Introduzione

3 WMF ITALIA 2000


Il mediatore-ovvero dell'arte di progettare
un'estetica sociale in un diverso paradigma
delle relazioni interpersonali.
Alcuni esempi concreti.


PAOLO GIULINI

ABSTRACT workshop

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Papers
   


Country:
Italy

Language:
Italian


Con tale gruppo di lavoro si propone una riflessione sull'urgenza nella civiltà contemporanea di uscire dagli schemi di relazioni sociali improntate alla sopraffazione, alla concorrenza intesa come rivalità, quand'anche non alla violenza e all'aggressività.
L'intenzione è di interrogarci sulla proponibilità di un diverso paradigma delle relazioni interpersonali e sociali, ovvero rintracciare il potenziale umano delle condotte cooperative, proprio utilizzando a pretesto la gestione dei conflitti, e non la loro risoluzione.
Si tratta di provare ad esplorare nell'uomo e nel suo comportamento, l'eventuale collegamento tra la nostra capacità di essere violenti e il nostro bisogno l'uno dell'altro.
A questo proposito viene presentato un filmato che illustra l'esperienza delle "Commissioni di verità e riconciliazione in Sudafrica".
Inoltre si descriveranno esempi concreti, in ambiti e contesti sociali differenti, dove il mediatore diventa "elaboratore di progetti", e propone una nuova operatività sociale attraverso la gestione dei conflitti: il Centro Sperimentale di Mediazione Sociale di Milano, e la Mediazione Sportiva nell'ambito del settore giovanile di una squadra professionista di calcio.


mediatore, criminologo, giudice onorario, manager.

 

RELAZIONE
LA MEDIAZIONE SPORTIVA ALL'INTER
Elementi di valutazione del progetto di Mediazione nel settore giovanile dell'Internazionale F.C. nell'anno 1999/2000

 
 
Il quarto anno di realizzazione del Progetto di Mediazione dei conflitti nell'ambito delle attività di allenamento ed agonistica nel settore giovanile dell'Inter, rappresenta, per quanto qui successivamente motivato, il completamento di una fase sperimentale che si è necessariamente articolata con diversi impianti operativi fin dall'inizio dell'esecuzione del progetto.

Inserire una nuova figura che si dispone alla neutralità e all'accoglienza delle diverse narrazioni di chi affronta un'esperienza conflittuale in un ambiente funzionalmente competitivo come il calcio professionistico, è stata quasi una scommessa.
Il mediatore, già di per sé, è un operatore assai nuovo che ricopre quel ruolo che in un recente passato avevano in un tessuto sociale meno complesso, certe figure di riferimento fornite di autorità e pertanto riconosciute affidabili, soprattutto nell'indirizzare e risolvere situazioni conflittuali. Tali erano per esempio i parroci o i notabili di un paese, così come alcuni saggi riconosciuti per il loro ruolo particolare come il medico o il notaio. Un'altra figura di riferimento poteva essere il padre, in una struttura familiare che è assai diversa da quella che sempre più oggi conosciamo. Insomma tali ruoli che possiamo definire di "mediatori informali", sono andati indebolendosi, e le agenzie sociali classiche di socializzazione hanno perso il loro potere di attrazione e di riequilibrio nelle relazioni interpersonali. Basti pensare al ruolo svolto dai partiti di massa e dalle associazioni sindacali, prima dell'attuale trasformazione della politica non più in attività partecipata, ma piuttosto in terreno di produzione del consenso.
I vuoti sociali e le tendenze disgregative in atto nei tessuti di convivenza dell'epoca moderna e tecnologica, la forte tendenza all'atomizzazione delle relazioni interindividuali e la complessità crescente dei nostri mondi sociali, sono gli scenari in cui si delinea la necessità di prendersi carico della qualità delle relazioni tra gli individui, proprio utilizzando le esperienze di conflitto come una risorsa che permette un riconoscimento reciproco tra le parti, attraverso un terzo neutrale che per l'appunto viene all'uopo formalizzato.
Il mediatore basa il suo intervento sull'autorevolezza, dimensione che si raggiunge in un ambito relazionale con la capacità di ottenere la fiducia degli altri, e ciò solo allorquando egli mantenga un ruolo debole, sfornito di potere e tendenzialmente neutrale.

