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ONU missione  IRAQ Segue...

Oggi 29 manifestazioni pacifiste in Italia. 516 da inizio guerra

Roma 2 aprile 2003 - Si sono concluse le 29 manifestazioni di protesta contro la guerra in Iraq che hanno visto la partecipazione di 15mila persone in 29 province. Le manifestazioni si sono svolte quasi ovunque in forma pacifica. A darne notizia è il Dipartimento della Pubblica sicurezza spiegando che sul corretto svolgimento delle manifestazioni hanno vigilato 3mila uomini delle forze dell'ordine. Incidenti si sono verificati a Roma e Milano. Nella capitale, durante il passaggio di un corteo, e' stata infranta con un sasso la vetrina della compagnia di spedizioni aeree internazionali "Federal Express" ed è stata imbrattata con vertice rossa una vetrina di Blockbuster.
A Milano, durante la fase di deflusso di una manifestazione, circa 500 partecipanti hanno compiuto un blocco ferroviario. Le forze dell'ordine - conclude la nota - stanno procedendo all'identificazione dei responsabili degli atti di illegalità per la successiva denuncia all'Autorità giudiziaria. Appello di Pisanu ai pacifisti - Un appello ai pacifisti affinché continuino a collaborare con le forze dell'ordine per isolare i violenti e i provocatori: il rischio, infatti, è che la degenerazione in guerriglia urbana delle manifestazioni e dei cortei a favori della pace "apra la strada all'aggregazione di gruppi eversivi e a forme ancor più gravi ed estese di violenza politica". 
Il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, durante il question time alla Camera in cui ha risposto ad una interrogazione sulle violenze avvenute a Torino durante il corteo per la pace di sabato scorso, è andato dritto al punto, chiedendo la collaborazione della maggioranza di chi scende in piazza contro la guerra in Iraq. Qualche eccesso di reazione da parte degli agenti - Pisanu ha anche parlato di "qualche eccesso di reazione" da parte delle forze dell'ordine durante le manifestazioni aggiungendo subito che tali eccessi sono stati "puntualmente sottoposti ai necessari accertamenti per le eventuali sanzioni". Viminale: 516 manifestazioni per la pace da inizio guerra - Dal 20 marzo, giorno dell'inizio del conflitto in Iraq, a ieri, si sono svolte in Italia 516 manifestazioni a favore della pace. Il bilancio è stato consegnato al Parlamento dal ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, a conclusione del question time alla Camera.
Secondo i dati del Viminale, i cortei in tutto il paese sono stati 259 e i presidi 177. Ventuno, invece, le fiaccolate, 20 i sit-in e 18 le assemblee. La maggior parte della manifestazioni, come ha ricordato il ministro Pisanu rispondendo alle interrogazioni alla Camera, sono state a carattere pacifico, mentre 49 hanno avuto episodi di rilevo per l'ordine pubblico che hanno provocato 24 feriti tra le forze dell'ordine e 2 tra i civili, all'arresto di cinque persone e alla denuncia di 165 cittadini. Le manifestazioni, sostiene ancora il Viminale, hanno provocato 15 blocchi ferroviari, 6 blocchi stradali e 17 danneggiamenti.

(Aggiornato il 02 Aprile 2003 ore 19:30)

 

Ciampi: sono turbato e rattristato, per l'Europa una sola politica estera e di difesa

Roma 2 aprile 2003 - "L'animo di tutti noi è turbato in questi giorni di drammatici eventi. Il conflitto in atto rattrista questo nostro incontro", ha detto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, accogliendo al Quirinale il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE). Il conflitto in Iraq rende urgente un'esigenza già avvertita: che l'Unione Europea adotti una politica estera e di difesa comune, ha detto il presidente della Repubblica. Ciò permetterà all'Europa di contare di più sulla scena internazionale, ha sottolineato, così come l'Euro e la politica monetaria comune hanno consentito all'UE di "essere presente in misura sempre più avvertita sui mercati monetari finanziari internazionali". "Una rimpatriata" fra banchieri centrali che si conoscono da tanti anni. Così Carlo Azeglio Ciampi, ricordando i suoi 47 anni di servizio alla Banca d'Italia, ha definito l'incontro al Quirinale con il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, presente il governatore Antonio Fazio. Al presidente della BCE, Wim Duisenberg, Ciampi ha anche conferito l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica, per premiarne la professionalità e lo spirito europeo.
   Ai componenti il direttivo, Ciampi ha detto: "Vedo in voi la punta avanzata della costruzione europea, quella che sinora si è spinta più in là nella realizzazione del disegno originario della condivisione della sovranità nazionale". Il capo dello Stato si è detto orgoglioso del contributo dato alla nascita dell'Euro e della BCE, prima come governatore e poi come presidente del Consiglio dei ministri e ministro del tesoro. "La nascita dell'Euro, per me e per quelli della mia generazione, è stata la realizzazione di un sogno: ha esorcizzato l'esperienza che sconvolse la nostra gioventù, delle sofferenze e delle distruzioni causate da una guerra fra popoli fratelli. Attraverso quelle terribili esperienze maturarono in me le convinzioni civili ed europee che hanno guidato la mia condotta sia come cittadino, sia come uomo delle istituzioni".

(Aggiornato il 02 Aprile 2003 ore 19:00)

 

Blair: dopo Saddam un governo gestito dagli iracheni o dall'Onu

Londra 2 aprile 2003 - Dopo la guerra l'Iraq dovrà essere governato dagli stessi iracheni o dalle Nazioni Unite. Lo ha detto il premier britannico Tony Blair parlando alla camera dei Comuni escludendo quindi qualsiasi ipotesi di amministrazione controllata dagli Usa.
Il Primo ministro ha chiarito la coalizione dovrà lavorare in stretto collegamento con l'Onu per organizzare un'autorità ad interim.
Blair ha poi ammesso che sulla questione della ricostruzione esistono delle "differenze" con Washington ma ha espresso la convinzione che siano "riconciliabili" proprio nell'impostazione di un "lavoro di cooperazione nell'immediato fra forze della coalizione e dell'Onu".
Infine l'inquilino di Downing Street ha definito sempre più probabile l'ipotesi che la strage del mercato non sia stata causata da un bomba angloamericana.
Piuttosto, secondo il premier, Saddam potrebbe ordinare ai suoi militari di distruggere luoghi sacri per poi incolpare la coalizione angloamericana.

(Aggiornato il 02 Aprile 2003 ore 13:40)

 

Straw mette le mani avanti: "Nessun piano d'attacco a Iran e Siria. E in ogni caso non parteciperemmo"

Londra 2 aprile 2003 - Dopo la guerra a Baghdad tornerà in campo la politica, e la Gran Bretagna ha già fatto sapere agli Stati Uniti che non li seguirebbe in eventuali nuovi conflitti in Medio Oriente. A cominciare,ha detto oggi il ministro degli Esteri britannico Jack Straw, da Iran e Siria, per i quali comunque non esistono piani d'attacco del Pentagono. La preoccupazione che l'amministrazione di Washington, una volta regolati i conti con Saddam Hussein, possa allargare il conflitto all'Iran nasce dal fatto che il presidente George Bush ha idenficato il paese islamico come componente, insieme ad Iraq e Nord Corea, dell' "asse del male". Quanto alla Siria recentemente il segretario alla difesa Donald Rumsfeld l'ha accusata di fornire armamenti al regime iracheno e l'ha avvertita che sarà chiamata a rispondere di queste azioni. Segnali preoccupanti per l'opinione pubblica britannica, tanto che ai microfoni di Bbc radio 4 Straw è categorico:"Se fosse vero mi preoccuperebbe. Ma non è vero e senz'altro noi non avremmo nulla a che fare con un approccio del genere".

L'Iran è una democrazia - Secondo il ministro degli Esteri, l'Iran è una "democrazia emergente". Per quanto riguarda la Siria, Straw, dopo aver sottolineato gli sforzi fatti dalla Gran Bretagna per migliorare le relazioni con Damasco, ha aggiunto: "è importante che la Siria si assicuri che il suo terroritorio non venga usato per far passare rifornimenti militari al governo dell'Iraq".

Il dopo Saddam -  "Potranno esserci dei consiglieri di altri Paesi, ma non ci saranno stranieri alla guida del governo iracheno. Non è questo lo scopo dell'azione militare", ha detto ancora Straw. Gran Bretagna e Stati Uniti concordano sul fatto che l'amministrazione del Paese dopo la guerra "sia approvata dalle Nazioni Unite": "Cercheremo - ha affermato Straw - un'autorità irachena ad interim che si trasformi in un governo rappresentativo che sia emanazione del popolo iracheno".

(Aggiornato il 02 Aprile 2003 ore 10:30)

 

Powell in Turchia, oggi incontrerà il premier Erdogan

Ankara 2 aprile 2003 - Desideroso di migliorare le relazioni con Ankara, il segretario di Stato americano Colin Powell è arrivato ieri sera in Turchia per incontri che dovrebbero essere destinati essenzialmente a superare i timori di Washington di vedere il governo turco inviare truppe nel nord dell'Iraq in caso di afflusso di profughi curdi alla frontiera.
"Spero di pervenire domani a un accordo completo" ha detto ieri sera Powell. La "situazione è praticamente sotto controllo e noi non vediamo niente che necessiti una incursione" nel Kurdistan iracheno.
Tuttavia, Colin Powell, che oggi incontra il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan e il ministro degli esteri Abdullah Gul, ha detto che lavorerà con le autorità turche per stabilire un "meccanismo" per gestire le situazioni eccezionali, particolarmente con contatti regolari tra i responsabili turchi e americani.
La Turchia ha rinunciato a sei miliardi di dollari di aiuti americani rifiutando di autorizzare le truppe americane ad utilizzare il suo territorio per aprire un fronte nord in Iraq.
La guerra è estremamente impopolare in Turchia dove il 94% della popolazione è contraria, secondo gli ultimi sondaggi. Il Parlamento non ha dato il suo via libera al passaggio delle truppe americane, una decisione che ha guastato le relazioni tra Washington e Ankara.
Dopo la sua visita di sei ore in Turchia, Colin Powell si fermerà a Belgrado prima di raggiungere Bruxelles per incontri con i membri dell'Unione
Europea e dell'Alleanza Atlantica.

(Aggiornato il 02 Aprile 2003 ore 07:50)

 

PAPA: SILENZIO DIO NON E'ASSENZA, STORIA NON E' IN MANO A FATO

CITTA' DEL VATICANO 02 Apr - Dio, anche se e' silenzioso, non e' assente: Papa Wojtyla, pur senza citare esplicitamente stamane la guerra in Iraq durante l'udienza generale, ha affermato che la ''storia non e' in mano al fato, al caos, o alle potenze oppressive'' e che l'ultima parola sulle vicende umane spetterà comunque ''al Dio giusto e forte''.

(Aggiornato il 02 Aprile 2003 ore 07:10)

 

Il Papa: "E' urgente costruire la pace"

CITTA' DEL VATICANO 01 Apr - Occorre prendere sempre più coscienza della «urgente necessità di costruire la pace», e questo va fatto «anche a costo di personali sacrifici». Lo scrive il Papa nel suo messaggio al Superiore generale dell'Ordine dei Minimi alla vigilia della prima «Marcia
della penitenza» organizzata dalla Consulta di pastorale giovanile e in programma domani a Paola, in Calabria, in occasione della ricorrenza di San Francesco di Paola, fondatore proprio dell'Ordine dei Minimi. Giovanni Paolo, lo scrive nel suo messaggio a Padre Giuseppe Fiorini Morosini che «l'opportuna manifestazione si svolge quest'anno in un periodo segnato da non poche preoccupazioni e sofferenze, anche a motivo della guerra
in corso».

(Aggiornato il 01 Aprile 2003 ore 11:50)

 

World Food Program: presto 1000 tonnellate di farina per i profughi

Ankara 1 aprile 2003 - Il World Food Program (Wfp), agenzia dell'Onu per gli aiuti alimentari, invierà nel nord dell'Iraq un convoglio di 60 camion con mille tonnellate di farina attraverso la frontiera turca.
Come ha spiegato la portavoce del Wfp, Heather Hill, l'agenzia è preoccupata per la scarsità di cibo soprattutto per quanto concerne i profughi curdo iracheni, che hanno abbandonato in massa le loro città nel timore di un attacco iracheno per dirigersi verso la relativa sicurezza delle frontiere turche ed iraniane.
Gli aiuti verranno distribuiti nella città di Irbil, Dohuk e Sulaymaniyah. In Turchia sono già pronte per essere inviate altre tonnellate di cibo, mentre sabato scorso sono state consegnate in Iraq 77 tonnellate di latte in polvere.

(Aggiornato il 01 Aprile 2003 ore 10:30)

 

Powell oggi in Turchia e a Bruxelles

Bruxelles 1 aprile 2003 - Il segretario di Stato americano Colin Powell sarà oggi in Turchia, prima tappa di un breve viaggio che lo porterà anche a Bruxelles, dove incontrerà i dirigenti della Nato ed esponenti dell'Unione Europea. 
Powell arriva in Europa per tentare di ricucire i rapporti con gli alleati, dopo le lacerazioni sulla guerra all'Iraq. Ad Ankara il segretario di Stato americano dovrà scongiurare un intervento militare turco nel nord dell'Iraq per impedire la creazione di uno stato curdo. A Bruxelles invece Powell discuterà di ricostruzione post bellica con esponenti della Nato e dell'Unione Europea. Powell arriva in un momento di forza personale all'interno del governo americano. Nelle ultime settimane infatti il segretario di Stato era rimasto isolato, a causa del fallimento della sua strategia diplomatica per arrivare ad una guerra avvallata dall'onu. Ora invece, dopo le polemiche sulla conduzione del conflitto da parte del segretario alla difesa Rumsfeld, Powell esce dalle analisi dei giornali come uno stratega vittorioso. Forse proprio per non farsi nuovamente scavalcare, ieri, Powell ha ammonito l'Iran a frenare la corsa al nucleare, e la Siria a non appoggiare più il terrorismo ed il regime di Saddam Hussein.

(Aggiornato il 01 Aprile 2003 ore 07:50)

 

Annan chiede alle parti di lasciar passare gli aiuti

New York 31 Marzo 2003 - Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha chiesto alle forze alleate e a quelle irachene di permettere l'accesso in Iraq alle organizzazioni
umanitarie affinché possano avviare la distribuzione degli aiuti.   
Al termine di un incontro con i rappresnetanti del gruppo regionale dei Paesi arabi all'Onu in cui ha discusso della ripresa del programma Oil for food, Annan ha assicurato che le Nazioni Unite hanno intrapreso "i passi necessari affinché gli aiuti alimentari possano arrivare alla popolazione". Per questo è però necessaria l'assistenza dei "belligeranti", i quali devono "aiutare a creare spazi per svolgere i compiti umanitari e dare assistenza a chi ne ha bisogno".

(Aggiornato il 31 Marzo 2003 ore 22:50)

 

La Svizzera mette online numero vittime civili in Iraq

La responsabile diplomatica elvetica Calmy-Rey: «L'elenco ci renderà
consapevoli che la guerra non è pulita, ma orrenda»

BERNA 31 mar - Dopo le iniziative private, anche il Dipartimento federale degli Affari esteri della Svizzera pubblicherà a partire da lunedì su internet una lista con il numero delle vittime civili provocate dalla guerra in Iraq.
«L'elenco, che Il ministro degli Esteri svizzera Micheline Calmy-Ray (Spb, da Sonntags Blick), sarà costantemente aggiornato, ci renderà consapevoli che la guerra non è pulita, ma orrenda», ha detto il ministro degli Esteri elvetico Michelin Calmy-Rey in un'intervista pubblicata dal giornale «Sonntags Blick». In dieci giorni di guerra sono già morti numerosi civili, ha sottolineato la
responsabile della politica estera del governo di Berna: «Solo quando
vediamo la lista ci rendiamo conto di quanto ciò sia terribile». L'idea è
nata dal fatto che la Svizzera è depositaria della Convenzione di Ginevra,
trattato che stabilisce un codice di condotta per i belligeranti.

