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PLAN COLOMBIA

di Antonio Mazzeo

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PLAN COLOMBIA E INGIUSTIZIA SOCIALE
Nell'autunno del 2000, il Congresso degli Stati Uniti ha stanziato 1.374 milioni di dollari a favore del cosiddetto 'Plan Colombia', l'articolato programma di lotta alle coltivazioni di coca, di riforme economiche strutturali e di 'rafforzamento delle istituzioni dello Stato', predisposto dal Presidente Andrés Pastrana. In realtà il 'Plan' rivisto da Washington ha un respiro geografico più ampio ed è finalizzato all'intervento degli Stati Uniti in tutta l'area andina. Il pacchetto di 'aiuti' assegna direttamente alla Colombia più del 65% dell'ammontare del budget, 862,3 milioni di dollari, tre quarti dei quali in elicotteri e sofisticati sistemi d'arma, a cui si aggiungeranno 330 milioni in aiuti supplementari secondo il piano di 'assistenza militare' del Dipartimento della difesa per il biennio 2000-2001.

Oltre 55 milioni di dollari sono stati invece destinati ad attività e programmi 'classified', cioè sottoposti al segreto militare, da realizzare in Colombia e nei paesi andini, più 277 milioni a favore delle 'agenzie statunitensi impegnate nella lotta al narcotraffico' e 118 milioni per il miglioramento dei velivoli radar in forza al Dipartimento della difesa e all'Us Customs Service che operano nell'area. Il Congresso ha altresì assegnato 180 milioni di dollari per 'programmi di assistenza militare' ai paesi andini limitrofi, Perù, Ecuador e Bolivia.

Onde fornire un'immagine più 'umanitaria' e 'sociale' del 'Plan Colombia', gli Stati Uniti hanno previsto una serie di contraddittori ed ambigui interventi di "rafforzamento delle istituzioni colombiane", per un valore di 218 milioni di dollari. In realtà si tratta di interventi prevalentemente finalizzati alla fumigazione delle coltivazioni di coca, alla creazione di speciali 'gruppi di polizia investigativa' sul modello Fbi, e al cosiddetto "sviluppo regionale alternativo", che sancisce la piena apertura dei mercati andini agli investimenti e alle imprese statunitensi. E' stato inoltre istituito un fondo destinato alla "difesa dei diritti umani" (51 milioni), ma la denominazione non deve ingannare più di tanto. Si tratta infatti di finanziamenti destinati a creare 'unità per i diritti umani' nelle procure e nella polizia nazionale, migliorare i sistemi di protezione di testimoni e giudici impegnati nei procedimenti penali e 'supportare' alcune istituzioni statali e non-governative e l'Ufficio di Bogotà dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani.

Il 'Plan Colombia' afferma di "voler migliorare il sistema giudiziario dando maggiore impulso alle indagini ed agilità nei processi". In realtà, il governo disconosce la necessità di una profonda riforma politica e dei poteri pubblici, e non prevede la soluzione di "importanti temi giuridici come la riforma integrale del sistema penale e penitenziario, l'entrata in vigore del nuovo codice penale militare, la realizzazione della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di tribunali militari, l'eliminazione della giustizia 'senza volto'".

Alla data odierna, esistono almeno quattro versioni del 'Plan Colombia', da utilizzare secondo l'interlocutore e il momento. La prima stesura del progetto, presentata segretamente nel novembre del 1999 al Senato Usa dal presidente Pastrana e dall'ambasciatore colombiano negli Stati Uniti Luis Alberto Moreno, ha come obiettivo cardine quello di "ottenere un sostegno ai propri sforzi militari in tre aree geografiche, prima nel distretto di Putumayo e poi, nei prossimi due anni, nel centro e nell'area sudoccidentale della Colombia". In questa versione il 'processo di pace' occupa solo il 5° punto. La seconda versione del 'Plan Colombia' è stata fornita ai mass media nel febbraio 2000: il processo di pace viene presentato come punto principale e si ridimensiona il peso degli aiuti militari. La terza versione è stata indirizzata all'Unione Europea: vi si enfatizza "l'investimento sociale", si sottolineano gli "sforzi per la difesa dei diritti umani" e si sopprimono i riferimenti al "rafforzamento militare". L'ultima edizione del 'Plan Colombia' è stata presentata agli ambasciatori della comunità internazionale, in occasione della loro recente visita alla 'zona di distensione' di San Vicente del Caguán, località prescelta per l'avvio del dialogo di pace tra il governo colombiano e il gruppo guerrigliero delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia). Questo documento pone l'accento al "rafforzamento della pace e delle istituzioni democratiche" del paese sudamericano. Unici obiettivi comuni nelle quattro versioni quello di "implementare i mezzi necessari per attrarre gli investimenti stranieri e promuovere l'espansione del commercio" e realizzare "una strategia fiscale e finanziaria che adotti mezzi severi di austerità e di aggiustamento".

