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chiesa S.Giorgio
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TORRICLA

Alcuni storici hanno pensato di localizzare il villaggio scomparso di Torricla nell'attuale regione denominata Torrija, posta ad appena 2Km in direzione nord-ovest, dall'abitato di Usini. La conservazione del toponimo non è però del tutto sufficiente per convalidare la tesi. L'attenta indagine sul terreno, operata dal gruppo culturale Usinese, non ha dato gli esiti sperati, non permettendo il benchè minimo ritrovamento di resti di manufatti o altro, che potessero riferirsi a tracce di insediamenti scomparsi. In verità constatiamo che il nome di Torricla compare più volte nel Condaghe di San Pietro Silki, nelle cui carte sono anche citati tali Gunnari , Petru e Barusone Punga, come abitanti di quel villaggio. La nostra opinione è che un modestissimo nucleo abitativo sia sorto in quella zona nell'alto medioevo, subito scomparve, e i suoi resti furono inesorabilmente cancellati dal tempo e dalla continua lavorazione dei campi. Come si desume dal doc. n. 413 del Condaghe di San Pietro di Silki nei pressi di Torricla si snodava la via Grekisca o bia de grecos, che doveva costituire una diramazione dell'arteria principaledella viabilità sarda iin età romana, cioè la strada che andava da carales a Turris Libisonis, il cui percorso è stato ripreso in gran parte dalla odierna "Carlo Felice" . Nella ricostruzione che ne ha fatto in Dessì, il tracciato della via Grekisca aveva inizio proprio a Torricla.

USUNE

Le più antiche fonti scritte nelle quali compaiono le prime notizie riferibili al villaggio di Usini, sono di natura religiosa e si trovano contenute nelle carte dei condaghi di San Pietro di Silki (CSPS), e di San Nicolò di Trullas (CSNT). Il CSPS è un codice redatto nei secoli XII e XIII dalle monache del monastero di San Pietro di Silki. Le carte, scritte in sardo antico, contengono una serie di atti che documentano i movimenti patrimoniali del convento e un insieme di piccole testimonianze sulla vita del tempo. Alcuni di questi documenti riguardano più direttamente il villaggio di Usini, le sue chiese, i suoi preti, i suoi abitanti. Altre notizie riferiscono di personaggi appartenenti a centri vicini e comunque relativi all' attuele territorio comunale usinese. In particolare, tra le prime carte del CSPS si legge la cronaca di una lite accesasi tra Massimiliana, badessa del convento do Silki e l' arcivescovo Athu per il possesso della chiesa di San Giovanni di Usine. Il CSPS ci fornisce altre preziose notizie: nelle sue pagine si leggono numerose testimonianze di lasciti di beni immobili, operati da privati, e destinati alle chiese usinesi. In particolare, i fogli segnati dai numeri 418, 419,431, 435 e 436, riportano una serie di atti di donazione di lotti di terreno eseguiti i favore della chiesa di Santa Maria di Usine. Altri fogli riportano semplici atti di acquisto come il doc. n. 368 che riportiamo fedelmente: chiamati a testimoniare nelle varie dispute riportate nel codaghe. Si conoscono così "Petru de Uarru" (doc. n. 102), "Dorgotori de Roma connatu de Petru de Uarru e Justa sa sorre" (doc. n. 133), "Ithoccor d' Athen" ( doc. n. 197), "Donnu Petro de Athen" ( doc. n. 394) e "su preiteru Donnu Furatu Cathari" (doc. n. 423); quest' ultimo era il parroco della chiesa di San Pietro di Usune. Il doc. n. 243, che appartiene alla parte più antica del condaghe, ci riferisce di una lite discussasi nella chiesa di San Giorgio di Oleasreto, nel doc. n. 3 figura un cero "Barusone Punga su de Torricla", nel doc. n. 96 "Gunnari de Torricla", nel doc. n. 109 "Petru de Torricla". Importante per la nostra ricerca è anche il CSNT, una raccolta di documenti del tempo redatti anch' essi in sardo antico dei monaci del Monastero di San Nicolò di Trullas (presso Semestene), dal 1113fina alla prima metà del XIII secolo. Dal CSNT traiamo alcune notizie di donazioni fatte in favore della chiesa di San Pietro di Usune e ancora nomi di altri personaggi usinesi del tempo: "Petru de Barre de d' Usune", su prebiteru Derricor d' Usune" e, infine, " Yzoccor de Zori, maiore de Iscola de Usune". Il "maiore de iscola" era, nell' ambito della villa, l' addetto all' amministrazione della giustizia ed aveva funzioni di polizia.

