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Il caso di Ludovica
Il 21 luglio 2000 appare sul quotidiano La Repubblica un articolo che
riguarda l'ennesimo caso di "mala sanità".
Ludovica, una bambina di 3 mesi, muore nel giro di poche ore per broncopolmonite.
"I medici non hanno saputo salvarla" è l'accusa, tradotta
immediatamente in forma di denuncia agli uffici della Procura, da parte
del padre, egli stesso medico, comprensibilmente angosciato e attanagliato
da sentimenti di impotenza, di rabbia per essersi sentito "ingannato"
da una struttura sanitaria che promette assistenza e si dimostra incapace
di fornirla, e di dubbio, un dubbio atroce sulla possibilità che
"forse" sua
figlia poteva essere salvata.
Dall'altra parte della "barricata" si trovano i medici del Pronto
Soccorso. Ciò che colpisce è che, di fronte alle ragioni
di un padre straziato dal dolore, la "parte lesa", il "mal
assistito", sono presenti parallele e contrapposte ragioni e motivazioni
da parte di coloro che, nella vicenda, rivestono il ruolo di "carnefici",
di "mal assistenti". Per loro, l'ipotesi
di reato è omicidio colposo per colpa medica.
Dalla parte del "mal assistito" ------- Dalla parte del "mal
assistente"
Si ritiene importante sottolineare come questo conflitto si svolga in
un "territorio" particolare: la Sanità. Pertanto, nel
tentativo di prevenire e orientare il processo di giustizia, è
indispensabile prendere in considerazione le dinamiche in gioco nel rapporto
medico - paziente.
Il mediatore, in gran parte dei casi, agisce efficacemente su conflitti
che si riallacciano alle aree dei dati e degli interessi al fine di aiutare
le parti a trovare una soluzione ragionevole che piaccia ad entrambe.
Tuttavia, in tale peculiare contesto, una soluzione "ragionevole"
si può raggiungere solo dopo aver elaborato le componenti emotive
in gioco.
"L'emozione, come vissuto affettivo e come impulso, diventa una chiave
per aprire la porta chiusa della razionalità e penetrare nel profondo
della psiche umana" afferma Canestrari.
Al di là delle indagini scientifiche e degli iter giudiziari, esistono
dei processi umani da considerare. Tra questi la riattivazione della comunicazione
verbale. E' attraverso l'ascolto che si può incontrare l'altro,
iniziare l'elaborazione dell'accaduto: del lutto, della sofferenza,
della colpa, e poter intravedere le proprie ragioni, i propri punti di
vista, i propri vissuti e quelli dell'altro.
Freud afferma che tra medico e paziente si instaura quel fenomeno particolare
da lui definito "transfert", ossia "trasferimento"
dei vissuti arcaici con le proprie figure di riferimento. In questo gioco
riaffiorano quindi vissuti di soggezione e stima, autorità e dipendenza,
amore e odio, aspettative e frustrazioni, idealizzazioni e tradimenti.
La figura del medico potrebbe essere collocata, dunque, all'interno delle
aspettative idealizzate nell'Olimpo dell'onnipotenza e quando questa,
per le sue peculiarità umane, fallisce, nasce la frustrazione,
l'odio, la vendetta.
La ragione non può ostacolare del tutto questi fenomeni quando
è annebbiata dalla sofferenza, dal lutto, dalla perdita. Anche
l'idealizzato potrebbe, in tal senso, essere considerato una vittima,
in quanto consapevole di non poter rispondere alle aspettative, ed il
"senso del limite", sostiene ancora Freud, è uno degli
aspetti più difficili da accettare.
Si tratta di dinamiche complesse, intricate e intricanti, che coinvolgono
le nostre parti profonde ed emozionali. Tenere conto che tali meccanismi
emotivi potrebbero essere presenti e svolgere un ruolo importante nell'ambito
di questo tipo di conflitto, si rivelerebbe fondamentale nel tentativo
di una gestione positiva di esso.
Ma, per avere una possibilità che questi fattori emergano, per
essere presi in considerazione da entrambe le parti e quindi elaborati,
è necessario che si strutturi un processo di comunicazione verbale,
di accesso all'ascolto dell'altro e dunque al suo riconoscimento.
"Si definisce frustrazione la condizione in cui viene a trovarsi
l'organismo quando è ostacolato in modo permanente o temporaneo,
nella soddisfazione dei propri bisogni."