Queste premesse teoriche permettono di meglio specificare l'evoluzione del nostro operato di mediatori sportivi all'Inter in questi anni, anche in riferimento all'indispensabile esigenza sperimentale dei primi anni di inserimento di questa specifica figura operativa.
Il mediatore opera con tutte le componenti delle attività sportive ed agonistiche, ovvero sicuramente i ragazzi, ma anche gli adulti, professionisti e non, che si occupano di loro a vario titolo, ed i rispettivi genitori.
L'attività di supervisione del gruppo di lavoro del progetto di mediazione ha evidenziato quest'anno quanto la specificità del mediatore sportivo consista proprio nello sviluppare una sensibilità neutrale e a tutto campo, rivolta alle situazioni di disagio che esitano dalle più disparate vicende e dinamiche conflittuali.

Va senz'altro rilevato a proposito che la prospettiva di intervento dei primi anni di progetto, sia stata lievemente sbilanciata su preoccupazioni di tipo educativo-pedagogico e di tutela dei diritti dei giocatori in erba, quasi come se il mediatore volesse farsi leggere dai ragazzi come il loro rassicuratore amico. In tal senso anche la percezione di tale ruolo da parte degli adulti che operano nel settore giovanile, si è andata deformando verso aspettative di tipo educativo-disciplinare, che invece non devono per niente competergli.
Il rischio era quello di fabbricare una sorta di alleato- adulto dei ragazzi, che entrasse in collisione con le altre figure adulte, che avrebbero guardato con sospetto all'efficacia del ruolo del mediatore, oppure se ne sarebbero servite per un utilizzo strumentale dello stesso, ai fini di mere preoccupazioni efficientiste e di risultato. Tali strumentalizzazioni del ruolo, possono portare a considerarlo ed utilizzarlo soprattutto da parte degli allenatori, come colui che ha la funzione di rendere più maneggevole il gruppo dei ragazzi, fedele imbonitore e facilitatore disciplinare.

Quest'anno in particolare si è concentrato il nostro lavoro anche sugli adulti che operano con i ragazzi, soprattutto gli allenatori, e sui genitori.

Il disagio che esita da difficoltà di ordine comunicativo e relazionale, maggiormente quando ad esse sono sottese vicende conflittuali, è anche un vissuto ed un'esperienza del formatore, di colui che esercita una specifica professione tecnica, e che difficilmente viene incontrato e accolto sul piano emotivo e più specificamente umano. In particolare la forte caratterizzazione del ruolo dell'allenatore, spesso ne offusca la dimensione personale ed umana, con possibili conseguenze di disagio personale che possono comportare anche profondi vissuti di solitudine. Quando si è chiamati in un ambiente a svolgere un compito molto specifico e leaderistico, come quello dell'allenatore, spesso si sente la necessità di disfarsi della maschera che il ruolo stesso impone, e di poter esistere in quanto tali. Questa operazione pur apparendo banale non è in realtà facile e siamo convinti che il mediatore abbia fornito un supporto anche in tal senso.

L'offerta di un luogo privilegiato di ascolto e di confronto anche per i genitori si è confermato come un intervento fondamentale, che in talune situazioni ha facilitato la gestione di dissapori e di disagi pregiudiziali, che altrimenti non potevano venire accolti se non con spicciole pratiche liquidatorie, già di per sé causa di inquinamento comunicativo e relazionale. L'attenzione al mondo genitoriale dei ragazzi è un aspetto irrinunciabile in un settore giovanile di un Club professionistico, e non può essere negata, arrivando addirittura a sostenere, come spesso si sente dire tra gli operatori del settore, che i migliori giocatori siano gli orfani.
Il riscontro al nostro lavoro con i genitori, adeguatamente illustrato dalle relazioni qui allegate, è stato positivo, e non solo per la partecipazione interessata degli stessi ai momenti stabiliti per gli incontri, ma anche per le restituzioni degli allenatori, che riconoscono una diminuzione delle pressioni e delle tensioni provenienti dalle figure genitoriali. Crediamo dunque di proseguire con questo lavoro e di garantire in futuro costanti finestre di comunicazione tra allenatore e giocatori.

