next essay indice volumeStudi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36


Claudio Natoli , Gramsci in carcere: le campagne per la liberazione, il partito, l'Internazionale


2. Il tema delle campagne e delle iniziative per la liberazione di Gramsci è rimasto fino ad oggi uno dei piú trascurati nell'ambito delle ricerche a lui dedicate e piú in generale di quelle che si riferiscono alla storia del Pcd'I. Esso comporta una molteplicità di piani di analisi, che investono gli orientamenti del governo sovietico, le decisioni del gruppo dirigente dell'Ic e degli altri organismi ad esso collegati (in primo luogo il Soccorso rosso internazionale - Sri), le campagne politiche avviate dal centro estero del Pcd'I nell'emigrazione italiana in Francia e in altri paesi, la propaganda clandestina in Italia, le pratiche « legali» per l'applicazione dell'amnistia e dei regolamenti carcerari, il trasferimento in clinica e la concessione della libertà condizionale, le scelte del governo fascista. Ma emergono anche in primo piano i rapporti tra Gramsci e il centro estero del Pcd'I, i dissensi politici, il senso crescente di isolamento e anche di diffidenza e di sospetto, che in determinati momenti sembrarono prefigurare una rottura irreparabile. Infine, attraverso gli appelli, le iniziative di solidarietà, gli articoli commemorativi, i riferimenti diretti o indiretti e la pubblicazione di scritti di Gramsci sulla stampa comunista, non meno che attraverso i silenzi, le deformazioni e le reticenze che attraversarono gli anni del carcere, è possibile ricostruire la storia dell'immagine pubblica di Gramsci, il progressivo distacco da parte del centro estero dalla sua eredità politica e intellettuale negli anni della « svolta» e la successiva riappropriazione della sua figura e della sua opera nel periodo dei fronti popolari, sia pure in un quadro non conflittuale con l'ortodossia marxista-leninista dell'epoca staliniana.

Le campagne per la liberazione di Gramsci risalgono tutte al 1933-34, un biennio estremamente delicato nella storia del Pcd'I e del movimento comunista, e cioè quello che segna la travagliata fase di passaggio dalla politica del socialfascismo all'unità d'azione ed in seguito ai fronti popolari antifascisti. In precedenza vi erano state allarmate denunce sulle condizioni carcerarie e sullo stato di salute di Gramsci, ma mai vere e proprie campagne che avessero al centro la sua persona. Per la verità, nel 1927-28 la figura del dirigente incarcerato aveva assunto un posto rilevante nella politica, nella stampa e nella pubblicistica del centro estero del Pcd'I. Accanto agli elementi di continuità espressamente rivendicati tra le Tesi di Lione e la linea seguita dal gruppo dirigente del partito almeno sino al VI Congresso dell'Ic (1928) (ma per certi aspetti sino al X Plenum), va sottolineata la frequenza con cui apparvero su « Lo Stato operaio» articoli di Gramsci o scritti su Gramsci, cui si accompagnò un progetto, poi abbandonato, di pubblicazione dei suoi scritti relativi al periodo dell'« Ordine nuovo» . 17Il nome del comunista sardo era stato inoltre collocato in primo piano nelle campagne che il centro estero, il Soccorso operaio internazionale (Soi) e il Soccorso rosso (Sr) avevano condotto dopo le leggi eccezionali contro il fascismo italiano, contro il Tribunale speciale e il regime delle carceri e del confino e contro il « processone» che nel 1928 aveva condannato a pesantissime pene detentive Gramsci, Terracini, Scoccimarro, Roveda e gli altri dirigenti comunisti arrestati nel 1926. Queste campagne, la cui eco era stata solo in parte recepita dagli organi dirigenti dell'Ic18, avevano assunto una forte connotazione antifascista ed una apertura unitaria sensibilmente contrastante con l'orientamento sempre piú rigido del movimento comunista internazionale, ormai avviato verso la politica « classe contro classe» , e avevano suscitato una partecipazione non trascurabile di intellettuali progressisti, che avevano dato vita nel 1927 a un Comitato per la difesa delle vittime del fascismo, diretto da Henri Barbusse19.

