next essay previous article indice volumeStudi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36


Pierluigi Totaro , Premesse del potere democristiano in Irpinia (1946-1948)


3. L'attivismo di Fiorentino Sullo e i prodromi dell'intervento straordinario. L'inclusione dello scenario politico irpino nei confini di una grande circoscrizione elettorale e, sebbene al momento solo sulla carta, in quelli amministrativi della regione Campania, rientrava nell'alacre opera di apprestamento o riassestamento degli spazi della politica e del potere cui si dedicarono i leader democristiani nelle istituzioni centrali come a livello locale. Tra questi spiccava Fiorentino Sullo: membro della I Commissione della Costituente per l'esame dei disegni di legge (Affari politici interni e generali), poté attingervi una buona conoscenza del funzionamento della macchina statale e cogliere con immediatezza l'esigenza di adeguare gli organi politico-amministrativi periferici alle opportunità che, si sperava fuori da una logica estemporanea dell'emergenza e nell'ambito dei programmi di ricostruzione, l'intervento pubblico avrebbe potuto offrire all'Irpinia e all'intero Mezzogiorno60; nel contempo, comprese l'utilità di suscitare localmente forme idonee di autorganizzazione degli interessi, in una società sino ad allora priva di iniziativa e di stimoli esterni, e tanto piú impreparata alla ricezione di risorse pubbliche.

Favorito dalla residenza romana nelle frequentazioni ministeriali, Sullo si incaricò sollecitamente della funzione di raccordo tra le strutture centrali dello Stato e la provincia d'origine. Qui alcuni pesanti condizionamenti rischiavano di disperdere in mille rivoli improduttivi gli stanziamenti, peraltro non ingenti, assegnati all'Irpinia. La situazione di cronica inadeguatezza e inefficienza, unita al contingente forte deficit delle amministrazioni locali e alla loro stessa frastagliata coloritura politica, scaturita dal turno elettorale del '46, induceva il giovane costituente a diffidare delle autonome potenzialità realizzatrici di tali enti61. A suo modo di vedere, l'assenza di un piano organico assecondava un uso particolaristico della spesa pubblica: la prevalenza di opere piccole e secondarie, i miliardi spesi a sollievo della disoccupazione su pressione delle piazze, delle imprese e « pur di non far gridare un Sindaco» , avrebbero alla lunga impedito un effettivo progresso dell'economia e delle condizioni generali della provincia62. Appena eletto alla Costituente, Sullo dichiarava la sua indisponibilità a riprodurre antiche consuetudini, a chiedere, come rappresentante dell'Irpinia, « ai vari Ministeri quel che - con vedute spesso unilaterali e cozzanti - i vari esponenti politici locali mi andranno domandando» , per « aumentare i già gonfi portafogli di appaltatori senza scrupoli» e « per compiacere qualche capo-elettore» . 63A partire da questi convincimenti, Sullo si impegnò sin dall'inizio del mandato a razionalizzare gli investimenti pubblici, convogliandoli, d'intesa con i ministeri competenti, nella promozione della bonifica di alcuni comprensori e di importanti infrastrutture idriche. Nell'attivismo di cui diede subito prova il deputato irpino fu assistito da indubbie doti organizzative ed appropriate cognizioni, derivanti dalla collaborazione con specialisti di quei campi64. Auspice di una simbiosi tra politica e tecnica, che tanto moderna doveva apparire nel contesto irpino saturo di cultura umanistica e dominato dalle professioni liberali, egli prese ad occuparsi di opere avviate e mai completate dal fascismo, e tra queste dell'importante acquedotto del Calore, o comunque finalizzate a modificare l'ambiente in favore degli insediamenti umani e dell'agricoltura, ed era il caso dell'altro acquedotto dell'Alta Irpinia e della bonifica del comprensorio dell'Ufita65. Su quest'ultima Sullo richiamò con insistenza l'attenzione del ministro dell'Agricoltura Segni, come documenta un promemoria redatto nel gennaio del '47:

Poiché, fidandomi sulla assicurazione verbale datami dall'on. Segni, sto provvedendo alla costituzione del Consorzio di bonifica del comprensorio dell'Ufita (costituito il quale occorrerà procedere al finanziamento del progetto esecutivo dell'opera), è necessario ed opportuno che, a vincere la diffidenza delle nostre popolazioni, vi sia un'assicurazione ufficiale del Ministero66.

Seguiva la proposta di una visita di Segni nell'Alta Irpinia per confermare l'interessamento attivo del governo per una provincia che non aveva « mai fruito di provvidenze governative» . Nell'invito rivolto al ministro, Sullo lasciava trapelare quanto scetticismo avesse incontrato l'attività divulgativa svolta presso le popolazioni e gli amministratori di quelle zone, tra le piú povere e depresse della provincia. Accompagnandosi ad alcuni tecnici, egli ne aveva percorso le strade impervie spiegando la vasta portata delle opere previste e i conseguenti benefici, ma a distanza di qualche mese constatava l'incuria dei sindaci e l'inerzia dei proprietari dei terreni nell'adempimento delle prescrizioni burocratiche atte ad ottenere rapidamente i finanziamenti per le prime fasi di studio e di realizzazione: « [...] la bonifica non potrà avvenire - avvertiva - se non si costituisce il Consorzio tra i proprietari interessati e se non si procede alla progettazione delle opere concrete» . 67Alla debole mobilitazione dal basso Sullo pensò di ovviare dapprima stimolando l'amministrazione provinciale ad assumersi i preliminari di studio, quindi tentando l'istituzione del consorzio con un atto d'imperio, come ammesso dalla legge. Segni, orientato dal parere del direttore generale del ministero, non ritenne conveniente ricorrere a questo escamotage:

Caro Sullo,
non ho mancato di esaminare con ogni possibile benevolenza la richiesta avanzata dalla Prefettura di Avellino, alla quale tu ti sei vivamente associato, tendente a conseguire la costituzione di ufficio di un consorzio [...] per la bonifica del torrente Ufita in provincia di Avellino.
Debbo però informarti che non ho ritenuto di poter accogliere la richiesta per varie considerazioni, fra cui non ultima quella che un atto di imperio, nel caso, appare sproporzionato al fine da raggiungere, fine che, evidentemente, è quello di conseguire la bonifica e che potrà essere piú sollecitamente ed economicamente conseguito se lo studio verrà affidato ad un ente già esistente ed attrezzato allo scopo68.