"L'aggressività è quella reazione alla frustrazione
che tende alla distruzione, all'allontanamento o a mettere comunque in
difficoltà, in cattiva luce, la persona o l'affetto che è
avvertito come causa della frustrazione.
Ciò costituisce una reazione inadeguata nella misura in cui tale
aggressione non risolve il problema, pur scaricando l'energia accumulata.
L'aggressività può essere aperta oppure larvata, ossia,
in vario grado attenuata, mascherata."
Nessuna condanna e nessuna assoluzione potrebbe intralciare queste dinamiche
di relazione. Pertanto, senza nulla togliere alla ricerca della tutela
sia dell'ammalato
che del medico, senza nulla togliere all'intervento della giustizia, resta
pur sempre il problema umano, che potrebbe, forse, essere gestito attraverso
processi di mediazione.
La comunicazione
"La parola rappresenta uno strumento fondamentale della comunicazione
umana e qualunque alterazione patologica di questa potenzialità
inchioda gli interlocutori ad un penoso vuoto di contatto".
Al di la dei "ruoli" cristallizzati e pre-definiti di medico
e di paziente, creare una comunicazione su un piano "inter-personale"
ossia da persona a persona, permetterebbe al paziente di non idealizzare
il medico ammettendo in lui dei limiti "umani", ed allo stesso
medico di considerare prima della "malattia", prima dell' "ammalato",
la persona. La sanità è legata ad un "sistema"
dove il singolo è certamente un elemento importante, ma non il
solo, l'unico determinante le situazioni. E' possibile che, non riuscendo
con facilità a trovare un "responsabile" su cui riversare
la propria aggressività per alleviare il senso di frustrazione,
la persona che non si sente curata o semplicemente accolta, accudita e
considerata, cerchi affannosamente, a priori, un "capro espiatorio".
Viceversa, può non sempre risultare semplice o immediato per un
membro isolato sopperire a tutto il "sistema", mettersi empaticamente
"nei panni" della persona che a lui si rivolge, assisterla efficacemente
anche quando mancano mezzi e strumenti indispensabili.
Un processo di mediazione permetterebbe, forse, che accuse ed alibi, oltre
a passare attraverso il "vaglio" del sistema legale, procedessero
attraverso la considerazione, su un piano umano, da parte dei diretti
interessati nel conflitto, ad un confronto "tra persone".
Se anche fosse impossibile dirimere un contenzioso, quanto meno si avvierebbe,
attraverso la comunicazione, un processo di apprendimento. I contendenti
entrando in contatto l'uno con le ragioni dell'altro, avrebbero la possibilità
di liberarsi dalla propria visione fantasmatica e persecutoria della vicenda,
spesso resa tale dalla chiusura nei confronti di un diverso punto di vista;
potrebbero accedere ad una visione più realistica, più completa
e soprattutto non più "sterile" nel senso che dall'esperienza
trarrebbero spunti per una crescita personale e professionale che potrebbe
sfociare in processi di collaborazione al fine di migliorare il rapporto
tra personale sanitario e paziente.
La sensibilizzazione alla mediazione, in ambito sanitario, avrebbe in
tal senso non solo l'obbiettivo di una gestione positiva dei conflitti
ma, anche, della loro prevenzione.
Bibliografia
- Bonino S., Grandi L., La frustrazione: teoria e sperimentazione, Ed.
Boringhieri 1976.
- Buzzi I., Haynes J.M., Introduzione alla mediazione familiare, Ed. Giuffrè.
- Buzzi I., Pinna S., Esperienze pratiche per mediare i conflitti, Ed.
Punto di fuga.
- Canestrari R., Psicologia generale e dello sviluppo, Ed. CLUEB, Bologna.
- Caprera G.V., Psicoanalisi e aggressività, Ed. Bompiani 1981.
- Carotenuto A., Amare tradire, Ed. Bompiani.
- S. Freud, Opere, Boringhieri.
- S. Freud, Osservazione di un amore da transfert, in Opere, Boringhieri
1975.
- S. Freud, Metapsicologia, L'inconscio, in Opere 1976.
- S. Freud, Ricordare ripetere elaborare, Opere, Boringhieri
- S. Freud, La dinamica del transfert, Opere, Borighieri 1974
- Quotidiano La Repubblica, 21/07/00.
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