SITO PRIVATO DI VITTIME CIVILI - E' invece privato e già attivo un altro
sito che fornisce il numero delle vittime civili in Iraq provocate dalle
azioni militari angloamericane: si chiama «Iraq body count» ed è un database
messo a punto in ambiente universitario a Londra, costruito ed aggiornato in
continuazione con un metodo spiegato sul sito stesso: i dati sono raccolti
attingendo a quanto riportato su autorevoli quotidiani online in lingua
inglese. Poiché, a volte, le fonti riportano cifre differenti, viene fornito
un intervallo con il numero minimo e massimo. Alle ore 20,28 di domenica 30
marzo, per esempio, il numero delle vittime civili è compresa tra 361 e 469.
30 marzo 2003.
 Dipartimento federale degli Affari esteri   Iraq body count

(Aggiornato il 31 Marzo 2003 ore 09:30)

 

Newsweek: nessun appalto per la Halliburton per la ricostruzione post-bellica

Washington 31 Marzo 2003 - La Halliburton, società un tempo guidata dall'attuale vicepresidente americano Dick Cheney, non avrà appalti per la ricostruzione dell'Iraq una volta finita la guerra. A sostenerlo è il settimanale Newsweek nella sua edizione online.
La notizia che il colosso petrolifero di Houston era una delle cinque aziende invitate a partecipare alla gara segreta aveva provocato non poche polemiche.
Fonti dell'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, la Usaid che gestisce i programmi di aiuto all'estero, hanno assicurato che la Halliburton non è tra le due finaliste per gli appalti da 21 mesi duranti i quali saranno rimesse a nuovo strade, ponti, scuole e soprattutto i pozzi di petrolio.
Il ruolo della Kellog Brown & Root
L'azienda, che Cheney ha diretto fino al 2000 quando si candidò alle elezioni, aveva presentato un'offerta tramite la sua sussidiaria Kellog Brown and Root (Kbr).
La stessa Kbr nei giorni scorsi ha avuto dalle Forze armate il compito di spegnere gli incendi ai pozzi petroliferi in Iraq, senza neppure una gara, cosa che ha spinto parlamentari democratici a chiedere ufficialmente spiegazioni all'amministrazione Usa.
Un subappalto per la Kbr?
Anche se fuori dal contratto più sostanzioso, la Kbr può sempre aspirare a garantirsi un subappalto, una volta deciso il vincitore, hanno assicurato le stesse fonti di Usaid. Aziende Gb al palo
I dissidi e le polemiche sulla ricostruzione superano però i confini degli Stati Uniti. Molte aziende della Gran Bretagna aspiravano a entrare nel giro degli appalti, vista anche la partecipazione diretta di Londra al conflitto, ma sono rimaste quasi sempre al palo.
E' accaduto anche la settimana scorsa per la ricostruzione del porto di Umm Qasr, nel sud dell'Iraq, l'unico in acque profonde del Paese e ora sotto il controllo delle truppe britanniche.
Il governo di Londra insisteva sulla necessità che tornasse sotto controllo iracheno, mentre l'Usaid ne ha affidato la ricostruzione da 4,8 milioni di euro alla società Stevedoring Services of America.

(Aggiornato il 31 Marzo 2003 ore 09:00)

 

Powell: Siria e Iran interrompano ogni sostegno a Saddam e ai terroristi

Washington 31 Marzo 2003 - Escalation nell'offensiva diplomatica degli Stati Uniti contro Siria e Iran. Il segretario alla Difesa Usa, Colin Powell, ha intimato ai due Paesi mediorientali di interrompere ogni sostegno a Saddam Hussein e a gruppi terroristici. "La Siria si trova davanti a una scelta cruciale - ha detto Powell intervenendo a una riunione della Commissione per gli Affari Pubblici della Comunità Ebraica d'America - può continuare ad appoggiare direttamente i gruppi terroristici e il regime morente di Saddam Hussein, oppure può intraprendere un percorso differente e più promettente".
"In un caso o nell'altro ha la responsabilità delle sue scelte, e delle relative conseguenze".
Inoltre il segretario di Stato Usa ha messo analogamente in guardia altri Paesi i quali "non si attengono a modelli accettabili di comportamento". Tra questi ha indicato in primo luogo l'Iran.

(Aggiornato il 31 Marzo 2003 ore 08:50)

 

Vescovi europei: Dio non c'entra con la guerra. Appello capi Chiese Cristiane Iraq: fermate violenze

Baghdad 30 Marzo 2003 - I vescovi dell'Unione europea chiedono "una Europa più unita per promuovere la pace", in una dichiarazione sulla Guerra in Iraq resa nota oggi a conclusione dell'assemblea plenaria della Comece (Commissione degli episcopati dell'Unione europea) che si è svolta a Bruxelles. Nel documento, i vescovi europei esprimono la loro "inquietudine per i popoli che soffrono da tanto tempo a causa dell'ingiustizia e ora della guerra". "Non si tratta di un conflitto tra religioni - scrivono - e mai il nome di Dio dovrebbe essere invocato per giustificare il ricorso alla guerra o l'uso della violenza".

Appello da Baghdad - Separati ma uniti nel dire no alla guerra. I responsabili delle chiese cristiane in Iraq hanno diffuso un appello per fermare il conflitto. "In questi giorni difficili e terribili che attraversa la nostra patria, l'Iraq" scrivono, "lanciamo dal profondo dei nostri cuori, in unione con tutti gli uomini di buona volontà e con quelli che amano la pace, un appello ai responsabili, affinché ascoltino la voce di Dio, che comanda ai suoi figli l'amore, la fratellanza e il perdono, affinché non siano la causa di distruzione, di versamento di sangue, dell'aumento degli orfani, degli handicappati e delle vedove, per arrivare soltanto al loro proprio interesse personale ed egoista".

Ascoltare pianto dei bambini - "Che i responsabili di quest'aggressione al popolo iracheno" prosegue il documento, "ascoltino il pianto dei bambini, il grido delle madri e dei padri sofferenti e la disperazione delle ragazze e delle donne, che sentano la sofferenza di tutti gli iracheni a causa della mancanza di medicine e di tutto il necessario per la vita e che cessino di mandare missili e bombe, sedendo intorno al tavolo per il dialogo".

Appello insieme a musulmani - "Noi responsabili delle Chiese cristiane" si conclude l'appello, "insieme con i nostri fratelli musulmani in Iraq, dove viviamo insieme con amore e carità fraterna da centinaia di anni in questo paese pacifico, ringraziamo tutti quelli che lavorano per fermare l'aggressione contro di noi, e chiediamo di continuare la preghiera e l'opera assidua per influenzare quelli nelle cui mani sta la decisione della cessazione di quest'aggressione ingiusta sul nostro martoriato popolo, causa della morte di bambini, vecchi, donne, malati, mentre i nostri giovani al fronte devono difendere con lealtà la loro patria".

(Aggiornato il 30 Marzo 2003 ore 08:50)

 

Hans Blix: "Il nostro lavoro irritava gli Usa"

Roma 29 Mar - Parla il capo dell'Unmovic incaricato delle ispezioni in Iraq, Hans Blix, "Il nostro lavoro irritava gli Usa". "Mediocri" le informazioni di intelligence sui programmi di armamenti iracheni che gli Stati Uniti hanno consegnato agli ispettori. "Di tutti i siti controllati- afferma Blix- solo in tre c'erano armi. E non erano di distruzione di massa".

Nel periodo precedente l'inizio della guerra, gli Stati Uniti non erano interessati ad ascoltare informazioni obiettive dagli ispettori delle nazioni unite responsabili per il disarmo iracheno.

Ad affermarlo e' Hans Blix, che proprio ieri ha annunciato l'intenzione di dimettersi dall'incarico di capo dell'Unmovic, la missione delle Nazioni Unite per il disarmo iracheno. In un'intervista che verra' pubblicata domani sulla 'Welt am Sonntag', Blix critica apertamente, definendole "mediocri", le informazioni di intelligence sui programmi di armamenti iracheni che gli Usa hanno consegnato agli ispettori.

"Di tutti i siti che siamo stati mandati a controllare, solo in tre abbiamo trovato armi e in nessun caso si trattava di armi di distruzione di massa". "Devo dire che non si tratta di un gran risultato", aggiunge Blix, "sarebbe interessante verificare se gli americani ora andranno a controllare posti di cui non abbiamo avuto alcuna notizia".

Il capo dell'Unmovic spiega quindi di aver avuto l'impressione che gli americani non fossero obiettivi quando le ispezioni erano arrivate nella fase finale. "Ho anche avuto l'impressione, subito prima che prendessero la decisione di dare il via all'attacco che il nostro lavoro li irritasse".

(Aggiornato il 29 Marzo 2003 ore 18:50)

 

Cox: antiamericanismo è colpa di politiche avventate Usa

Roma 29 Marzo 2003 - L'antiamericanismo che sta rinascendo in Europa? Colpa delle "politiche avventate" degli americani con cui si è distrutta la solidarietà dell'Europa dopo l'11 settembre. Lo ha detto il presidente del Parlamento europeo, Patrick Cox, intervenendo al convegno internazionale L'Europa possibile a Montecitorio.
"Dopo l'11 settembre - ha ricordato Cox - noi abbiamo fatto quadrato con gli americani, con rigore e tempestività abbiamo risposto alla campagna anti-terrorismo. Ma ora, per quale motivo - si è chiesto Cox - si è voluto distruggere tale senso di solidarietà con politiche avventate? Se c'è una colpa - ha proseguito - dovrei attraversare l'Atlantico per trovare l'autore che ha appannato tutto ciò".
"Fiero di un'Europa della solidarietà" - Il presidente del Parlamento europeo ha riconosciuto il debito dell'Europa nei confronti dell'America che "ci ha liberato dal nazismo, che ha attuato il Piano Marshall, che ci ha dato la Nato e la pax americana. Ma - ha continuato - esistono anche il protocollo di Kyoto, il Tribunale penale internazionale, la preferenza dell'unilateralismo e noi non dobbiamo vergognarci di non essere d'accordo con queste scelte americane. Io sono fiero di credere nello stato di diritto e la carenza di protezione giuridica a Guantanamo non è una cosa di cui essere fieri. L'ho detto agli amici americani - ha proseguito - loro sono alla testa di un'opinione diversa dalla nostra. Io sono fiero di una Europa della solidarietà con scelte diverse da quelle fatte dagli americani".
Europa e Usa complementari - Per Cox comunque bisogna "lavorare sulla complementarietà tra Europa e Stati Uniti. Se non esiste - ha detto - non significa che non dobbiamo crearla. Ma la dignità di una relazione con gli Usa non può poggiare su un disequilibrio: la realpolitik è chiara, oggi noi non siamo partner alla pari. Spero - ha quindi concluso Cox - che i nostri leader trovino la saggezza di evitare o porre termine a questa tendenza a correre a Washington come per chiedere perdono. Anche noi europei abbiamo una coerenza, cerchiamo di mostrarla".

(Aggiornato il 29 Marzo 2003 ore 14:20)

 

Papa: tragedia umana non diventi catastrofe religiosa

Città del Vaticano 29 marzo 2003 - Papa Wojtyla ha espresso oggi la sua angoscia per il rischio che la "tragedia umana" della guerra in Iraq possa trasformarsi anche "in una catastrofe religiosa", a livello internazionale, ed ha esortato i cristiani ad impegnarsi per impedire che ciò avvenga. Giovanni Paolo II ha parlato delle sue preoccupazioni ricevendo stamane in udienza i vescovi cattolici dell'Indonesia, Paese a maggioranza musulmana.
"Non dobbiamo permettere - ha esortato il Papa riferendosi alla guerra in Iraq - che una tragedia umana diventi anche una catastrofe religiosa".
"Alla guerra non deve essere mai permesso di dividere le religioni del mondo", ha insistito Giovanni Paolo II, riferendosi al timore, più volte espresso in questi giorni da personalità vaticane, che il conflitto iracheno possa innescare uno scontro su vasta scala tra cristianesimo e Islam. In un Paese come l'Indonesia, dove la minoranza cattolica - come ha ricordato lo stesso Pontefice - è vittima di "discriminazioni, pregiudizi" ed anche "atti di distruzione e vandalismo", le tensioni rischiano di acutizzarsi in modo drammatico.
Per tale motivo Giovanni Paolo II ha incoraggiato i vescovi cattolici a "usare questo momento destabilizzante come un'occasione per lavorare insieme , come fratelli impegnati per la pace, con il vostro stesso popolo, con le altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per assicurare la comprensione, la cooperazione e la solidarietà".
Soffermandosi sulla situazione dell'Indonesia, il Papa ha ricordato come in alcune aree, alle comunità cristiane sia stato negato il permesso di costruire luoghi di preghiera. "L'Indonesia, insieme con la comunità internazionale - ha ricordato inoltre il Pontefice - è stata recentemente colpita dalla terribile perdita di vite umane con l'attentato terroristico di Bali".
"In tutto ciò - ha avvertito il Papa - bisogna essere attenti a non unirsi alla tendenza di giudicare gruppi di persone sulla base di azioni di una minoranza estremistica". "L'autentica religione - ha avvertito - non proclama nè il terrorismo nè la violenza, ma cerca di promuovere in ogni modo l'unità e la pace dell'intera famiglia umana".

(Aggiornato il 29 Marzo 2003 ore 13:40)

 

Sahaf, Baghdad rifiuta petrolio per cibo

Baghdad 29 Marzo 2003 - Il ministro dell'informazione iracheno Mohammed Saeed al Shahaf ha detto oggi che Baghdad rifiuta la nuova risoluzione dell'Onu 'petrolio in cambio di cibo'. "Solo l'Iraq può gestire questo programma", ha detto Sahaf nella sua quotidiana conferenza stampa oggi a Baghdad. "Hanno sfigurato la risoluzione" 986 del Consiglio d sicurezza votato nel 1995, ha aggiunto il ministro secondo il quale le decisioni che "il governo iracheno non attua non possono essere applicate".
Ieri, il Consiglio di Sicurezza ha approvato all'unanimità la risoluzione che sblocca il programma umanitario petrolio in cambio di cibo in stallo dall'inizio della guerra in Iraq.
La risoluzione consentirebbe al segretario generale dell'Onu Kofi Annan di girare i proventi della vendita del greggio iracheno all'acquisto di scorte alimentari e di medicine di cui i civili dell'Iraq hanno urgentemente bisogno.
Il programma petrolio-cibo è in vigore dal 1996. E' stato sospeso da Annan il 17 marzo quando il segretario generale ha ordinato il ritiro dello staff Onu da Baghdad nell'imminenza della guerra.
La risoluzione autorizza Annan per i prossimi 45 giorni di fare "gli aggiustamenti tecnici necessari" al programma: questo significa che alcuni contratti già approvati potranno essere rivisti se il segretario generale individuerà la necessità di spendere i ricavati del petrolio per necessità umanitarie più urgenti.  
Il voto di ieri era arrivato al termine di difficili negoziati tra i paesi del Consiglio. Siria e Russia si erano opposti al documento che avevano interpretato come un avallo implicito dell'invasione dell'Iraq. Nelle dichiarazioni di voto, gli ambasciatori di Damasco e di Mosca hanno precisato di aver votato sì "per ragioni puramente umanitarie".

(Aggiornato il 29 Marzo 2003 ore 12:20)

 

Ricostruzione, Newsweek anticipa che Halliburton non avrà la commessa di 600 mld di $

New York 28 Marzo 2003 - La corsa alla ricostruzione dell'Iraq postconflitto registra una sorpresa: Halliburton, la società energetica guidata fino al 2000 dal icepresidente Cheney, non sarà il primo contraente per il pacchetto da 600 milioni di dollari stanziato dall'Agenzia americana per lo sviluppo internazionale.
Lo afferma una anticipazione del settimanale Neewsweek, secondo il quale la controllata di Halliburton, Kellog, Brown & Root -nominata per la bonifica dei pozzi petroliferi iracheni- si ritaglierà un ruolo solo come subcontraente.
Secondo quanto appreso da Newsweek in una intervista con Timothy Beans -responsabile delle commesse dell'Agenzia-, Hallibutrton non è tra le due finaliste destinate ad aggiudicarsi il ruolo di primo contraente per la tranche di 600 milioni di dollari assicurata dall'amministrazione americana.
La compagnia energetica -di cui il vicepresidente Cheney è stato amministratore delegato e presidente fino al 2000- aveva visto scegliere, nei giorni scorsi, la propria controllata Kellog, Brown & Root per l'attività di spegnimento dei pozzi di petrolio incendiati dal regime di Saddam Hussein e della loro bonifica ma, altresì, crescere i sospetti per la sua nomina a causa del ruolo di vicepresidente ricoperto dallo stesso Cheney.
In base a quanto raccolto da Newsweek, infatti, non è escluso che la Halliburton abbia deciso spontaneamente di ritagliarsi un ruolo secondario come subcontraente, evitando in questo modo di alimentare polemiche.
L'annuncio della scelta di un 'prime contractor' arriverà la prossima settimana (probabilmente al suo inizio) con l'investitura della società cui finiranno i primi 600 milioni di dollari (ma gli interventi urgenti ne prevedono altri 300) in contratti per la ricostruzione.
A gareggiare, insieme alla controllata di Halliburton (ora fuori dal primo posto), Bechtel Group, Fluor, Parsons e Louis Berger.
Anche come subcontraente, comunque, Halliburton potrà accedere a fondi di tutto rispetto: i primi sforzi economici per la ristrutturazione dell'Iraq sono stati stimati in 1,9 miliardi di dollari da dividere tra tutte le societa' al lavoro nel Paese mediorientale.