Sullo ottenne comunque l'approntamento della bonifica e la definizione dei preliminari per la costituzione del consorzio, che nel dicembre '48 fu dotato di una deputazione provvisoria, cui seguí nel luglio del '50 il definitivo decreto di istituzione. Della sua tenace determinazione realizzatrice si ebbero in quel periodo altre prove emblematiche: tra queste, l'idea di associare il comprensorio dell'Ufita al costituendo Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e in Lucania69. Abile propagatore delle sue premure in favore dell'Irpinia, Sullo spronò nuovamente politici e amministratori locali ad aderire all'iniziativa: « Perché lasciarcene sfuggire l'occasione? Sotto a chi tocca! Amministratori comunali, Ispettorato agrario, autorità politiche valutino bene l'importanza della proposta e decidano presto» .70

Le disfunzioni e gli intralci riscontrati nei diversi comparti in cui si scomponeva la distanza tra centro e periferia, dalla formulazione della domanda, alla sua trasmissione e ricezione nelle sedi cui spettavano le concessioni, complicavano ma allo stesso tempo esaltavano, sino a renderla indispensabile, l'oculata azione di stimolo, mediazione, coordinamento che, tra gli esponenti democristiani, vedeva Sullo in posizione trainante71. In Irpinia l'allocazione delle risorse pubbliche anticipava l'intreccio tra politica ed economia, che si consumò in provincia di lí a qualche anno con l'intervento straordinario. La rete degli strumenti operativi predisposta in questo periodo non avrebbe sub&iacuteto modifiche qualitative e sostanziali in seguito all'avvento della Cassa del Mezzogiorno. Invariabilmente per il completamento di opere di bonifica e in genere di apprestamento ambientale, che si limitava a rifinanziare, o per l'esecuzione di nuovi progetti, la CasMez si sarebbe avvalsa dei consorzi, tra privati o enti locali, già costituiti o in via di istituzione: questi ne divennero a tutti gli effetti gli enti di spesa, secondo una procedura ammessa dalla legge istitutiva della Cassa in alternativa all'assunzione e gestione diretta delle realizzazioni. Pur ancor privi di un'efficiente organizzazione tecnica e di un'effettiva consistenza amministrativa, i consorzi rappresentavano, in un ambiente cosí esposto alle dispersioni municipalistiche, una base preventiva di connessione intercomunale e interprovinciale sulla quale innestare i nuovi investimenti72. A tali organismi si vennero via via associando quote crescenti del potere politico provinciale: lo attestano le lotte inter e intrapartitiche scatenatesi per controllare quelle che in breve divennero potenti macchine di consenso e dove fu possibile esercitare una disinvolta gestione degli organici, con assunzioni a chiamata diretta o pilotata di operai, impiegati e tecnici, assegnare in modo arbitrario gli appalti alle imprese, mobilitare uomini e mezzi nella propaganda elettorale, sottoporre a pressioni e condizionamenti le comunità locali, stabilendo secondo una logica di parte le priorità e i tempi di realizzazione delle opere pubbliche73.

La precoce attenzione di Sullo al controllo e all'organizzazione della spesa pubblica in Irpinia, come accennato, si spiegava, oltre che con la personale ambizione politica, con l'intento di contrastare la tendenza ad un uso improduttivo e dispersivo delle risorse; di fatto, tuttavia, il deputato irpino dovette presto ricredersi sulla possibilità o opportunità di ignorare i bisogni immediati della popolazione locale, sulla quale si riversavano gli effetti di una povertà endemica associati a quelli di una perdurante crisi economica. Per Sullo risultò giocoforza contemperare le proprie velleità con una pratica che almeno in parte le contraddiceva; all'epoca, del resto, nella Democrazia cristiana prevaleva una visione dei problemi meridionali, e delle risposte da prestarvi, piú propensa ad assecondare che a contrastare una domanda estremamente parcellizzata di aiuto economico sotto forma di sussidi, provvedimenti tampone della disoccupazione e della povertà, come i cantieri scuola, o di rattoppo al degrado delle opere e all'inefficienza dei servizi pubblici.

In effetti, la leadership democristiana in Irpinia, come nel resto del Mezzogiorno, giungeva a cimentarsi nelle prime forme ed esperienze di potere e di presenza sul territorio sulla scorta di una concezione della questione meridionale contenuta in un generico slancio etico, piuttosto che ricavata da una rigorosa lettura socio-economica; proprio per essere scarna e poco articolata, tuttavia, essa risultava agile e pragmatica. In quegli anni la Democrazia cristiana, nel ravvivare i temi sturziani, prendeva ancor piú le distanze da interpretazioni economicistiche della realtà del Sud d'Italia, né nel merito definí idee e progetti circostanziati74. In sintonia con un'attenzione alla specificità del Mezzogiorno, che, non ristretta alla sola sfera religiosa, si affacciava anche nella Chiesa per sfociare di lí a poco in un importante documento episcopale, il partito guardava ai problemi meridionali come ad una questione e ad un dovere eminentemente morali75. Tradotta in linee e atti politici, questa impostazione conduceva a modalità estremamente elastiche di intervento nel Sud, calibrate sui bisogni primari rinvenuti nelle eterogenee situazioni locali. L'azione democristiana nel Mezzogiorno si presentava, cosí, provvista di uno spessore concreto, che i dirigenti del partito poterono prontamente vantare nel raffronto con proposizioni meno fattive di altre forze politiche e di certo meridionalismo parlato e scritto:

È forse venuto il tempo in cui il meridionalista - scriveva Sullo - deve non piú escogitare le teorie meridionalistiche e cavarne articoli di giornali che non si leggono, ma iniziare, incrementare, appoggiare la concreta, determinata azione di valorizzazione di un nostro settore, di una nostra regione, di una nostra direttiva [...].76

Tale approccio corrispondeva probabilmente in pieno a quanto il Mezzogiorno postbellico richiedeva e si aspettava; proprio questa consonanza, però, ne lasciava intravedere gli effetti collaterali e la possibile degenerazione: trascurando sin dal principio di proporre ed imporre una qualsivoglia strategia di superamento dell'arretratezza, la politica democristiana iniziava ad inseguire le tante emergenze meridionali, che inibirono, o quanto meno indebolirono, quei magari timidi tentativi di programmazione per i quali qualche intenzione era stata comunque pronunciata. Le ambizioni nutrite in questo senso dallo stesso Sullo per la sua provincia si scontrarono sí con la passività dell'ambiente, dove non di rado le amministrazioni locali non utilizzavano gli stanziamenti messi a loro disposizione, ma piú di tutto esse parvero scontare il condizionamento di una diffusa domanda di assistenzialismo e di polverizzazione degli interventi sul territorio, cui, malgrado tutto e certamente per calcolo politico, la Democrazia cristiana dovette e intese dare ascolto e risposta. Ancora nel corso del VI Congresso provinciale della Dc, nell'agosto del '47, in vista dell'assise nazionale di Napoli che si accingeva a discutere di provvedimenti legislativi in favore del Mezzogiorno, il giovane costituente provò a distogliere il partito dall'adattamento a prospettive di piccolo cabotaggio: nel Mezzogiorno, sostenne, esistevano « situazioni intollerabili, tali da imporre una radicale revisione in tutta la struttura economico-sociale» . 77Sullo indicava le priorità che avrebbero dovuto a suo avviso ispirare l'azione della Democrazia cristiana nel Mezzogiorno:

Il Partito deve perciò preoccuparsi, molto di piú di quanto non abbia fatto fino ad oggi, di questo problema e fare in modo che vengano proposti ed attuati provvedimenti legislativi tendenti: 1) a migliorare le condizioni della piccola e media proprietà 2) alla eliminazione del latifondo; 3) a fornire adeguati mezzi tecnici all'agricoltura; 4) alla costruzione di acquedotti e strade interpoderali; 5) all'istruzione professionale e al perfezionamento tecnico della mano d'opera; 6) all'attuazione di tutte quelle provvidenze che possano permettere l'industrializzazione in genere e dell'agricoltura in particolare78.

