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Il peggioramento della situazione politica

I blancos rimasero al potere fino al 1966, anno in cui, in accordo con i colorados, sostennero il ritorno al sistema presidenziale, che venne approvato con un referendum nel novembre dello stesso anno. Le successive elezioni generali videro la vittoria dei colorados e la nomina a presidente del generale dell'aviazione Oscar Daniel Gestido, che morì l'anno seguente e fu sostituito dal vicepresidente in carica, Jorge Pacheco Areco. Quest'ultimo, filoamericano e di tendenze conservatrici, avviò una decisa politica antinflazionistica che fece esplodere la tensione sociale, alimentata dalle organizzazioni d'estrema sinistra, tra cui quella dei guerriglieri denominati tupamaros . Dal giugno 1968 fino al marzo 1969 fu introdotta la legge marziale e, dall'agosto 1970, in seguito all'uccisione di un diplomatico americano, vennero sospese tutte le libertà civili.

Nelle elezioni del novembre 1971, il candidato colorado Juan María Bordaberry e il suo avversario, espressione del partito blanco, ottennero quasi lo stesso numero di voti, ma, nel febbraio 1972, la Corte elettorale proclamò presidente Bordaberry. Nel frattempo l'inasprimento degli scontri con i tupamaros, protagonisti di una serie di rapimenti e di omicidi, convinse il governo a fare ricorso alle forze armate. Nell'aprile 1972 nel paese fu dichiarato lo stato di guerra (che si protrasse fino all'11 luglio) e fu sospesa ogni garanzia costituzionale (fino al 1973); nell'agosto dello stesso anno, con uno spiegamento di forze di circa 35.000 uomini tra polizia ed esercito, fu attuata una massiccia campagna contro la guerriglia, che portò a migliaia di arresti. Alla politica di restrizioni economiche e di tagli alle spese sociali attuata dal governo, i lavoratori reagirono con scioperi durante tutto il 1972; l'inflazione salì alle stelle e la moneta venne svalutata dieci volte in un anno.

 

Il colpo di stato militare

Nel febbraio 1973 Bordaberry s'impadronì del potere con un colpo di stato , cedendo parte dell'esecutivo alle forze armate, diventate sempre più influenti dopo le azioni contro i tupamaros. Lo stesso Bordaberry sciolse quindi il Parlamento e lo sostituì con un Consiglio di stato composto da 25 membri, in prevalenza militari (giugno 1973). L'11 luglio la Confederazione nazionale del lavoro (CTN) rispose con uno sciopero generale che, dopo violenti disordini, venne represso dalle forze governative e l'11 agosto le organizzazioni sindacali, tra cui la CTN, e i partiti della sinistra furono dichiarati illegali. In seguito i militari estesero il loro controllo sulla maggior parte delle istituzioni del paese, instaurando una dittatura fortemente repressiva.

Nel giugno 1976 Bordaberry, che aveva cancellato le elezioni programmate per quell'anno, venne a sua volta deposto dalle forze armate. Un nuovo Consiglio nazionale composto da civili e militari, ma effettivamente controllato da questi ultimi, nominò alla presidenza, con un mandato quinquennale, Aparicio Méndez, il quale privò dei diritti politici tutte le persone politicamente attive tra il 1966 e il 1973. Le violazioni dei diritti civili da parte dell'esercito divennero quindi incontrollabili, e nel 1976 nelle carceri uruguayane erano detenute più di 6000 persone per motivi politici.

I blancos e i colorados vennero nuovamente legalizzati nel 1980, anno in cui il governo dovette subire una sconfitta elettorale, con la bocciatura di una nuova costituzione in un referendum popolare. Vennero allora cancellate le elezioni previste e nel settembre 1981 il generale a riposo Gregorio Alvarez fu nominato presidente con un mandato a termine.

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