(Aggiornato il 28 Marzo 2003 ore 23:40)

 

Prodi contro la guerra: "Il popolo iracheno trattato come oggetto"

Roma 28 Marzo 2003 - "Del popolo iracheno si sta parlando nel mondo come se fosse un oggetto. Questo non può essere sopportato". Lo ha detto Romano Prodi subito dopo un incontro con il presidente del Senato, Marcello Pera, aggiungendo che nella fase di ricostruzione post-bellica bisognerà "riconoscere un ruolo anche al popolo iracheno". Quanto all'Onu, Prodi ha sottolineato che "nella ricostruzione non potrà essere di nuovo estraniata".

"Sarebbe stato meglio che la guerra all'Iraq non fosse mai cominciata", ha ribadito Romano Prodi, presidente della Commissione europea, che però ha anche aggiunto che la strada della coesione europea è stata "interrotta dalla guerra in Iraq, ma non è chiusa".

(Aggiornato il 28 Marzo 2003 ore 13:10)

 

CIAMPI, RUOLO ONU PIU' CHE MAI IRRINUNCIABILE

ROMA 28 Mar - ''Il ruolo delle Nazioni Unite e' fondamentale e irrinunciabile. Oggi piu' che mai il mondo ha bisogno di un Onu credibile, coesa e rappresentativa di tutta la comunita' internazionale. Certo, ad oltre 50 anni dalla firma della Carta di San Francisco, l'Onu ha bisogno di aggiustamenti e di modifiche che pero' la rafforzino, non la indeboliscano''. Lo ha detto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi incontrando i membri del consiglio di direzione dell'Organizzazione Internazionale di Diritto per lo Sviluppo (IDLO).
IRAQ: PRODI, COESIONE EUROPEA INTERROTTA MA NON CHIUSA - La strada della coesione europea e' stata ''interrotta dalla guerra in Iraq, ma non e' chiusa''. Lo ha detto Romano Prodi, a conclusione di un incontro durato oltre un' ora con il presidente del Senato, Marcello Pera. ''Sarebbe stato meglio che la guerra all'Iraq non fosse mai cominciata - ha aggiunto Pera - e del popolo iracheno si sta parlando nel mondo come se fosse un oggetto. Questo non puo' essere sopportato. Nella fase di ricostruzione post-bellica bisognera' ''riconoscere un ruolo anche al popolo iracheno''. Quanto all' Onu, Prodi ha sottolineato che ''nella ricostruzione non potra' essere di nuovo estraniata''.
IRAQ: PERA, GUERRA OCCASIONE PER RILANCIARE POLITICA UE - ''La guerra puo' essere una buona occasione per rilanciare la politica e l' identita' europee, ancora troppo fragili da un punto di vista politico''. Ne e' convinto il presidente del Senato, Marcello Pera, che ha spiegato che ''la ricostruzione della identita' europea non potra' essere in chiave di antiamericanismo, perche' in questa direzione non c'e' futuro. Il presidente del Senato ha voluto sottolineare la necessita' di una ricucitura nell'Unione Europea dopo le polemiche sulla guerra.

(Aggiornato il 28 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Putin: la sospensione immediata della guerra è l'unica soluzione

Mosca 28 Marzo 2003 - Il presidente russo è tornato a chiedere oggi "la sospensione immediata delle ostilita"' in Iraq e "la ripresa del processo verso una soluzione politica nell'ambito del Consiglio di sicurezza dell'Onu". Secondo Putin, si tratta "dell'unica soluzione equa per la crisi irachena".
Secondo Putin, per la prima volta dopo la fine della guerra fredda la comunitàmondiale "si trova di fronte a un crisi di tale gravità e in sostanza c'èil pericolo di un indebolimento delle fondamenta della stabilità globale e del diritto internazionale".
Putin ha aggiunto che la Russia intende proseguire il dialogo per il
consolidamento di un rapporto di partnership con gli Stati Uniti
a dispetto delle divergenze sulla crisi irachena.
La Russia ha "i propri interessi economici in Iraq", ma la sua posizione sulla guerra in corso "non e' mai stata determinata da fattori o vantaggi economici".
Putin ha sottolineato che "l'economia è un elemento importante della politica", ma non può essere disgiunta da una visione complessiva dei problemi.

(Aggiornato il 28 Marzo 2003 ore 12:00)

 

"Il giorno della libertà per l'Iraq è vicino"

Camp David 27 Mar - Bush e Blair in conferenza stampa congiunta a Camp David: riprendere in programma 'Oil for food'. Una guerra lunga, "ma non importa quanto tempo ci vorrà" ha detto il presidente americano "ma Saddam Hussein verrà rimosso". Blair conferma "l'esecuzione" di due soldati britannici catturati dagli iracheni e insieme a Bush annuncia un piano di pace per la Palestina.

"Il giorno della liberta' per il popolo iracheno e' vicino". Con questa rassicurazione George W. Bush e Tony Blair hanno aperto la conferenza stampa congiunta a Camp David dopo due giorni di colloqui. “Stati Uniti e Gran Bretagna- ha detto il presidente americano- stanno lavorando insieme per un nobile proposito: per portare la pace e per liberare il popolo iracheno”.  E sempre per il popolo iracheno Usa e Gran Bretagna chiederanno alle Nazioni Unite di riprendere il programma 'Oil for food'.  

Una guerra lunga, ci vorranno settimane forse mesi, hanno entrambi ribadito. Ma Saddam Hussein “verrà rimosso, non importa quanto tempo ci vorrà- ha continuato Bush- la morsa del terrore intorno agli iracheni si sta allentando”. Bush ha quindi sottolineato i "progressi costanti" fatti dalla coalizione angloamericana nelle operazioni militari in Iraq e ha ricordato che le truppe usa e britanniche "stanno affrontando le unita' piu' disperate del dittatore Saddam".

Con la "liberazione dell'Iraq" ci saranno "progressi in tutto il Medio Oriente", ha affermato il presidente statunitense rilanciando la necessita' di una risoluzione del conflitto israelo-palestinese attraverso la creazione di "due stati che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza", un piano in cui "siamo fortemente impegnati". Blair ha sottolineato che Bush e' il primo presidente Usa a impegnarsi pubblicamente su questa ipotesi, sostenendo che occorre lavorare alla messa in atto della "road map" elaborata dai mediatori "non appena sara' insediato il nuovo primo ministro palestinese".

Il premier britannico ha ammmesso "le divisioni" in Europa sulla guerra, ma ha sottolineato che ci sono "molti paesi che sono d'accordo con noi". “Comprendo le esitazioni di alcuni paesi”, ma dopo 12 anni "avevamo il dovere di agire: non ho dubbi che la nostra sia una causa giusta". Blair ha quindi fatto il punto dei progressi militari finora fatti dalle forze alleate, che, in meno di una settimana, hanno occupato e reso sicuri, fra l'altro, i campi di petrolio del Sud, hanno danneggiato i sistemi di comando e controllo iracheni, sono giunte a meno di 80 chilometri da Baghdad e hanno aperto la strada agli aiuti umanitari.

In conclusione, il premier britannico ha indirettamente confermato che due soldati britannici catturati dalle forze irachene sono stati “giustiziati”. "Abbiamo un'ulteriore prova di che cosa sia in realta' il regime di Saddam Hussein - ha detto- criminali pronti a uccidere il loro stesso popolo, la messa in mostra dei prigionieri di guerra e ora la diffusione di quelle immagini di soldati britannici giustiziati".

(Aggiornato il 27 Marzo 2003 ore 19:00)

 

Bush e Blair: dopoguerra all'insegna dell'Onu

CAMP DAVID (Maryland) 27 Mar - Le Nazioni Unite avranno un posto importante nell'amministrazione del dopoguerra iracheno, ma gli Stati Uniti sono più scettici della Gran Bretagna circa un ruolo prominente e immediato da parte dell'Organizzazione guidata da Kofi Annan. È quanto emerso dal primo incontro a Camp David fra il presidente Usa, George W. Bush, e il premier inglese Tony Blair.

L'obiettivo del meeting è quello di fare il punto sulla guerra in Iraq e sulla strategia da adottare quando sarà caduto il regime di Saddam. Il piano degli Stati Uniti prevede l'instaurazione in Iraq, appena possibile, di un'amministrazione di tipo militare come passaggio intermedio verso un ritorno alla democrazia. I tempi di questa transizione, secondo Washington, sono difficili da prevedere in quanto tutto dipende dalla sicurezza del territorio alla fine delle operazioni militari. Le differenze fra Stati Uniti e Gran Bretagna circa il dopoguerra – fanno sapere fonti ufficiali – esistono ma sono comunque minime. In ogni caso le due diplomazie sono concordi nel ritenere che i dissidenti iracheni avranno un ruolo importante nell'amministrazione del dopoguerra.

(Aggiornato il 27 Marzo 2003 ore 08:40)

 

Usa-Russia, Powell: con Mosca difficoltà di rilievo

Washington 27 marzo 2003 - Se Mosca non porrà fine alla vendita all'Iraq di materiale bellico, da parte di aziende russe, i rapporti tra i due Paesi avranno "difficoltà di rilievo". Lo ha detto il segretario di stato americano Colin Powell.

Parlando davanti a una commissione della camera, Powell ha reso noto che l'Amministrazione americana ha dato a Mosca tutte le informazioni necessarie per rintracciare le presunte vendite a Baghdad di ordigni per accecare i radar, missili anticarro e visori notturni.

Fonti ufficiali americane avevano lanciato l'accusa lunedi', esprimendo il sospetto che tecnici russi del settore privato si trovino a Baghdad per addestrare gli iracheni all'uso dei sistemi per causare interferenze nei Gps e nei radar. Tali sistemi rischiano di mettere in pericolo le truppe americane che stanno combattendo in Iraq.

Il presidente George W. Bush era talmento irritato che ha alzato il telefono e ha chiamato il collega Vladimir Putin per protestare contro le forniture militari.

La Russia, che è contraria all'invasione anglo-americana dell'Iraq, afferma di non aver alcuna prova delle presunte vendite militari, ma ha promesso di indagare sulla vicenda.

Nelle sue dichiarazioni ai deputati, Powell ha minacciato di escludere un ruolo per la Russia nell'Iraq del dopoguerra se Mosca non fa qualcosa per impedire le forniture. "Certo -ha detto- sarebbe un grande impedimento".

Ieri Mosca ha accusato gli Stati Uniti di condurre una "guerra d'informazione" contro la Russia.

(Aggiornato il 27 Marzo 2003 ore 05:40)

 

Powell: "Non cederemo il controllo all'Onu se e quando riusciremo a deporre Saddam"

New York 27 marzo 2003 - Gli Stati Uniti non cederanno il controllo dell'Iraq alle Nazioni Unite se e quando riusciranno a deporre il presidente Saddam Hussein. Questa la posizione annunciata dal segretario di stato Usa, Colin Powell, mentre arrivava a Washington il premier britannico Tony Blair, che oggi ai Comuni aveva affermato esattamente il contrario.
Parlando in un'audizione alla sottocommissione Commercio, Giustizia, Stato e Sistema giudiziario della Camera dei Rappresentanti, Powell ha affermato che: "Non ci siamo assunti con i nostri alleati questo enorme fardello per poi non poter avere un controllo consistentemente dominante sul futuro dell'Iraq. Non non saremo d'accordo ad affidare tutto, nella sostanza, a qualcuno designato dalle Nazioni Unite, qualcuno che improvvisamente assumerebbe la responsabilità dell'intera operazione".
Il ruolo delle Nazioni Unite, secondo Powell, sarà essenzialmente quello di facilitare il contributo degli altri paesi ai costi della ricostruzione.

La questione del dopoguerra iracheno sarà al centro anche dell'incontro di questa sera e di domani tra Bush e Blair e rischia di rinfocolare lo scontro tra Washington e Londra da un lato - che, da vincitori, pretenderanno di gestire il futuro dell'Iraq - e gli altri Paesi che già sostengono che la guerra, ma soprattutto l'invasione dell'Iraq è illegale e che le Nazioni Unite non possono avallarla a cose fatte.

(Aggiornato il 27 Marzo 2003 ore 00:20)

 

Blair ai Comuni: "Anche Bush per il dopo Saddam vuole un'amministrazione sotto la bandiera ONU"

Londra 26 Marzo 2003 - "E' importante una seconda risoluzione ONU, dare certezze sul programma oil for food. Per la ricostruzione l'ONU è importante; da conversazioni con Bush è risultato chiaro che qualsiasi amministrazione in Iraq dopo Saddam deve avere l'avallo delle Nazioni Unite: questo è assolutamente chiaro". Il primo ministro britannico Tony Blair affronta in un nuovo question time la Camera dei Comuni a poche ore dalla sua partenza per Washington e spiega così uno dei punti nodali dell'agenda degli incontri con il presidente americano e con il segretario ONU Kofi Annan.
Bush e l'ONU - Incalzato da richieste di chiarimento di Charles Kennedy, leader dei liberali britannici, Blair ha detto che "non ci sarà bisogno di persuadere Bush che per il dopo guerra in Iraq l'amministrazione dovrà avere l'appoggio ONU. Ma tutte le componenti di questo problema - ha messo le mani avanti Bush - devono essere correlate al fatto che ci sono soldati americani che rischiano la vita, che la perdono sul campo. Delle Nazioni Unite e del programma Oil for Food discuterò con Kofi Annan. Poi discuteremo di una nuova risoluzione ONU per la ricostruzione dell'Iraq". Il governo iracheno del dopo Saddam, ha sottolienato Balir, "dovrà essere rappresentativo".
Lo scenario - "Crediamo che il processo di pace in Medio Oriente sia importante - ha aggiunto Blair - Appena il premier palestinese si insedierà gli verrà consegnata questa road map per riavviare il processo di pace, come al premier israeliano Sharon. Il presidente Bush è il primo presidente ad essersi impegnato nella creazione di uno Stato palestinese".
La guerra - Interrogato dal leader dei conservatori Iain Duncan Smith, Blair ha spiegato che "le operazioni e l'offensiva devono essere lasciate ai comandanti. Il nostro obiettivo è la liberazione dell'Iraq, non la conquista. Ci sono moltissime persone che aspettano la caduta del regime... A Bassora ci sono notizie discordanti ma quando le persone sapranno che il potere di Saddam si sta indebolendo, si ribelleranno". 
Supporto alla ribellione - "Qualsiasi bersaglio militare deve avere una sua giustificazione - ha detto Blair - Ci siamo posti obiettivi militari. Gli iracheni stanno aspettando e stanno vedendo. Dobbiamo lavorare con loro, far capire che quando saranno in grado di ribellarsi offriremo loro il massimo aiuto".
Strategia - "Abbiamo forze sufficienti stanziate nella regione - ha ribadito Blair - ci sono stati grandi progressi, ma nella parte meridionale stiamo assicurando condizioni di sicurezza per la distribuzione degli aiuti".

(Aggiornato il 26 Marzo 2003 ore 13:20)

 

Papa: ho il cuore oppresso dalle notizie sulla guerra

Città del Vaticano 26 Marzo 2003 - Giovanni Paolo II recita ogni giorno il suo rosario "con il cuore oppresso dalle notizie che giungono dall'Iraq in guerra, senza dimenticare gli altri conflitti che insanguinano la terra". Lo ha detto lui stesso, parlando all'Udienza generale di oggi.

"Eleviamo a Dio la nostra preghiera perché l'odio possa essere vinto dall'amore, e la pace, la giustizia e la solidarietà possano crescere in ogni angolo della terra, nello spirito del Vangelo", ha detto ancora il Papa ai fedeli presenti in piazza San Pietro.
"Quanto è importante - ha aggiunto - che, durante quest'Anno del Rosario, si perseveri nella recita della Corona per implorare la pace. Chiedo che lo si continui a fare specialmente nei Santuari mariani. La materna intercessione di Maria ottenga giustizia e pace per il mondo intero".
Papa Wojtyla, infine, ha chiesto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli di unirsi alla sua preghiera. "La contemplazione del mistero dell'Annunciazione renda voi, cari giovani, pronti e disponibili alla chiamata del Padre, per essere nella società fermento di autentica pace. Rinnovi in voi, cari sofferenti, l'accettazione serena e confidente della Croce, sorgente di redenzione dell'umanit. Il sìdi Maria alla divina volontà sia per voi, cari sposi novelli - ha concluso - costante incitamento nell'impegno di costruire una famiglia dove regnino la solidarietà e la pace".