Riferita all'Irpinia, dove il latifondo era assente e modesta la media proprietà, questa visione, che rinviava a tempi e modi da definire gli incentivi ad una industrializzazione su larga scala, non presentava contenuti dirompenti per gli assetti socio-economici locali; nondimeno, con l'attribuire alla politica il compito di correggere i meccanismi del mercato e del sottosviluppo, essa introduceva una prospettiva di graduale modernizzazione dei settori tradizionali dell'agricoltura, della piccola industria e dell'artigianato. Il fulcro di questo processo veniva individuato nella diffusione dell'istruzione tecnica e della formazione professionale. Memore della lezione dorsiana, Sullo coglieva nella disoccupazione intellettuale, nella sopravvivenza delle « vecchie bardature dell'umanesimo retorico» , le impronte dell'immobilismo e della corruzione della borghesia, prima imputata dell'arretratezza meridionale; egli non ignorava, del resto, quanta attrattiva la cultura umanistica conservasse nei desideri e nelle speranze di promozione sociale degli stessi strati popolari, che, a lungo accantonate, nel dopoguerra acquistavano nuovo vigore. Non altrimenti si spiegava la ricorrente rivalità tra comuni della provincia per assicurarsi la sede di un liceo classico, stigmatizzata dal deputato democristiano come manifestazione di « gretto campanilismo» , e, di piú, indizio del costume immutato, degli argini consueti in cui rimanevano pur sempre costrette le volontà di emancipazione individuale o familiare e nel complesso ogni aspirazione al cambiamento proveniente dal basso79.

Il parallelo svecchiamento del panorama culturale e delle strutture economiche della provincia, foriero di nuovi sbocchi occupazionali, era propugnato da pochi homines novi, tra i quali si annoverava Sullo, mentre disinteresse ed ostacoli raccoglieva non solo presso gli optimates, in quel ceto medio e piccolo borghese che si manteneva prudentemente in disparte, ai margini dell'attività politica, ma nell'intera compagine sociale irpina. Tra i giovani dirigenti democristiani dovette diffondersi una sensazione di isolamento e, in certa misura, di disillusione: diffidente verso qualsiasi fuga in avanti che, benché assolutamente esente da tentazioni rivoluzionarie, minacciasse di intaccarne in qualche modo l'identità e le consuetudini, la società locale si ripiegava nell'autoconservazione e in questa direzione mirava a spingere o meglio a trattenere la politica80. Le malferme posizioni elettorali della Democrazia cristiana, e i corrispettivi successi della destra, pronta a fornire un afflato di massa al malcontento dei singoli e delle categorie, non permettevano di correlare la parabola del consenso con il tragitto, verosimilmente non breve, dell'educazione politica delle popolazioni irpine; alla fiducia, un po' illuministica, di ritrovarle infine persuase all'unisono dell'efficacia di programmi a media e lunga scadenza, di un modello organico di sviluppo e di trasformazione, fu preferita, nell'interesse del partito che si dilatava sino a farlo coincidere con quello della democrazia, l'adozione di risposte di piú sicuro ed immediato riscontro: una congrua messe di sussidi, di lavori pubblici e, nel numero consentito dalle risorse disponibili, le assunzioni fisse o temporanee nelle amministrazioni locali e periferiche dello Stato, depositarono nell'opinione comune un primo abbozzo dell'immagine i cui contorni si perfezionarono successivamente, ma che già ritraeva la Democrazia cristiana nelle vesti di levatrice e garante dell'integrazione della popolazione irpina nello Stato democratico81.

L'accostamento alla realtà locale nelle sue necessità materiali, e una maggiore disposizione a recepirne l'ansia di stabilità in relazione al proprio sistema di valori culturali e simbolici, avvalorava la « straordinaria flessibilità» della Democrazia cristiana nel curare l'insediamento territoriale, a costo di differire o, piú spesso, di distorcere con pratiche dispersive delle risorse le mire di « guida progettualmente orientata» , di pianificazione delle trasformazioni, quando fossero sprovviste del consenso corrispettivo o, peggio, fonte di contrapposizione tra partito e società82. Le ripercussioni di questo adeguamento furono avvertite distintamente all'interno della Dc, mentre al di fuori non mancò chi ne trasse argomento di polemica, vedendovi un'involuzione di Sullo dalle posizioni avanzate degli inizi al conformismo dettato da preoccupazioni elettoralistiche, che lo avrebbero portato a « cercare alleanze ovunque pur di assicurarsi i voti preferenziali necessari per la rielezione» :

[...] forse è ossessionato anch'egli - scriveva il quotidiano comunista « La Voce» - dalla paura di perdere i favori dei destrorsi, che purtroppo nella nostra provincia sono in maggioranza. Certo è che anche su lui grava la responsabilità di aver contribuito a spegnere ogni sia pur fievole voce progressista in seno alla Dc in provincia di Avellino83.

A riprova venivano rievocate le discussioni, a tratti convulse, che avevano animato il VI Congresso provinciale e si erano nutrite di motivi personalistici e di fazione, in sostituzione dei contrasti ideali degli anni precedenti:

Il tono del partito è evidentemente calato. Siamo oramai in piena fase di politica trasformistica: il programma di rinnovamento e di riforme vagheggiato dal prof. Sullo è stato relegato in soffitta in omaggio alle varie cricche elettoralistiche che oramai imperano nel Comitato federale del partito e non vogliono piú essere disturbate nelle loro complicate manovre. All'on. Sullo non è rimasto che adattarsi a questa realtà84.

Questi rilievi coglievano sostanzialmente nel segno, e tuttavia, per lo spirito di parte che li ispirava, tendevano a sopravvalutare gli aspetti negativi del conflitto nella Dc. Lo spostamento del confronto sul terreno accidentato ed insidioso dei personalismi non spinse le divisioni, almeno in questa fase, oltre le diatribe congressuali, riassorbite in una leadership collegiale che contribuí ad estendere la rappresentanza sociale e politica del partito: per limitarsi ad un solo significativo esempio, Alfredo Amatucci, entrando nella Dc, aveva portato con sé un vasto seguito personale, ricevuto in eredità dal padre, Francesco, o corredo dell'attività professionale di avvocato, e aveva cosí aperto al partito un varco in quel mondo delle professioni della borghesia cittadina sino ad allora rimastogli estraneo85. Il mutamento in atto nella dirigenza, stroncato dal giudizio degli avversari come una capitolazione e una sindrome degenerativa, nella Dc veniva approvato senza demonizzarne il portato di rivalità intestine che, mentre non escludevano alleanze all'insegna dell'equilibrio e di compromessi sia pur momentanei, erano presentate nella loro funzione positiva di stimolo e di indice della vitalità e della varietà delle sue componenti86. A sostegno di tale convincimento giungevano i risultati conseguiti nella cooptazione del personale politico di destra, che l'aggiornato profilo del partito facilitava e che costituivano alcune tessere del mosaico in cui si intendeva comporre, passo dopo passo, l'unità politica del territorio provinciale sotto l'egida democristiana87. Nella competizione con i partiti di destra per assicurarsi il controllo degli ambienti moderati si distingueva una fase centrale delle manovre di aggancio della Dc alla società irpina, al riparo di una solida sovrastruttura ideologica, individuata nell'anticomunismo incalzante che, in continuo crescendo a partire dalla primavera del '47 e all'approssimarsi delle elezioni del '48, traspirava dal clima politico del paese; nella misura in cui prevaleva il confronto/scontro sul fronte destro della politica irpina, si spegneva nella Dc ogni residua voce a sostegno del dialogo con le sinistre88.