"Il Plan Colombia è una strategia integrata per rafforzare la pace, riattivare l'economia e generare occupazione, proteggere i diritti umani, rafforzare la giustizia e aumentare la partecipazione sociale" ha dichiarato il presidente Pastrana in occasione della sua visita al Parlamento europeo, nell'autunno '99. Immediata la risposta di tutti i maggiori organismi finanziari: il Fondo monetario ha già sottoscritto un accordo a sostegno del programma di aggiustamento economico del governo e per i prossimi tre anni fornirà 2,7 miliardi di dollari, mentre un altro miliardo e mezzo è stato promesso dalla Banca mondiale. La Internacional Financing Corporacion (IFC), agenzia di 'cooperazione' della Banca mondiale, ha invece concesso un credito di 154 milioni di dollari per l'avvio di progetti infrastrutturali, petroliferi e minerari. L'italiano Pino Arlacchi, direttore del Programma delle Nazioni Unite per la lotta alla droga (Undcp), ha annunciato 100 milioni di dollari per l'implementazione del piano di eradicazione aerea. Nel mese di giugno del 2000 il presidente del consiglio spagnolo Josè Maria Aznar, ha convocato a Madrid, con il patrocinio del 'Banco Interamericano de Desarrollo' (BID), i paesi partner dell'Unione, più i rappresentanti delle Nazioni Unite, Giappone e Canada, per apportare ulteriori aiuti finanziari al 'Plan Colombia'. Le diffidenze di alcuni paesi europei hanno impedito che si giungesse ad una risoluzione unitaria a favore del programma del governo colombiano. In concreto l'Unione Europea, nell'esprimere la propria contrarietà al programma militare e di eradicazione aerea delle piantagioni di coca, si é impegnata a intervenire finanziariamente a favore dei programmi sociali che favoriscano la 'riconciliazione nazionale'. Solo la Spagna ha deciso di destinare al 'Plan Colombia' 124 milioni di dollari, a cui hanno fatto seguito gli impegni di Tokio per un prestito di 70 milioni e del 'Banco Interamericano de Desarrollo' per un apporto di 300 milioni.

Mentre una parte della comunità internazionale sostiene attivamente i piani militari e di aggiustamento strutturale del governo colombiano, la situazione economica è diventata gravissima: il paese è nel mezzo della sua peggiore recessione dopo il 1931, la domanda interna è crollata, il settore industriale non regge la competizione con i produttori emergenti del continente, la fuga di capitali è impetuosa. Secondo i dati ufficiali dell'istituto nazionale di statistica, nel 1999 gli scambi si sono contratti del 5,8% e il Prodotto Interno Lordo (Pil) si è ridotto del 4%, valore parzialmente compensato dalla lieve crescita del 3% del Pil nel 2000. In conseguenza il Pil pro capite della Colombia si é ridotto da 6.810 a 6.006 dollari. Il debito statale è invece raddoppiato in cinque anni; attualmente rappresenta il 42,8% del Pil e da solo assorbe una quota del bilancio statale cinque volte superiore a quella programmata per il settore degli investimenti produttivi.

