Alla
ricerca dei principi e delle regole
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E' in quest'ottica e da un punto di vista rigorosamente scientifico che dovrebbero essere valutate le domande nevralgiche in questa materia come l'obblighi per il mediatore di confidenzialità, di controllare la legalità o l'equità dell'accordo finale. L'analisi rimano sul piano contrattuale e soprattutto le conseguenze non mutano se la mediazione invece di svolgersi in una situazione precontenziosa, o nell'ambito di una difficoltà di esecuzione contrattuale si svolge in parallelo ad un processo esistente; se la mediazione è suggerita o ordinata dal giudice, se è imposta per legge. Se invece la mediazione è condotta dal giudice, da un ausiliare di giustizia dotato di uno stututo particolare, da un conciliatore che dispone di poteri importanti incluso persino il potere di decidere, l'aspetto contrattuale sfuma fino a divenire inesistente. In conclusione la mediazione non appartiene a nessuno, salvo al legislatore ove ritenga opportuno intervenire. |
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In un'accezione volutamente ampia la mediazione è semplicemente l'intervento di un soggetto fra due o piu' parti in conflitto per aiutarle a trovare una soluzione, un punto di incontro fra le loro divergenti posizioni. Il dizionario Devoto-Oli definisce la mediazione come "un'azione svolta da terzi per il raggiungimento di un incontro o di un accordo specialmente sul piano diplomatico o commerciale". In alcuni casi, infatti, in assenza di una comunicazione serena, affrontare e risolvere una situazione conflittuale puo' essere estremamente difficile per le parti che sono direttamente coinvolte. Gli esempi e le sfumature in cui l'intervento di questo "terzo" si realizza nella vita quotidiana sono le piu' varie. Una vicina che cerca di riportare la pace fra due giovani sposi che hanno avuto un furibondo litigio; uno psicologo che aiuta una coppia, ormai in crisi, nella ricerca di un equilibrio; un bambino che cerca di mettere pace fra due compagni di giochi; un assistente sociale che, per ordine del Tribunale dei minori cerca di migliorare il rapporto fra un genitore e un figlio, un mediatore che per ordine del tribunale esplora le possibilità per due parti coinvolte in un processo di arrivare a un accordo, un prete che interviene in una situazione familiare difficile, senza dimenticare che, anche nei rapporti internazionali, spesso è richiesto l'intervento di un esponente di uno Stato terzo per facilitare la negoziazione di un trattato difficile. Negli esempi sopra citati esistono notevoli differenze (mediazione volontaria,
imposta, professionale e non) ma anche un comune denominatore: il terzo
funge da "paciere" agendo sugli aspetti emotivi del conflitto.
Di fronte al fenomeno umano appena descritto il giurista è chiamato a ricercare quali sono i testi giuridici applicabili. Piu' esattamente a verificare se per la multiforme realtà che rappresenta l'intervento pacificatore di un terzo, esiste un testo universale o se invece si puo' fare riferimento al generale principio in base al quale gli individui, rispettando eventuali specifici divieti, sono liberi nell' organizzare i loro rapporti umani e se lo ritengono di assumere obblighi contrattuali. Non bisogna dimenticare, infatti, che i comportamenti dell'uomo non sono sempre e interamente regolati dalla legge o da un contratto, ma sono perlopiu' organizzati sulla base di "regole" non scritte, non obbligatorie, che cambiano nel tempo seguendo il mutare dei costumi sociali. Se ad esempio si guarda al matrimonio, accanto a precise regole e doveri
giuridici, ne esistono altri, non scritti, la cui esecuzione forzata è
impossibile ma la cui efficacia è ben superiore per un armonioso
funzionamento della vita coniugale. Si tratta degli obblighi morali, della
reciprocità di sentimenti, della fiducia fra due coniugi; in definitiva
di tutte le componenti della "comunione spirituale" il cui venir
meno, è motivo di divorzio, proprio perché per la sua assenza