4. Le elezioni del 18 aprile 1948 oltre il dilemma ideologico. In Irpinia la rilevanza politica e simbolica del 18 aprile venne in parte attutita, integrata nei tempi piú lunghi e dilatati dell'evoluzione e dell'assestamento del sistema politico locale; nella situazione della provincia, relativamente sfalsata rispetto alle problematiche nazionali, il dilemma ideologico presentato agli elettori non esauriva tutti i risvolti della contesa. Intanto, il velo dell'anticomunismo, nota dominante della mobilitazione del movimento cattolico, non riuscí a celare le tangibili incomprensioni e le carenze di collegamento tra la Chiesa, l'associazionismo e la Dc che, quando non si intralciarono, condussero campagne elettorali disgiunte e diversificate. Quella democristiana, oltre a insistere sulle realizzazioni del governo in atto o annunciate a favore dell'Irpinia, tese a privilegiare la difesa dell'ordine democratico, a riportare entro i confini laici della politica i termini della lotta elettorale, ad evitare - ma non per questo meno aspra e pugnace verso le sinistre - i toni della crociata religiosa intrapresa dalle organizzazioni ecclesiali e paraecclesiali che espropriavano i partiti del piú classico terreno di scontro per consegnarlo alla disputa tra credenti e atei, tra difensori della civiltà cristiana e « forze del male» . 89I leader democristiani tendevano perlopiú ad agire come soggetti politicamente autonomi dalla gerarchia ecclesiastica: esponenti di un partito che in periferia riceveva la propria legittimità dall'azione del governo centrale e con esso, in definitiva, si identificava, essi mostravano, semmai, di saper utilizzare con pragmatismo e disinvoltura le strutture e le attività delle organizzazioni collaterali, ovviando, con queste interferenze in verità mai bene accette, alle deficienze croniche dell'organizzazione partitica, per giunta afflitta, nel periodo elettorale, da un bassissimo rapporto tra attivisti ed iscritti90.

Almeno in un caso, tuttavia, a proposito della composizione della lista democristiana, le ingerenze ecclesiastiche ebbero la meglio sulle prerogative e sulle scelte del partito: il vescovo di Avellino convocò Sullo espressamente per imporre la candidatura di Alfredo Amatucci, dal '46, sempre per volontà episcopale, presidente delle Acli locali. Non valsero a smuovere la fermezza di mons. Bentivoglio le legittime riserve sulla discesa in lizza di un terzo irpino di rango, che avrebbe potuto compromettere la riconferma di Sullo e di Scoca, già messa in forse dall'arrembaggio della rimaneggiata pattuglia dei concorrenti salernitani e dall'incognita del gruppo sannita, esordiente nel confronto elettorale con le componenti democristiane delle altre due province91. Amatucci entrava in lista esplicitamente come candidato della Chiesa, espressione del legame privilegiato che la gerarchia ecclesiastica manteneva con il notabilato irpino di tradizione liberale, assimilato in funzione conservatrice per l'acceso anticomunismo che lo distingueva, e imposto ad una Democrazia cristiana al contrario intenta a svincolarsi definitivamente dalla marcatura clericale92.

A contraddire le residue illusioni circa un fronte cattolico coeso nella battaglia del 18 aprile, si evidenziavano la scarsa collaborazione e i risentimenti reciproci tra il clero e i laici delle associazioni di Ac, il cui ruolo, proprio in quei frangenti, riceveva un nuovo slancio e una legittimazione di solito negata dalla Chiesa locale, dal sentire tradizionale dei parroci; nel complesso, al di là dell'impegno profuso soprattutto dai settori giovanili, l'azione preelettorale ne subí un rallentamento e una limitazione chiaramente percepibili93. A questa remora si sommava la congenita penuria di mezzi, di risorse e di dirigenti formati, che, se non altro, risolveva in radice, per la sostanziale comunanza di quadri, qualsiasi eventuale problema di convivenza tra Ac e comitati civici94; l'apprensione per la scadenza elettorale, e lo sforzo organizzativo che ne seguí, non sortirono dunque l'effetto di migliorare, tranne che per lievi incrementi del tesseramento, il fragile assetto del tessuto associativo cattolico, riguardante, oltre all'Ac, le Acli, la corrente sindacale cristiana e la Coldiretti95.

Le divisioni nello schieramento cattolico riflettevano solo alcuni dei contenuti aggiuntivi che contraddistinsero la tipologia delle elezioni irpine, travalicando lo schema della polarizzazione centrosinistra e il leitmotiv dello scontro ideologico. Nella vicenda politica provinciale il tema pervasivo dell'anticomunismo si inscriveva nella questione preponderante della primazia tra Democrazia cristiana e destre: pur senza perdere i connotati esteriori di drammaticità e di coinvolgimento psicologico collettivo che rivestí in tutto il paese, il voto del 18 aprile venne in certo qual modo derubricato da vicenda capitale e conclusiva della battaglia contro il « pericolo rosso» a frazione saliente della tensione di medio periodo tra le aspirazioni egemoniche della Dc e la radicata, resistente presenza di destra in Irpinia96. Significativamente, i commenti postelettorali, ancor piú del bilancio dello scontro tra la Dc e il Fdp, posero in risalto il calo delle destre: per tutti la novità principale era la definitiva polverizzazione dei partiti personal-localistici, che, dopo lo scioglimento della Democrazia del lavoro a qualche mese dalla morte di Francesco Amatucci e la scomparsa della lista dei Combattenti e reduci, raccolsero un insignificante 0,3%, rispetto al 17,9 conseguito nel '46 dall'insieme delle liste non collegate al collegio unico nazionale97. L'estinzione di queste formazioni incise negativamente sul risultato complessivo della destra, che passò dal 48,6% del '46 al 27,8; se ne deduce, per converso, che in quell'area politica i partiti di rilevanza nazionale, nel frattempo sfrondati del profilo smaccatamente notabilare dell'immediato dopoguerra, mantenevano posizioni ancora ben salde, perdendo appena il 2,9%: 98il Blocco nazionale (Bn), alleanza tra il Pli e quel che restava dell'Uq, pur non eleggendo alcuno dei suoi candidati provinciali, ottenne il 12,6% (insieme i liberali dell'Udn e l'Uq nel '46 avevano raggiunto il 20,3), mentre il Pnm con l'11,8% portò nel primo parlamento repubblicano i due capilista Alfredo Covelli ed Emilio D'Amore (nel '46 i monarchici del Blocco nazionale della libertà si erano attestati sul 10,4). A queste percentuali dovevano aggiungersi quelle, pur minime, del Msi (2,7), alle sue prime elezioni, e del Movimento nazionalista per la democrazia sociale (Mnds) di Giuseppe De Falco ed Emilio Patrissi, entrambi ex qualunquisti (0,7). 99A ben vedere, quindi, la crisi della destra interessò quasi esclusivamente gli ambiti piú tradizionali, come confermavano le alte percentuali del Bn e del Pnm nelle rispettive roccaforti di Ariano Irpino e di Mirabella Eclano. Anche il risultato di Avellino mostrava la capacità di liberali e monarchici di preservare, nonostante la spiccata aggregazione del comportamento elettorale attorno a scelte semplificate e unificanti, una non esigua base di consenso; particolarmente degno di nota nel capoluogo fu il risultato del Pnm, che triplicò il dato del Blocco nazionale della libertà, passando dal 4,2% del '46 al 12,8%. 100A Cervinara, invece, la Dc, sfiorando il 60%, ribaltava il precedente rapporto di forza con lo schieramento di destra: qui, grazie alla cooptazione dell'ex fascista Pasquale Clemente, candidato al Senato nel collegio di Avellino, il partito aveva già concluso da tempo l'assorbimento del personale politico locale e delle relative clientele; solo il Pnm riuscí, con il 21,2%, a porre un argine all'emorragia dell'ingente flusso di voti che erano andati nel '46 al Blocco nazionale della libertà101.

