum (vol. 5, n. 1, 1996). "Addio a un compagno d'armi" è il titolo del profilo, che occupa l'intera pagina, tracciato da Juan Campos, il quale, nella sua veste di co-presidente con M. Pines della Sezione di Gruppo-Analisi della IAGP, di cui è anche Archivista Onorario, nel sottolineare come Fabrizio Napolitani aborrisse dall' essere "colonizzato dall'autoritarismo" e come i suoi ultimi pensieri fossero per la libertà, conclude: "Grazie Fabrizio per essere stato un così radicale gruppoanalista. Grazie per averci insegnato come insegnare la gruppo-analisi come una metodologia di formazione attraverso il gruppo, che si regge su tre pilastri: la teoresi gruppo-gestita, l'équipe clinico-didattica, le supervisioni cliniche." (pag. 21). Dal canto suo,
Leonardo Ancona (Roma) scrive: Fern Cramer Azima (Montreal, Canada), presidente della IAGP negli anni 1989-1992, nel suo scritto dal titolo "Commemorazione di Fabrizio" esordisce così: "L'Associazione Internazionale di Psicoterapia di Gruppo [IAGP] ha veramente perso uno dei suoi grandi pionieri." E continua: Questo uomo elegante e sofisticato, spesso controverso, ha lasciato una grande eredità alla IAGP. Mi mancherà lo scintillio dei suoi occhi azzurri, il suo sorriso penetrante e l'amicizia e la lealtà che egli ha condiviso con noi." (p. 22). A Fabrizio Napolitani
va, dunque, la nostra profonda riconoscenza per l'immagine di vitalità
e di creatività che ha dato della Gruppo-Analisi italiana nel mondo!
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