Sempre nel 1927-28 vi erano stati alcuni passi del governo sovietico intesi ad ottenere, dietro la mediazione della Santa Sede, la liberazione di Gramsci e di Terracini, attraverso la scambio con qualche sacerdote cattolico detenuto nelle prigioni russe. L'iniziativa era stata suggerita dallo stesso Gramsci in seguito a colloqui avuti con don Luigi Viganò nel carcere di Milano, ed era stata sollecitata da Gennari, rappresentante del Pcd'I nel Ce dell'Ic, nel settembre 1927. Ne erano seguiti contatti a Berlino tra l'ambasciatore Krestinski e il nunzio apostolico Pacelli, che conduceva nello stesso periodo trattative con i rappresentanti sovietici volte a regolare la posizione della Chiesa cattolica in Urss. L'iniziativa si era arenata già nell'ottobre 1927 per l'irriducibilità (in seguito sempre reiterata) del governo fascista a procedere alla liberazione di Gramsci, né aveva avuto seguito la proposta, avanzata da Togliatti nel luglio 1928 ed appoggiata da Bucharin, per un appello rivolto direttamente a Umberto Nobile da parte dell'equipaggio del dirigibile sovietico Krasin a liberare Gramsci in considerazione delle sue gravi condizioni di salute20. Lo stato attuale della documentazione non permette di stabilire se in questo caso si siano verificati concreti passi da parte del governo sovietico.

La svolta del 1929-30 aveva segnato comunque una profonda cesura riguardo alle iniziative per la liberazione di Gramsci. Tra il 1929 e la metà del 1932 non si ha notizia di alcun ulteriore passo in questo senso né da parte dell'Urss né da parte dei gruppi dirigenti del Pcd'I e dell'Ic. D'altra parte, nelle campagne sempre piú sporadiche condotte in questi anni dal Sri e dallo stesso Soccorso rosso italiano per la difesa dei detenuti politici e contro il regime carcerario in Italia il nome di Gramsci appare sempre piú raramente fin quasi a scomparire del tutto. Non sappiamo in quale misura abbia influito in questo senso anche il ben noto scetticismo di Gramsci sull'efficacia di questo genere di iniziative in una situazione di crescente consolidamento del regime fascista, cui si accompagnava il timore che esse, soprattutto se seguite da notizie inesatte o esageratamente allarmistiche, potessero contribuire a inasprire piuttosto che a migliorare le condizioni generali dei detenuti. È certo tuttavia che un peso assolutamente determinante in tal senso fu esercitato anche dalla radicale trasformazione che l'allineamento alla politica « classe contro classe» aveva comportato anche nell'attività e nei fini del Sri: alla forte connotazione antifascista e alla potenziale apertura verso la collaborazione di forze e personalità di orientamenti diversi si sostituí infatti in questi anni un'azione di mero fiancheggiamento dei partiti comunisti, la sottolineatura di contrapposizione frontale verso la democrazia borghese e la socialdemocrazia, il privilegiamento della lotta di massa per il « potere sovietico» , con un isterilimento delle finalità specifiche dell'organizzazione e delle sue capacità di incidenza e di aggregazione di strati sociali piú ampi. D'altra parte, la costante rivendicazione della lotta « su due fronti» e l'equazione tra fascismo e democrazia borghese finiva con l'attenuare l'impegno antifascista del Sri. Per la sezione italiana il regime fascista restava pur sempre il primo nemico da combattere. Tuttavia, se proseguiva, sia pure attraverso crescenti difficoltà, l'azione di sostegno materiale del Soccorso rosso ai detenuti politici, l'obiettivo della loro liberazione era espressamente demandato « alla lotta rivoluzionaria delle masse operaie e contadine contro il capitalismo» , 21a cui l'azione di solidarietà era espressamente subordinata:

Il SR - si leggeva all'inizio del 1932 - deve cessare di essere soltanto un centro di assistenza, ma deve trasformarsi rapidamente in un'organizzazione di massa che si batte per la difesa e la liberazione delle vittime, che lotta per vincere la reazione e per abbattere il fascismo [...] Lo stato d'animo nuovo che va sempre piú diffondendosi è questo: il fascismo va affrontato con la forza e per essere una forza bisogna organizzarsi. La paura della polizia e delle condanne non domina piú le masse, quelle stesse masse che un tempo erano inchiodate nella passività dal terrore del Tribunale Speciale.
I lavoratori, sotto la sferza della fame, scendono sul terreno della lotta aperta contro i propri affamatori, ed essi vedono che per riconquistare il pane bisogna distruggere tutto l'edificio reazionario con cui il fascismo tiene incatenate le masse. Il problema della soppressione del Tribunale Speciale e della liberazione dei prigionieri, non è solo una questione di solidarietà proletaria, ma è strettamente connesso alla conquista della libertà per le masse [...] Il Soccorso Rosso deve far sentire al fascismo la sua forza e deve dare alle masse lavoratrici la sensazione che saprà coprire pienamente il suo ruolo rivoluzionario22.

