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Silvia Dominici , Un giornalista tra le due guerre: F.Paoloni dal socialismo « evangelico » al fascismo


3. Finita la guerra, Paoloni lasciò l'ambiente romano e il « Giornale del popolo» per fondare e dirigere un nuovo quotidiano a Trieste, l'« Era nuova» . 84Fu anche, seppure per un breve periodo, punto di riferimento di Mussolini in terra giuliana. È stata sottolineata piú volte l'importanza del capoluogo giuliano nelle vicende politiche dell'immediato dopoguerra, e già al tempo la città era percepita come un laboratorio precoce delle spinte e delle scelte nuove che si imponevano in Italia alle diverse forze politiche tra il 1919 e il 1922, anche in conseguenza del clima di smobilitazione, che a Trieste venne vissuto piú drammaticamente che altrove85. L'esperienza di Paoloni a Trieste si intreccia con i problemi inerenti il discusso rapporto tra fiumanesimo e fascismo, sullo sfondo di un momento di svolta fondamentale nella vita politica cittadina, tra la crisi economica, in particolare quella del porto, l'asprezza della lotta sociale, le scelte dei gruppi industriali, le alleanze delle correnti democratiche e moderate fino alla formazione del Blocco nazionale per le elezioni del 192186.

Paoloni si recò una prima volta nella città giuliana nel gennaio del 1919, in compagnia del suo collega Salvatore Sibilia, per verificare le possibilità dell'impresa editoriale e preparare l'uscita del nuovo quotidiano, che vide la luce, « per vari ostacoli sopravvenuti» , soltanto il 14 maggio 191987. Il quotidiano era finanziato dall'industria armatoriale triestina e nel 1921 Paoloni costituiva con Arturo Castiglioni la Società editoriale della Venezia Giulia88.

Mussolini ebbe certamente un ruolo di rilievo nella nascita del quotidiano, in quanto da piú fonti emerge che l'« Era nuova» a Trieste avrebbe dovuto assumere per i promotori una funzione parallela a quella del « Popolo d'Italia» a Milano89. La creazione del « Popolo di Trieste» , emanazione diretta del « Popolo d'Italia» e del fascismo locale, sarebbe avvenuta infatti soltanto nel dicembre 192090, in un contesto politico mutato.

Nel panorama della stampa triestina del dopoguerra soltanto « Il Lavoratore» poteva vantare salde tradizioni e forti radici nella città, mentre « Il Piccolo» aveva interrotto le pubblicazioni. Il giornale di Paoloni, che non era l'unico nuovo tentativo editoriale del dopoguerra a Trieste - « La Nazione» infatti, organo dei liberali giolittiani, era nata già nel novembre del '18 -, si presentava con un orientamento democratico diretto a gruppi di interventisti e democratici. A Paoloni venne affiancato come vicedirettore il triestino Bruno Astori, che lasciava il « Corriere della sera» . 91Il quotidiano conobbe un certa fortuna, tanto da richiedere la stampa in rotativa, e la sua edizione pomeridiana nata nel 1921, « La Sera» , ottenne tirature piú alte di ogni altro quotidiano serale triestino. La questione del porto, che si auspicava fosse ripristinato quale porto franco, e la difesa della flotta mercantile giuliana erano gli argomenti ricorrenti del giornale, accanto alla questione dei confini, ancora irrisolta92.

Il direttore dell'« Era nuova» si era adoperato con impegno per il reclutamento di volontari fiumani e il suo giornale aveva condotto per Fiume « una campagna infiammatrice dello spirito nazionale» ; 93inoltre la redazione del quotidiano assumeva un ruolo di riferimento obbligato per quanti a Trieste si occupavano della questione fiumana. Nella notte della marcia di Ronchi, Paoloni, secondo i suoi collaboratori unico direttore di giornale al corrente dell'impresa, aveva inviato i due redattori Sibilia e Popazzi a seguirne il percorso, mentre egli stesso sembrava « diventato in quei giorni anche un diplomatico» , poiché nel suo ufficio si era registrato un notevole afflusso di vari personaggi coinvolti poi nell'impresa94. Paoloni attribuí la responsabilità del fallimento della marcia di Ronchi al comportamento del governo e del parlamento, intenti a speculare su questioni elettorali, e al Consiglio supremo, dove le potenze alleate continuavano a perseguire ciascuna i propri interessi non rispettando le intese al di là delle apparenze, cosí che soltanto l'Italia finiva per conformarsi agli accordi di pace, con grave sottovalutazione dei propri obiettivi95.