La disoccupazione ha superato il 20% e aumentano ogni giorno povertà e indigenza. Nell'ultimo anno, nelle maggiori città del paese, i nuovi disoccupati sono cresciuti di 108.000 unità. Quasi tre colombiani su dieci hanno ingressi inferiori alla 'linea d'indigenza': 8.300.000 persone cioè, non sono in grado di ottenere l'ingresso economico necessario a coprire il costo degli alimenti base. Per coloro che accedono ad un lavoro, il reddito non garantisce i livelli minimi di sopravvivenza: il 77% dei lavoratori percepisce appena un salario minimo (260.000 lire circa), un altro 15% due salari minimi e solo l'8% più di due. In Colombia si espande a vista d'occhio la precarietà e l'informalità occupazionale: solo il 7,5% dei lavoratori colombiani è vincolato stabilmente ad un'impresa o ad un impiego pubblico. Come denuncia lo stesso Undp (il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), la recessione è il risultato più evidente della politica neoliberista intrapresa a fine anni '80 e a cui gli ultimi governi hanno dato un'accelerazione tagliando gli investimenti nelle politiche sociali. "Gli aggiustamenti macroeconomici hanno avuto costi sociali e incidenze negative rappresentate dai minori redditi, dal deterioramento del capitale umano, dalla disoccupazione e dalla maggiore disuguaglianza" scrive Undp.

Se si prende come riferimento il cosiddetto "indice di sviluppo umano" (indicatore che ai parametri economici aggrega quelli più prettamente socioculturali ed ambientali, legati alla qualità della vita e all'accesso ai servizi), il quadro colombiano assume tinte ancora più fosche. Ancora Undp sottolinea la progressiva retrocessione del paese sudamericano nel triennio 1997-99. Se la Colombia occupava nel '97 il posto numero 57 nella classifica dello 'sviluppo umano', i notevoli squilibri interni hanno posizionato il paese, due anni più tardi, al 68° posto. Il documento dell'organismo internazionale segnala due problemi che impediscono alla Colombia di ottenere un maggiore e più equilibrato 'sviluppo umano': la violenza che colpisce in particolare la popolazione maschile tra i 25 e i 50 anni di etá (dunque la fase di vita 'produttiva') e la disuguaglianza nella distribuzione delle risorse. Inoltre persistono grandi differenze sociali tra i dipartimenti del paese. Regioni come il Chocó, Nariño e Caquetá, infatti, se considerate singolarmente, occuperebbero solo il 174° posto nella classifica mondiale dello 'sviluppo umano'.

Gli indicatori della disastrosa politica economica neoliberista sottolineano la forte distorsione nella ridistribuzione del reddito e delle ricchezze: secondo il rapporto del 'Dipartimento nazionale di pianificazione' (Dnp), nel 1999 il 50% della popolazione ha dovuto ripartirsi il 13,8% del reddito totale del paese, mentre un 20% ha avuto accesso al 62,4% di esso. Buona parte della popolazione - il 45% nelle aree urbane e l'80% in quelle rurali - ha percepito redditi tanto esigui da non poter soddisfare necessità basiche, come abitazione, salute, istruzione.

Le 'nuove riforme economiche' hanno accentuato la discriminazione e l'ingiustizia sociale: i tre principali gruppi economici del paese si appropriano del 36% del prodotto interno e i maggiori cinque gruppi finanziari controllano il 92% delle attività del settore. Mentre la distanza tra ricchi e poveri nei paesi del nord Europa mantiene un rapporto di 6 a 1, in Colombia il rapporto è di 46 a 1. Il paese si conferma come la principale realtà sudamericana che "si distingue per non aver incorporato il valore dell'uguaglianza e dei diritti civili nella sua vita quotidiana e nella sua organizzazione sociale. Il modello dello sviluppo adottato, oltre a mantenere e riprodurre le disuguaglianze tra ricchi e poveri, genera una rigida segmentazione, aumenta la distanza sociale tra i differenti settori e rende difficili i meccanismi di mobilità e crescita sociale". Il 'Plan Colombia', come vedremo, è il nuovo meccanismo di difesa militare e di consolidamento dell'ingiustizia.