Un altro aspetto problematico si riferisce al modo di inserimento del mediatore nel gruppo di lavoro.
Ovvero, questa particolare nuova figura, che non è né psicologo né educatore, che non ambisce in via principale a facilitare la compattezza e l'amalgama del gruppo-squadra, ma si rivolge innanzi tutto ai singoli all'interno di un gruppo di lavoro, ed ai loro disagi che possono derivare dal fatto di confrontarsi e relazionarsi spesso conflittualmente nel gruppo stesso, come deve collocarsi nel contesto operativo?
Il carattere sperimentale dei primi anni di progetto ci ha permesso di provare diverse soluzioni e di giungere quest'anno ad una serena valutazione che ci consente di individuare finalmente il modo più opportuno di inserimento del mediatore nel gruppo.
L'idea di partenza è stata quella di inserirlo nel team di lavoro con il ruolo di Dirigente-accompagnatore, formato alla gestione dei conflitti e con il compito specifico di programmare interventi di sensibilizzazione alla mediazione e di offrire al gruppo-squadra la sua peculiare sensibilità, accogliendo e stimolando tutte le occasioni interindividuali di narrazione. Ci sembrava in questo modo di dare l'opportunità al mediatore di essere più direttamente a contatto col gruppo.
Successivamente è stato provato un inserimento intermedio e si è mantenuto per alcuni il ruolo di D.A.M.(dirigente-accompagnatore mediatore), mentre altri mediatori sono stati inseriti nell'equipe di lavoro in modo del tutto autonomo, cioè come mediatori accanto al massaggiatore, all'allenatore ed al medico.
Oggi possiamo confermare che quest'ultimo tipo di collocazione è quella che meglio risponde alle specificità della figura proposta, soprattutto perché si evitano in tal modo sovrapposizioni contraddittorie tra le funzioni disciplinari e meramente organizzative del dirigente classico ed il precipuo compito di accoglienza a tutto campo dei vari soggetti coinvolti in vicende individuali conflittuali o di blocco comunicativo. Ciò anche andando ad inficiare la tenuta sulla neutralità dell'intervento del mediatore. Spesso abbiamo avuto infatti la sensazione di essere vissuti, qualora non riconosciuti con un'autonomia di ruolo, come una sorta di spie, che restituiscono alla struttura le confidenze intime ricevute.
Il fatto stesso poi di operare con una riconosciuta identità autonoma, consente al mediatore di essere sgravato di quei compiti più strettamente operativi del dirigente e di programmare la propria attività, che consiste nell'offrire occasioni e stimoli comunicativi e di riflessione su di sé, ai soggetti coinvolti nelle pratiche di addestramento calcistico, oltre che fornire una continua mappatura delle situazioni conflittuali e delle specifiche qualità inter-relazionali nel gruppo.
A tale proposito i questionari hanno evidenziato come la figura specifica del mediatore sia ormai riconosciuta ed individuata sia dai ragazzi che dagli adulti che lavorano con loro, ed anche dai genitori. Abbiamo riscontrato un aumento di riconoscimento del nostro ruolo anche attraverso le numerose richieste di intervento rivolteci direttamente da alcuni allenatori, talvolta anche concernenti il rapporto tra loro stessi, con la consapevolezza che spesso risulta per loro difficile parlarsi senza un soggetto intermediario.

A conclusione di queste tracce di presentazione dell'attività del progetto di mediazione nell'anno 1999-2000, ci preme evidenziare alcuni aspetti fondamentali della figura del mediatore sportivo, tutti scaturiti a partire dalla pratica concreta e dalle problematiche che questa comporta.

Innanzi tutto egli è un soggetto capace di autorevolezza, pur sfornito di potere e con un ruolo assai debole. Alla base del suo intervento vi è la risorsa di saper creare relazioni fiduciarie, sia restituendo che ottenendo fiducia.

Altro aspetto del mediatore sportivo è l'autonomia rispetto ad altre competenze e professioni. Egli non ha una funzione pedagogica, né un approccio terapeutico. Il conflitto, anche quello tra due persone, certo genera disordine. Il mediatore non interviene per ristabilire l'ordine o per guarire il disordine, bensì accoglie quel disordine come componente viva degli incontri inter-personali, sia dentro che fuori dalla dinamica dei gruppi. Ciò facendo si sottrae ad interventi risolutori, consigli, cure o giudizi, e si dispone ad offrire uno spazio privilegiato di ascolto, restituendo a coloro che vivono un conflitto la dignità e la responsabilità rispetto ad esso.