non esiste un rimedio giuridico. In diritto francese non esiste un testo suscettibile di un'applicazione generalizzata per ogni tipo di mediazione. Negli altri Paesi dove esiste raramente contiene regole cui è impossibile derogare contrattualmente. In Francia, inoltre, i numerosi testi sui procedimenti alternativi di risoluzione delle controversie hanno efficacia solo nel settore per il quale sono concepiti. Anche quelli sulla mediazione giudiziaria già estremamente brevi, non hanno valenza per una mediazione che si svolga all'esterno del processo. Se poi il mediatore è iscritto ad un albo professionale o se fa parte di un'associazione i cui membri si sono impegnati al rispetto di determinati principi, delle regole esistono ma la loro applicazione è limitata a queste ipotesi. A ben vedere, non esistono quindi vaghi principi "connaturati" alla mediazione, come spesso viene affermato, ma talvolta obblighi previsti per legge, talvolta impegni contrattuali o unilaterali precisi. E in quest'ultimo caso, le parti, salvo eccezioni, restano pur sempre libere di stabilire diversamente in un caso singolo. E' vero che la giurisprudenza puo' tavolta pronunciarsi su un punto: ma perché una decisione sia significativa è necessario che non costituisca una posizione isolata e in ogni modo essa rappresente solo un riferimento, non obbligatorio, fino ad un' eventule mutamento di indirizzo. In assenza di un quadro giuridico predeterminato è quindi lecito concludere che, se vi è accordo sul tipo di mediazione più appropriata alla risoluzione del loro litigio, le parti sono libere di stabilirne le modalità. L'incontro di volontà fra le parti in lite e il mediatore con
cui quest'ultimo si impegna non già a un risultato (l'accordo)
ma a predisporre le migliori condizioni per pervenirvi pare rispondere
ai requisiti legali per l'esistenza di un contratto. Inoltre, nel caso piu' frequente in cui il mediatore non è parte del contratto, risultato finale della mediazione, non vi sono elementi nuovi che inducano a ragionare diversamente rispetto al caso di un contratto concluso senza l'intervento facilitatore del terzo. Del resto il mediatore è spesso definito un catalizzatore, per esprimere l'idea che l'accordo appartiene intieramente alla volontà delle parti, senza che vi siano elementi da giustificare delle eccezioni alle regole e principi generali in materia di contratti. E' logico perlatro che un giudice incaricato di valutare la validità di un accordo che è anche frutto dell'opera di un mediatore esaminerà le particolari circostanze in cui questo è stato concluso. In particolare valuterà l'influenza che la presenza del mediatore ha avuto nel processo di formazione della volontà delle parti e se sono ravvisabili ipotesi di errore o dolo delle parti determinate dalla presenza del mediatore. Se il mediatore è terzo rispetto all'accordo finale bisogna infatti che sia rilevante, ai fini dell'invalidità dell'accordo, un suo comportamento doloso, interrogativo cui la giurisprudenza in diritto italiano almeno, dà una risposta negativa. Se il mediatore è parte dell'accordo finale, ancorché sia possibile costruire un tale contratto soprattutto alla luce del requisito della causa, il ragionamento resta il medesimo. Il risultato finale, in termini di validità dell'accordo, potrebbe pero' cambiare perché l'indagine del giudice dovrà valutare anche nei confronti del mediatore i requisiti di validità del contratto (non solamente limitatamente all'influenza che puo' avere avuto nel procedimento di formazione della volontà delle parti prima in lite). Se manca un quadro contrattuale che precisi la missione del mediatore il giudice dovrà pertanto cercare di ricostruirlo con riferimento alla volontà delle parti nel caso specifico, senza condizionare la validità della mediazione e del suo risultato al rispetto di obblighi stabiliti a posteriori che non hanno forza obbligatoria autonoma. E' in quest'ottica e da un punto di vista rigorosamente scientifico che dovrebbero essere valutate le domande nevralgiche in questa materia come l'obbligo di confidenzialità, l'obbligo del mediatore di controllare la legalità o l'equità dell'accordo finale, per i quali, come abbiamo visto, in diritto