(Aggiornato il 26 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Prodi, situazione umanitaria si sta deteriorando

Bruxelles 26 Marzo 2003 - La situazione umanitaria si sta rapidamente deteriorando in molte parti dell' Iraq: lo ha detto il presidente della Commissione Ue Romano Prodi, oggi a Bruxelles, riferendo che dagli operatori sul posto arrivano notizie "molto particolareggiate" sull' emergenza umanitaria. 
"La Commissione sta facendo tutto il possibile per far fronte a questa situazione", ha detto Prodi.
Prodi ha detto che i violenti combattimenti in corso costringono molte persone ad abbandonare le loro case: a molti mancano i generi di prima necessità, cibo, vestiti, e soprattutto l'acqua. Il presidente dell'
esecutivo ha ricordato che Bruxelles ha messo a disposizione già 21 milioni di euro e ha chiesto agli Stati membri al Parlamento di poter utilizzarne altri 79 dalla riserve di emergenza per portare il contributo totale a 100 milioni di euro. 
Una prima dotazione di 3 milioni di euro, assunta con una decisione di emergenza, è già stata destinata alla Cri che - ha detto Prodi - ha già cominciato a fornire assistenza e aiuti alimentari nel nord dell'Iraq. Per consentire che gli interventi umanitari vengano in piena sicurezza, la commissione contribuirà alla costruzione di un ponte aereo finalizzato a velocizzare gli aiuti. "Stiamo sostenendo la rete dei delegati della Cri che portano assistenza alle popolazioni irachene", ha aggiunto Prodi, informando anche che l' Ufficio umanitario dell'esecutivo, Eco, "ha già preso contatto con una delle poche organizzazioni non governative ancora largamente attive in Iraq, Premiere urgence. Eco ha già contattato questa ong con la quale stiamo verificando l'utilizzo dei fondi di riserva".

(Aggiornato il 26 Marzo 2003 ore 12:40)

 

Annan vuole inviare i caschi blu per affrontare l'emergenza umanitaria

New York 25 Marzo 2003 - Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan vorrebbe mandare d'urgenza i caschi blu in Iraq per affrontare la questione umanitaria. La notizia, appresa da fonti delle Nazioni Unite, è stata diffusa da Rai News 24 nella corrispondenza da Washington del suo inviato Carlo De Blasio.

Una mossa a sorpresa che potrebbe condizionare pesantemente gli sviluppi del conflitto.

Kofi Annan sta comunicando questa decisione al segretario generale per la sicurezza Usa, Condoleeza Rice, mentre Bush ne parlerà domani nell'incontro con il premier britannico Tony Blair.

Da giorni Kofi Annan viene accusato dall'Iraq di essersi fatto scavalcare degli Usa nel decidere la guerra, ma ora è sottoposto a un'altra pesantissima critica: quella di essersi piegato ai voleri Washington nel bloccare gli aiuti umanitari all'Iraq, aiuti che sarebbero fermi alle frontiere.

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 16:20)

 

Emergenza profughi: 600 mila in arrivo

ROMA 25 Mar - La cifra dell'alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. Un'emergenza umanitaria che solo se la guerra dura poco "non diventerà realtà". L'Italia e Turchia tra le mete del flusso di immigrati.

"Potrebbero essere 600 mila i profughi iracheni. Uomini, donne, vecchi e bambini costretti a lasciare le proprie case da una guerra che non hanno voluto e che per ora li costringe a stare sottoterra, in trincea, oppure chiusi in casa. L'impatto per l'area e per i paesi del Mediterraneo, Italia compresa, se il conflitto diventasse più grave di quello che era stato promesso, sarà devastante". Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Unhcr, è decisa nello spiegare quella che è la situazione, qualora quelle che gli americani chiamano "Cassandre pacifiste" dovessero aver ragione. Ma finora ogni cosa è un interrogativo, pessimista o positivo che sia. "Abbiamo solo ipotesi numeriche. In termini di rifugiati, e di fondi necessari per assisterli. Ogni giorno che passa, però, la quota reale, che ora è lontana da quella sulla carta, diventa più alta e pericolosa". E fino ad oggi, l'Unhcr ha ricevuto 25 milioni di dollari dei 60 richiesti per approntare la fase iniziale del piano di emergenza, che prevede appunto l'assistenza per "600 mila rifugiati in un mese".

In un panorama da day after i paesi confinanti, Turchia in primis, sarebbero investiti in pieno dall'ondata migratoria di disperati. E subito dopo i paesi del Mediterraneo, Italia in testa. Stando agli accordi dell'Unione europea e al concetto di "boarding sharing", di suddivisione degli oneri, il nostro paese sarebbe chiamato a sopportare la fetta più grossa di rifugiati. Laura Boldrini è chiara: "Nel 2002 il Regno Unito ha dato ospitalità a 110 mila richiedenti asilo. L'Italia a meno di 8 mila". Da un lato, il Viminale che dispensa tranquillità, dall'altro più di un sindacato di polizia che sottolinea i rischi di una "invasione". I referenti siciliani dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, dicono: "Chi scende da una nave, nove volte su dieci, non ha documenti. Le associazioni e le Organizzazioni non governative gli concedono allora un cedolino. E così un soggetto da un giorno a un altro diventa da Bianchi a Rossi. E qualora richieda asilo politico, nel periodo d'istruttoria, servendosi proprio di quella strana carta d'identità, espatria o fa perdere le proprie tracce". Un paradosso che forse si traduce nei fatti con un dato quasi di "colore": nella sicilianissima Lampedusa, per iniziativa di alcuni cittadini, poco tempo fa è sorta una sezione della Lega Nord. 

Al momento, comunque, in nessuno dei paesi confinanti con l'Iraq sono stati registrati flussi di rifugiati su larga scala e la situazione nelle aree di frontiera è considerata "tranquilla". Nella regione l'Unhcr dispone di circa 200 operatori, ma c'è un vero contingente "bianco" pronto a intervenire, non appena le circostanze lo richiederanno. Che non si sia lontani dal punto di rottura va letto anche in quello che il responsabile dell'agenzia Onu, Ruud Lubbers, ha detto nei giorni scorsi esortando tutti i governi dei Paesi dell'area a tenere aperte le proprie frontiere "per quanti avranno bisogno di protezione temporanea e assistenza".  "Dobbiamo fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze del popolo iracheno - ha esortato - E questo comporta anche il mantenimento delle frontiere aperte in modo che tutti coloro che temono per la propria vita possano trovare rifugio nei paesi limitrofi".

Ovvio che in un clima d'emergenza, proprio nel momento in cui volontari e organizzazioni si danno da fare, le  polemiche politiche , legate alla concessione dello status di rifugiati agli eventuali profughi risultino "pretestuose". Don Vinicio Albanesi, presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza, spiega: "Finora si è di fronte a soggetti che possono permettersi il passaggio sulle navi, in massima parte piccoli artigiani e commercianti Kurdi collegati con le comunità olandesi, tedesche e francesi che sfruttano il momento per passare le frontiere senza problemi".  La convinzione che "il dibattito" sia "inutile" viene dal fatto, sempre secondo Albanesi, che il dato storico riguardante l'Iraq in termini di clandestini e rifugiati è di al massimo "2 o 3 mila unità l'anno". Ben poca cosa rispetto ai paesi del Maghreb e dell'Est europeo.

La linea del "non nutrire l'allarmismo" è data anche da chi si occupa di assistenza sul teatro di guerra come il Consorzio italiano di solidarietà e dalla Caritas. Paolo Beccegato, responsabile dell'area internazionale dell'associazione, ripete come i rischi da emergenza umanitaria siano contenuti qualora la guerra "non sia superiore a una durata di 100 giorni". Dopo di allora è difficile, adesso, immaginare cosa potrà accadere. Laura Boldrini, da parte sua conferma: "Con l'operazione Oil for food, la maggior parte delle famiglie ha un minimo di derrate alimentari. Ma non si possono superare i tre mesi di battaglia a meno che non si voglia la catastrofe". E sarebbe impossibile controllare 23 milioni di persone affamate. "Non voglio pensare cosa può seguire la distruzione generalizzata dei pozzi petroliferi - continua Catrin Dickehage del Consorzio italiano di solidarietà - che porterebbe all'inquinamento delle falde acquifere".  

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 11:30)

 

Annan: "A Bassora emergenza umanitaria"

Roma 25 Mar - Nella città irachena da quattro giorni manca acqua e luce. Tecnici della croce rossa al lavoro per aiutare la popolazione.

Da quattro giorni a Bassora manca l'elettricità e le scorte di acqua potabile sono ridotte al minimo.

In una città che ospita quasi due milioni di abitanti, l'assenza di questi due elementi può in poco tempo diventare drammatica e pericolosa anche dal punto di vista sanitario.

Il grido di allarme per un possibile disastro umanitario è stato lanciato dalla croce rossa internazionale, dal segretario generale dell'Onu Kofi Annan e anche dal presidente russo Vladimir Putin. Per Annan, Bassora "rischia il disastro umanitario" ed è urgente far ripartire le operazioni del programma umanitario petrolio in cambio di cibo da cui il 60 per cento degli iracheni dipende per le razioni umanitarie di base.

Annan ha sottolineato anche che dalle notizie avute da funzionari Onu e secondo "un rapporto della croce rossa internazionale la gente a Bassora sta fronteggiando un disastro umanitario". Anche per il comitato internazionale della croce rossa (Cicr) operare in Iraq diventa sempre più difficile; i suoi delegati hanno crescenti difficoltà a muoversi e a Bassora la situazione è "estremamente critica, sul fronte dell'approvvigionamento di acqua in particolare", secondo quanto riferito oggi a Ginevra al quartiere generale della croce rossa.

Annan ha sottolineato di comprendere "l'esasperazione" di alcuni leader iracheni e di gran parte della popolazione ora che in Iraq c'è la guerra e ha precisato: "Non abbiamo, né io ho in prima persona, alcuna intenzione di diventare un alto commissario colonizzatore" dell'Iraq.

Intanto uno specialista in ingegneria idraulica della croce rossa è arrivato la notte scorsa Bassora e sta lavorando con i tecnici locali per cercare di ripristinare l'erogazione dell'acqua potabile ed allontanare così la minaccia di una imponente crisi umanitaria che grava sui 1.200.000 abitanti della città, ha riferito una portavoce dell'organizzazione.

Come rilevato dall'Unicef (fondo Onu per l'infanzia), i danni provocati dall'interruzione delle forniture idriche e di quelli alla rete fognaria di Bassora espongono 100 mila bambini sotto i 5 anni a rischio di contrarre il colera, la febbre tifoidea o la diarrea che sono già tra le cause prime di mortalità infantile in Iraq.

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 09:20)

 

Oggi incontro tra Annan e Rice su aiuti umanitari. Giovedì Bush e Blair su tattica militare

Washington 25 Marzo 2003 - Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, incontra oggi Condoleezza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale Usa, per discutere le questioni umanitarie legate alla guerra in Iraq.

Annan ha avvertito ieri dei rischi di "catastrofe umanitaria" a Bassora, dove proseguono i violenti combattimenti tra gli iracheni e le forze della coalizione.

 

A Camp David, il presidente americano George W. Bush e il premier britannico Tony Blair s'incontreranno giovedì a Camp David, la dimora di montagna nel Maryland, dove Bush riceve gli ospiti con cui ha rapporti di amicizia anche personali.

 

A quanto si apprende da fonti della Casa Bianca, che precisano quanto precedentemente annunciato, Blair giungerà a Washington mercoledì e, insieme a Bush, raggiungerà giovedì Camp David.

 

L'incontro fra i due principali alleati nella campagna 'Libertà per l'Iraq' servirà a discutere lo sviluppo e le prospettive delle operazioni militari, le iniziative da prendere per gli aiuti umanitari e la successiva ricostruzione, gli eventuali passi politici da intraprendere.

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 06:00)

 

Le voci del dissenso alla guerra

Roma 22 Mar - Manifestazioni in Italia e nel mondo. Il Papa: questa guerra minaccia le sorti dell’umanità.

Il Papa: questa guerra minaccia le sorti dell'umanità
"Quando la guerra, come in questi giorni in Iraq, minaccia le sorti dell'umanità, è ancora più urgente proclamare con voce forte e decisa che solo la pace è la strada per costruire una società più giusta e solidale". Il Papa torna a parlare del conflitto in corso, con toni assai preoccupati, rivolgendosi agli operatori di Telepace ricevuti stamattina in Vaticano.

Ciampi: la pace è un bene supremo
Per il suo conseguimento - ha detto il capo dello Stato - ogni sforzo deve essere compiuto dalle organizzazioni internazionali, dai governi e dai popoli di tutto il mondo. Una delegazione del comitato “Fermiamo la guerra”, guidata dall' on. Franco Russo e dal portavoce, Raffaella Dolini, ha consegnato questa mattina ad un funzionario al palazzo del Quirinale, una bandiera della pace, accompagnata da una lettera indirizzata al presidente della Repubblica.

Pacifisti contro le bombe in Italia
Il popolo pacifista scende in piazza ancora una volta oggi per contestare l'attacco all'Iraq. Manifestazioni in varie città e davanti alle basi Nato di Bagnoli, Aviano, Sigonella. A Roma, due manifestazioni: quella dell'Ulivo in piazza del Popolo e quella del comitato "Fermiamo la Guerra" da piazza della Repubblica a piazza Navona. Arrestati 5 disobbedienti a Roma per danni alla Esso: avevano tagliato tubi e infranto vetri di un distributore. Scarcerati nel pomeriggio, hanno preso parte alla manifestazione. Altri 7 gestori di impianti Esso hanno presentato denunce.

Sondaggio: 74% degli italiani contro la guerra
Tre italiani su 4 sono contrari all'intervento americano in Iraq. E' quanto emerge dal sondaggio realizzato, a poche ore dall'attacco su Baghdad, dall'Istituto di ricerche Swg su un campione nazionale di 800 intervistati. In particolare, i contrari all'intervento Usa sono il 74%, contro il 19% di favorevoli. La metà del campione (il 49%) non è d'accordo sul fatto che l'Italia abbia concesso l'uso delle sue basi militari agli alleati, il 74% crede che la guerra provocherà tra i civili un numero di perdite "molto" o "abbastanza" elevato, il 54% è convinto che, in seguito al conflitto, l'economia dei paesi occidentali peggiorerà.

Greenpeace, striscione contro premier
Blitz di Greenpeace all'Altare della Patria, a Roma. I pennoni che reggono le bandiere tricolori subito dopo i cancelli del Vittoriano, a piazza Venezia e a pochi passi dalla residenza romana del premier, sono diventati punto d'appoggio per appendere un enorme striscione: Berlusconi è raffigurato con l'elmetto. A fianco, la scritta è un gioco di parole che riprende e manipola lo slogan elettorale, "Un impegno concreto: guerra". Ai nove attivisti autori del gesto sarà inviata una informativa alla Procura della repubblica di Roma con la quale la polizia giudiziaria ipotizza i reati di procurato allarme, vilipendio della repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate.

Manifestazioni pacifiste in tutto il mondo
Sono scesi nuovamente in piazza in tutto il mondo i pacifisti, per chiedere l'immediata interruzione della guerra in Iraq. Manifestazioni in Indonesia, in Giappone, in Coreq del Sud, in Bangladesh e Pakistan. Anche in Nuova Zelanda migliaia di persone hanno protestato davanti le ambasciate di Australia e Stati Uniti. A Londra, 100.000 persone sfilano per la pace, così negli Stati Uniti, a San Francisco. Anche a Berlino hanno sfilato in molte migliaia.

(Aggiornato il 22 Marzo 2003 ore 16:20)

 

Mobilitazioni studentesche contro la guerra

Roma 21 Mar - Manifestazioni in tutta Italia. Gli agricoltori sfilano a Roma con il "cuore verde" che batte per la pace e a loro si uniscono gli studenti.

Manifestazioni per la pace, anche oggi, in diverse città. Nelle principali piazze, ma non solo, continuano a ritrovarsi a migliaia gli studenti. E se non scendono in piazza sono comunque impegnati per la pace, contro la guerra, in assemblee, occupazioni, dibattiti.

A Roma, agricoltori e studenti, ad un certo punto, si sono uniti in un unico corteo per le vie del centro. La Confederazione italiana agricoltori ha portato nella capitale 300 mila persone con centinaia di pullman da tutta Italia. Dietro i gonfaloni che hanno aperto il corteo, partito verso le 11 da piazza della Repubblica, c’era un’enorme bandiera bianca con la scritta “L’Italia ha un cuore agricolo, facciamolo battere”, seguita da un’altrettanto grande bandiera arcobaleno. Ancora dietro, due corone di fiori listate a lutto, con le scritte “pace” e “agricoltura. E un cuore verde di cartone era appeso al collo di tutti i manifestanti. Una banda di sbandieratori pugliesi, al fragoroso rullo di tamburi, ha sfilato in abiti medievali gialli e azzurri. A piazza Barberini, gli studenti delle scuole romane che avevano partecipato ad un sit-in per la pace, si sono aggregati agli agricoltori della Cia. Il corteo è arrivato a piazza del Popolo. Non sono mancati i venditori ambulanti di spillette, fazzoletti e bandiere arcobaleno a prezzi variabili da 1 a 5 euro.