Le caratteristiche della flessione della destra in Irpinia, come nel resto della Campania e del Mezzogiorno, mostravano che non si trattava di un collasso definitivo, ma, piuttosto, di uno scompenso momentaneo, spia della metamorfosi in fieri di un settore politico capace di autorigenerarsi, a dispetto delle valutazioni correnti che lo volevano in costante e irrimediabile declino. L'accentuata tipizzazione della tornata elettorale del 18 aprile sull'alternativa Dc-Fdp aveva introdotto in questo processo un elemento di

Elezioni per la Camera dei deputati, 18 aprile 1948. Provincia di Avellino. Raffronto percentuale dei risultati conseguiti dalle liste di destra e dalla Democrazia cristiana nel capoluogo e nei centri con oltre 10.000 abitanti

Avellino Ariano Cervinara Mirabella

Irpino Eclano

Bn 12,7 30,6 1,2 1,6

Pnm 12,8 1,5 21,2 46,8

Msi 2,6 0,9 0,2 2,3

Mnds 0,5 0,1 0,1 0,1

Insieme 28,6 33,1 22,7 50,8

Dc 42,1 38,1 59,1 37,3

elaborazione su dati Istat, Ministero dell'Interno

discontinuità e permesso alla Democrazia cristiana di intercettare agevolmente la massima parte dei voti liberati dalla crisi dei partiti personal-localistici, disturbandone il travaso nelle liste ad essi ideologicamente contigue che si candidavano alla ricomposizione su basi unitarie dell'area della destra meridionale e nazionale; in Campania e in altre realtà soprattutto urbane del Mezzogiorno, quel circuito naturale si sarebbe presto riattivato, consentendo al Pnm e al Msi di porsi, tra la fine degli anni Quaranta e il biennio elettorale del '52-53, alla guida dell'opposizione di destra al centrismo degasperiano102.

La ridotta frammentazione ed eterogeneità territoriale dei consensi, la compressione del voto di destra, parvero le principali note identificative della tornata elettorale in Irpinia, insieme alla netta affermazione dei partiti di massa, che passarono dal 42,4% del '46 al 68,6% (Dc, Fdp e Unità socialista). 103Da sola la Dc conquistava il 46,5%, leggermente inferiore alle medie nazionale (48,5%) e meridionale (50,2%), ma tanto piú indicativo se confrontato con il dato del '46, rispetto al quale registrava un incremento di 18,8 punti, tra i piú alti in assoluto in Italia104; anche la distribuzione dei consensi sul territorio provinciale rappresentava un aspetto non irrilevante, dal momento che in 85 dei 115 Comuni irpini la Democrazia cristiana oltrepassava il 40% dei voti validi.

Nell'analisi dell'affermazione democristiana non va sottaciuta, ancora una volta, l'influenza che vi ebbe la notevole popolarità dei due candidati irpini di maggior levatura e prestigio, e che non conobbe appannamenti nelle elezioni dove pure si sarebbe attesa, per le caratteristiche della competizione, una sensibile contrazione dell'espressione del voto di preferenza e un maggior numero di voti ideologici e d'opinione105. Il rapporto fiduciario con l'elettorato di Sullo e Scoca sembrò semmai stabilizzarsi, a riprova che le votazioni del 18 aprile '48 andavano lette non solo attraverso la lente macroscopica dello scontro sui massimi sistemi, ma anche in rapporto alle tendenze di fondo della politica locale e, nella fattispecie, alla mobilitazione dei candidati di rango della Dc per la supremazia in provincia e nella circoscrizione106. Rispettivamente al secondo e terzo posto nella graduatoria della lista democristiana, dietro l' outsider di Salerno Carmine De Martino, a Scoca e Sullo andò il 53,4% delle preferenze assegnate ai candidati irpini; dunque, l'ingresso in lista di Alfredo Amatucci, che godé del sostegno della Chiesa e riuscí comunque eletto, non intaccò, come in principio temuto, la leadership dei due ex costituenti, consolidatasi in virtú dell'incessante promozione degli interessi irpini nelle sedi istituzionali.

Con l'avvento della prima legislatura repubblicana si compiva il periodo di adattamento, se non ancora il pieno allineamento della politica irpina alla nuova democrazia italiana dei partiti di massa. Il sistema politico locale, dopo ripetuti assestamenti in coincidenza degli appuntamenti elettorali, era ormai giunto ad uno stadio avanzato di definizione e, a parte i diversi ordini di grandezza delle forze in campo per l'anomalia di una destra ancora dotata di notevoli potenzialità, poteva dirsi almeno nella forma omologato allo scenario nazionale. Nel quinquennio successivo la dialettica tra i partiti avrebbe riproposto il tema centrale del rapporto tra l'area di destra e la Democrazia cristiana, quest'ultima impegnata, grazie al carisma e all'autorità crescenti di Fiorentino Sullo, ad estendere e rinsaldare il controllo politico sulla società irpina attraverso un'opera robusta, per quanto non incontrastata, di infiltrazione e occupazione dei centri di potere preesistenti o di nuova istituzione.


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Pierluigi Totaro, Premesse del potere democristiano in Irpinia (1946-1948)


60 Tra le attività di Sullo di quel periodo va ricordata la partecipazione al Comitato permanente per il Mezzogiorno della Democrazia cristiana, presieduto da Luigi Sturzo (cfr. l'intervista rilasciata da Sullo sui problemi del Mezzogiorno al « Corriere dell'Irpinia» , 20-12-1947).

61 Cfr. F. Sullo, Principi di diagnosi di un morbo, in « Corriere dell'Irpinia» , 23-8-1947.

62 Ibidem e cfr. Id., Il Piano Marshall, in « Corriere dell'Irpinia» , 10-1-1948.

63 F. Sullo, Ma che vogliamo?, in « Corriere dell'Irpinia» , 13-7-1946.

64 Sui tecnici scriveva: « Ci diano, sulla base di statistiche e di cifre, quali culture a larga possibilità di esportazione noi possiamo preferire, ci forniscano progetti di bacini montani che ci diano acqua in abbondanza per usi irrigatori ed idroelettrici, si sbizzarriscano pure a stilare piani, purché siano completi, realistici, controllati. Nostra cura sarà di dosare l'importanza sociale del progetto, di stabilire la procedura, dibatterci per la realizzazione» ( ibidem).

65 Cfr. F. Sullo, Contributo ad un Convegno, in « Corriere dell'Irpinia» , 1-3-1947.

66 Ministero dell'Agricoltura e Foreste (MAF), div. XV, sez. VIII, Bonifica, Consorzio di bonifica dell'Ufita, cat. A, Affari generali, Promemoria al ministro Segni in data 10-1-1947. Il bacino montano interessato alla bonifica si estendeva per 24.000 ettari e comprendeva una ventina di comuni dell'Alta Irpinia.

67 Cfr. Sullo, Contributo ad un Convegno, cit.

68 MAF, div. XV, sez. VIII, Bonifica, Consorzio di bonifica dell'Ufita, cat. A, Affari generali, Lettera del ministro Segni a Fiorentino Sullo in data 10-2-1948; e dello stesso tenore, cfr. ivi, Telegramma al prefetto di Avellino del 13-2-1948. Un accenno al « troppo pigro settore privato» nell'attività di bonifica del Mezzogiorno in F. Compagna, La lotta politica italiana nel secondo dopoguerra e il Mezzogiorno, Bari, 1950, p. 299; sulla debole tradizione consortile meridionale cfr. anche l'intervento di E. Jandolo in Cassa per il Mezzogiorno, Atti del Convegno di Napoli(13-14 ottobre 1952), Roma, 1952, pp. 240-241.