Nel 1919 a Trieste si era costituito un Comitato d'intesa e d'azione per la difesa dei « legittimi interessi dell'Italia» tra le forze che si riconoscevano nel vecchio interventismo: vi partecipavano sezioni dell'Usi, del partito repubblicano e del Fascio triestino di combattimento. Paoloni inoltre era in contatto continuo con i dirigenti del Fascio triestino, e si occupava personalmente di accogliere membri del comitato centrale dei Fasci provenienti da Milano96.

Era in corso tuttavia quel processo di distacco netto del fascismo triestino da D'Annunzio, che Mussolini aveva sancito già dal febbraio del 1920. Nella città giuliana inoltre il fascismo assumeva i tratti, precoci rispetto al resto delle regioni italiane, di una politica tesa alla restaurazione di un assetto sociale favorevole agli interessi dei gruppi industriali e armatoriali97. Paoloni si conformava già dall'inverno del 1920 alle posizioni di Mussolini sulla questione di Fiume. Nel marzo di quell'anno il direttore del « Popolo d'Italia» lo invitava per esempio a esercitare pressioni tra i suoi amici perché non aderissero a una marcia su Trieste progettata da D'Annunzio98.

Molti tra i primi seguaci di Mussolini favorevoli all'impresa dannunziana si sentirono poi traditi dalle scelte operate dal direttore del « Popolo d'Italia» 99 che, nonostante le dichiarazioni pubbliche e la propaganda, sconfessava nei fatti D'Annunzio e l'impresa fiumana. Eno Mecheri ravvisava il « tradimento» già nel fatto che Mussolini per il suo giornale aveva affidato il reportage sulla Conferenza italo-jugoslava proprio a Paoloni, che, « estraneo fino allora al suo giornale» , « non era fascista e per giunta socialista bissolatiano, quindi della corrente rinunciataria. Difatti tutte le sue corrispondenze apparse sul "Popolo d'Italia" furono tutte ispirate alla inevitabilità di una accettazione del Trattato concluso dal governo di Giolitti» .100

Paoloni infatti, coerente con le posizioni già assunte in passato in merito alle scelte di politica estera e in particolare alla questione dei confini orientali, appoggiava la linea dell'interventismo democratico di Bissolati101, e nelle cronache sulle trattative italo-jugoslave sottolineava la notevole destrezza diplomatica della delegazione italiana e la necessità di evitare ogni dilazione ulteriore per arrivare ad un accordo102. Non mancano riferimenti al tema della « vittoria mutilata» : ricordava che la trattativa giungeva dopo che « errori di uomini e fatalità di cose avevano prodotto per noi una condizione internazionale disastrosa, che ci spingeva alla sconfitta nella pace dopo la vittoria nella guerra» . 103L'accordo era giudicato in modo positivo in quanto assicurava all'Italia « il possesso di quella linea alpina orientale, alla quale tendevano tutti gli sforzi della nostra rivoluzione nazionale fin dal 1848» e sanciva la ripresa di un suo ruolo di grande potenza mediterranea. Paoloni inoltre osservava che questo accordo evitava la restaurazione di una qualche forma del regno degli Asburgo, come i francesi avrebbero auspicato. Esprimeva solo alcune perplessità sul punto della difesa adriatica, che nella formulazione adottata gli sembrava non offrire garanzie sufficienti per la significativa presenza di italiani in Dalmazia104. Nel commento non una parola era riservata a Fiume. Nello stesso numero, il quotidiano diretto da Paoloni riportava in prima pagina un'intervista a De Ambris, al momento capo del Gabinetto del comandante a Fiume, il quale, alla richiesta di commentare l'accordo raggiunto, si dichiarava certo che in ogni caso D'Annunzio non avrebbe tentato colpi di mano105. I giudizi espressi sull'« Era nuova» coincidevano dunque sostanzialmente con la cronaca delle trattative condotta da Paoloni per il « Popolo d'Italia» . 106Mussolini stesso com'è noto, espresse soddisfazione negli stessi termini per gli accordi raggiunti, pur avanzando alcune riserve per opportunità politica107.