francese e non solo, un testo universalmente applicabile non esiste. In sua assenza pare mancare di forza l'opinione di coloro che elevano al rango di obbligo una regola che ha solo un significato in termini di opportunità, di dottrina, di ispirazione per una futura evoluzione legislativa, insinuando talvolta il dubbio che si tratti di un principio cui non è possibile derogare contrattualmente. La confidenzialità ad esempio è, infatti, sancita dalla legge sulla mediazione e conciliazione giudiziaria francese e confermata, con qualche differenza dai rispettivi decreti attuativi, ma il suo ambito di applicazione è limitato a queste ipotesi. E' pero'frequentemente imposta al mediatore in virtu' della sua appartenenza a un albo professionale (medico, avvocato). Ugualmente se le parti hanno espressamente previsto che tutto quello che sarebbe stato detto in mediazione sarebbe stato confidenziale o se un giudice ritiene essere questa la loro volontà benché tacita. L'obbligo di confidenzialità è inoltre spesso affermato, senza chiarire quale è la sua estensione. Sono confidenziali tutte le discussioni, le proposte fatte oralmente durante lo svolgimento del procedimento o bensi' tutti i documenti scritti prodotti in questa fase? Riflettere su questo punto è vitale per la possibilità di difendersi in un successivo processo, se l'utilizzo di documenti durante la mediazione vietasse in seguito la loro produzione in giudizio. Per gli stessi motivi non sembra corretto l'argomento di coloro che sostengono
l'estensione generalizzata dell'obbligo per ogni mediatore di controllare
la legalità dell'accordo. Perché se il mediatore è un avvocato l'analisi dovrebbe
essere necessariamente diversa? Anche per l'obbligo del controllo dell'equità dell'accordo il ragionamento da seguire e la conclusione sono le medesime. Quali sono invece le conseguenze della violazione di questi eventuali obblighi imposti al mediatore, di verificare un accordo iniquo o "illegale"? Sempre in assenza di un testo di legge generale le risposte si troveranno, nei principi generali in materia di o contratti, in quelli specifiche al contratto concluso, con riguardo al contenuto del contratto spesso se il rispetto di uno di questi elementi è considerato essenziale alla sua validità. Abbiamo fin qui affermato che le parti nei limiti dei diritti disponibili possono sempre concludere un accordo che regoli i loro rapporti. In particolare per l'estinzione di un litigio o per prevenire una contestazione il contratto di riferimento è la transazione. Infiniti esempi di mediazioni sono stati presentati, ma si puo' anche considerare per un solo conflitto sono infiniti i mediatori possibili. Se ho un problema con un fornitore sono libero di chiamare, per aiutarmi a risolverlo, chiunque, un amico di entrambi, un concorrente, un avvocato, un esperto del settore, un parente, un commercialista, un avvocato. Il contratto che posso concludere se in fine si arriva a un accordo è sempre lo stesso o meglio non è necessariamente legato al ruolo del mediatore salvo espressa previsione delle parti. Semplicemente ogni mediatore sarà tenuto agli obblighi deontologici imposti dalla sua professione o da una carta associativa cui ha scelto di aderire. Il quadro giuridico piu' semplice da ricostruire è, come abbiamo visto, quello in cui indipendentemente dall'esistenza di un processo, il ricorso alla mediazione è interamente volontario quanto gli aspetti procedimentali che alla conclusione. Infatti, come a questo punto dovrebbe apparire con chiarezza, nel caso di una mediazione completamente volontaria e in assenza di testi specifici, la libertà contrattuale e i suoi limiti rappresentano il diritto applicabile. L'analisi e soprattutto le conseguenze dedotte devono mutare se la mediazione invece di svolgersi in una situazione precontenziosa, o nell'ambito di una difficoltà di esecuzione contrattuale si svolge in parallelo ad un processo esistente? O se la mediazione è suggerita o ordinata dal giudice, imposta per legge sia veramente incardinata nel processo, si svolga nelle aule di tribunale? La risposta è negativa e solo un'ipotesi legislativa in