L'altra caratteristica è la neutralità. Sembra un aspetto quasi scontato, ma è in realtà il più difficile dei compiti di un mediatore, evitare di immedesimarsi con qualcuno che gli fa rivivere proprie situazioni di vita o con il più debole di un conflitto. Ancor più complesso in un ambiente competitivo per definizione è il rimanere neutro tra le varie componenti che vi interagiscono, e saper sempre demarcare il limite tra gli aspetti competitivi e quelli conflittuali. Individuare infatti una precisa demarcazione tra l'ambito della competizione e quello del conflitto, consente di evitare non solo gli esiti negativi che intaccherebbero il complesso delle relazioni interpersonali, ma anche il blocco di potenzialità che possono attivarsi in uno spazio comunicativo ed espressivo libero e aperto al confronto con l'altro.
Per fare ciò il mediatore lavora molto sul piano empatico, e si rivolge ai vissuti emozionali, così spesso poco riconosciuti e rispecchiati, quando non soffocati.

Considerati questi vari aspetti caratteristici del mediatore, va segnalata la difficoltà ad accettare questa figura come risorsa, per alcuni protagonisti delle pratiche di addestramento, e l'esigenza di lavorare con coloro che in questi anni si sono rivolti al mediatore in modo continuativo, in particolare alcuni tra gli allenatori.
Il ruolo debole del mediatore, caratteristica sua fondamentale, che permette una reale relazione fiduciaria e confidenziale, e che gli restituisce piena autorevolezza, implica purtuttavia il rafforzamento del proprio statuto e ruolo, attraverso la garanzia di una continuità operativa. In tal senso si ritiene importante proseguire gli interventi con quei gruppi di riferimento con cui si è già lavorato in passato, e in una prospettiva futura si ritiene ancor più efficace la presenza di due mediatori per ogni singolo gruppo squadra.
Altra considerazione frutto dell'esperienza di questi anni è quella relativa alla fascia di età dei ragazzi con la quale meglio si articola la sensibilità ed il lavoro del mediatore. Riteniamo le categorie dei 'giovanissimi', degli 'allievi' e della 'primavera', quelle più ricettive ma anche più bisognose di uno spazio continuo di ascolto ed accoglienza, soprattutto più inclini a vissuti conflittuali, a fronte dei quali gli stessi adulti spesso reagiscono con attitudini di fastidio e mera contrapposizione.

In sintesi, la nostra azione di trattamento dei conflitti non coincide con la loro risoluzione "a tutti i costi", ma con la messa in opera di pratiche di mediazione tese a riattivare nei soggetti la potenzialità necessaria per uscire dalla situazione conflittuale.
Il lavoro svolto in questi anni a titolo sperimentale nella direzione qui più volte definita, crediamo sia oggi diventato una risorsa per il contesto operativo del settore giovanile dell'Inter, dove ci siamo mossi nell'ambito di azioni tese ad una forte rivalorizzazione della persona e delle sue potenzialità, propriamente nel suo sistema relazionale di inserimento, nello specifico quello delle attività sportive agonistiche.

Queste riflessioni fin qui fatte sono da ritenere il frutto di un'esperienza pratica di quattro anni, e completano le precedenti considerazioni svolte alla fine di ogni anno di lavoro, come introduzione ai fascicoli con cui abbiamo annualmente presentato l'operato dei mediatori.
Con periodicità quindicinale inoltre si è sottoposto il lavoro dei tre mediatori ad una supervisione continua, da parte del supervisore al progetto.

Il supervisore è Paolo Giulini, ideatore del progetto.
I mediatori della stagione 1999/2000 sono:
Matteo Palmigiani(categoria Esordienti B- in qualità di Dirigente-Accompagnatore Mediatore)
Fabrizia Brocchieri(categoria Giovanissimi B- in qualità di Mediatore)
Giovanni Pasculli(categoria Primavera- in qualità di Mediatore, e Coordinatore dei Mediatori)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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