Ma vi è un terzo fattore da considerare, e cioè il venir meno della presenza di Gramsci non solo nella politica, ma anche nell'identità e nel modo con cui il Pcd'I si presentava verso l'esterno: a partire dal marzo-aprile 1931 (data in cui venne pubblicato su « Lo Stato operaio» lo scritto del 1925 Necessità di una preparazione ideologica di massa) scomparve negli organi di stampa del partito ogni riferimento teorico-politico alla figura di Gramsci, e tutto lascia credere che questo sia stato il risultato di una scelta deliberata da parte del centro estero. Si trattava di una chiara presa di distanza dall'eredità politica del dirigente incarcerato, il cui nome era indissolubilmente legato alla lettera al Cc del partito russo dell'ottobre 1926 e a una strategia di transizione democratica nella lotta antifascista antitetica a quella dell'Ic, e che, lungi dall'essere rinnegata, era stata da Gramsci ulteriormente arricchita e precisata con la rivendicazione della Costituente e dell'alleanza con altre forze socialiste e democratiche nelle conversazioni del carcere di Turi23. Né mancarono da parte del centro estero prese di posizione, rivolte specificamente ai comunisti che erano stati arrestati, che combattevano l'errore di « sottovalutare addirittura di negare il carattere proletario, socialista della rivoluzione che è all'ordine del giorno in Italia» e la « concezione dello sviluppo rivoluzionario come uno sviluppo che attraversa delle fasi meccanicamente separate» , 24o che incitavano a condurre la lotta piú decisa per « liquidare ogni resistenza alle giuste posizioni ideologiche e politiche della Internazionale e del partito» . 25Sebbene indirizzate esplicitamente contro i sostenitori di Bordiga, contro Tasca e l'opposizione dei « tre» , queste direttive potevano essere interpretate anche come una sconfessione delle posizioni di tutti coloro che, come Gramsci e Terracini, avevano criticato l'intera politica « classe contro classe» e avevano sostenuto la necessità di conferire un contenuto democratico alla lotta antifascista. Questa divaricazione trovava riscontro non solo nelle aspre divergenze intervenute con i compagni di prigionia allineati alla politica della « svolta» , ma, su di un piano teorico piú alto, nell'intera ricerca che Gramsci andava svolgendo nei Quaderni del carcere. Quest'ultima, nelle sue categorie concettuali, prima ancora che nelle sue conclusioni politiche, si rivelava incompatibile con lo schema deterministico della contrapposizione tra i « due sistemi» , del nesso inscindibile tra capitalismo e fascismo e della rivoluzione mondiale come conseguenza della crisi irreversibile del sistema borghese, che connotavano all'inizio degli anni Trenta la cultura politica e l'intera azione del movimento comunista.

La fase piú acuta della crisi nei rapporti tra Gramsci e il partito, da non confondersi con una rottura formale o con l'interruzione dell'azione di solidarietà, si delinea negli ultimi mesi del 1932, per raggiungere il momento piú drammatico nel febbraio 1933: in questa crisi si intrecciarono inestricabilmente motivi politici e personali, il riemergere dei dubbi e delle ossessioni del passato (il significato nascosto nella lettera di Grieco del 1928) e il crescente senso di isolamento e anche di estraneazione di Gramsci nei confronti del Pcd'I, ma anche l'inarrestabile aggravamento delle condizioni di salute, il timore del venir meno delle proprie forze di resistenza, la sensazione dell'irreversibile dissoluzione dei rapporti con la moglie Giulia e dei legami familiari.

