Country:
Italy
Language:
Italian
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1.
In questi
ultimi anni si è andato sviluppando un grande interesse attorno
al fenomeno della mediazione intesa quale strumento di superamento dei
conflitti negli ambiti più disparati .
La consapevolezza di un imponente bisogno di capire e gestire la conflittualità,
infatti, ci conduce verso l'acquisizione di una nuova mentalità
di concepire il conflitto, secondo cui la conflittualità non può
considerarsi di per sé negativa proprio in quanto espressione di
opinioni diverse , ed in tal senso necessita di essere accolta. Nella
stessa ottica si rende indispensabile gestire il conflitto in modo da
favorire la responsabilità decisionale dei contendenti.
Nella ricerca di strumenti atti a soddisfare tali esigenze si colloca
la mediazione che mira a ristabilire il dialogo tra le parti e a realizzare
un progetto di riorganizzazione delle relazioni.
A causa delle sue innumerevoli possibilità applicative la mediazione
non si presta ad una definizione univoca, pur nella certezza che l'elemento
comune ed imprescindibile è costituito da una soluzione del conflitto
che, liberamente adottata dalle parti, e non imposta dal mediatore non
preveda né vincitori né vinti.
La mediazione, infatti, può essere definita come "l'intervento
nell'ambito di una disputa tra due contendenti di una terza persona imparziale,
neutrale e gradita ad entrambi, che non riveste autorità decisionale,
ma li aiuta affinchè essi pervengano ad una soluzione della vertenza
che risulti di reciproca soddisfazione soggettiva e comune vantaggio oggettivo"
(cfr. Gullotta).
La mediazione, pertanto, può essere considerata come un' utile
modalità operativa per affrontare e gestire i conflitti che sorgono
in ambito familiare, in ambito penale, in ambito sociale e scolastico.
2.
Si osserva, peraltro, che esistono degli ambiti nei quali la gestione
delle controversie veniva tradizionalmente effettuata in sede giudiziaria,
principalmente quello penale e quello familiare e lavorativo.
Ci riferiamo infatti a quella tipologia di conflitti la cui risoluzione
, a differenza di quelli insorti in ambito scolastico , necessita dell'intervento
dell'autorità giudiziaria, quali ad es. i conflitti familiari in
sede di separazione e divorzio , oppure quelli in ambito lavorativo.
In questi contesti emerge infatti l'esigenza di reperire una pronta risoluzione
dei conflitti, di avere accesso alla giustizia in modo agile ed immediato.
Punto di partenza delle nostre riflessioni è che noi oggi concepiamo
la giustizia solo coma una soluzione autoritativa , solamente come un
intervento decisionale da parte del giudice.
La sentenza che promana dal giudice riveste in realtà carattere
autoritativo , ma spesso la sentenza è solo il punto di arrivo
di un lungo procedimento che comprende o almeno dovrebbe comprendere anche
una attività di conciliazione.
Di fatto l'attività di conciliazione , seppure prevista , è
un' attività totalmente emarginata , quasi collegata al buon senso
o alla buona volontà del giudice che la tenta o di altre figure
professionali che la svolgono al di fuori della giurisdizione .
Si è rilevato, al contrario, che l'attività di conciliazione
delle controversie rappresenta l'espressione giuridica della giustizia
terrena , e si sostanzi in un idea di giustizia almeno quanto la soluzione
autoritativa delle controversie .
E nel cercare di trovare delle spiegazioni rispetto a questa piena legittimità
dell'attività di conciliazione come espressione della giustizia
in senso lato sono state determinanti due riflessioni : in primo luogo
quella che l'esigenza di avere un accesso più agile e più
immediato alla giustizia si è , in questi ultimi tempi, particolarmente
accuito, e che si è andata acquisendo anche una nuova consapevolezza
circa la non necessarietà di un intervento "forte" del
giudice .
Tali esigenze ci conducono verso una nuova prospettiva , la necessità
di ricercare di uno spazio per strumenti sussidiari, integrativi o alternativi
quali ad es. quello della mediazione.