A Milano, si è trasformato in una manifestazione per la pace l’incontro, programmato da tempo, di insegnanti e studenti di alcune scuole medie inferiori che da mesi lavorano ad un progetto per migliorare la qualità della vita in città. A loro si sono uniti altri studenti, di altre scuole, con bandiere e striscioni. E così, tutti insieme, almeno un migliaio, hanno deciso di sfilare per le vie del centro e di confluire in Piazza Duomo. Sempre a Milano, studenti aderenti alle reti universitarie ambrosiane hanno occupato la facoltà di lettere e filosofia dell'università statale in segno di protesta contro la guerra all'Iraq ed hanno dato vita ad un corteo interno. 

Ad Avezzano, in Abruzzo, trecento studenti degli istituti superiori hanno attuato un sit-in di protesta in piazza Risorgimento. Si è unito a loro il Vescovo dei Marsi, Monsignor Lucio Renna, invitandoli a pregare per la pace. A Napoli, e un po’ in tutta la Campania, gli studenti sono in occupazione o assemblea permanente. Mobilitazioni studentesche anche in Sicilia,  così come in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Puglia.

(Aggiornato il 21 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Approvato documento comune vertice Ue

Bruxelles 20 Mar - Necessita' di rafforzare il partenariato transatlantico, ''priorita' strategica fondamentale per l'Unione europea''. I capi di Stato e di governo dei 15 paesi membri della Ue hanno approvato questa sera un documento comune sull'Iraq. Il documento e' suddiviso in quattro punti che, come ha sottolineato il ministro degli Esteri Franco Frattini, riflettono le questioni che il governo italiano aveva sottoposto ai partner come base per il recupero della coesione politica nell'Unione. In particolare, il documento sottolinea la necessita' di preservare l'integrita' territoriale dell'Iraq; il ruolo centrale delle Nazioni Unite nella ricostruzione post-bellica dell'Iraq; la necessita' di dare impulso al processo di pace in Madio Oriente e di rilanciare il dialogo con il mondo arabo islamico: ed infine la necessita' di rafforzare il partenariato transatlantico che ''resta una priorita' strategica fondamentale per l'Unione europea''.

Frattini ha espresso ''soddisfazione particolare'' perche' i 4 punti contenuti nella dichiarazione del vertice coincidono con quelli che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e lo stesso Frattini, avevano presentato ieri in Parlamento, come una base possibile per ricostruire la coesione tra i partner europei. ''Qualche giorno fa il presidente del Consiglio aveva detto: 'Sottolineiamo quello che ci unisce, non quello che ci divide'', ha aggiunto Frattini, ''Vi rendete conto che, in un momento come questo, non era affatto un risultato scontato''.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 20:00)

 

Roma, migliaia di fiaccole per la pace

Roma 20 Mar - Via dei Fori Imperiali, a Roma, e' completamente illuminata dalle fiaccole di migliaia di persone. In testa al corteo il sindaco Veltroni, l'ex presidente Scalfaro, Rita Levi Montalcini e numerosi politici del centrosinistra. La fiaccolata, organizzata dal Comune, e' partita da una piazza Venezia gremita e coloratissima dalla quale si e' mosso anche il corteo del comitato 'Fermiamo la guerra', diretto verso piazza Barberini. Attorno all'ambasciata Usa in via Veneto la polizia, in assetto antisommossa, ha innalzato delle grate.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 19:00)

 

Croce Rossa e Amnesty temono il rischio di una catastrofe umanitaria

Bagdad 20 mar - Preoccupazione per le conseguenze della guerra sui civili. Continua "a pieno regime" l'attività di Un ponte per Bagdad sia nella capitale irachena che a Bassora dove è in allestimento un pronto soccorso

Il comitato internazionale della Croce Rossa ha "esortato le parti in conflitto a rispettare strettamente le regole e i principi del diritto umanitario internazionale". In un comunicato diffuso a Ginevra, il Cicr si è detto "vivamente preoccupato per le conseguenze delle ostilità iniziate in Iraq e in particolare per gli effetti delle operazioni militari sulla popolazione civile". La Croce Rossa ha dichiarato "la sua ferma intenzione di portare avanti le sue attività conformemente al suo mandato" nella regione ogni volta che sarà necessario e "conta sulle parti in conflitto per facilitare l'accesso a tutte le persone che abbiano bisogno di aiuto e protezione".

Mette in guardia dal “rischio concreto” di una catastrofe umanitaria anche Amnesty International: ritiene che "molti civili iracheni, bambini compresi, possano morire a causa di attacchi indiscriminati o dell'uso di armi proibite". Amnesty sollecita anche le Nazioni Unite a iniziare i preparativi per l'invio in Iraq di osservatori internazionali sui diritti umani, “non appena la situazione lo permetterà”. Il mandato degli osservatori, per Amnesty, “dovrebbe riguardare le violazioni dei diritti umani commesse da qualunque autorità, irachena o straniera che abbia il controllo del territorio".

"Gli Usa ed i loro alleati in Iraq devono assumersi le proprie responsabilità nel caso in cui la loro azione provocherà una catastrofe umanitaria e dei diritti umani", ha dichiarato Irene Khan, segretaria generale di Amnesty. E dovranno fare "ogni sforzo per tutelare i civili ed alleviare le loro sofferenze".

All'avvio dell'attacco militare contro Bagdhad, Amnesty ha chiesto assicurazione a tutte e parti coinvolte affinché "rispettino integralmente le leggi di guerra, proteggano la popolazione civile ed assicurino l'accesso all'assistenza umanitaria". Il timore principale dell'organizzazione per la difesa dei diritti umani è che "gli attacchi militari interromperanno la fornitura dei servizi e dei beni essenziali ad una popolazione che è altamente dipendente dall'aiuto governativo e possano causare un disastro sul piano umanitario".

Agli stati confinanti con l'Iraq e alle autorità curde, Amnesty ha chiesto di "tenere aperti i confini per accogliere i rifugiati e gli sfollati e di consentire libero accesso alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative".

Continua intanto “a pieno regime”, nonostante le bombe, l’attività di un “Un ponte per Baghdad”, sia nella capitale irachena che a Bassora, nel sud del paese, dove è in via di allestimento un pronto soccorso nei locali adibiti a dispensario per bambini affetti da malattie gastrointestinali. Nello Rienzi, che fa parte dell'organizzazione, ha annunciato che "difficoltà permettendo" sta per entrare in Iraq una cooperante italiana che si occuperà di coordinare l'attività dell'assistenza umanitaria.

Lo staff del presidio medico a Bassora è composto da 15 persone tra medici ed infermieri più due persone, tutti iracheni, che seguono l'amministrazione. “Abbiamo inviato scorte di medicinali per un anno – ha detto Renzi - e acquistato coperte e altri generi di prima necessità per una centinaia di migliaia di euro".

Il presidente dell'organizzazione, Fabio Alberti, uno dei pochi italiani che  si trovavano ancora a Baghdad, ha lasciato la capitale irachenala la notte scorsa poco prima dell’attacco per recarsi ad Amman, in Giordania.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 18:50)

 

Terrorismo e democrazia nel mondo arabo

Guerra al terrorismo e conflitti regionali. Questi i temi discussi nell'annuario 2002 pubblicato a Francoforte dai principali istituti di studi su guerra e pace della Germania, tra i quali quello dell'Assia, di cui e' direttore Bruno Schoch, intervistato da Angelo Bolaffi. L'elemento di novita' del terrorismo religioso musulmano, sostiene Schoch, e' il suo obiettivo di uccidere quanto piu' e' possibile. Come combatterlo? La tesi sostenuta nell'Annuario e' che la strategia americana di combatterlo manu militari sia per lo meno discutibile, dal momento che la guerra e' legata alla forma statuale, mentre il terrorismo islamico, avendo perso anche le basi in Sudan ed in Afghanistan, e' ormai una rete internazionale che ha superato la forma statuale. L'unica strategia possibile deve dirigersi alle cause che hanno generato il terrorismo, e che Schoch non individua tanto nella globalizzazione, quanto piuttosto nell'assenza di democrazia e di partecipazione politica nel mondo arabo: cominciare dunque il pur difficilissimo (lo prova il caso dell'Algeria) processo di democratizzazione dei paesi del mondo arabo, questa e' la piu' forte indicazione che emerge dall'Annuario.

 

UNITA' DI CRISI, NESSUN PERICOLO SPECIFICO PER ITALIA

ROMA 20 Mar - La valutazione della situazione fatta dai responsabili della sicurezza dell'Unita' di crisi di Palazzo Chigi non ha evidenziato, secondo quanto si e' appreso, alcuna situazione di pericolo specifico per l'Italia e, quindi, al momento non c'e' motivo per aumentare il livello di allerta. L'Unita' di crisi tornera' a riunirsi in caso di necessita'.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, insieme con il vicepremier Gianfranco Fini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta sono a Palazzo Chigi per seguire gli sviluppi della crisi irachena dopo l'attacco americano.
Un comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica e' stato convocato al Viminale dal ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu. All'ordine del giorno ''la verifica dello stato di attuazione del programma definito nel gennaio scorso, sin dall'aggravarsi della crisi internazionale'' ed il suo aggiornamento ''in relazione agli ultimi eventi''.

Intanto si fanno sentire le reazioni all'attacco statunitense in Iraq. In molte citta', non solo italiane, sono scesi in piazza i pacifisti per protestare contro la guerra in Iraq. A far loro eco sono le dichiarazioni dei politici italiani.
Dalle manifestazioni non mi aspetto niente di buono''. E' quanto ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ai giornalisti che lo hanno interpellato a proposito delle manifestazioni indette oggi.
Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ''purtroppo le vie della diplomazia erano finite il disarmo forzoso di Saddam Hussein e' una tragica necessita' per la comunita' internazionale. Noi ovviamente ci auguriamo che questo attacco non porti vittime civili innocenti''. Il ministro ha infine tenuto a precisare che 'l'Italia restera' non belligerante'.
'L'Italia ha gia' detto con chiarezza in Parlamento che non partecipera' con propri uomini e propri mezzi, lo abbiamo detto dall'inizio al presidente Bush e il presidente Bush ha compreso', ha detto.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi ha detto che ''il governo informera' continuamente la Camera ed il Senato sugli sviluppi del conflitto iracheno ed ''in particolare le commissioni Esteri e Difesa''.
''Con le presidenze di Camera e Senato - ha spiegato Giovanardi - si dara' impulso ad un meccanismo di comunicazione aperto sui prossimi sviluppi. E' giusto che il governo - ha rilevato - mantenga un rapporto continuo con il Parlamento: un rapporto che sara' organizzato nelle sedi piu' opportune e senza enfatizzare, nella consapevolezza della straordinarieta' della situazione e del continuo giungere di notizie''.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 15:00)

 

Chi è Saddam Hussein? La sintesi della storia

1) Introduzione

Saddam Hussein (Tikrit 1937), leader rivoluzionario e dittatore iracheno, presidente dell'Iraq (1979). Dopo l'adesione nel 1957 al Baath, il Partito socialista della rinascita araba, prese parte a un attentato contro il primo ministro iracheno Kassem e nel 1968 fu tra gli organizzatori di un colpo di stato che portò il Baath al potere. Nel 1979 succedette al generale Ahmed Hassan al-Bakr alla guida del partito e nella carica di capo dello stato.

2) La repressione dei curdi e il conflitto con l'Iran
Saddam instaurò un regime dittatoriale: perseguitò duramente gli oppositori politici sottoponendoli al ferreo controllo della polizia segreta e fece anche uso di gas tossici contro la popolazione civile per reprimere la ribellione dei curdi (vedi Questione curda). Postosi come leader di una nuova coalizione dei paesi arabi più moderati e filo-occidentali, intraprese una costosa guerra contro l'Iran (1980-1988), nel tentativo di arginare la rivoluzione islamica, ma fu costretto alla pace da uno stallo militare.


3) L'invasione del Kuwait
Alla fine del conflitto il paese era stremato e impoverito: per cercare di risollevarne le sorti, incrementando le risorse petrolifere nazionali, nell'agosto del 1990 Saddam sferrò un attacco a sorpresa contro il Kuwait, scatenando una reazione a livello internazionale che sarebbe sfociata nella cosiddetta guerra del Golfo. All'inizio del 1991 una coalizione di paesi guidata dagli Stati Uniti portò a segno con successo l'operazione Desert Storm ("Tempesta nel deserto") costringendo l'Iraq ad abbandonare il Kuwait; nonostante la sconfitta fosse prevedibile, Saddam decise di reprimere con l'esercito le rivolte interne di curdi e sciiti, e perse il controllo di alcuni territori nell'Iraq settentrionale e meridionale.

4) L'embargo dell'ONU
Nel 1994, in seguito a nuove manovre militari irachene lungo il confine del Kuwait, l'ONU non revocò le sanzioni e riconfermò l'embargo economico contro l'Iraq: in risposta Saddam mostrò di voler allentare la repressione interna. Nell'ottobre del 1995 il dittatore iracheno indisse un referendum nazionale per rinnovare il proprio mandato presidenziale di altri sette anni, vincendo con una maggioranza talmente schiacciante da destare molti sospetti sulla regolarità del voto. Nel settembre del 1996 gli Stati Uniti bombardarono nuovamente l'Iraq per punire Saddam che, per attaccare la popolazione curda, aveva nuovamente oltrepassato la linea stabilita dall'ONU al 36° parallelo.

5) Nuovi scenari di guerra
All'inizio del 1998 si profilò una nuova crisi tra Stati Uniti e Iraq che fece presagire una nuova guerra del Golfo (l'operazione fu battezzata questa volta Desert Thunder, "Tuono nel deserto") – poi scongiurata soprattutto grazie alla mediazione del segretario dell'ONU Kofi Annan – a causa del reiterato ostruzionismo opposto da Saddam alle ispezioni dei funzionari ONU incaricati di verificare il disarmo dell'Iraq in base alle dure condizioni imposte al paese dopo il primo conflitto del Golfo. Dopo vari ennesimi fallimenti delle ispezioni ONU il presidente americano Bill Clinton nel dicembre 1998 diede il via all'operazione Desert Fox ("Volpe del deserto") scatenando sull'Iraq una pioggia di missili.

Il braccio di ferro tra il rais di Baghdad e il gigante americano continua: gli Stati Uniti mantengono l'embargo contro l'Iraq e proseguono i bombardamenti in territorio iracheno di obiettivi considerati strategici; Saddam mantiene saldo il suo potere malgrado il suo popolo versi in condizioni di grande indigenza e malgrado sia scoppiato di nuovo il conflitto interno con la maggioranza sciita che da tempo tenta di rovesciare il dittatore.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 13:30)

 

Fabbriche e scuole in sciopero

Roma 20 Mar - Manifestazioni in tutta Italia contro l'attacco a Baghdad
Da Torino a Palermo, operai e studenti in protesta. Disobbedienti e pacifisti in corteo nelle principali città.

Avevano promesso di bloccare il paese appena la guerra in iraq fosse scoppiata e lo hanno fatto: migliaia di pacifisti, dalle prime ore della mattina, sono scesi nelle piazze delle citta' italiane per dire no all'azione americana scattata nella notte bloccando piazze, strade, universita', luoghi di lavoro e stazioni.

I primi a mobilitarsi sono stati gli studenti che hanno interrotto le lezioni e hanno dato vita a cortei spontanei che hanno creato diversi problemi alla circolazione. A Roma gli studenti hanno "assediato" via Veneto, dove si trova l'Ambasciata americana, e l'universita' 'La Sapienza', dove e' stata interrotta l'attivita' delle facolta' mentre quelli di Tor Vergata hanno bloccato il grande raccordo anulare. Stesse scene a Napoli, Milano, Genova (dove e' sceso in piazza anche il sindaco Pericu), Torino, Palermo, Bologna, Trieste, Venezia.

Problemi anche nelle stazioni delle grandi citta', dove i disobbedienti assieme agli studenti hanno attuato il blocco della circolazione dei treni. I convogli sono stati fermati a Roma Tiburtina, Torino Porta Nuova, Milano Centrale, Firenze Santa Maria Novella e Padova. A Venezia, invece, ci sono stati anche piccoli scontri davanti al Consolato britannico tra la polizia e i disobbedienti, con lancio di sassi e lacrimogeni.

Anche i sindacati non sono rimasti fermi: la Cgil ha proclamato una giornata di sciopero dei dipendenti pubblici, mentre con Cisl e Uil ha indetto un'ora di sciopero nelle scuole (i docenti si fermeranno nell'ultima ora di lezione). I Cobas, invece, hanno proclamato l'astensione nel pubblico e nel privato per l'intera giornata. E a Porto Marghera, duecento lavoratori hanno occupato il molo.

Altre manifestazioni, infine, sono previste per il pomeriggio. A Roma, per esempio, il comitato 'fermiamo la guerra' si e' dato appuntamento in piazza Venezia: un corteo raggiungera' piazza Barberini e i manifestanti costruiranno muri con cartone, polistirolo e balle di fieno per isolare l'Ambasciata americana in via Veneto.