È oggi possibile ricostruire nei dettagli, grazie ai carteggi di Tania e di Sraffa, questa fase estremamente dolorosa e travagliata della vita carceraria di Gramsci, a cominciare dalle iniziative intraprese per il trasferimento in clinica di Gramsci e per la concessione della libertà condizionale a seguito del provvedimento di indulto e di amnistia emanato in occasione del decennale della marcia su Roma, che si intrecciarono alla fine del 1932 con la ripresa del progetto per la sua liberazione attraverso trattative tra il governo sovietico e quello fascista. Già ai primi di gennaio del 1932 Sraffa, dopo aver avuto notizia da Tania della diagnosi di « peritonite tubercolare con risentimenti pleurici e bronchiali» ipotizzata dal prof. Arcangeli a proposito della malattia di Gramsci (che si accompagnava, per l'assenza di cure mediche adeguate, a sbocchi di sangue, alla perdita dei denti, ad emicranie e ad un'insonnia sempre piú insopportabile), aveva espresso il parere che egli dovesse essere « sottoposto a una visita superiore, oppure a quella di un medico di sua fiducia» . 26L'iniziativa era stata per il momento rinviata a seguito del provvisorio miglioramento delle condizioni di Gramsci nel corso della primavera, ma era tornata in primo piano alla fine del mese di luglio, quando Tania, di fronte ai segni premonitori di una nuova piú grave crisi, aveva manifestato l'intenzione di avviare una pratica per il trasferimento di Gramsci in un « altro sito, che dovrebbe essere una casa di salute» , anche all'insaputa dell'interessato27. Per parte sua Gramsci, che già in precedenza di fronte alla ventilata ipotesi di un trasferimento nel carcere di Soriano al Cimino aveva espresso il piú categorico rifiuto, non appena messo al corrente del progetto lo aveva categoricamente rifiutato, anche se si era dimostrato disponibile ad avviare l'istanza per la visita del medico di fiducia. Su consiglio di Sraffa Tania rinunciava per il momento al progetto di trasferimento in clinica di Gramsci, ma inviava in data 15 settembre senza ulteriori consultazioni con lui l'istanza al capo del governo per una visita del prof. Arcangeli a Turi, chiedendo nel contempo all'ambasciata sovietica a Roma di appoggiarla con un passo ufficiale verso il ministro competente, ma scontrandosi con un sostanziale rifiuto28. La reazione di Gramsci all'iniziativa di Tania era stata talmente aspra da indurla a rinunciare alla pratica appena avviata, anche se questo non era avvenuto per il fermo intervento di Sraffa. Tuttavia, lo stesso Gramsci aveva deciso in seguito di avallarla, anche nella prospettiva che essa potesse avere positivi effetti sull'applicazione dell'imminente provvedimento di indulto e di amnistia che il governo fascista si apprestava a promulgare. L'istanza per la visita di Arcangeli ottenne l'autorizzazione da parte delle autorità competenti ai primi del mese di dicembre29.

È ormai accertato come Gramsci nutrisse forti aspettative sul contenuto dell'imminente amnistia. In una lettera a Tania scritta il 5 dicembre egli faceva risalire ai primi del mese appena trascorso la fine della seconda fase della sua vita carceraria. La prima fase era stata quella compresa tra il suo arresto e l'arrivo della « famigerata» lettera di Grieco del 1928, che a suo giudizio aveva distrutto le probabilità « a una svolta della vita diversa da quella che invece poi si verificò» . Nella seconda fase, sarebbero esistite « ancora delle possibilità (non piú probabilità, solo possibilità, ma anche le possibilità non sono preziose e non bisogna cercare di ghermirle?)» , ma esse erano andate perdute non per sua colpa « ma perché non si volle dare ascolto a ciò che io avevo indicato a tempo opportuno» . La responsabilità di questo fatto sarebbe stata da ascrivere alla « scempiaggine fatua» del fratello Carlo30. Si potrebbe ipotizzare a questo proposito che Gramsci ritenesse possibile, grazie all'azione del presidente di Cassazione Mariano D'Amelio, parente stretto di Sraffa, l'inserimento nel provvedimento di amnistia di qualche clausola rivolta espressamente verso i detenuti che versavano in gravi condizioni di salute, e che questo sia stato il messaggio che egli aveva affidato a Carlo nei colloqui svoltisi a Turi alla fine di settembre, e che era stato comunicato da Tania a Sraffa quando era ormai « troppo tardi per provvedere» . 31Sta di fatto che il testo del provvedimento, per quanto consentisse una riduzione della pena a 12 anni e quattro mesi, fu tale da deludere ogni speranza nella possibilità di modificare nell'immediato la situazione carceraria di Gramsci. Lo stesso Gramsci, a cui incautamente il fratello aveva telegrafato l'imminente liberazione, giunse alla conclusione che si era chiusa un'intera fase della sua vita e che le prospettive di uscire dal carcere venivano rimandate ad un futuro quanto mai indeterminato. Di questa sofferta consapevolezza è un indice il proposito manifestato piú volte negli stessi giorni a Tania di sciogliere la moglie da ogni legame con lui32. Ma al tempo stesso si riaffacciava nella sua mente il rovello delle « occasioni mancate» . In particolare riemergeva in Gramsci il ricordo delle parole pronunciate dal giudice Macis durante l'istruttoria processuale e il sospetto sul reale significato della lettera di Grieco: si faceva strada l'ipotesi che essa potesse essere stata nello stesso tempo un « atto scellerato» e una « leggerezza irresponsabile» , o che fosse anche possibile « che chi scrisse fosse solo irresponsabilmente stupido e qualche altro, meno stupido, lo abbia indotto a scrivere» . È significativo tuttavia che Gramsci manifestasse, piú che la volontà di recriminare sul passato, la determinazione che esso servisse come ammaestramento per non ripetere gli stessi errori e le stesse manchevolezze nel momento in cui si apriva una fase della sua detenzione che egli definiva « la piú dura e la piú difficile da superare» . Pertanto egli scriveva a Tania di « non fare nulla» senza il proprio consenso, di « non ascoltare nessun consiglio» che lo riguardasse, di fare « solamente» e « letteralmente» ciò che egli le avrebbe indicato33.