3.
La crisi in cui si dibatte da anni la giustizia italiana è, da
un punto di vista oggettivo, determinata da una crescente litigiosità
cui consegue un sovraccarico degli uffici giudiziari.
E' stato osservato che "
nel momento in cui lo Stato vuole
che i suoi organi giudiziari si occupino indistintamente di qualunque
tipo di controversia, senza distinzioni ed indipendentemente dal suo valore
economico o dalla sua effettiva importanza, senza riuscire al tempo stesso
a predisporre una organizzazione giudiziaria perfettamente efficiente
ed adeguata alla mole di lavoro che deve affrontare
in pratica
finisce per diventare equivalente alla situazione in cui l'ordinamento
nega completamente ai cittadini il diritto di ricorrere al giudice per
la soluzione delle liti (autorevoli giuristi hanno rilevato che ormai
da alcuni anni in Italia si sta verificando una situazione di sostanziale
diniego di giustizia) .
D'altro canto, le recenti modifiche al codice di procedura civile che
nel nuovo testo dell'art. 322 c.p.c prevedono un 'ipotesi di conciliazione
stragiudiziale delle controversie private, sono testimonianza dell'affermazione
secondo la quale il processo non può più considerarsi come
l'unica sede di risoluzione delle controversie civili.
In tale prospettiva si è mosso anche lo stesso legislatore con
la riforma dell'arbitrato L. 5 gennaio 1994, n.25e con la nascita degli
sportelli di conciliazione istituiti presso le Camere di commercio per
la risoluzione delle piccole controversie tra consumatori ed imprese artigiane
.
In tali contesti lo strumento mediativo è considerato indispensabile
per la risoluzione delle controversie.
4.
Resta da chiedersi se la mediazione sia uno strumento di nuova creazione
oppure possa assimilarsi ad istituti già presenti nel nostro ordinamento
.
Se si attribuisce al termine mediazione lo stesso significato di conciliazione
non è possibile riconoscere una valenza nuova alla mediazione (
basti pensare al tentativo di conciliazione in materia di controversie
di lavoro, controversie agrarie ed al tema della locazione)
Ma se è vero infatti che al giudice , all'ambito del processo non
sono estranei gli spazi conciliativi in quanto la conciliazione è
espressamente prevista nel nostro codice di procedura civile , agli artt.
183, 185 e 708. , non altrettanto può dirsi della mediazione ,
che attualmente non è regolata da nessuna disposizione del nostro
ordinamento.
Ma mediazione e conciliazione non sono due concetti separati o contrapposti
, ma sono due figure strettamente correlate in quanto la conciliazione
deve essere la finalità che la mediazione si propone e la mediazione
non può che essere lo strumento attraverso il quale si genera la
conciliazione.
5. La ricerca di strumenti alternativi per la composizione delle controversie
trova il suo ambito di applicazione privilegiato nei rapporti di famiglia
. In tale contesto infatti è particolarmente avvertita l'incapacità
del diritto ad affrontare e risolvere problemi che prima di configurarsi
quali controversie giuridiziarie sono il " vissuto privato della
coppia coniugale".
L'ambito dei conflitti familiari è senza dubbio uno fra quelli
che meglio si presta alla sperimentazione di strumenti mediativi , in
quanto la possibilità di adivenire a soluzioni concordate - sempre
che non si pongano in contrasto con disposizioni imperative inderogabili-
consente l'esperimento di interventi conciliativi sia ad opera del giudice
che dei suoi ausiliari.
Il giudice , al quale la legge impone in sede di separazione di esperire
un intervento finalizzato alla conciliazione , potrà (ed in alcuni
casi dovrà ) tentare di conciliarle concordando con esse un invio
in mediazione .
Durante l'intervento conciliativo obbligatorio - che prevede la comparizione
personale delle parti davanti al Presidente del Tribunale - questi in
primo luogo verifica se i coniugi vogliano desistere dall'azione intrapresa
per la pronuncia della loro separazione , se in altre parole siano ben
determinati nel separarsi; in seguito verifica se sia possibile pervenire
ad un efficace componimento dei contrapposti interessi , senza che ciò
comporti una rinuncia al diritto di intraprendere una nuova vita , separata,
legalmente riconosciuta.