La reazione dei lavoratori alla notizia dell'attacco all'iraq, sostiene la cgil, e' stata la stessa un po' in tutta italia: "sciopero e uscita immediata dalle fabbriche, con concentramenti spontanei e presidi". Cosi' e' successo a Milano, dove si sono fermate tutte le fabbriche storiche del settore metalmeccanico e di quello chimico. A Torino Fermata immediata a mirafiori, alla pininfarina, all'iveco, alla teksid, all'olivetti tecnost e alla skf. In Liguria 'stop' di 24 ore al porto di Genova e a quello di Savona, sciopero anche all'ansaldo e alla fincantieri di Sesto.

A Reggio Emilia si sono fermate, tra le altre, la lamborghini e la marcegaglia, a Venezia, oltre ai cantieri navali e al petrolchimico, sono scesi in sciopero anche tutti i grandi alberghi della citta' lagunare. Cantieri navali fermi anche a Monfalcone, dove viene anticipata alla mattina la manifestazione in piazza.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Le reazioni del mondo

Roma 20 Mar - Berlino "sgomenta", Parigi chiede che il conflitto cessi immediatamente. Sciopero generale in Italia

L’inizio dell’attacco militare Usa in territorio iracheno ha provocato la reazione delle cancellerie di tutto il mondo.

 In Italia, come era stato annunciato, è scattato subito lo sciopero generale di due ore indetto da Cgil, Cisl e Uil, dalle 15,00 alle 17,00  (la funzione Pubblica della Cgl per tutta la giornata)

Germania
Berlino è "sgomenta" per l'inizio degli attacchi americani contro l'Iraq e ha offerto aiuti umanitari alla popolazione irachena. La notizia dell'inizio della guerra contro l'Iraq è causa di grave sconcerto e sgomento nel governo federale", ha affermato in una nota il governo Schroeder , che si è opposta fino all'ultimo alla soluzione militare della crisi irachena, assieme a Parigi.

Francia
Parigi è "profondamente preoccupata" per gli attacchi all'Iraq. La dichiarazione è del ministero degli esteri di Parigi, il quale "auspica" che il conflitto cessi "più rapidamente possibile".

Cina
Da Pechino un appello per un immediato cessate e la richiesta di riprendere gli sforzi per risolvere la crisi irachena attraverso il negoziato. Nella prima reazione all'attacco americano di stanotte contro l'Iraq la Cina ha parlato di  "violazione della carta dell'Onu e delle leggi internazionali". La dichiarazione è stata fatta da un portavoce del ministero degli esteri. 

Gran Bretagna
Il premier britannico Tony Blair ha convocato il gabinetto di guerra. Una fonte del ministero della difesa ha confermato intanto che le forze britanniche non hanno preso parte in alcun modo agli attacchi della notte scorsa sull'Iraq.

La Germania condanna attacco all'Iraq

Il Cancelliere tedesco Gerard Schroeder ha condannato l'attacco all'Iraq, affermando che 'la guerra e' sempre la sconfitta della politica'. In un incontro con il gruppo parlamentare della Spd a Berlino, il Cancelliere si e' mostrato profondamente turbato per l'inizio dell'aggressione armata contro Bagdad. Schroeder si e' rammaricato per il fallimento dei tentativi di risolvere pacificamente la crisi con Saddam Hussein

Prodi: giorno cupo per il mondo

'Nella guerra non ci sono vincitori ma solo perdenti'. Lo ha detto il presidente della Commissione europea Romano Prodi,in una dichiarazione diffusa oggi 'Questo e' un giorno cupo per il mondo' ha detto Prodi.Lo scoppio della guerra, ha continuato'ha messo fine agli sforzi della Comunita' internazionale di trovare una soluzione pacifica alla crisi'. 'Qualunque sia il risultato del conflitto - ha concluso Prodi - nessuno puo' negare che questo e' un brutto momento per la sicurezza comune'.

Guerra, da Santa Sede 'profondo dolore'

La Santa Sede esprime il suo 'profondo dolore' per l'inizio della guerra all' Iraq e 'deplora che si sia interrotta la via della trattativa', secondo il diritto internazionale. Lo ha detto il portavoce vaticano Joacquin Navarro Valls. Nella dichiarazione, diffusa poco prima delle 13, si lamenta che 'il governo iracheno non abbia accolto le risoluzioni delle Nazioni Unite e lo stesso appello del Papa, che chiedevano il disarmo del Paese'.

Russia chiede fine operazioni in Iraq

Il presidente russo Vladimir Putin ha definito 'errato' l'inizio dell'attacco armato contro l'Iraq ed ha chiesto 'la sospenzione al piu' presto delle operazioni militari'. Secondo Putin non si puo' sostituire il diritto internazionale con il diritto della forza. 'L'Iraq -ha continuato Putin- non rappresentava alcun pericolo per gli Usa ne' per altri Stati, poiche' dopo un decennio di isolamento e' un Paese debole, sia economicamente che militarmente'.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 09:20)

Fiori e bandiere per la pace in piazza Duomo

MILANO 20 MAR - Situazione tranquilla stamane a Milano davanti ai consolati degli Stati Uniti, di Gran Bretagna, di Israele, presidiati con discrezione da polizia e carabinieri.

Verso le 5 una decina di persone sono arrivate in largo Stati Uniti d'America (così chiamato dopo l'attacco dell'11 settembre) portando delle piccole bandiere della pace e dei dolci che hanno offerto anche agli agenti che presidiano l'area antistante l'ufficio consolare.

Sul sagrato di piazza del Duomo restano, proprio davanti al portone principale, le candele, i fiori, le bandiere e i manifesti lasciati nella notte dai pacifisti.

Situazione tranquilla anche a Ghedi, nel bresciano, nella base aerea dove ci sono velivoli americani che sono stati impiegati nella guerra in Kosovo. Non ci sono segni apparenti di movimenti militari, né persone che protestano fuori dal perimetro della base militare. La sorveglianza al corpo di
guarda è vigile, ma discreta.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 09:00)

 

Blair ai Comuni: "Anche Bush per il dopo Saddam vuole un'amministrazione sotto la bandiera ONU"

Londra 26 Marzo 2003 - "E' importante una seconda risoluzione ONU, dare certezze sul programma oil for food. Per la ricostruzione l'ONU è importante; da conversazioni con Bush è risultato chiaro che qualsiasi amministrazione in Iraq dopo Saddam deve avere l'avallo delle Nazioni Unite: questo è assolutamente chiaro". Il primo ministro britannico Tony Blair affronta in un nuovo question time la Camera dei Comuni a poche ore dalla sua partenza per Washington e spiega così uno dei punti nodali dell'agenda degli incontri con il presidente americano e con il segretario ONU Kofi Annan.
Bush e l'ONU - Incalzato da richieste di chiarimento di Charles Kennedy, leader dei liberali britannici, Blair ha detto che "non ci sarà bisogno di persuadere Bush che per il dopo guerra in Iraq l'amministrazione dovrà avere l'appoggio ONU. Ma tutte le componenti di questo problema - ha messo le mani avanti Bush - devono essere correlate al fatto che ci sono soldati americani che rischiano la vita, che la perdono sul campo. Delle Nazioni Unite e del programma Oil for Food discuterò con Kofi Annan. Poi discuteremo di una nuova risoluzione ONU per la ricostruzione dell'Iraq". Il governo iracheno del dopo Saddam, ha sottolienato Balir, "dovrà essere rappresentativo".
Lo scenario - "Crediamo che il processo di pace in Medio Oriente sia importante - ha aggiunto Blair - Appena il premier palestinese si insedierà gli verrà consegnata questa road map per riavviare il processo di pace, come al premier israeliano Sharon. Il presidente Bush è il primo presidente ad essersi impegnato nella creazione di uno Stato palestinese".
La guerra - Interrogato dal leader dei conservatori Iain Duncan Smith, Blair ha spiegato che "le operazioni e l'offensiva devono essere lasciate ai comandanti. Il nostro obiettivo è la liberazione dell'Iraq, non la conquista. Ci sono moltissime persone che aspettano la caduta del regime... A Bassora ci sono notizie discordanti ma quando le persone sapranno che il potere di Saddam si sta indebolendo, si ribelleranno". 
Supporto alla ribellione - "Qualsiasi bersaglio militare deve avere una sua giustificazione - ha detto Blair - Ci siamo posti obiettivi militari. Gli iracheni stanno aspettando e stanno vedendo. Dobbiamo lavorare con loro, far capire che quando saranno in grado di ribellarsi offriremo loro il massimo aiuto".
Strategia - "Abbiamo forze sufficienti stanziate nella regione - ha ribadito Blair - ci sono stati grandi progressi, ma nella parte meridionale stiamo assicurando condizioni di sicurezza per la distribuzione degli aiuti".

(Aggiornato il 26 Marzo 2003 ore 13:20)

 

Papa: ho il cuore oppresso dalle notizie sulla guerra

Città del Vaticano 26 Marzo 2003 - Giovanni Paolo II recita ogni giorno il suo rosario "con il cuore oppresso dalle notizie che giungono dall'Iraq in guerra, senza dimenticare gli altri conflitti che insanguinano la terra". Lo ha detto lui stesso, parlando all'Udienza generale di oggi.

"Eleviamo a Dio la nostra preghiera perché l'odio possa essere vinto dall'amore, e la pace, la giustizia e la solidarietà possano crescere in ogni angolo della terra, nello spirito del Vangelo", ha detto ancora il Papa ai fedeli presenti in piazza San Pietro.
"Quanto è importante - ha aggiunto - che, durante quest'Anno del Rosario, si perseveri nella recita della Corona per implorare la pace. Chiedo che lo si continui a fare specialmente nei Santuari mariani. La materna intercessione di Maria ottenga giustizia e pace per il mondo intero".
Papa Wojtyla, infine, ha chiesto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli di unirsi alla sua preghiera. "La contemplazione del mistero dell'Annunciazione renda voi, cari giovani, pronti e disponibili alla chiamata del Padre, per essere nella società fermento di autentica pace. Rinnovi in voi, cari sofferenti, l'accettazione serena e confidente della Croce, sorgente di redenzione dell'umanit. Il sìdi Maria alla divina volontà sia per voi, cari sposi novelli - ha concluso - costante incitamento nell'impegno di costruire una famiglia dove regnino la solidarietà e la pace".

(Aggiornato il 26 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Prodi, situazione umanitaria si sta deteriorando

Bruxelles 26 Marzo 2003 - La situazione umanitaria si sta rapidamente deteriorando in molte parti dell' Iraq: lo ha detto il presidente della Commissione Ue Romano Prodi, oggi a Bruxelles, riferendo che dagli operatori sul posto arrivano notizie "molto particolareggiate" sull' emergenza umanitaria. 
"La Commissione sta facendo tutto il possibile per far fronte a questa situazione", ha detto Prodi.
Prodi ha detto che i violenti combattimenti in corso costringono molte persone ad abbandonare le loro case: a molti mancano i generi di prima necessità, cibo, vestiti, e soprattutto l'acqua. Il presidente dell'
esecutivo ha ricordato che Bruxelles ha messo a disposizione già 21 milioni di euro e ha chiesto agli Stati membri al Parlamento di poter utilizzarne altri 79 dalla riserve di emergenza per portare il contributo totale a 100 milioni di euro. 
Una prima dotazione di 3 milioni di euro, assunta con una decisione di emergenza, è già stata destinata alla Cri che - ha detto Prodi - ha già cominciato a fornire assistenza e aiuti alimentari nel nord dell'Iraq. Per consentire che gli interventi umanitari vengano in piena sicurezza, la commissione contribuirà alla costruzione di un ponte aereo finalizzato a velocizzare gli aiuti. "Stiamo sostenendo la rete dei delegati della Cri che portano assistenza alle popolazioni irachene", ha aggiunto Prodi, informando anche che l' Ufficio umanitario dell'esecutivo, Eco, "ha già preso contatto con una delle poche organizzazioni non governative ancora largamente attive in Iraq, Premiere urgence. Eco ha già contattato questa ong con la quale stiamo verificando l'utilizzo dei fondi di riserva".

(Aggiornato il 26 Marzo 2003 ore 12:40)

 

Annan vuole inviare i caschi blu per affrontare l'emergenza umanitaria

New York 25 Marzo 2003 - Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan vorrebbe mandare d'urgenza i caschi blu in Iraq per affrontare la questione umanitaria. La notizia, appresa da fonti delle Nazioni Unite, è stata diffusa da Rai News 24 nella corrispondenza da Washington del suo inviato Carlo De Blasio.

Una mossa a sorpresa che potrebbe condizionare pesantemente gli sviluppi del conflitto.

Kofi Annan sta comunicando questa decisione al segretario generale per la sicurezza Usa, Condoleeza Rice, mentre Bush ne parlerà domani nell'incontro con il premier britannico Tony Blair.

Da giorni Kofi Annan viene accusato dall'Iraq di essersi fatto scavalcare degli Usa nel decidere la guerra, ma ora è sottoposto a un'altra pesantissima critica: quella di essersi piegato ai voleri Washington nel bloccare gli aiuti umanitari all'Iraq, aiuti che sarebbero fermi alle frontiere.

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 16:20)

 

Emergenza profughi: 600 mila in arrivo

ROMA 25 Mar - La cifra dell'alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. Un'emergenza umanitaria che solo se la guerra dura poco "non diventerà realtà". L'Italia e Turchia tra le mete del flusso di immigrati.

"Potrebbero essere 600 mila i profughi iracheni. Uomini, donne, vecchi e bambini costretti a lasciare le proprie case da una guerra che non hanno voluto e che per ora li costringe a stare sottoterra, in trincea, oppure chiusi in casa. L'impatto per l'area e per i paesi del Mediterraneo, Italia compresa, se il conflitto diventasse più grave di quello che era stato promesso, sarà devastante". Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Unhcr, è decisa nello spiegare quella che è la situazione, qualora quelle che gli americani chiamano "Cassandre pacifiste" dovessero aver ragione. Ma finora ogni cosa è un interrogativo, pessimista o positivo che sia. "Abbiamo solo ipotesi numeriche. In termini di rifugiati, e di fondi necessari per assisterli. Ogni giorno che passa, però, la quota reale, che ora è lontana da quella sulla carta, diventa più alta e pericolosa". E fino ad oggi, l'Unhcr ha ricevuto 25 milioni di dollari dei 60 richiesti per approntare la fase iniziale del piano di emergenza, che prevede appunto l'assistenza per "600 mila rifugiati in un mese".

In un panorama da day after i paesi confinanti, Turchia in primis, sarebbero investiti in pieno dall'ondata migratoria di disperati. E subito dopo i paesi del Mediterraneo, Italia in testa. Stando agli accordi dell'Unione europea e al concetto di "boarding sharing", di suddivisione degli oneri, il nostro paese sarebbe chiamato a sopportare la fetta più grossa di rifugiati. Laura Boldrini è chiara: "Nel 2002 il Regno Unito ha dato ospitalità a 110 mila richiedenti asilo. L'Italia a meno di 8 mila". Da un lato, il Viminale che dispensa tranquillità, dall'altro più di un sindacato di polizia che sottolinea i rischi di una "invasione". I referenti siciliani dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, dicono: "Chi scende da una nave, nove volte su dieci, non ha documenti. Le associazioni e le Organizzazioni non governative gli concedono allora un cedolino. E così un soggetto da un giorno a un altro diventa da Bianchi a Rossi. E qualora richieda asilo politico, nel periodo d'istruttoria, servendosi proprio di quella strana carta d'identità, espatria o fa perdere le proprie tracce". Un paradosso che forse si traduce nei fatti con un dato quasi di "colore": nella sicilianissima Lampedusa, per iniziativa di alcuni cittadini, poco tempo fa è sorta una sezione della Lega Nord. 

Al momento, comunque, in nessuno dei paesi confinanti con l'Iraq sono stati registrati flussi di rifugiati su larga scala e la situazione nelle aree di frontiera è considerata "tranquilla". Nella regione l'Unhcr dispone di circa 200 operatori, ma c'è un vero contingente "bianco" pronto a intervenire, non appena le circostanze lo richiederanno. Che non si sia lontani dal punto di rottura va letto anche in quello che il responsabile dell'agenzia Onu, Ruud Lubbers, ha detto nei giorni scorsi esortando tutti i governi dei Paesi dell'area a tenere aperte le proprie frontiere "per quanti avranno bisogno di protezione temporanea e assistenza".  "Dobbiamo fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze del popolo iracheno - ha esortato - E questo comporta anche il mantenimento delle frontiere aperte in modo che tutti coloro che temono per la propria vita possano trovare rifugio nei paesi limitrofi".