tal senso permetterebbe di ricostruire un quadro giuridico diverso. In generale, invece, la maggior parte degli ordinamenti giuridici e il diritto francese riconoscono alle parti la possibilità per le parti conciliarsi, in ogni momento (concludendo una transazione o un accordo per la radiazione della causa) mettendo fine definitivamente al processo. In alcuni casi è inoltre previsto l'intervento di un terzo che aiuti le parti a arrivare a un accordo. La natura dell'attività di questo terzo cambia solo perché esistono dei testi che ne regolano in parte lo svolgimento o è necessaria un'indagine piu' approfondita per verificare la portata delle regole ivi contenute ? Esaminando la legge sulla mediazione giudiziaria francese si scopre che
essa afferma chiaramente la confidenzialità del mediatore verso
il giudice. Quest'ultimo non puo' imporre la mediazione, ma fissa il corrispettivo
per il lavoro svolto dal mediatore, puo'mettervi eventualmente fine d'ufficio
o su richiesta delle parti. La durata è limitata a tre mesi, terminati
i quali il mediatore è obligato a redigere un processo verbale
contenente l'accordo raggiunto o la constatazione del fallimento della
mediazione. Altri aspetti sembrano rimanere irrisolti, soprattutto quelli concernenti
l'applicazione dei principi fondamentali per il buon funzionamento della
giustizia contenuti ad esempio negli articoli 1-21 del Codice di procedura
civile. Inoltre i suddetti principi e sopra tutti il contraddittorio devono essere applicati nel corso del processo affinché le parti possano lealmente difendersi e il giudice possa emettere una valida sentenza. La violazione del contraddittorio è infatti un motivo di annullamento di quest'ultima, ma non è previsto che lo sia per un eventuale contratto che le parti possono concludere per mettere fine a un processo. Come si potrebbe allora considerare invalido un contratto che le parti
hanno concluso, che risponde a tutti i requisiti di validità richiesti,
solo perché nel processo, e senza che vi sia una qualche ripercussione
sul contratto stesso, una violazione di un qualche principio fondamentale
si è verificata. Medesimo ragionamento ma conclusione diversa, almeno in diritto francese, se il mediatore è un giudice. Sulla base dei testi appare infatti, nella maggioranza dei casi e ad esempio per il contraddittorio, un chiaro un obbligo inderogabile per il giudice di conformarvisi in ogni situazione. Se poi la mediazione è condotta da un vero e proprio ausiliare di giustizia, come i conciliatori giudiziari francesi che hanno uno statuto specifico, sono legati a un giudice sono proposti dal legislatore come una forma di giustizia alternativa l'investitura contrattuale che abbiamo potuto ritrovare, piu' o meno libera negli altri casi, diviene piu' debole, forse inesistente lasciando spazio a un ragionamento, questa volta diverso. Se, infine, l'analisi si sposta su procedimenti obbligatori in cui il terzo dispone di poteri investigativi importanti -come nel caso dell' ufficio di conciliazione francese per le controversie di lavoro, che dispone persino del potere di decidere in prima istanza della controversia, se le parti non si accordano - le ragioni per dubitare della natura contrattuale del rapporto con le parti sono pressoché decisive. Un'altro esempio di queste procedure ibride, sempre nell'esperienza francese, è quello della commissione per l'eccessivo indebitamento formalmente organo conciliativo, in pratica dotato di poteri che lo rendono molto vicino a avere lo statuto di un giudice. La conclusione generale di questo intervento alla ricerca dei principi e delle regole contrattuali applicabili alla mediazione vuole essere un invito alla riflessione sul fatto che la mediazione non appartiene a nessuno, salvo al legislatore, ove ritenga opportuno intervenire. Per questo e per una maggiore chiarezza su questo argomento è importante non confondere regole giuridiche e di opportunità, omettendo di verificare se un preteso principio generale di cui si afferma l'applicazione ha semplicemente nel caso esaminato una fonte precisa. |
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