Dall'occupazione Aragonese al dominio Spanolo

Nei primi anni dell'età giudicale i giudici sardi dovettero far fronte alle scorrerie delle flotte arabe che devastavano i litorali della Sardegna. Nel 1015 il condottiero saraceno Museto, con l'intento di impadronirsi dell'isola; approdò con le sue navi nel golfo di Cagliari, assoggettando ben presto i territori e le genti del Campidano. Solleccitate dal Papa Benedetto 8°, intervennero, in difesa dei sardi, le flotte di Pisa e Genova che costrinsero gli arabi a porre fine al loro tentativo di conquista. Le due repubbliche marinare, forti del successo ottenuto in campo militare, mutarono il proposito di attuare una politica di espansione commerciale nell'isola, favoriti anche dai legami stretti con i giudici sardi, i quali vollero assicurarsi i favori e la protezione dei nuovi alleati, elargendo loro ampie concessioni territoriali e vari privilegi commerciali e conducendo un'accurata politica matrimoniale. Numerose furono anche le donazioni di chiese e monasteri eseguite dai giudici in favore delle cattedrali delle due città marinare: le chiese di Santa Maria di Pisa e di San Lorenzo di Genova. L'attività politica e commerciale dei pisani e dei genovesi in Sardegna fu, all'inizio, pacifica e regolare; in seguito, gli interessi delle due potenze vennero a scontrarsi e si accese una forte rivalità per la supremazia sull'isola. Fu la repubblica pisana a svolgere una più incisiva penetrazione territoriale. Infatti, fino alla conquista aragonese del 1323, Pisa poteva vantare il suo dominio nel giudicato di Gallura e in quello di Cagliari, e controllava, insieme ai genovesi, vaste regioni del Logudoro. Solo il giudicato di Arborea riuscì ancora a lungo a mantenere la propria autonomia, fino a quando cadde, inevitabilmente, sotto la sovranità della corona d'Aragona. Per quanto riguarda il giudicato di Torres, diremo che alla morte di Adelasia (1259), ultima giudicessa del Logudoro, ci fu nei territori del regno una totale rivoluzione dell'antico ordinamento amministrativo. Ciò fu causato dall'operatore delle famiglie genovesi che da tempo avevano esteso le loro mire alla parte settentrionale dell'isola. La fortuna dei Doria e dei Malaspina in Sardegna crebbe quando questi, in occasione della conquista da parte degli aragonesi, decisero di appoggiare questi ultimi nella guerra contro i pisani, e per ciò ebbero ampi riconoscimenti e numerosi feudi sardi vennero loro assegnati dal Re d'Aragona. I Malaspina si erano invece insediati più a sud e possedevano i castelli di Osilo e di Bosa, nonché i territori delle vecchie curatorie di Coros, Figulinas, Romania e Montes. Ebbe inizio così un altro triste capitolo della storia della Sardegna. Il malgoverno e le continue guerre che caratterizzarono i secoli 14° e 15°, provocarono un brusco impoverimento dell'economia con conseguenze disastrose. Si ebbero pestilenze e carestie che , insieme alle epidemie malariche, furono causa di un notevole spopolamento dei territori sardi. Moltissimi tra i centri abitati sorti nell'alto medioevo vennero abbandonati e gradualmente scomparvero. Inoltre, aggravare la già precaria situazione, intervenne un altro fatto che contribuì fortemente alla destabilizzazione della realtà socio-economica giudicale: l'introduzione del feudalesimo da parte degli aragonesi. Con la dominazione spagnola non si ebbero in Sardegna grossi cambiamenti . Rimasero le suddivisioni amministrative precedenti e così pure gli ordinamenti feudali. Nelle terre sarde, ormai divise in ducati, marchesati, baronie e contee, si acuì il grave processo di decadimento della realtà sociale e dell'economia. Non ci furono in questo periodo importanti eventi culturali e l'agricoltura e la pastorizia conobbero un rapido declino. Triste fu il quadro delle pestilenze e delle carestie per le quali si ebbe un notevole decremento demografico. Tra le pestilenze più gravi merita un triste ricordo quella del 1528, a causa della quale il villaggio di Tissi rimase spopolato e abbandonato. Anche per Usini si registrano nel periodo spagnolo andamenti demografici piuttosto alternati, caratterizzati da paurosi da paurosi cali e da vistosi incrementi. Nel 1358, nel villaggio di Usini, che era il centro più popoloso tra gli altri della curatoria di Coros, si contarono 34 fuochi e 50 uomini abili alle armi. Il reddito totale era di 13 lire e un soldo.


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