Ovvio che in un clima d'emergenza, proprio nel momento in cui volontari e organizzazioni si danno da fare, le  polemiche politiche , legate alla concessione dello status di rifugiati agli eventuali profughi risultino "pretestuose". Don Vinicio Albanesi, presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza, spiega: "Finora si è di fronte a soggetti che possono permettersi il passaggio sulle navi, in massima parte piccoli artigiani e commercianti Kurdi collegati con le comunità olandesi, tedesche e francesi che sfruttano il momento per passare le frontiere senza problemi".  La convinzione che "il dibattito" sia "inutile" viene dal fatto, sempre secondo Albanesi, che il dato storico riguardante l'Iraq in termini di clandestini e rifugiati è di al massimo "2 o 3 mila unità l'anno". Ben poca cosa rispetto ai paesi del Maghreb e dell'Est europeo.

La linea del "non nutrire l'allarmismo" è data anche da chi si occupa di assistenza sul teatro di guerra come il Consorzio italiano di solidarietà e dalla Caritas. Paolo Beccegato, responsabile dell'area internazionale dell'associazione, ripete come i rischi da emergenza umanitaria siano contenuti qualora la guerra "non sia superiore a una durata di 100 giorni". Dopo di allora è difficile, adesso, immaginare cosa potrà accadere. Laura Boldrini, da parte sua conferma: "Con l'operazione Oil for food, la maggior parte delle famiglie ha un minimo di derrate alimentari. Ma non si possono superare i tre mesi di battaglia a meno che non si voglia la catastrofe". E sarebbe impossibile controllare 23 milioni di persone affamate. "Non voglio pensare cosa può seguire la distruzione generalizzata dei pozzi petroliferi - continua Catrin Dickehage del Consorzio italiano di solidarietà - che porterebbe all'inquinamento delle falde acquifere".  

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 11:30)

 

Annan: "A Bassora emergenza umanitaria"

Roma 25 Mar - Nella città irachena da quattro giorni manca acqua e luce. Tecnici della croce rossa al lavoro per aiutare la popolazione.

Da quattro giorni a Bassora manca l'elettricità e le scorte di acqua potabile sono ridotte al minimo.

In una città che ospita quasi due milioni di abitanti, l'assenza di questi due elementi può in poco tempo diventare drammatica e pericolosa anche dal punto di vista sanitario.

Il grido di allarme per un possibile disastro umanitario è stato lanciato dalla croce rossa internazionale, dal segretario generale dell'Onu Kofi Annan e anche dal presidente russo Vladimir Putin. Per Annan, Bassora "rischia il disastro umanitario" ed è urgente far ripartire le operazioni del programma umanitario petrolio in cambio di cibo da cui il 60 per cento degli iracheni dipende per le razioni umanitarie di base.

Annan ha sottolineato anche che dalle notizie avute da funzionari Onu e secondo "un rapporto della croce rossa internazionale la gente a Bassora sta fronteggiando un disastro umanitario". Anche per il comitato internazionale della croce rossa (Cicr) operare in Iraq diventa sempre più difficile; i suoi delegati hanno crescenti difficoltà a muoversi e a Bassora la situazione è "estremamente critica, sul fronte dell'approvvigionamento di acqua in particolare", secondo quanto riferito oggi a Ginevra al quartiere generale della croce rossa.

Annan ha sottolineato di comprendere "l'esasperazione" di alcuni leader iracheni e di gran parte della popolazione ora che in Iraq c'è la guerra e ha precisato: "Non abbiamo, né io ho in prima persona, alcuna intenzione di diventare un alto commissario colonizzatore" dell'Iraq.

Intanto uno specialista in ingegneria idraulica della croce rossa è arrivato la notte scorsa Bassora e sta lavorando con i tecnici locali per cercare di ripristinare l'erogazione dell'acqua potabile ed allontanare così la minaccia di una imponente crisi umanitaria che grava sui 1.200.000 abitanti della città, ha riferito una portavoce dell'organizzazione.

Come rilevato dall'Unicef (fondo Onu per l'infanzia), i danni provocati dall'interruzione delle forniture idriche e di quelli alla rete fognaria di Bassora espongono 100 mila bambini sotto i 5 anni a rischio di contrarre il colera, la febbre tifoidea o la diarrea che sono già tra le cause prime di mortalità infantile in Iraq.

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 09:20)

 

Oggi incontro tra Annan e Rice su aiuti umanitari. Giovedì Bush e Blair su tattica militare

Washington 25 Marzo 2003 - Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, incontra oggi Condoleezza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale Usa, per discutere le questioni umanitarie legate alla guerra in Iraq.

Annan ha avvertito ieri dei rischi di "catastrofe umanitaria" a Bassora, dove proseguono i violenti combattimenti tra gli iracheni e le forze della coalizione.

 

A Camp David, il presidente americano George W. Bush e il premier britannico Tony Blair s'incontreranno giovedì a Camp David, la dimora di montagna nel Maryland, dove Bush riceve gli ospiti con cui ha rapporti di amicizia anche personali.

 

A quanto si apprende da fonti della Casa Bianca, che precisano quanto precedentemente annunciato, Blair giungerà a Washington mercoledì e, insieme a Bush, raggiungerà giovedì Camp David.

 

L'incontro fra i due principali alleati nella campagna 'Libertà per l'Iraq' servirà a discutere lo sviluppo e le prospettive delle operazioni militari, le iniziative da prendere per gli aiuti umanitari e la successiva ricostruzione, gli eventuali passi politici da intraprendere.

(Aggiornato il 25 Marzo 2003 ore 06:00)

 

Le voci del dissenso alla guerra

Roma 22 Mar - Manifestazioni in Italia e nel mondo. Il Papa: questa guerra minaccia le sorti dell’umanità.

Il Papa: questa guerra minaccia le sorti dell'umanità
"Quando la guerra, come in questi giorni in Iraq, minaccia le sorti dell'umanità, è ancora più urgente proclamare con voce forte e decisa che solo la pace è la strada per costruire una società più giusta e solidale". Il Papa torna a parlare del conflitto in corso, con toni assai preoccupati, rivolgendosi agli operatori di Telepace ricevuti stamattina in Vaticano.

Ciampi: la pace è un bene supremo
Per il suo conseguimento - ha detto il capo dello Stato - ogni sforzo deve essere compiuto dalle organizzazioni internazionali, dai governi e dai popoli di tutto il mondo. Una delegazione del comitato “Fermiamo la guerra”, guidata dall' on. Franco Russo e dal portavoce, Raffaella Dolini, ha consegnato questa mattina ad un funzionario al palazzo del Quirinale, una bandiera della pace, accompagnata da una lettera indirizzata al presidente della Repubblica.

Pacifisti contro le bombe in Italia
Il popolo pacifista scende in piazza ancora una volta oggi per contestare l'attacco all'Iraq. Manifestazioni in varie città e davanti alle basi Nato di Bagnoli, Aviano, Sigonella. A Roma, due manifestazioni: quella dell'Ulivo in piazza del Popolo e quella del comitato "Fermiamo la Guerra" da piazza della Repubblica a piazza Navona. Arrestati 5 disobbedienti a Roma per danni alla Esso: avevano tagliato tubi e infranto vetri di un distributore. Scarcerati nel pomeriggio, hanno preso parte alla manifestazione. Altri 7 gestori di impianti Esso hanno presentato denunce.

Sondaggio: 74% degli italiani contro la guerra
Tre italiani su 4 sono contrari all'intervento americano in Iraq. E' quanto emerge dal sondaggio realizzato, a poche ore dall'attacco su Baghdad, dall'Istituto di ricerche Swg su un campione nazionale di 800 intervistati. In particolare, i contrari all'intervento Usa sono il 74%, contro il 19% di favorevoli. La metà del campione (il 49%) non è d'accordo sul fatto che l'Italia abbia concesso l'uso delle sue basi militari agli alleati, il 74% crede che la guerra provocherà tra i civili un numero di perdite "molto" o "abbastanza" elevato, il 54% è convinto che, in seguito al conflitto, l'economia dei paesi occidentali peggiorerà.

Greenpeace, striscione contro premier
Blitz di Greenpeace all'Altare della Patria, a Roma. I pennoni che reggono le bandiere tricolori subito dopo i cancelli del Vittoriano, a piazza Venezia e a pochi passi dalla residenza romana del premier, sono diventati punto d'appoggio per appendere un enorme striscione: Berlusconi è raffigurato con l'elmetto. A fianco, la scritta è un gioco di parole che riprende e manipola lo slogan elettorale, "Un impegno concreto: guerra". Ai nove attivisti autori del gesto sarà inviata una informativa alla Procura della repubblica di Roma con la quale la polizia giudiziaria ipotizza i reati di procurato allarme, vilipendio della repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate.

Manifestazioni pacifiste in tutto il mondo
Sono scesi nuovamente in piazza in tutto il mondo i pacifisti, per chiedere l'immediata interruzione della guerra in Iraq. Manifestazioni in Indonesia, in Giappone, in Coreq del Sud, in Bangladesh e Pakistan. Anche in Nuova Zelanda migliaia di persone hanno protestato davanti le ambasciate di Australia e Stati Uniti. A Londra, 100.000 persone sfilano per la pace, così negli Stati Uniti, a San Francisco. Anche a Berlino hanno sfilato in molte migliaia.

(Aggiornato il 22 Marzo 2003 ore 16:20)

 

Mobilitazioni studentesche contro la guerra

Roma 21 Mar - Manifestazioni in tutta Italia. Gli agricoltori sfilano a Roma con il "cuore verde" che batte per la pace e a loro si uniscono gli studenti.

Manifestazioni per la pace, anche oggi, in diverse città. Nelle principali piazze, ma non solo, continuano a ritrovarsi a migliaia gli studenti. E se non scendono in piazza sono comunque impegnati per la pace, contro la guerra, in assemblee, occupazioni, dibattiti.

A Roma, agricoltori e studenti, ad un certo punto, si sono uniti in un unico corteo per le vie del centro. La Confederazione italiana agricoltori ha portato nella capitale 300 mila persone con centinaia di pullman da tutta Italia. Dietro i gonfaloni che hanno aperto il corteo, partito verso le 11 da piazza della Repubblica, c’era un’enorme bandiera bianca con la scritta “L’Italia ha un cuore agricolo, facciamolo battere”, seguita da un’altrettanto grande bandiera arcobaleno. Ancora dietro, due corone di fiori listate a lutto, con le scritte “pace” e “agricoltura. E un cuore verde di cartone era appeso al collo di tutti i manifestanti. Una banda di sbandieratori pugliesi, al fragoroso rullo di tamburi, ha sfilato in abiti medievali gialli e azzurri. A piazza Barberini, gli studenti delle scuole romane che avevano partecipato ad un sit-in per la pace, si sono aggregati agli agricoltori della Cia. Il corteo è arrivato a piazza del Popolo. Non sono mancati i venditori ambulanti di spillette, fazzoletti e bandiere arcobaleno a prezzi variabili da 1 a 5 euro.

A Milano, si è trasformato in una manifestazione per la pace l’incontro, programmato da tempo, di insegnanti e studenti di alcune scuole medie inferiori che da mesi lavorano ad un progetto per migliorare la qualità della vita in città. A loro si sono uniti altri studenti, di altre scuole, con bandiere e striscioni. E così, tutti insieme, almeno un migliaio, hanno deciso di sfilare per le vie del centro e di confluire in Piazza Duomo. Sempre a Milano, studenti aderenti alle reti universitarie ambrosiane hanno occupato la facoltà di lettere e filosofia dell'università statale in segno di protesta contro la guerra all'Iraq ed hanno dato vita ad un corteo interno. 

Ad Avezzano, in Abruzzo, trecento studenti degli istituti superiori hanno attuato un sit-in di protesta in piazza Risorgimento. Si è unito a loro il Vescovo dei Marsi, Monsignor Lucio Renna, invitandoli a pregare per la pace. A Napoli, e un po’ in tutta la Campania, gli studenti sono in occupazione o assemblea permanente. Mobilitazioni studentesche anche in Sicilia,  così come in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Puglia.

(Aggiornato il 21 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Approvato documento comune vertice Ue

Bruxelles 20 Mar - Necessita' di rafforzare il partenariato transatlantico, ''priorita' strategica fondamentale per l'Unione europea''. I capi di Stato e di governo dei 15 paesi membri della Ue hanno approvato questa sera un documento comune sull'Iraq. Il documento e' suddiviso in quattro punti che, come ha sottolineato il ministro degli Esteri Franco Frattini, riflettono le questioni che il governo italiano aveva sottoposto ai partner come base per il recupero della coesione politica nell'Unione. In particolare, il documento sottolinea la necessita' di preservare l'integrita' territoriale dell'Iraq; il ruolo centrale delle Nazioni Unite nella ricostruzione post-bellica dell'Iraq; la necessita' di dare impulso al processo di pace in Madio Oriente e di rilanciare il dialogo con il mondo arabo islamico: ed infine la necessita' di rafforzare il partenariato transatlantico che ''resta una priorita' strategica fondamentale per l'Unione europea''.

Frattini ha espresso ''soddisfazione particolare'' perche' i 4 punti contenuti nella dichiarazione del vertice coincidono con quelli che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e lo stesso Frattini, avevano presentato ieri in Parlamento, come una base possibile per ricostruire la coesione tra i partner europei. ''Qualche giorno fa il presidente del Consiglio aveva detto: 'Sottolineiamo quello che ci unisce, non quello che ci divide'', ha aggiunto Frattini, ''Vi rendete conto che, in un momento come questo, non era affatto un risultato scontato''.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 20:00)

 

Roma, migliaia di fiaccole per la pace

Roma 20 Mar - Via dei Fori Imperiali, a Roma, e' completamente illuminata dalle fiaccole di migliaia di persone. In testa al corteo il sindaco Veltroni, l'ex presidente Scalfaro, Rita Levi Montalcini e numerosi politici del centrosinistra. La fiaccolata, organizzata dal Comune, e' partita da una piazza Venezia gremita e coloratissima dalla quale si e' mosso anche il corteo del comitato 'Fermiamo la guerra', diretto verso piazza Barberini. Attorno all'ambasciata Usa in via Veneto la polizia, in assetto antisommossa, ha innalzato delle grate.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 19:00)

 

Croce Rossa e Amnesty temono il rischio di una catastrofe umanitaria

Bagdad 20 mar - Preoccupazione per le conseguenze della guerra sui civili. Continua "a pieno regime" l'attività di Un ponte per Bagdad sia nella capitale irachena che a Bassora dove è in allestimento un pronto soccorso

Il comitato internazionale della Croce Rossa ha "esortato le parti in conflitto a rispettare strettamente le regole e i principi del diritto umanitario internazionale". In un comunicato diffuso a Ginevra, il Cicr si è detto "vivamente preoccupato per le conseguenze delle ostilità iniziate in Iraq e in particolare per gli effetti delle operazioni militari sulla popolazione civile". La Croce Rossa ha dichiarato "la sua ferma intenzione di portare avanti le sue attività conformemente al suo mandato" nella regione ogni volta che sarà necessario e "conta sulle parti in conflitto per facilitare l'accesso a tutte le persone che abbiano bisogno di aiuto e protezione".

Mette in guardia dal “rischio concreto” di una catastrofe umanitaria anche Amnesty International: ritiene che "molti civili iracheni, bambini compresi, possano morire a causa di attacchi indiscriminati o dell'uso di armi proibite". Amnesty sollecita anche le Nazioni Unite a iniziare i preparativi per l'invio in Iraq di osservatori internazionali sui diritti umani, “non appena la situazione lo permetterà”. Il mandato degli osservatori, per Amnesty, “dovrebbe riguardare le violazioni dei diritti umani commesse da qualunque autorità, irachena o straniera che abbia il controllo del territorio".

"Gli Usa ed i loro alleati in Iraq devono assumersi le proprie responsabilità nel caso in cui la loro azione provocherà una catastrofe umanitaria e dei diritti umani", ha dichiarato Irene Khan, segretaria generale di Amnesty. E dovranno fare "ogni sforzo per tutelare i civili ed alleviare le loro sofferenze".

All'avvio dell'attacco militare contro Bagdhad, Amnesty ha chiesto assicurazione a tutte e parti coinvolte affinché "rispettino integralmente le leggi di guerra, proteggano la popolazione civile ed assicurino l'accesso all'assistenza umanitaria". Il timore principale dell'organizzazione per la difesa dei diritti umani è che "gli attacchi militari interromperanno la fornitura dei servizi e dei beni essenziali ad una popolazione che è altamente dipendente dall'aiuto governativo e possano causare un disastro sul piano umanitario".

Agli stati confinanti con l'Iraq e alle autorità curde, Amnesty ha chiesto di "tenere aperti i confini per accogliere i rifugiati e gli sfollati e di consentire libero accesso alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative".

Continua intanto “a pieno regime”, nonostante le bombe, l’attività di un “Un ponte per Baghdad”, sia nella capitale irachena che a Bassora, nel sud del paese, dove è in via di allestimento un pronto soccorso nei locali adibiti a dispensario per bambini affetti da malattie gastrointestinali. Nello Rienzi, che fa parte dell'organizzazione, ha annunciato che "difficoltà permettendo" sta per entrare in Iraq una cooperante italiana che si occuperà di coordinare l'attività dell'assistenza umanitaria.