AIUTI IN CAMBIO DI RIFORME E PRIVATIZZAZIONI
Miliardi in 'aiuti' dunque, condizionati a che si completino le riforme strutturali di mercato. La lista di queste 'riforme' è lunga ed articolata: modifiche sostanziali allo stato sociale, 'razionalizzazione' delle finanze statali con tagli al settore pubblico e congelamento dei salari, privatizzazione del sistema bancario e delle maggiori imprese statali, imposizione dell'Iva a numerosi beni e servizi di prima necessità. Secondo il presidente Andrés Pastrana, l'obiettivo cardine del Piano nazionale di sviluppo è quello di "stimolare la partecipazione dei privati nei settori degli acquedotti e delle reti fognarie; la concessione dell'amministrazione delle reti viarie; degli aeroporti regionali; delle piccole centrali idroelettriche e delle reti di distribuzione; dei fiumi, dei canali navigabili e dei porti della rete fluviale nazionale; così come la prestazione dei servizi di telecomunicazioni ". L'amministrazione ha già pronto l'elenco dei beni pubblici da svendere al capitale finanziario nazionale e internazionale: l'istituto per la Sicurezza sociale, i maggiori enti elettrici ('Isa' ed 'Isagen') ed altre quattordici imprese di distribuzione locali, il complesso carbonifero del Cerrejón (tra i maggiori di tutta l'America Latina), le imprese di telecomunicazioni di Bogotá e Pereira, tre banche statali, gli scali aerei internazionali di Bogotá e Medellín, le reti fluviali del Meta, dell'Orinoco e del Putumayo.

Il governo Pastrana punta poi alla ulteriore flessibilità del mercato del lavoro, alla riduzione dei salari d'ingresso, a modificare il regime di pagamento del lavoro nei giorni festivi, ad eliminare gli oneri sociali e i sussidi a favore dei dipendenti, ad innalzarne l'età pensionistica, ad esonerare gli impresari a devolvere parte dei profitti all'Istituto Colombiano di Bienestar Familiar, alle Casse di compensazione imprese-lavoratori e al Sena, l'istituto nazionale di formazione professionale. Si accelererà altresì il trasferimento alle entità territoriali e alle comunità degli investimenti nei settori della sanità, dell'educazione e dei servizi sociali, già di responsabilità statale, nonostante i 3/4 dei municipi non siano in grado, per mancanza di fondi, di finanziare le spese dei propri apparati burocratici. Intanto, in ossequio alla ricetta del Fondo monetario, gli investimenti pubblici sono stati ridotti di un 25% e sono stati licenziati oltre 5.000 impiegati statali e decine di migliaia di dipendenti degli enti locali, in buona parte del settore educativo, dell'agricoltura e dei trasporti.

All'erosione del potere di acquisto dei salari e dei diritti contrattuali si è accompagnata una forte politica repressiva e persecutoria dello Stato e delle grandi imprese a danno dei dipendenti, fattore che ha costretto l'Oil (Organizzazione Internazionale del Lavoro) a sanzionare la Colombia per le continue violazioni dei diritti sindacali e l'illegittimità di alcune norme del codice del lavoro fortemente discriminanti in tema di contrattazione collettiva e libertà di associazione. Intanto, nella totale assenza di protezione statale, sono stati assassinati negli ultimi dieci anni 2.800 tra dirigenti e attivisti sindacali (172 nel solo '99 e 102 nei primi dieci mesi del 2000), mentre 193 lavoratori sono stati fatti 'sparire' nel nulla. Quasi 900 sindacalisti, la maggior parte dei quali del settore contadino e dell'istruzione, sono stati costretti ad abbandonare i luoghi di residenza per le minacce ricevute. Amnesty International ha denunciato come nell'ultimo biennio, centinaia di sindacalisti ed attivisti della società civile sono stati vittime di arresti e procedimenti penali per reati politici "secondo procedure che non rispettano la normativa internazionale in materia di processi equi".

Il governo di Bogotà preme infine per aderire in tempi brevi al Nafta (l'accordo sul libero commercio dell'America del Nord), proprio quando la dipendenza di beni alimentari dagli Stati Uniti è diventata totale. Lo scorso anno sono stati importati nel paese sudamericano mais, grano, olio di soia e riso per un valore di 502 milioni di dollari con conseguenze nefaste per la produzione nazionale, la bilancia dei pagamenti e il debito estero. I dati forniti dal ministero dell'economia confermano che le aree sottoposte a semina di prodotti agricoli sono diminuite di un milione di ettari tra il '90 e il '98, mentre nello stesso periodo le importazioni di alimenti sono quasi quintuplicate, passando dai 1.200 ai 5.800 milioni di tonnellate.

