LA CHIESA DI 

SAN GIUSEPPE E 

SANT ' ANTONIO


La Chiesa di San Giuseppe e Sant'Antonio com'era.
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   E' composta da un'ampia navata in fondo alla quale vi è l'altare sul quale è posta una bella statua del Falegname di Nazareth e da un'altra navata, più piccola, riservata a sant'Antonio di Padova.

Sulla destra dell'altare di San Giuseppe vi era collocato, fino ad una trentina di ani fa, un organo a mantice del quale, oggi, non esiste più traccia se non  nella mente degli adulti. La chiesa di San Giuseppe è molto cara alla memoria collettiva dei benestaresi perchè, nelle sue vicinanze, si sarebbe verificato un evento straordinario.

All'indomani del catastrofico terremoto del 1783, avendo il paese riportato ingentissimi danni al patrimonio, stimati in trentamila ducati, e nessuno alle persone, contrariamente a quanto le cronache dell'epoca hanno registrato per le località limitrofe, i fedeli e la Confraternita, da poco costituita, decisero di portare in processione l'Effigie della Madonna del Rosario fino al Convento, che sorgeva nell'omonima località in agro di Bovalino. Al ritorno, dopo avere percorso la stradella Caricato che allora era l'unico sentiero che collegava Benestare con Bovalino Superiore, giunti nei pressi dell'Arciprevitura, la terra tremò ancora e la Madonna fu accompagnata in chiesa e collocata ai piedi dell'altare di San Giuseppe. Superato il comprensibile sbigottimento, poichè la sera sopraggiungeva, si decise di riportare la Madonna nella sua Chiesa. Giunti all'imbocco dell'odierna via Vittorio Emanuele, qualcuno si accorse che la fronte della Vergine era imperlata di sudore. Si gridò al miracolo. Era il 7 febbraio del 1783, data che resterà indelebilmente scolpita nella mente e nel cuore anche delle future generazioni. Ogni anno, infatti, il 7 febbraio viene ricordato con una solenne processione.

Fino ad alcuni decenni fa alla processione si partecipava con gli abiti usati per il lavoro perchè la ricorrenza era considerata festa di miracolo e non di divertimento. Oggi non è più così, ma la fede che anima tutta la comunità è identica a quella che ha sorretto i nostri avi in quei frangenti che hanno fortificato la devozione dei benestaresi per la Madonna del Rosario. A Lei rivolgeva l'ultimo saluto il soldato che partiva per il fronte e l'emigrante che andava in cerca di lavoro; Lei viene implorata nei momenti di necessità; a Lei vengono confidate le più segrete pene. Testimonianza di tutto ciò è questo canto confidenziale che viene intonato ogni qualvolta i fedeli si congedano dalla Madonna:

"Bonasira vi dicu avvui Madonna

la gloriusa di Santa Maria

e la matina bongiornu bongiornu

siti patruna di tuttu lu mundu.

 

'Ndi liberati di peni di lu 'mpernu

e i tutti li disgrazi di lu mundu

'ndi liberati la notti e lu jornu

lu jornu quandu jamu pa la via.

 

Supa all'artaru c'è na gran Signora

Maria di lu Rosariu si chjiama

cu cerca grazi Iglia ca si duna

cu 'ndavi cori malatu si lu sana;

 

Ill'orfanegli la ventura duna

e i puzzu siccu assumma na funtana.

Ora, Madonna mia, Vi cercu una:

fati st'arma cuntenta e vita sana.

 

Jeu mi 'ndi vaju e Vi dassu filici

e attorniata dill'Angili stati

e la Madonna ca rispundi e dici

"vajiti, bonasira, e santa paci.

                (Anonimo)

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