Lo staff del presidio medico a Bassora è composto da 15 persone tra medici ed infermieri più due persone, tutti iracheni, che seguono l'amministrazione. “Abbiamo inviato scorte di medicinali per un anno – ha detto Renzi - e acquistato coperte e altri generi di prima necessità per una centinaia di migliaia di euro".

Il presidente dell'organizzazione, Fabio Alberti, uno dei pochi italiani che  si trovavano ancora a Baghdad, ha lasciato la capitale irachenala la notte scorsa poco prima dell’attacco per recarsi ad Amman, in Giordania.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 18:50)

 

Terrorismo e democrazia nel mondo arabo

Guerra al terrorismo e conflitti regionali. Questi i temi discussi nell'annuario 2002 pubblicato a Francoforte dai principali istituti di studi su guerra e pace della Germania, tra i quali quello dell'Assia, di cui e' direttore Bruno Schoch, intervistato da Angelo Bolaffi. L'elemento di novita' del terrorismo religioso musulmano, sostiene Schoch, e' il suo obiettivo di uccidere quanto piu' e' possibile. Come combatterlo? La tesi sostenuta nell'Annuario e' che la strategia americana di combatterlo manu militari sia per lo meno discutibile, dal momento che la guerra e' legata alla forma statuale, mentre il terrorismo islamico, avendo perso anche le basi in Sudan ed in Afghanistan, e' ormai una rete internazionale che ha superato la forma statuale. L'unica strategia possibile deve dirigersi alle cause che hanno generato il terrorismo, e che Schoch non individua tanto nella globalizzazione, quanto piuttosto nell'assenza di democrazia e di partecipazione politica nel mondo arabo: cominciare dunque il pur difficilissimo (lo prova il caso dell'Algeria) processo di democratizzazione dei paesi del mondo arabo, questa e' la piu' forte indicazione che emerge dall'Annuario.

 

UNITA' DI CRISI, NESSUN PERICOLO SPECIFICO PER ITALIA

ROMA 20 Mar - La valutazione della situazione fatta dai responsabili della sicurezza dell'Unita' di crisi di Palazzo Chigi non ha evidenziato, secondo quanto si e' appreso, alcuna situazione di pericolo specifico per l'Italia e, quindi, al momento non c'e' motivo per aumentare il livello di allerta. L'Unita' di crisi tornera' a riunirsi in caso di necessita'.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, insieme con il vicepremier Gianfranco Fini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta sono a Palazzo Chigi per seguire gli sviluppi della crisi irachena dopo l'attacco americano.
Un comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica e' stato convocato al Viminale dal ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu. All'ordine del giorno ''la verifica dello stato di attuazione del programma definito nel gennaio scorso, sin dall'aggravarsi della crisi internazionale'' ed il suo aggiornamento ''in relazione agli ultimi eventi''.

Intanto si fanno sentire le reazioni all'attacco statunitense in Iraq. In molte citta', non solo italiane, sono scesi in piazza i pacifisti per protestare contro la guerra in Iraq. A far loro eco sono le dichiarazioni dei politici italiani.
Dalle manifestazioni non mi aspetto niente di buono''. E' quanto ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ai giornalisti che lo hanno interpellato a proposito delle manifestazioni indette oggi.
Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ''purtroppo le vie della diplomazia erano finite il disarmo forzoso di Saddam Hussein e' una tragica necessita' per la comunita' internazionale. Noi ovviamente ci auguriamo che questo attacco non porti vittime civili innocenti''. Il ministro ha infine tenuto a precisare che 'l'Italia restera' non belligerante'.
'L'Italia ha gia' detto con chiarezza in Parlamento che non partecipera' con propri uomini e propri mezzi, lo abbiamo detto dall'inizio al presidente Bush e il presidente Bush ha compreso', ha detto.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi ha detto che ''il governo informera' continuamente la Camera ed il Senato sugli sviluppi del conflitto iracheno ed ''in particolare le commissioni Esteri e Difesa''.
''Con le presidenze di Camera e Senato - ha spiegato Giovanardi - si dara' impulso ad un meccanismo di comunicazione aperto sui prossimi sviluppi. E' giusto che il governo - ha rilevato - mantenga un rapporto continuo con il Parlamento: un rapporto che sara' organizzato nelle sedi piu' opportune e senza enfatizzare, nella consapevolezza della straordinarieta' della situazione e del continuo giungere di notizie''.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 15:00)

 

Chi è Saddam Hussein? La sintesi della storia

1) Introduzione

Saddam Hussein (Tikrit 1937), leader rivoluzionario e dittatore iracheno, presidente dell'Iraq (1979). Dopo l'adesione nel 1957 al Baath, il Partito socialista della rinascita araba, prese parte a un attentato contro il primo ministro iracheno Kassem e nel 1968 fu tra gli organizzatori di un colpo di stato che portò il Baath al potere. Nel 1979 succedette al generale Ahmed Hassan al-Bakr alla guida del partito e nella carica di capo dello stato.

2) La repressione dei curdi e il conflitto con l'Iran
Saddam instaurò un regime dittatoriale: perseguitò duramente gli oppositori politici sottoponendoli al ferreo controllo della polizia segreta e fece anche uso di gas tossici contro la popolazione civile per reprimere la ribellione dei curdi (vedi Questione curda). Postosi come leader di una nuova coalizione dei paesi arabi più moderati e filo-occidentali, intraprese una costosa guerra contro l'Iran (1980-1988), nel tentativo di arginare la rivoluzione islamica, ma fu costretto alla pace da uno stallo militare.


3) L'invasione del Kuwait
Alla fine del conflitto il paese era stremato e impoverito: per cercare di risollevarne le sorti, incrementando le risorse petrolifere nazionali, nell'agosto del 1990 Saddam sferrò un attacco a sorpresa contro il Kuwait, scatenando una reazione a livello internazionale che sarebbe sfociata nella cosiddetta guerra del Golfo. All'inizio del 1991 una coalizione di paesi guidata dagli Stati Uniti portò a segno con successo l'operazione Desert Storm ("Tempesta nel deserto") costringendo l'Iraq ad abbandonare il Kuwait; nonostante la sconfitta fosse prevedibile, Saddam decise di reprimere con l'esercito le rivolte interne di curdi e sciiti, e perse il controllo di alcuni territori nell'Iraq settentrionale e meridionale.

4) L'embargo dell'ONU
Nel 1994, in seguito a nuove manovre militari irachene lungo il confine del Kuwait, l'ONU non revocò le sanzioni e riconfermò l'embargo economico contro l'Iraq: in risposta Saddam mostrò di voler allentare la repressione interna. Nell'ottobre del 1995 il dittatore iracheno indisse un referendum nazionale per rinnovare il proprio mandato presidenziale di altri sette anni, vincendo con una maggioranza talmente schiacciante da destare molti sospetti sulla regolarità del voto. Nel settembre del 1996 gli Stati Uniti bombardarono nuovamente l'Iraq per punire Saddam che, per attaccare la popolazione curda, aveva nuovamente oltrepassato la linea stabilita dall'ONU al 36° parallelo.

5) Nuovi scenari di guerra
All'inizio del 1998 si profilò una nuova crisi tra Stati Uniti e Iraq che fece presagire una nuova guerra del Golfo (l'operazione fu battezzata questa volta Desert Thunder, "Tuono nel deserto") – poi scongiurata soprattutto grazie alla mediazione del segretario dell'ONU Kofi Annan – a causa del reiterato ostruzionismo opposto da Saddam alle ispezioni dei funzionari ONU incaricati di verificare il disarmo dell'Iraq in base alle dure condizioni imposte al paese dopo il primo conflitto del Golfo. Dopo vari ennesimi fallimenti delle ispezioni ONU il presidente americano Bill Clinton nel dicembre 1998 diede il via all'operazione Desert Fox ("Volpe del deserto") scatenando sull'Iraq una pioggia di missili.

Il braccio di ferro tra il rais di Baghdad e il gigante americano continua: gli Stati Uniti mantengono l'embargo contro l'Iraq e proseguono i bombardamenti in territorio iracheno di obiettivi considerati strategici; Saddam mantiene saldo il suo potere malgrado il suo popolo versi in condizioni di grande indigenza e malgrado sia scoppiato di nuovo il conflitto interno con la maggioranza sciita che da tempo tenta di rovesciare il dittatore.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 13:30)

 

Fabbriche e scuole in sciopero

Roma 20 Mar - Manifestazioni in tutta Italia contro l'attacco a Baghdad
Da Torino a Palermo, operai e studenti in protesta. Disobbedienti e pacifisti in corteo nelle principali città.

Avevano promesso di bloccare il paese appena la guerra in iraq fosse scoppiata e lo hanno fatto: migliaia di pacifisti, dalle prime ore della mattina, sono scesi nelle piazze delle citta' italiane per dire no all'azione americana scattata nella notte bloccando piazze, strade, universita', luoghi di lavoro e stazioni.

I primi a mobilitarsi sono stati gli studenti che hanno interrotto le lezioni e hanno dato vita a cortei spontanei che hanno creato diversi problemi alla circolazione. A Roma gli studenti hanno "assediato" via Veneto, dove si trova l'Ambasciata americana, e l'universita' 'La Sapienza', dove e' stata interrotta l'attivita' delle facolta' mentre quelli di Tor Vergata hanno bloccato il grande raccordo anulare. Stesse scene a Napoli, Milano, Genova (dove e' sceso in piazza anche il sindaco Pericu), Torino, Palermo, Bologna, Trieste, Venezia.

Problemi anche nelle stazioni delle grandi citta', dove i disobbedienti assieme agli studenti hanno attuato il blocco della circolazione dei treni. I convogli sono stati fermati a Roma Tiburtina, Torino Porta Nuova, Milano Centrale, Firenze Santa Maria Novella e Padova. A Venezia, invece, ci sono stati anche piccoli scontri davanti al Consolato britannico tra la polizia e i disobbedienti, con lancio di sassi e lacrimogeni.

Anche i sindacati non sono rimasti fermi: la Cgil ha proclamato una giornata di sciopero dei dipendenti pubblici, mentre con Cisl e Uil ha indetto un'ora di sciopero nelle scuole (i docenti si fermeranno nell'ultima ora di lezione). I Cobas, invece, hanno proclamato l'astensione nel pubblico e nel privato per l'intera giornata. E a Porto Marghera, duecento lavoratori hanno occupato il molo.

Altre manifestazioni, infine, sono previste per il pomeriggio. A Roma, per esempio, il comitato 'fermiamo la guerra' si e' dato appuntamento in piazza Venezia: un corteo raggiungera' piazza Barberini e i manifestanti costruiranno muri con cartone, polistirolo e balle di fieno per isolare l'Ambasciata americana in via Veneto.

La reazione dei lavoratori alla notizia dell'attacco all'iraq, sostiene la cgil, e' stata la stessa un po' in tutta italia: "sciopero e uscita immediata dalle fabbriche, con concentramenti spontanei e presidi". Cosi' e' successo a Milano, dove si sono fermate tutte le fabbriche storiche del settore metalmeccanico e di quello chimico. A Torino Fermata immediata a mirafiori, alla pininfarina, all'iveco, alla teksid, all'olivetti tecnost e alla skf. In Liguria 'stop' di 24 ore al porto di Genova e a quello di Savona, sciopero anche all'ansaldo e alla fincantieri di Sesto.

A Reggio Emilia si sono fermate, tra le altre, la lamborghini e la marcegaglia, a Venezia, oltre ai cantieri navali e al petrolchimico, sono scesi in sciopero anche tutti i grandi alberghi della citta' lagunare. Cantieri navali fermi anche a Monfalcone, dove viene anticipata alla mattina la manifestazione in piazza.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 13:00)

 

Le reazioni del mondo

Roma 20 Mar - Berlino "sgomenta", Parigi chiede che il conflitto cessi immediatamente. Sciopero generale in Italia

L’inizio dell’attacco militare Usa in territorio iracheno ha provocato la reazione delle cancellerie di tutto il mondo.

 In Italia, come era stato annunciato, è scattato subito lo sciopero generale di due ore indetto da Cgil, Cisl e Uil, dalle 15,00 alle 17,00  (la funzione Pubblica della Cgl per tutta la giornata)

Germania
Berlino è "sgomenta" per l'inizio degli attacchi americani contro l'Iraq e ha offerto aiuti umanitari alla popolazione irachena. La notizia dell'inizio della guerra contro l'Iraq è causa di grave sconcerto e sgomento nel governo federale", ha affermato in una nota il governo Schroeder , che si è opposta fino all'ultimo alla soluzione militare della crisi irachena, assieme a Parigi.

Francia
Parigi è "profondamente preoccupata" per gli attacchi all'Iraq. La dichiarazione è del ministero degli esteri di Parigi, il quale "auspica" che il conflitto cessi "più rapidamente possibile".

Cina
Da Pechino un appello per un immediato cessate e la richiesta di riprendere gli sforzi per risolvere la crisi irachena attraverso il negoziato. Nella prima reazione all'attacco americano di stanotte contro l'Iraq la Cina ha parlato di  "violazione della carta dell'Onu e delle leggi internazionali". La dichiarazione è stata fatta da un portavoce del ministero degli esteri. 

Gran Bretagna
Il premier britannico Tony Blair ha convocato il gabinetto di guerra. Una fonte del ministero della difesa ha confermato intanto che le forze britanniche non hanno preso parte in alcun modo agli attacchi della notte scorsa sull'Iraq.

La Germania condanna attacco all'Iraq

Il Cancelliere tedesco Gerard Schroeder ha condannato l'attacco all'Iraq, affermando che 'la guerra e' sempre la sconfitta della politica'. In un incontro con il gruppo parlamentare della Spd a Berlino, il Cancelliere si e' mostrato profondamente turbato per l'inizio dell'aggressione armata contro Bagdad. Schroeder si e' rammaricato per il fallimento dei tentativi di risolvere pacificamente la crisi con Saddam Hussein

Prodi: giorno cupo per il mondo

'Nella guerra non ci sono vincitori ma solo perdenti'. Lo ha detto il presidente della Commissione europea Romano Prodi,in una dichiarazione diffusa oggi 'Questo e' un giorno cupo per il mondo' ha detto Prodi.Lo scoppio della guerra, ha continuato'ha messo fine agli sforzi della Comunita' internazionale di trovare una soluzione pacifica alla crisi'. 'Qualunque sia il risultato del conflitto - ha concluso Prodi - nessuno puo' negare che questo e' un brutto momento per la sicurezza comune'.

Guerra, da Santa Sede 'profondo dolore'

La Santa Sede esprime il suo 'profondo dolore' per l'inizio della guerra all' Iraq e 'deplora che si sia interrotta la via della trattativa', secondo il diritto internazionale. Lo ha detto il portavoce vaticano Joacquin Navarro Valls. Nella dichiarazione, diffusa poco prima delle 13, si lamenta che 'il governo iracheno non abbia accolto le risoluzioni delle Nazioni Unite e lo stesso appello del Papa, che chiedevano il disarmo del Paese'.

Russia chiede fine operazioni in Iraq

Il presidente russo Vladimir Putin ha definito 'errato' l'inizio dell'attacco armato contro l'Iraq ed ha chiesto 'la sospenzione al piu' presto delle operazioni militari'. Secondo Putin non si puo' sostituire il diritto internazionale con il diritto della forza. 'L'Iraq -ha continuato Putin- non rappresentava alcun pericolo per gli Usa ne' per altri Stati, poiche' dopo un decennio di isolamento e' un Paese debole, sia economicamente che militarmente'.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 09:20)

Fiori e bandiere per la pace in piazza Duomo

MILANO 20 MAR - Situazione tranquilla stamane a Milano davanti ai consolati degli Stati Uniti, di Gran Bretagna, di Israele, presidiati con discrezione da polizia e carabinieri.

Verso le 5 una decina di persone sono arrivate in largo Stati Uniti d'America (così chiamato dopo l'attacco dell'11 settembre) portando delle piccole bandiere della pace e dei dolci che hanno offerto anche agli agenti che presidiano l'area antistante l'ufficio consolare.

Sul sagrato di piazza del Duomo restano, proprio davanti al portone principale, le candele, i fiori, le bandiere e i manifesti lasciati nella notte dai pacifisti.

Situazione tranquilla anche a Ghedi, nel bresciano, nella base aerea dove ci sono velivoli americani che sono stati impiegati nella guerra in Kosovo. Non ci sono segni apparenti di movimenti militari, né persone che protestano fuori dal perimetro della base militare. La sorveglianza al corpo di
guarda è vigile, ma discreta.

(Aggiornato il 20 Marzo 2003 ore 09:00)

Segue... ONU Missione IRAQ ...

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