69 Cfr. MAF, div. XV, sez. VIII, Bonifica, Consorzio di bonifica dell'Ufita, cat. A, Affari generali, Promemoria al ministro Segni in data 10-1-1947.

70 Sullo, Contributo ad un Convegno, cit. Gli interventi di Sullo e Scoca risultarono determinanti per l'avvio di altre opere importanti come l'Acquedotto dell'Alta Irpinia, che avrebbe alimentato nove Comuni della zona (cfr. ibidem, e « Corriere dell'Irpinia» , 17-5-1947), e per il completamento dell'Acquedotto dell'Alto Calore, che interessava un vasto comprensorio di comuni irpini e sanniti (cfr. « Corriere dell'Irpinia» , 12-5-1945 e 23-2-1946; Consorzio Idrico Alto Calore, Un triennio di opere [1949-1951], Avellino, 1951). I lavori, che ebbero importanti ricadute sulla difficile situazione occupazionale, furono assegnati al Consorzio idrico dell'Alto Calore, di cui presto Sullo sarebbe divenuto commissario straordinario e, al ripristino dell'amministrazione ordinaria, presidente (cfr. « Corriere dell'Irpinia» , 27-12-1947 e 28-2-1948).

71 Sul ruolo dei mediatori ( policy brokers) nel sistema di rapporti tra centro e periferia in Italia, tradizionalmente caratterizzato da un'insufficiente penetrazione di canali amministrativi, cfr. l'ormai classico studio di S. G. Tarrow, Tra centro e periferia, Bologna, 1979. In assenza di collegamenti burocratici efficienti, anche la comunicazione di informazioni sulla lettera e sulle modalità di applicazione di provvedimenti di legge o ministeriali, soprattutto se in relazione all'elargizione di fondi, diventava per deputati e uomini di governo una importante risorsa politica nei rapporti con la provincia di provenienza. L'effettiva fruizione delle concessioni, inoltre, prevedeva di solito l'istruzione di una serie di adempimenti piuttosto complessi che andava seguita nell'itinerario dalla periferia al centro: spettava anche in questo caso al deputato locale promuovere e verificare l' iter delle varie pratiche presso i dicasteri competenti, sollecitando quando necessario, in ordine ad esempio alla scadenza dei termini, l'attenzione e l'iniziativa degli organi periferici interessati. Spesso, infine, anche a livello locale il deputato veniva investito (o comunque si incaricava) della mediazione e del coordinamento tra le diverse istanze politico-amministrative, talvolta per appianare tensioni, in ogni caso per favorire una maggiore sintonia ed efficienza nei rapporti con il centro e nella gestione delle risorse. Su questi aspetti una abbondante documentazione ho rintracciato nelle carte della segreteria personale di Fiorentino Sullo (cfr., a titolo esemplificativo, i fascicoli relativi all' Istituto autonomo case popolari e al Genio civile [Avellino, Salerno]).

72 Sul collegamento tra Cassa per il Mezzogiorno e consorzi di bonifica cfr. A. Serafini, Sviluppo capitalistico e forza-lavoro in Italia: l'intervento sul Mezzogiorno (1950-1962), in L. Ferrari Bravo, A. Serafini, Stato e sottosviluppo. Il caso del Mezzogiorno, Milano, 1972, p. 157; G. Barone, Stato e Mezzogiorno, in Storia dell'Italia repubblicana, cit., p. 395.

73 Sul ruolo degli enti pubblici nel sistema politico italiano, in ordine ai due aspetti del finanziamento e mantenimento dei quadri di partito, e del rafforzamento del consenso, cfr. S. Scibilia, L'amministrazione per enti: sviluppo e uso politico, in Anatomia del potere Dc, a cura di F. Cazzola, Bari, 1979, in particolare pp. 48 sgg.; l'intervento di G. Giarrizzo in ISSICO, Nord e Sud nella crisi italiana, cit., pp. 241 sgg.; R. Musatti, La via del Sud, Milano, 1955, pp. 73-74; D. Serrani, Il potere per enti, Bologna, 1978, pp. 33-37. Sulla strategia democristiana di sconfinamento organizzativo e/o di « cogestione dall'esterno» , grazie ad un personale burocratico fiduciario, negli enti e nelle istituzioni locali, cfr. R. Marini, Il localismo nel modello partito-Stato: la Democrazia Cristiana tra centro e periferia, in Istituzioni e potere politico locale, a cura di R. Segatori, Milano, 1992, p. 199. Sull'uso dell'Alto Calore come struttura di sostegno alla propaganda politica ed elettorale di Sullo cfr. « Roma» , 20-6-1953.

74 Cfr., in questo senso, l' Introduzione di D. Novacco a Mezzogiorno e partiti politici, Varese, 1977, pp. 16 sgg.

75 Cfr. I problemi del Mezzogiorno, Lettera collettiva dei vescovi dell'Italia meridionale, riprodotta in La Chiesa e i problemi del Mezzogiorno 1948-1988, Roma, 1988.

76 Sullo, Ma che vogliamo?, cit. Su questo terreno la Democrazia cristiana provocava in primo luogo le sinistre, chiamate a dimostrare in concreto il loro « meridionalismo» (cfr. Id., Contributo ad un Convegno, cit.).

77 « Corriere dell'Irpinia» , 5-8-1947.

78 Ibidem.

79 Cfr. F. Sullo, Inflazioni, in « Corriere dell'Irpinia» , 1-2-1947.

80 Cfr. F. Sullo, Appello agli « optimates», in « Corriere dell'Irpinia» , 26-4-1947. Secondo Carlo Trigilia la persistenza di forme di identità tradizionali è « strettamente legata al mantenimento del carattere scarsamente polarizzato della struttura di classe» ( Il sistema politico locale, in Il sistema politico locale, a cura di M. Fedele, Bari, 1983, p. 20).

81 Cfr. « Corriere dell'Irpinia» , 27-12-1947. Caldeggiati energicamente anche dalle organizzazioni dei lavoratori, e talvolta abbinati all'avvio di corsi professionali, i cantieri interessarono alcune esigenze pressanti della provincia, quali il restauro e la costruzione di case popolari, il ripristino dei servizi e in primo luogo della viabilità e dei trasporti stradali e ferroviari. L'Irpinia, nel suo insieme, appariva ancora in preda alla lunga crisi postbellica, caratterizzata dal protrarsi del disagio delle classi medie e operaie, del mercato nero, dell'alto costo della vita, della crisi edilizia, del diffondersi delle malattie infettive, della difficoltà di approvvigionamenti. Tutto ciò, insieme all'aumento della disoccupazione, alla diffusione della delinquenza, ai frequenti scioperi, al dilagare del malcontento e della protesta antifiscale, era costantemente oggetto delle preoccupate relazioni prefettizie del tempo (cfr. ACS, MI, Gab., 1947, b. 34, fasc. 2016). Sulla politica di « protezione» della società meridionale, adottata a partire dal '48 attraverso una serie di provvedimenti di sostegno del reddito, cfr. G. Gribaudi, Mediatori. Antropologia del potere democristiano nel Mezzogiorno, Torino, 1980, pp. 32 sgg.