L'« Era nuova» intanto in questo periodo veniva investita dai rapidi cambiamenti politici in corso e l'orientamento democratico-radicale delle sue pagine cominciava a fare i conti con un fascismo sempre piú aggressivo e organizzato, che si presentava funzionale alla garanzia di un ordine sociale stabilito su base conservatrice, e come un argine incontrastato all'estremismo delle sinistre. Questo processo ebbe il suo epilogo con la formazione del Blocco nazionale per le elezioni del 1921, aggregazione di tutte le forze conservatrici trainate dal fascismo, che anche l'« Era nuova» decise di appoggiare dopo qualche incertezza, in seguito alle pressioni del proprietario della testata Castiglioni108. La svolta del giornale di Paoloni dunque può forse essere iscritta anch'essa in quel processo di fusione tra l'interventismo di sinistra e le tendenze nazionaliste che, secondo alcuni, ottenne una prima sperimentazione politica con la Reggenza del Carnaro109.

Per i rapporti con i fascisti si può osservare che se da una parte Paoloni era in stretto contatto con Mussolini per D'Annunzio e Fiume, dall'altra ebbe certamente dei rapporti meno idilliaci con i fascisti triestini: negli scontri del 25 dicembre 1920 fu assaltata da una squadra anche la sede dell'« Era nuova» e già erano giunte minacce di ritorsioni alla redazione110. Dopo l'alleanza elettorale del Blocco, e soprattutto con la rinascita del « Piccolo» , che per i lettori moderati rappresentava il tradizionale riferimento editoriale111, lo spazio del quotidiano di Paoloni, che era cresciuto inizialmente sull'onda delle rivendicazioni nazionali e sulla tutela degli interessi economici gravitanti sul porto, nel nuovo assetto politico dell'area giuliana andava gradualmente riducendosi. « L'Era nuova» cessò le pubblicazioni il 1° agosto 1923112, ma Paoloni era rientrato nella capitale già alla fine dell'anno precedente.

Non si hanno notizie certe in merito alla data dell'iscrizione di Paoloni al Pnf. Gaetano Polverelli, in una lettera al duce ricordava polemicamente che l'ex direttore dell'« Era nuova» si era iscritto solo nel novembre 1922 al partito fascista e che nel periodo in cui era a Trieste i fascisti avevano dovuto combattere anche contro di lui113. È certo comunque che Paoloni inviò la sua adesione alla riunione di Piazza San Sepolcro, e che ottenne successivamente il riconoscimento di « sansepolcrista» . 114Coloro che intendevano vantare una militanza nel fascismo della prima ora considerarono d'altra parte il « diciannovismo» non tanto un momento d'iscrizione formale, che certamente non in molti potevano far risalire al 19 marzo del 1919, ma « uno stato d'animo e una mentalità che si estende dagli iscritti del '19 a quelli del '21» , secondo una definizione dello stesso giornalista umbro115.


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Silvia Dominici , Un giornalista fra le due guerre: F.Paoloni dal socialismo « evangelico » al fascismo


84 Si veda l'articolo di saluto Il compagno Paoloni, in « Il Giornale del popolo» , 13 marzo 1919, nel quale si accenna che Paoloni aveva dovuto lavorare duramente per realizzare il nuovo giornale, e ACS, CPC, b. 3714, rapporto in data 28 agosto 1926.