Cosa in concreto questo significasse, Gramsci lo avrebbe chiarito di lí a poco a Tania in una serie di colloqui svoltisi a Turi alla metà del gennaio 1933 e da lui sollecitati alla fine di novembre per esporle un « progetto» che egli stesso aveva elaborato, e a cui attribuiva un'assoluta priorità rispetto alla stessa visita di Arcangeli34. Se in una prima fase il progetto riguardava la presentazione di un ricorso per una piú favorevole applicazione dell'amnistia, in seguito tutto lascia credere che siano intervenuti anche altri fattori di origine esterna: tra l'altro, i segnali di disponibilità che erano venuti dal segretario della Congregazione degli affari ecclesiastici della Santa Sede mons. Pizzardo, che secondo alcune testimonianze si sarebbe recato nel carcere di Turi, senza tuttavia poter incontrare Gramsci per espresso divieto di Mussolini. Molti aspetti di questo episodio rimangono tuttavia ancora avvolti nel mistero. Secondo la testimonianza di Ambrogio Donini, l'iniziativa risalirebbe a Togliatti e al ministro degli Esteri sovietico Litvinov, che avrebbe rinnovato al Vaticano, attraverso contatti informali, un'offerta di scambio tra Gramsci e tre sacerdoti cattolici detenuti in Urss35. In effetti, si era allora in una fase di distensione tra l'Urss e la Santa Sede, che avrebbe portato nell'ottobre 1933 alla destituzione del responsabile della commissione pro Russia d'Herbigny, il quale aveva impersonato lo spirito della « crociata» contro il bolscevismo36. Sebbene né dall'archivio del Pci né dagli archivi sovietici sia emerso alcun documento in proposito, e sebbene non risulti dalla corrispondenza tra Tania e Sraffa per tutto il 1932 alcun accenno anche indiretto alla questione o a un eventuale interessamento dell'ambasciata dell'Urss a Roma a favore di Gramsci (ed anzi, come si è già visto, si potrebbe supporre piuttosto il contrario), tuttavia l'esistenza di un progetto di scambio, forse caldeggiato dalla Santa Sede, appare verosimile e trova riscontri nelle carte e nelle posizioni di Gramsci. Si può tuttavia dubitare fortemente che una personalità cosí in vista come Pizzardo potesse esporsi direttamente in una missione tanto delicata. D'altra parte, sulla data della sua eventuale visita a Turi le testimonianze sono contrastanti: mentre infatti Fiori, sulla base dei ricordi di Carlo Gramsci la fa risalire al settembre 193237, Donini la posticipa al tardo autunno dello stesso anno38. Non è stato tuttavia possibile reperire nelle carte di polizia alcuna traccia di un viaggio a Turi da parte di Pizzardo nel periodo in esame, un avvenimento che, data la carica da lui rivestita e la sua dignità vescovile, non avrebbe potuto passare inosservato39. C'è da chiedersi a questo punto se la visita a Turi di un emissario del Vaticano non sia rimasta solo allo stato di progetto di fronte al rifiuto di Mussolini di assecondare l'iniziativa espresso nel fonogramma al direttore del carcere di Turi di cui parla da Donini, e se il biglietto da visita di mons. Pizzardo ritrovato nelle carte Gramscinon 40 sia a lui pervenuto indirettamente, attraverso un intermediario, forse quello stesso prelato che, secondo la testimonianza di Trombetti, « andava spesso a trovarlo in carcere» . 41Del resto, non era stata questa la dinamica del precedente tentativo del 1927?