82 In Irpinia, non diversamente dal resto del Mezzogiorno, un aspetto di questa politica di protezione fu rappresentato dal congelamento delle dinamiche sociali, che lasciò ancora un certo spazio a frange del vecchio notabilato prefascista, o ai suoi epigoni, e a settori marginali dell'economia locale (cfr. ivi, pp. 51 e 78).

83 « La Voce» , 12-10-1947.

84 Ibidem.

85 Cfr. « Domani d'Italia» , 8-8-1947. Amatucci entrò nella segreteria esecutiva del partito in veste di alleato di Sullo (cfr. « La Voce» , 12-10-1947). Circostanza non insignificante fu che Sullo lasciò la segreteria provinciale nel momento in cui il partito rinunciava ad una fisionomia politica spiccata, quale egli stesso aveva tentato di fornirgli negli anni precedenti; da allora, e almeno sino al '53, Sullo avrebbe puntato a qualificare la sua azione politica quasi esclusivamente attraverso i ruoli istituzionali via via ricoperti, secondo le linee che si sono andate sin qui descrivendo.

86 Cfr. in questo senso quanto scrive Marini, che sottolinea come l'assetto della « coalizione dominante» della Dc, « ossia il fatto di essere una classe politica dirigente [...] raffigurabile come una federazione di gruppi politici» , le garantisca un'estrema adattabilità nel suo rapporto con la società e con le sue singole parti, tanto da dar vita ad un sistema di mediazione come « mosaico di "rappresentanze parziali"» ( Il localismo nel modello del partito-stato, cit., pp. 195 sgg.).

87 Cfr. « La Voce» , 12-10-1947.

88 Sulla stampa filodemocristiana i contributi in tema di anticomunismo divennero sempre piú frequenti: cfr., a titolo esemplificativo, sul « Corriere dell'Irpinia» , G. Castagnetti, Che rimane del marxismo, 7-6-1947, e Id., Democrazia progressiva o fenomeno di regresso, 5-7-1947; A. Colombo, Il vero volto, 31-10-1947.

89 Nelle pagine del « Corriere dell'Irpinia» , tra il gennaio e l'aprile '48, è possibile rintracciare numerosi esempi di diversa conduzione della campagna elettorale nell'ambito del fronte cattolico; riguardo alla Dc, vi si coglie soprattutto l'impegno a presentarsi come partito dell'ordine e del rafforzamento dello Stato, secondo un'impostazione che, diffusa in tutto il Mezzogiorno, rispondeva alla domanda di continuità e stabilità statale espressa da un segmento non trascurabile dell'elettorato (cfr. G. Baget Bozzo, La Dc e la questione nazionale, in « MondOperaio» , 1980, n. 1, p. 27). Sulle forme di propaganda religiosa numerosi riferimenti, ad esempio alle lettere degli emigranti irpini di invito ai parenti a scongiurare il pericolo comunista, in IG, APC, Federazioni, Avellino, 1948.

90 La Pca deplorò l'« interferenza troppo zelante dell'On.le Sullo» , che aveva distribuito personalmente o attraverso « Commissioni Pontificie» , da lui erette nei vari paesi, assegnazioni speciali di viveri, ricevuti dall'Unrra, ai soci della Dc (cfr. Archivio della Pontificia opera di assistenza, Diocesi, Benevento, Convegno dei presidenti della Pca delle province di Benevento e Avellino, 24-7-1947, intervento di mons. Nicola Giuliani; ivi, Relazione sull'ispezione effettuata alla delegazione del Beneventano, di p. Rino Celato, 14-12-1947). Quanto alla mobilitazione elettorale della Dc, il « Bollettino della direzione centrale della Dc» , nel numero del 30-3-1948, riportava per Avellino una delle percentuali piú basse d'Italia nel rapporto tra attivisti ed iscritti (1,1%). Della disorganizzazione della Dc provinciale si lamentavano anche i dirigenti di Azione cattolica, segnalando come gran parte dell'onere della campagna elettorale ricadesse sul clero, sulle associazioni laicali e in particolar modo sui Comitati civici (cfr. ASACI, GIAC, Avellino, Lettere di Pieromagni alla presidenza centrale, 21 e 22-3-1948).

91 Testimonianza di Fiorentino Sullo (Salerno, 11-2-1993).

92 Le pressioni della Chiesa irpina sulla Democrazia cristiana riflettevano una tendenza diffusa nel Mezzogiorno: in vista del voto del 18 aprile, molti vescovi meridionali, coadiuvati dalle organizzazioni cattoliche, intesero favorire una maggiore integrazione in chiave conservatrice tra la Dc e la società locale, dando impulso all'apertura del partito ad ambienti rimasti al di fuori del suo controllo e all'ingresso nelle liste di vecchi liberali e altre personalità di destra (cfr. Nocifera, Crisi e ricomposizione del blocco sociale dominante nel Mezzogiorno del secondo dopoguerra, in Il Mezzogiorno nella ricostruzione, a cura dello stesso, Roma, 1983, p. 59; P. A. Allum, Il Mezzogiorno e la politica nazionale dal 1945 al 1950, in Italia 1943-1950. La ricostruzione, a cura di S. J. Woolf, Bari, 1974, pp. 182-183; J. P. Chasseriaud, Le parti d&eacutemocrate chr&egravetien en Italie, Paris, 1965, p. 218; P. Di Loreto, Togliatti e la « doppiezza» . Il Pci tra democrazia e insurrezione, Bologna, 1991, p. 254).

93 Sui difficili rapporti tra clero parrocchiale e Azione cattolica cfr. la relazione di don Salvatore Moffa, assistente dell'Ac per la Regione conciliare beneventana, in cui rientrava gran parte dell'Irpinia, citata da M. Casella, 18 aprile 1948. La mobilitazione delle organizzazioni cattoliche, Lecce, 1992, pp. 389 sgg.

94 Cfr. ASACI, Pg X/8, Relazione sull'attività dell'Aci per l'anno 1948 del presidente diocesano, Ariano Irpino, 15-11-1949; ivi, Pg X/10, Relazione sull'attività dell'Aci per l'anno 1948 del presidente diocesano, Avellino, 14-1-1949. Sui rapporti, spesso tesi, tra Ac e Comitati civici a livello nazionale cfr., tra gli altri, F. Malgeri, De Gasperi e l'età del centrismo, in Storia della Democrazia cristiana, II,1948-1954. De Gasperi e l'età del centrismo, Roma, 1988.

95 Per i dati sullo stato organizzativo delle associazioni cattoliche religiose e sociali (Ac, Acli, Coldiretti) ad Avellino e in Irpinia in quegli anni, cfr. Situazione organizzativa generale dell'Azione Cattolica italiana, a cura di M. Casella, in « Itinerari di ricerca storica» , 1989, pp. 163-186, ora in Id., L'Azione Cattolica nell'Italia contemporanea (1919-1969), Roma, 1992, pp. 591-616, in particolare p. 594 e, ivi, Aspetti quantitativi e diffusione territoriale del cattolicesimo organizzato tra il 1947 e il 1949, pp. 479-492, già in « Itinerari di ricerca storica» , 1989, pp. 137-148. Sulla debolezza della corrente sindacale cristiana, delle Acli e del movimento cooperativo in Irpinia cfr. infine ASACI, Pg VI/81, Questionari e relazioni. Avellino, Situazione dell'Ac in diocesi, Lettera del presidente diocesano di Ac, 13-3-1947; « La Voce» , 12-10-1947.