Così l'intervento conciliativo del giudice mira a realizzare la
predisposizione di un assetto concordato di vita separata ( l'accordo
di separazione ) , cioè un insieme di condizioni e di regole che
per acquisire efficacia vincolante necessitano solo dell'omologazione
del Tribunale, (cioè della verifica della non contrarietà
all'ordine pubblico ed a norme imperative poste a tutela della famiglia
ed in particolare del minore).
Ma l'intervento conciliativo ha possibilità di raggiungere l' obiettivo
conciliazione se ed in quanto il metodo da utilizzare per la risoluzione
dei conflitti e per la valorizzazione delle capacità di autogestione
delle parti risulti adeguato .
Pertanto , se riconosciamo alla mediazione il ruolo di strumento atto
a pervenire alla conciliazione, è necessario attribuire alla mediazione
uno spazio proprio ed adeguato, anche all'interno della normativa .
6 .
Uno degli obiettivi principali che stanno alla base delle
esperienze di mediazione familiare è il recupero di una corretta
comunicazione tra le parti .
L'intervento di mediazione familiare si pone come la vera novità
nel "grande mare delle alternative alla giurisdizione ordinaria",
o ,perlomeno, quella caratterizzata da basi teoriche più solide.
E' vero che nel campo del commercio , del consumo , dei servizi e dei
rapporti di lavoro esistono dei programmi che vanno sotto il nome di ADR
(alternative dispute resolution), che si pongono l' obiettivo di rappresentare
un'alternativa alla giustizia ordinaria, ma che non presentano altre caratteristiche
comuni se non quelle di perseguirlo attraverso l'utilizzo dello strumento
"latu sensu" mediativo. In tali ambiti permane una confusione
terminologica e concettuale tra arbitrato, conciliazione, mediazione,
negoziazione.
Questa confusione non è propria della mediazione familiare che
nasce dall'esigenza della coppia di riappropriarsi dell'evento separativo,
sostituendo l'immagine legale e giuridica della rottura di un legame con
quello della continuità di un legame che sopravvive alla separazione
, e che in presenza di figli , si trasforma in coppia genitoriale.
"La mediazione mira a ristabilire la comunicazione tra le parti per
poter raggiungere un obiettivo concreto : la realizzazione di un progetto
di organizzazione delle relazioni dopo la separazione o il divorzio :
L'obiettivo finale si realizza quando il padre e la madre nell'interesse
dei loro figli e loro si riappropriano , pur separati, della comune responsabilità
genitoriale . Ad essi spetta ogni decisione finale."
Quando la comunicazione si interrompe il rischio è che le parti
deleghino ad altri soggetti ai giudici , agli avvocati, ai consulenti
le decisioni relative alla loro vita futura che paradossalmente spetterebbero
solo a loro , in quanto è a questi soggetti che se ne chiede il
rispetto .
Infatti nel caso in cui i coniugi non siano riusciti a pervenire ad un
complessivo accordo prima dell'instaurazione della procedura di separazione
(intervento omologativo del giudice) essi si presentano all'udienza dinanzi
al presidente del Tribunale con animi molto accesi, avendo ben chiaro
il risultato che si sono prefisse (la separazione) ma non riuscendo ad
instaurare, neppure con l'ausilio del giudice, una relazione comunicativa
produttiva di accordo. Questo è un momento in cui per quanto difficile
per il Presidente del Tribunale valutare se quella coppia sia suscettibile
di aprirsi o meno ad un cammino di maturazione attraverso la mediazione,
l'invio in mediazione potrebbe dare alla coppia , psicologicamente impreparata
ad affrontare la separazione , uno strumento utilissimo di gestione della
conflittualità.