È stato giustamente osservato come il progetto esposto a Tania da Gramsci rappresentasse il « tentativo estremo» per sottrarsi alla « morte lenta cui il carcere lo condannava» . 42Gramsci delineava due ipotesi diverse, anche se non alternative, un « tentativo grande» , e cioè una richiesta diretta da parte del governo sovietico a quello fascista per la sua liberazione, oppure una proposta di scambio: queste iniziative dovevano avere il carattere di una trattativa « da governo a governo e non da partito a governo» , e a tale scopo Gramsci suggeriva di prendere contatto con due diplomatici sovietici che egli aveva conosciuto direttamente, Mattar e Kergenzeff, per « fare fare loro i passi necessari» . La seconda ipotesi, « meno favorevole» ma forse piú facilmente praticabile, era la richiesta di libertà condizionale, motivata sulla base delle sue gravi condizioni di salute, e sul fatto che egli, con una diversa applicazione del provvedimento di amnistia, si sarebbe trovato già nella condizione di aver scontato piú della metà della pena. Nell'un caso e nell'altro Gramsci riteneva due condizioni assolutamente necessarie per un esito favorevole: la prima, che si preparasse accuratamente il terreno attraverso un'azione interna alla magistratura (e qui la richiesta, rivolta a Sraffa, era di interessare direttamente il sen. Mariano D'Amelio); la seconda, era che « gli amici italiani non debbono assolutamente essere messi al corrente di ciò che si vorrà fare» . E qui tornava l'esplicito riferimento alla « lettera famigerata» di Grieco, a cui Gramsci (erroneamente) attribuiva il fallimento delle trattative avviate a Berlino nel 1927 per la sua liberazione e l'aggravamento della sua posizione di fronte al Tribunale speciale43.

È noto che a pochi giorni di distanza Gramsci attraversò una crisi di estrema gravità: all'acutizzarsi delle sue sofferenze fisiche si accompagnò un crollo morale senza precedenti. È del 13 febbraio la lettera in cui egli comunicava a Tania di essere entrato in una « fase catastrofica» della sua esistenza, di non riuscire « piú a reagire al male fisico» , di sentire che « le forze mi vengono piú a mancare» e di essere assalito dalla sensazione angosciosa che questo stato potesse « avere il sopravvento sulle forze morali» ; 44ed è del 27 febbraio la lettera scritta dopo un colloquio con Tania recatasi nuovamente a Turi, in cui esprimeva l'opinione « di essere tenuto da parte, di rappresentare per cosí dire una "pratica burocratica" da emarginare e nulla piú» , e in cui accomunava i silenzi e la « ambiguità» della moglie Giulia a quell'organismo di « condannatori» molto piú vasto del Tribunale speciale, costituito dai vertici del partito e dell'Ic, giungendo a esprimere il dubbio che l'intera sua vita fosse stata « un grande errore» .45

Il tono di questa lettera sembrerebbe configurare la decisione di una rottura irrimediabile tra Gramsci e il movimento comunista. I carteggi tra Tania e Sraffa dimostrano tuttavia che questa rottura, da alcuni prospettata46, non ebbe luogo, né da una parte né dall'altra. Già nei giorni successivi Gramsci, pur tornando sulla « trasformazione molecolare» che stava subendo la sua personalità e sulla possibilità stessa che ne risultasse « un nuovo individuo, con impulsi, iniziative, modi di pensare diversi da quelli precedenti» , 47riprendeva le linee essenziali del progetto illustrato a Tania alla metà di gennaio, con una maggiore enfasi sul « tentativo grande» : in sostanza, secondo quanto riferiva Tania il 5 marzo, il « suo desiderio è che si possa fare, dopo avere preparato il terreno, attraverso il presidente di cassazione, una richiesta di cambio fatta dal governo nostro dei sovieti a mezzo del Vaticano sempre, al governo nazionale» . La situazione, secondo Gramsci, si presentava piú favorevole sia per la concomitanza dell'anno santo, che poteva spingere il governo fascista a « contentare il Vaticano » salvando la « propria faccia» , sia per il quadro internazionale determinato dall'avvento al potere di Hitler in Germania, che poteva comportare un riavvicinamento tra l'Italia e l'Urss48. Nel frattempo Gramsci, fin dal 13 febbraio, aveva autorizzato Sraffa a presentare ricorso al Tribunale speciale per un'applicazione piú favorevole possibile dell'amnistia in vista della concessione della libertà condizionale, secondo uno schema comunicatogli attraverso Tania49. Per l'attuazione della « fase preparatoria» delle iniziative in favore della sua liberazione Gramsci mostrava di riporre le proprie aspettative su quanto Sraffa avrebbe potuto fare in occasione della sua prossima venuta in Italia prevista per il mese di aprile50. Nello stesso tempo, egli ribadiva il suo piú categorico rifiuto degli allettamenti pervenutigli anche attraverso la direzione del carcere ad avanzare una domanda di grazia che sarebbe stata benevolmente accolta dal regime, un atto che egli definiva « una forma di suicidio» . 51La situazione di precario equilibrio cosí determinatasi veniva improvvisamente sconvolta da una nuova drammatica crisi delle condizioni di salute di Gramsci che dette luogo il 7 marzo a perdite di conoscenza e a prolungati stati di allucinazione52. Ciò finí per accelerare la visita del prof. Arcangeli a Turi, che in precedenza Gramsci, malgrado le sollecitazioni di Sraffa, aveva teso a piú riprese a rinviare, e che ebbe luogo il 20 marzo 1933. Il referto non avrebbe potuto essere piú preoccupante:

Certifico io sottoscritto quanto segue: Antonio Gramsci, recluso nella casa di pena di Turi è affetto da cifoscoliosi grave per male di Pott, sofferto nell'infanzia; ha lesioni tubercolari dal lato sup. del polm. d. per le quali ha sofferto emottisi due volte una delle quali in quantità notevole con febbre per alcuni giorni; è un arteriosclerotico con ipertensione arteriosa (Ma 190-Min.100); è stato colpito (marzo 1933) da svenimenti con perdite di coscienza protratta ed in seguito da parafassia che ha durato alcuni giorni. Mostra una senilità precoce, ha perduto molti denti, per il che non può masticare bene, soffre di cattive digestioni. Dall'ottobre 1932 ha perduto 7 chili di peso, soffre di insonnia ostinata, con agitazione; per queste sofferenze non è piú in condizioni di attendere allo studio ed allo scrivere come nel passato.
Concludendo: credo che per queste sue condizioni morbose il Gramsci non potrà a lungo sopravvivere nelle condizioni attuali: credo pertanto necessario alla sua salute il ricovero in un ospedale civile o in casa di cura clinica, a meno che sia possibile, concedergli la libertà condizionata53.

Si apriva a questo punto una fase profondamente nuova, densa di risvolti politici e umani, della detenzione di Gramsci.


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Claudio Natoli , Gramsci in carcere: le campagne per la liberazione, il partito, l'Internazionale (1932-1933)


17 Cfr. P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, Roma, 1988, pp. 40-41.

18 Cfr. M. Pistillo, Gramsci come Moro?, Manduria-Bari-Roma, 1989, p. 65.

19 Sul Sri mi permetto di rinviare a C. Natoli, Tra solidarietà e rivoluzione: il Soccorso Rosso Internazionale, in Tina Modotti. Una vita nella storia. Convegno internazionale di studi, Udine, 1995, pp. 193-211.

20 Sui tentativi per la liberazione di Gramsci nel 1927-28, cfr. la documentazione pubblicata, a cura di P. Spriano e V. Gerratana, in L'ultima ricerca di Paolo Spriano, Roma, 1988, pp. 9-33.

21 Il giudizio del Partito Comunista d'Italia sull'amnistia, in « La Vie Proletarienne» , 5 dicembre 1932.

22 La prima necessità è l'organizzazione, in « Soccorso rosso» , n. 1, gennaio-febbraio 1932.

23 Oltre alle memorie di A. Lisa, si vedano le testimonianze di Giovanni Lai, Sandro Pertini, Angelo Scucchia, Bruno Tosin, Gustavo Trombetti, in Gramsci vivo nelle testimonianze dei suoi contemporanei, a cura di M. Paulesu Quercioli, Milano, 1977. Si veda anche B. Tosin, Con Gramsci. Ricordi di uno della « vecchia guardia», Roma, 1976, pp. 93-106.

24 Dalle direttive inviate dal Cc del Pcd'I, Ai compagni liberati dal carcere e dal confino, in data 13 novembre 1932. Il documento sequestrato nel giugno 1933 in occasione dell'arresto di un corriere comunista, in Archivio centrale dello Stato, Dir. gen. Ps, Affari generali e riservati(d'ora innanzi ACS, PS), b. 47, 1934.

25 Dalla lettera di Togliatti all'organizzazione del Pcd'I dei confinati a Ponza, in data 4 maggio 1932, ora in P. Togliatti, Opere, vol. III, t. 2, 1929-1935, a cura di E. Ragionieri, Roma, 1973, p. 62.

26 Cfr. la lettera a Tania del 5 gennaio 1932, in P. Sraffa, Lettere a Tania, cit., pp. 49-50.

27 Cfr. la lettera di Tania a Sraffa del 29 luglio 1932, ivi, p. 80.

28 Sul rifiuto dell'ambasciata sovietica cfr. le lettere di Sraffa a Tania del 17 settembre e del 2 ottobre 1932, ivi, pp. 86-88.