85 E. Sestan ha parlato di una « crisi della smobilitazione degli spiriti e delle armi» per descrivere il clima dal quale trasse alimento il primo fascismo della Venezia Giulia, in Venezia Giulia. Lineamenti di una storia etnica e culturale, Bari, 1965, p. 117. Sul periodo, E. Apih, Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia 1918-1943, Bari, 1966, in particolare pp. 113-189.

86 Soprattutto per il 1921, si veda E. Apih, Avvento del fascismo a Trieste, in Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Comitato di Trieste e Gorizia, Italia del Risorgimento e mondo danubiano-balcanico, Udine, 1958, pp. 157-186; sulla questione dei rapporti tra fiumanesimo e fascismo si è tenuto conto soprattutto di R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 545 sgg.; F. Gerra, L'impresa di Fiume, Milano, 1975, II, pp. 204 sgg.; F. Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo, Roma, 1988.

87 S. Sibilia, La marcia di Ronchi, Roma, 1933, p. 102.

88 S. Cella, Profilo storico del giornalismo delle Venezie, Padova, 1974, p. 68, e V. Castronovo, La stampa italiana, cit., pp. 266-267.

89 Cfr. Castronovo, La stampa italiana, cit., p. 266, e inoltre la considerazione di un ex redattore del giornale triestino: « L'"Era Nuova" era, dunque, diventata prestissimo - come lo era già diventato il "Popolo d'Italia" a Milano - un posto di combattimento spirituale per Fiume» (S. Sibilia, La marcia di Ronchi, cit., p. 103).

90 Si veda M. Risolo, Il fascismo nella Venezia Giulia. Dalle origini alla marcia su Roma, Trieste, 1932, p. 183; inoltre, Un quotidiano fascista a Trieste, in « Il Popolo d'Italia» , 26 ottobre 1920.

91 C. Pagnini, I giornali di Trieste dalle origini al 1959, Milano, 1959, pp. 292-293. Per altre osservazioni sullo stato delle varie testate giornalistiche e la loro diffusione nei diversi ambienti sociali, si veda S. Benco, « Il Piccolo» di Trieste. Mezzo secolo di giornalismo, Milano-Roma, 1931, in particolare p. 251.

92 Si vedano per esempio gli articoli Dopo un anno. Trieste vuole l'annessione; A un anno dall'armistizio l'Italia attende la pace giusta. La giustizia per le nazioni; E adesso... Trieste vuole lavorare, in « Era nuova» , rispettivamente del 3, 4, 5 novembre 1919, e C. Pagnini, I giornali di Trieste, cit., p. 292.

93 S. Benco, « Il Piccolo di Trieste», cit., p. 251, e ACS, CPC, b. 3714, rapporto del 28 agosto 1926, in cui si dice che Paoloni da Trieste si occupò anche del reclutamento di volontari per l'occupazione di Fiume. Cfr. Per il battaglione volontari « Venezia Giulia» a Fiume, in « Era nuova» , 4 novembre 1919.

94 S. Sibilia, La marcia di Ronchi-12 settembre 1919, in « Corriere emiliano» , 12 settembre 1925, e in una versione un poco ridotta in « Il Giornale di Genova» , 12 settembre 1925. Si veda anche Id., La marcia di Ronchi, cit., p. 103, e ACS, CPC, b. 3714, rapporto in data 28 agosto 1926, cit.

95 Si veda il corsivo del 13 settembre 1919 dall'« Era nuova» , in S. Sibilia, La marcia di Ronchi, cit., pp. 196-199. Per l'impresa di Fiume, P. Alatri, Nitti, D'Annunzio e la questione adriatica, Milano, 1976, pp. 185 sgg.

96 Come si legge nella corrispondenza tra Biasioli e Umberto Pasella, lettere del 5, del 13 e del 15 settembre 1919 in ACS, MRF, b. 42. Inoltre, lettera del 20 agosto, ivi. Cfr. Un programma, in « Era nuova» , 1° novembre 1919, nel quale si asseriva che il programma esposto nel primo numero del giornale corrispondeva a quello del Fascio. Sul quotidiano diretto da Paoloni si pubblicavano gli avvisi sulle riunioni dell'Usi, e si concedeva largo spazio ai Fasci italiani di combattimento; oltre ai nn. citati, si veda Gite di propaganda del fascio, ivi, 20 luglio 1920.