96 Per una corretta comparazione tra livello nazionale e quello locale va peraltro aggiunto che, malgrado la loro spiccata specificità, i caratteri della competizione elettorale del '48 in Irpinia, e, come è verosimile, nel resto del Mezzogiorno, si lasciano agevolmente assimilare ad una interpretazione piú generale dello scontro Dc-Pci, quale viene suggerita da aggiornate analisi del mercato elettorale italiano. Tra comunisti e democristiani, in sostanza, non vi sarebbe mai stato « un vero e proprio rapporto di competizione di tipo diretto» , le sorti dei loro partiti decidendosi perlopiú in due sottomercati diversi e, in larga misura, separati. In sostanza, ferma restando la considerazione della centralità della contrapposizione ideologica e politica tra Dc e Pci nella definizione del sistema politico italiano lungo l'arco di un quarantennio, non si deve trascurare che quello che si potrebbe « chiamare il bersaglio degli attacchi di un partito è ben diverso e non coincide necessariamente sempre con l'altro, quello dei target groups, delle fasce di elettori che un partito si propone di attrarre» . In altri termini, non era certo pensabile, da parte democristiana, sottrarre attraverso l'anticomunismo voti direttamente al Pci, mentre era piú lecito « sperare che gli elettori moderati considerassero lo scudo-crociato l'unica valida diga contro il comunismo» . Allo stesso modo per il Pci nei confronti dell'elettorato democristiano. Cosí Dc e Pci, pur costituendo reciproci bersagli, hanno condiviso solo in minima parte il segmento dell'elettorato nel quale sono stati entrambi presenti con qualche probabilità di successo (R. Mannheimer, G. Sani, Il mercato elettorale. Identikit dell'elettore italiano, Bologna, 1987, pp. 172-174; sulla competizione tra Dc e destre per assicurarsi il voto moderato meridionale negli anni Quaranta e Cinquanta e le conseguenti massicce migrazioni di voti da uno schieramento all'altro cfr. F. Compagna, V. De Caprariis, Contributo alla geografia delle elezioni italiane dal 1946 al 1953 , in « Il Mulino» , 1954, n. 27, pp. 21-22).

97 Cfr. « La Voce» 6-5-1948; IG, APC, Federazioni, Avellino, 1948, Relazione politica sullo svolgimento delle elezioni del 18 aprile (O. Formichelli), 27-4-1948. Sullo scioglimento della Democrazia del lavoro cfr. ACS, MI, Gab., 1948, b. 81, fasc. 14809, Relazione mensile del prefetto [Orlandi], 5-3-1948.

98 Le principali forze della destra restavano il Blocco nazionale e il Partito nazionale monarchico. Con il ritiro dall'agone politico di Rubilli, cui spettò di diritto la nomina a senatore, e la prematura scomparsa dell'erede designato Ferdinando Iannaccone, il partito liberale irpino risultava ormai privo del personale politico prefascista che negli anni precedenti ne aveva accompagnato la risorgenza. Quanto al Pnm, sin dal '46 aveva rappresentato il volto nuovo della destra irpina, un partito di forze e di leadership eminentemente giovanili, come attestava l'anagrafe dei due eletti Covelli e D'Amore e di molti degli altri candidati.

99 Per i riflessi locali della crisi dell'Uq cfr. ACS, MI, Gab., 1947, b. 34, fasc. 2016, Avellino. Relazione mensile del prefetto [Orlandi], 5-11-1947. Debole sotto il profilo organizzativo e dell'attività politica furono gli esordi sulla scena provinciale del Msi (cfr. ACS, MI, Dir. gen. Ps, K 12, 1952, b. 29 bis, Msi. Avellino, Nota prefettizia del 16-10-1947).

100 Ad Avellino, come nel resto della provincia, il Pnm fu l'unico partito di destra che nel corso della campagna elettorale, ai motivi preponderanti dell'anticomunismo, aggiunse il pericolo dell'invadenza democristiana (cfr. IG, APC, Federazioni, Avellino, 1948, Relazione politica sullo svolgimento delle elezioni del 18 aprile di O. Formichelli, 27-4-1948; ivi, Verbale di riunione del comitato federale, 3-5-1948).

101 Sulla situazione politica a Cervinara cfr. nota 3.

102 Cfr. D. De Napoli, Il movimento monarchico in Italia dal 1946 al 1954, Napoli, 1980. Sulla legittimazione prevalentemente meridionale del Msi sin dal suo battesimo elettorale, cfr. P. Ignazi, Il polo escluso, Bologna, 1989, pp. 44-48.

103 Un'interpretazione di questo tipo venne allora fatta propria anche da parte di alcuni esponenti della Dc, che nell'analisi del voto abbandonarono sollecitamente i toni della contrapposizione frontale con le sinistre per sottolineare il valore di crescita democratica che in tutta la Campania assumevano i progressi dei partiti di massa presi nel loro insieme: cfr. a questo proposito P. Barbi, Campania, in « Cronache sociali» , n. 11-13, 1949. Sul parallelismo della penetrazione democristiana e comunista nel Mezzogiorno, confermato dai risultati elettorali del '48, cfr. Chabod, L'Italia contemporanea, cit., pp. 171-172; A. Giovagnoli, Dal IV governo De Gasperi al trionfo elettorale democristiano del 18 aprile 1948, in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell'Italia, 1861-1988, vol. 15, 1948-1949. De Gasperi e la scelta occidentale, Milano, 1991, pp. 81-111; G. Galli e altri, Il comportamento elettorale in Italia, Bologna, 1968, pp. 48-49. Sul rilevamento di bassi indici di frammentazione e di eterogeneità territoriale in occasione delle elezioni a forte mobilitazione, quali quelle del '48, cfr. P. Corbetta, A. Parisi, H. Shadee, Elezioni in Italia. Struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, 1988, pp. 33, 41, 56-57.

104 Nella XXIII circoscrizione, comprendente Avellino, la Dc ottenne il secondo massimo incremento rispetto al '46 (17,5%), preceduta solo dalla XIX (Roma-Viterbo-Latina-Frosinone).

105 La battaglia per le preferenze nel '48 non fu meno accanita che in altre consultazioni politiche, assegnando anche a questa tornata elettorale il duplice profilo di lotta inter ed intrapartitica. Nel complesso, nella circoscrizione Avellino, Benevento, Salerno (XXIII) fu espresso il 43,9% delle preferenze esprimibili, che la collocava al terzo posto della graduatoria nazionale, dietro alla XXII circoscrizione (Napoli-Caserta) con il 49,7% e alla XXIX (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta) con il 47,6%. Sempre nella XXIII circoscrizione, la lista Dc raccolse il 45,6% delle preferenze esprimibili (il 34,6% andò agli eletti), terza dopo le liste Dc della XXII e della XXIX.

106 Su questo punto cfr. R. Marini, Potere locale democristiano e selezione della classe dirigente: il caso De Mita, in « Quaderni dell'Istituto di studi sociali» , Annali della Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Perugia, 1986-87, n. 10, Napoli, 1988, pp. 49 sgg. A fronte degli elevati indici di instabilità delle elezioni del '48, nettamente distinte dalle tornate elettorali contigue riguardo al voto di lista in virtú dei suoi caratteri specifici (cfr. Corbetta, Parisi, Shadee, Elezioni in Italia, cit., pp. 31-32), ne spicca la continuità rispetto alle dinamiche del voto di preferenza, che sotto questa luce appare un indicatore ancor piú eloquente, in quella fase, del processo di consolidamento del potere della Dc e dei suoi leader locali.