29 Su questa vicenda si veda il carteggio tra Tania e Sraffa, ivi, pp. 89-93. Per la posizione di Gramsci, cfr. A. Natoli, Antigone e il prigioniero, cit., pp. 118-121. L'originale della istanza di Tania è in ACS, Casellario politico centrale(d'ora innanzi CPC), b. 2499, fasc. « Gramsci Antonio» . Sull'accoglimento dell'istanza si veda lo scambio di lettere tra la Direzione generale degli istituti di prevenzione e di pena e la Direzione generale di Ps in data 20 novembre e 2 dicembre 1932, in ACS, Ministero Grazia e Giustizia, Detenuti politici(d'ora innanzi MGDP), b. 8, fasc. 162, « Gramsci Antonio» .

30 Dalla lettera di Gramsci a Tania del 5 dicembre 1932, in A. Gramsci, Lettere dal carcere, vol. II, Roma, 1988, pp. 162-163.

31 Cfr. la lettera di Sraffa a Tania del 7 febbraio 1933, in P. Sraffa, Lettere a Tania, cit., p. 108.

32 Su questi aspetti cfr. il carteggio tra Tania e Sraffa, ivi, pp. 95-102, nonché A. Natoli, Antigone e il prigioniero, cit., pp. 128-135.

33 Cfr. la già citata lettera di Gramsci a Tania del 5 dicembre 1932, p. 163.

34 Cfr. le lettere di Gramsci a Tania del 28 novembre, 12 dicembre, 19 dicembre e 26 dicembre 1932, in A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., pp. 159-160, 164-172.

35 La testimonianza di Donini in M. Pistillo, Gramsci come Moro?, cit., pp. 88-89.

36 In proposito cfr. C.F. Casula, Domenico Tardini (1888-1961). L'azione della Santa Sede nella crisi fra le due guerre, Roma, 1988, pp. 108-113.

37 Cfr. G. Fiori, Vita di Antonio Gramsci, cit., pp. 312-313.

38 Cfr. M. Pistillo, Gramsci come Moro?, cit., p. 88.

39 Ricerche da me effettuate all'Archivio centrale di Stato nel fondo Telegrammi dell'Ufficio cifra(in partenza) per il periodo settembre 1932-gennaio 1933 e della Pubblica sicurezza per la provincia di Bari per il 1932-1933 hanno dato esito del tutto negativo. Nemmeno il fascicolo personale intestato a mons. Pizzardo del fondo Polizia politica, b. 44b, contiene alcun riferimento in proposito. Anche negli archivi della Santa Sede non risulterebbe alcuna traccia dell'evento (cfr. A. Natoli, Antigone e il prigioniero, cit., p. 128).

40 Cfr. Fondazione Istituto Gramsci, Archivi (d'ora innanzi IG), Fondo Antonio Gramsci, sc. 5, fasc. l/98.

41 Cfr. Gramsci vivo, cit., p. 236.

42 A. Natoli, Antigone e il prigioniero, cit., p. 143.

43 Per tutti i riferimenti, cfr. la lettera di Tania a Sraffa dell'11 febbraio 1933, in P. Sraffa, Lettere a Tania, cit., pp. 226-241.

44 A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., p. 186.

45 Ivi, pp. 190-192.

46 Cfr. ad esempio G. Tamburrano, Antonio Gramsci. Una biografia critica, Milano, 19772, pp. 16-21.

47 Dalla lettera di Gramsci a Tania del 6 marzo 1933, in A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., p. 193.

48 Dalla lettera di Tania a Sraffa del 5 marzo 1933, in P. Sraffa, Lettere a Tania, cit., pp. 242-244. Si veda anche la lettera di Tania alla sorella Giulia del 15 aprile 1933, in T. Schucht, Lettere ai familiari, cit., pp. 141-142.

49 Cfr. la già citata lettera di Tania a Sraffa del 5 marzo 1933, in P. Sraffa, Lettere a Tania, cit., pp. 242-243.

50 Si veda il carteggio tra Sraffa e Tania nel febbraio-marzo 1933, ivi, pp. 109-112.

51 L'episodio è riferito in una relazione inviata da Tania al centro estero del Pcd'I nel marzo 1933. Il documento è stato pubblicato per la prima volta in « Rinascita» , 23 gennaio 1970, con un'introduzione di P. Spriano.

52 Cfr. le lettere di Gramsci a Tania del 14 e del 21 marzo 1933, in A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., pp. 195-197.

53 Il certificato manoscritto, datato 25 marzo 1933, è conservato in ACS, MGDP, b. 8, fasc. 162, « Gramsci Antonio» .