Il giudice , dovrebbe essere in grado di avvertire con tempestività
che per quella coppia in crisi è imprescindibile tentare il cammino
della presa di coscienza delle proprie responsabilità ; in questi
momenti processuali un invio alla mediazione dovrebbe essere non solo
opportuno ma persino , in molti casi , indispensabile , al fine di valutare
la congruità delle motivazione delle capacità personali
di ciascuno dei genitori.
Con tale intervento il mediatore assume quindi il ruolo di ausiliario
atipico del giudice , nel senso che pur operando su un piano collocato
nel retro della vicenda giudiziaria , il suo apporto si traduce in una
nuova capacità delle parti di proporre in via autonoma e concordata
un assetto di vita separata che sia frutto di incondizionata , adesione
e pertanto idoneo a fornire garanzie di attuazione.
La valutazione positiva del ruolo del mediatore non implica alcun disconoscimento
del ruolo che nel processo rivestono gli altri protagonisti: in particolare
non può ritenersi che il compito decisionale del giudice possa
venir in qualche misura svalutato , essendo incontestabile che non può
, non deve e non vuole delegare la sua primaria funzione al mediatore
, rimettendo nelle mani di quest'ultimo la risoluzione delle controversie
, ma apprezzando un simile risultato qualora venga a realizzarsi .
Bisogna aggiungere che allo stesso modo il mediatore non potrà
mai sostituirsi all'avvocato posto che l'ausilio di quest'ultimo è
irrinunciabile; basti pensare che l'intesa raggiunta dai coniugi davanti
al mediatore deve necessariamente tradursi in un complesso di condizioni
valide ed attuabili sul piano legale , tecnicamente articolate in modo
da consentirne l'esecuzione ed essere perciò recepite nella parte
dispositiva di una sentenza o in un verbale di separazione consensuale.
L'esperienza tecnica del legale risulterà indispensabile per la
stesura degli accordi e delle conclusioni , in quanto l'avvocato potrà
anche suggerire alcune modificazioni , di merito o anche solo formali,
atte a perfezionare accordo e la sua piena aderenza agli schemi normativi.
7.
Tra i problemi sollevati dall'inserimento della mediazione familiare
nel giudizio di separazione o di divorzio, spicca quello relativo alla
previsione dell'intervento di mediazione in forma obbligatoria o facoltativa
per le parti.
La soluzione prevalente per molto tempo è parsa quella a favore
della obbligatorietà in mancanza di accordo delle parti dell'intervento.
Infatti i vari progetti di legge che si proponevano di riformare i giudizi
di separazione e divorzio prevedevano, sia pure con modalità diverse,
due novità di rilievo strettamente connesse tra loro : l'intervento
di centri di mediazione familiare nel procedimento di separazione, in
via obbligatoria (e addirittura quale condizione per accedere al Tribunale)
e l'introduzione come regola generale dell'affidamento congiunto, inteso
quale soluzione automatica in caso di disgregazione del nucleo familiare.I
progetti di legge inoltre prospettavano un contatto diretto tra le diverse
agenzie di mediazione familiare e il magistrati, posto l'obbligo in capo
alle prime di trasmettere a quest'ultimo una relazione contenente l'analisi
del conflitto familiare e le posizioni assunte dalla coppia in sede di
mediazione.
8.
Allo stato attuale manca una disciplina legislativa relativa alla mediazione
(fatta eccezione per il fugace accenno alla mediazione operato dalla L.285/97).
I progetti di legge cui abbiamo fatto riferimento sono stati sostutuiti
dall'elaborato proposto dal Comitato ristretto della Commissione Giustizia
(Camera dei deputati 14 maggio 1998) intitolato "Nuove norme in materia
di separazione personale dei coniugi e di scioglimento del matrimonio"
(ora all'esame del Parlamento).