97 E. Apih, Avvento del fascismo a Trieste, cit., pp. 164-166.

98 Secondo R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., p. 580, che si basa sulle testimonianze di E. Mazzuccato e P. Pieri pubblicate sul « Popolo d'Italia» nel 1938. Per le posizioni di Mussolini sulla questione di Fiume, ivi, pp. 578-580.

99 Tra le testimonianze di coloro che criticarono Mussolini, solo per citare alcuni esempi, si vedano U. Foscanelli, D'Annunzio e il fascismo, Milano, s.d., pp. 43-52; G. De Falco, Il fascismo milizia di classe, in Il fascismo visto da repubblicani e socialisti, Bologna-Rocca S.Casciano-Trieste, 1922. Sulla politica del « tradimento» da parte di Mussolini, G. Salvemini, Mussolini diplomatico (1922-1932), Bari, 1952, pp. 39-40; G. Dorso, Mussolini alla conquista del potere, cit., pp. 192 sgg.

100 E. Mecheri, Chi ha tradito? Rivelazione e documentazioni inedite di un vecchio fascista, Milano, 1947, p. 82. Il tema dell'accordo segreto ha ricevuto diverse dimostrazioni e anche alcune smentite; tra queste ultime, si veda l'interpretazione di F. Gerra, il quale ha affermato che Mussolini non aveva alcuna necessità di perseguire i suoi obiettivi attraverso un accordo segreto con Giolitti e che non intervenne nella difesa di Fiume solo per motivi di opportunità politica ( L'impresa di Fiume, cit., II, pp. 204 sgg.). Cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 637 sgg. Per una breve rassegna degli studi sul tema, F. Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo, cit., le pagine introduttive.

101 Sulla linea propugnata dai democratici, in contrasto con i nazionalisti, per la condotta da seguire nelle trattative di pace, si veda P. Alatri, Nitti, D'Annunzio e la questione adriatica, cit., pp. 19-22. Per i contatti tra Bissolati e Paoloni, R. Colapietra, Leonida Bissolati, Milano, 1958, pp. 201 e 266-269; per il Trattato di Rapallo, G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, VIII, La prima guerra mondiale. Il dopoguerra. L'avvento del fascismo, Milano, 19862, pp. 336-342.

102 I delegati Jugoslavi al bivio, e Soluzione o annessione?, in « Era nuova» , 10 novembre 1920.

103 Esaminando l'accordo, ivi, 13 novembre 1920. Sulla « vittoria mutilata» , cfr. R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, I, cit., pp. 491 sgg., oltre a M. G. Melchionni, La vittoria mutilata: Problemi ed incertezze della politica estera italiana sul finire della Grande Guerra (ottobre 1918-gennaio 1919) , Roma, 1981.

104 Esaminando l'accordo, in « Era nuova» , cit.

105 U. Milelli, Che cosa farà Fiume? Nostra intervista con l'On. De Ambris, ivi, 13 novembre 1920.

106 Si vedano gli articoli, tutti di F. Paoloni, Il Convegno italo-jugoslavo di S. Margherita; La questione adriatica; L'accordo italo-jugoslavo è già concluso?; La cronaca delle trattative; La conclusione del convegno; Dopo il convegno: il testo ufficiale del Trattato e I criteri che ispirarono i delegati italiani, in « Il Popolo d'Italia» , dal 9 al 14 novembre 1920.

107 R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 646-650, anche G. Dorso, Mussolini alla conquista del potere, cit., pp. 224-225.

108 C. Silvestri, Le elezioni del 1921 a Trieste, in « Trieste» , V, 1958, n. 25, pp. 8-13. Si veda anche M. Risolo, che affermava che l'« Era nuova» solo « in parte» aderí al Blocco nazionale, lasciando cosí aperta la strada alla supposizione di contrasti tra il giornale e l'editore oppure all'interno della stessa redazione ( Il fascismo nella Venezia Giulia. Dalle origini alla marcia su Roma, cit., p. 183).