Questo testo, che accoglie e sintetizza una serie di progetti di riforma
del diritto di famiglia in materia di separazione di divorzio, non nomina
la mediazione familiare, né fa riferimento ad una specifica istituzione
pubblica o privata che la pratichi. L'art. 712 intitolato "Tentativo
di mediazione" prevede infatti che "In ogni stato e grado dei
giudizi di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del
matrimonio, di successiva modifica delle relative condizioni, in presenza
di figli minori, nonché nei procedimenti di competenza del Tribunale
per i minorenni o del Giudice Tutelare, qualora ne ravvisi la necessità
il giudice, sentite le parti ed ottenuto il loro consenso, può
disporre un rinvio non superiore ai tre mesi onde consentire che i coniugi,
anche avvalendosi di esperti, tentino una mediazione in ordine alle condizioni
di separazione, con particolare riferimento alla migliore tutela dell'interesse
morale e materiale dei figli".
Le modificazioni più rilevanti rispetto al sistema delineato dai
precedenti progetti concernono l'autonomia della mediazione dal sistema
giudiziario, la volontarietà , cioè la autodeterminazione
che deve fondare la richiesta dell'intervento di mediazione, e la garanzia
di riservatezza di quanto accade in mediazione.
Nel sistema così delineato, lontano da una istituzionalizzazione
vera e propria della mediazione, il giudice non può imporre l'invio
in mediazione ma può consigliarlo o può aderire alla concorde
richiesta dei separandi.
La disposizione normativa di cui all'art. 712 si segnala anche per il
rilievo attribuito alla figura del mediatore familiare , ed al ruolo che
il medesimo è in grado di svolgere nella vicenda separativa .
Le critiche mosse al sistema delineato dal nuovo testo di riforma muovono
dalla considerazione che la facoltatività escluderebbe di fatto
proprio le coppie che avrebbero più bisogno della mediazione ,
posto che proprio la loro alta conflittualità impedirà loro
di accedervi di comune accordo, e che la assoluta riservatezza del mediatore
contrasterebbe con il ruolo di ausiliario del giudice, che, se pur atipico,
ha l'obbligo di orientare il magistrato nelle sue decisioni.
Si rileva , peraltro come questo nuovo sistema - che risponde all'esigenza
di responsabilizzazione dei coniugi rispetto alle condizioni di separazione
- non possa essere inteso come un nuovo modo di presentare al giudice
un accordo preconfezionato con l'ausilio di specialisti , ma come il richiamo
dei coniugi al dovere di compiere ogni sforzo possibile per dirimere la
conflittualità .
Accanto agli orientamenti del legislatore italiano appaiono di gran rilievo
anche gli orientamenti internazionali in materia , ed in particolare la
Raccomandazione N°R (98) 1 del Comitato dei Ministri degli Stati membri
sulla mediazione familiare adottata 21 gennaio 1998 , che facendo esplicito
riferimento alla Convezione europea sull'esercizio dei diritti dei bambini
ed in particolare all'art.13 , raccomanda i governi degli Stati membri
di a) istituire o promuovere la mediazione familiare o, al caso, di rafforzare
la mediazione familiare esistente , e b) di prendere o di rafforzare tutte
le misure che essi giudichino necessarie in vista di assicurare la messa
in opera dei principi che seguono per la promozione e l'utilizzazione
della mediazione familiare come mezzo appropriato di risoluzione delle
controversie familiari.
9.
Si ritiene, che le segnalate prospettive di riforma legislativa comportino
la necessità di una puntuale regolamentazione dello strumento mediativo
, sia sotto il profilo della riconosciuta utilizzabilità nel contesto
processuale , sia sotto il profilo del suo inserimento tra i servizi del
territorio in vista di una sempre maggiore richiesta da parte dell'utenza
, privata e/o istituzionale. E' agevole prevedere, pertanto, che gli operatori
del diritto saranno presto chiamati a misurarsi con le inevitabili questioni
interpretative poste dalla futura introduzione nel nostro sistema giuridico
di una figura per molti versi nuova, il cui ingresso sul piano legislativo
processuale e sostanziale prospetta sia rilevanti difficoltà di
costruzione dell'istituto nonché molteplici problemi di coordinamento.
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avvocato, mediatore, contrattista presso la cattedra di Diritto Civile
della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Sassari
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