109 Cfr. E. Ragionieri, La storia politica e sociale, in Storia d'Italia, IV, Dall'Unità a oggi, Torino, 1976, t. III, p. 2091 e gli appunti mossi da F. Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo, cit., l'introduzione. Paoloni già da quando era redattore del « Popolo d'Italia» da Roma aveva indicato il sindacalismo e le politiche del lavoro come elementi da rifondare su basi nuove (cfr. Echi del Congresso Riformista, in « Il Popolo d'Italia» , 18 aprile 1917); si tratta in qualche modo della definizione dei tratti dello « Stato nuovo» che pure altri esponenti del fascismo del dopoguerra provenienti da una militanza in campo interventista e democratico avevano salutato per esempio nella costituzione della Reggenza del Carnaro. Cfr. il caso di P. Marsich, in E. Gentile, Storia del partito fascista. Movimento e milizia, Roma-Bari, 1989, pp. 180-182, e G. Salotti, La valorizzazione del lavoro nella « Carta del Carnaro», in « Clio» , 1991, n. 1, pp. 85-103. Inoltre per il sindacalismo rivoluzionario italiano, cfr. L. Valiani, Questioni di storia del socialismo, Torino, 1975, pp. 361-366, e M. Sznajder, I miti del sindacalismo rivoluzionario, cit. Per i collegamenti con la politica nazionalrivoluzionaria del dannunzianesimo da parte delle tendenze democratico-mazziniane, si veda P. Nello, Natura e funzione del mito dannunziano nel primo fascismo, in « Storia contemporanea» , 1990, n. 6, pp. 1131-1148.

110 Si veda M. Risolo, Il fascismo nella Venezia Giulia, cit., p. 195. Notizie sulle minacce di infliggere « una lezione fascista» all'« Era nuova» , qualora avesse dato seguito a una preannunciata campagna giornalistica proposta dal Dagnino ai danni dei fascisti triestini, sono contenute in una lettera del 29 gennaio 1921 indirizzata a Giunta, segretario del Fascio triestino, in ACS, MRF, b. 42.

111 C. Pagnini, I giornali di Trieste, cit., p. 293.

112 Si veda ACS, Gabinetto sottosegretario On. Finzi, Ordine pubblico (1922-1924), b. 1, fasc. 2, sf. 23, telegramma del prefetto del 2 agosto 1923.

113 Polverelli, che si lamentava con il duce perché Paoloni gli era stato preferito alla direzione del « Mattino» , affermava nella stessa missiva che Paoloni era stato un rinunciatario nel 1917; l'attendibilità di quest'ultima osservazione sembra piuttosto scarsa, come dimostrano altre fonti (lettera del 10 aprile 1928, in ACS, SPD, c.r., b. 90, fasc. « Polverelli» ).

114 Cfr. ACS, MI, Divisione polizia politica, sc. 76, fasc. « Paoloni Francesco» , la scheda informativa del 1934 che data l'iscrizione di Paoloni al Pnf il 19 marzo del 1919; sulla datazione dell'iscrizione al Pnf e gli errori incorsi nel rilascio del riconoscimento di « sansepolcrista» , L. De Magistris, I sansepolcristi nella storia della rivoluzione fascista, Milano, 1939. Nel marzo del 1919 Paoloni partecipò alla riunione di Piazza San Sepolcro secondo R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., p. 505; tra le fonti De Felice cita il volume di M. Giampaoli, 1919, Roma-Milano, 1928, che pone Paoloni tra coloro che inviarono la propria adesione da Trieste (p. 120), mentre Giampaoli non lo cita esplicitamente tra coloro che l'autore ricorda come intervenuti alla riunione, pp. 126 sgg. Per questi problemi di datazione cfr. G. Padulo, Per la storia della massoneria da Giolitti a Mussolini, in « Annali dell'Istituto italiano per gli studi storici» , 1988, pp. 221-349.

115 Diciannovisti con criterio, in « Echi e commenti» , IX, 1928, n. 18.