La Colombia è d'interesse vitale per gli Stati Uniti che rappresentano il suo maggior socio commerciale (comprano il 32% delle sue esportazioni legali e apportano il 36% delle importazioni) e forniscono la percentuale più alta, il 51,2%, degli investimenti stranieri per un ammontare di 4.491 milioni di dollari. "Il paese è un importante partner economico degli U.S.A.: è il nostro 5° maggiore mercato di esportazione in America Latina". Così ha giustificato il varo del nuovo pacchetto di aiuti, l'ex sottosegretario di Stato per gli Affari politici Thomas Pickering, uno dei maggiori sostenitori del 'Plan Colombia'. Se l'obiettivo primario del Pentagono è quello di riaffermare i propri interessi geostrategici nell'area andina, similarmente a quanto successo nell'ultimo decennio in Medio Oriente, nel Golfo Persico e nei Balcani, eliminando contestualmente dal 'cortile di casa' qualsiasi focolaio di guerriglia 'filo-comunista', la strategia del Dipartimento statunitense risponde al crescente interesse del capitale nazionale di promuovere le esportazioni alla Colombia, intervenire direttamente nella realizzazione delle imponenti opere programmate (dighe, centrali idroelettriche, arterie stradali e fluviali), perpetuare il monopolio delle compagnie nazionali nell'estrazione del petrolio e del carbone.<O:P</O:P

La priorità di assicurare l'investimento straniero in particolare nell'industria petrolifera è stata inserita nel testo di emendamento al 'Plan Colombia', proposto dai senatori democratici Dewine, Grassley e Coverdell. "Con gli aiuti" - si legge nell'emendamento - "s'insisterà a che il governo della Colombia completi le riforme urgenti orientate ad aprire completamente la sua economia agli investimenti e al commercio estero, particolarmente all'industria petrolifera". Lo stesso senatore Coverdell ha giustificato gli aiuti alla Colombia con lo scopo di "proteggere gli interessi petroliferi in Venezuela paese strategico al centro di una profonda crisi politica, sociale ed economica".

Per sponsorizzare l'approvazione del 'Plan Colombia', si è presentato in audizione al Congresso il vicepresidente della 'Occidental Petroleum Company - Oxy', Lawrence Meriage. Il responsabile della multinazionale petrolifera su cui vanta una partecipazione per mezzo milione di dollari l'ex vicepresidente degli Stati Uniti Albert Gore, ha chiesto che gli aiuti militari non siano destinati solo "a recuperare il controllo del sud della Colombia, dove pure stiamo operando", ma anche alle aree più settentrionali, "come il Nord di Santander, alla frontiera con il Venezuela, dove stiamo per intraprendere le operazioni di trivellazione e dove le coltivazioni di coca sono aumentate del 300%". Il vicepresidente della 'Oxy' si è guardato bene dal riferire al Congresso che la sua compagnia si trova a fronteggiare in Colombia la resistenza del gruppo indigeno U'wa che si è visto espropriare parte dei terreni per consentire l'insediamento di nuovi pozzi, e che minaccia il suicidio collettivo come purificazione contro l'indebita appropriazione di quello che considera il "sangue delle terre ancestrali".

Il governo di Bogotá ha deciso di fornire le migliori garanzie al capitale straniero, flessibilizzando l'interpretazione delle norme costituzionali e legislative in materia d'investimenti internazionali nel settore energetico. L'impresa statale 'Carbocol' é stata venduta recentemente ad un consorzio di aziende di Gran Bretagna, Sudafrica e Svizzera, e si é deciso di affidare ai privati tutte le attività relative al trasporto, all'immagazzinamento, alla raffinazione ed alla distribuzione degli idrocarburi. La compagnia petrolifera statale 'Ecopetrol' ha firmato nell'ultimo anno 32 contratti con società estere (tra le più note la 'Occidental Petroleum', la 'Canadian Petroleum', la 'Total', la 'Chevron' e la 'British Petroleum'), che investiranno nel paese per il quadriennio 2000-2003 oltre 672 milioni di dollari e che grazie ad iniqui 'contratti di associazione' potranno rivendere alla compagnia statale colombiana il crudo necessario per la raffinazione al prezzo internazionale di mercato.

Dalla privatizzazione del settore delle telecomunicazioni, il governo colombiano spera di ricavare utili per un miliardo di dollari. In corsa per accaparrasi le imprese del settore, ancora una volta le statunitensi 'Bell South', 'Mci' ed 'At&t', le stesse che lo scorso anno soffiarono alla italiana 'Telecom' il controllo della principale società statale di telefonia cellulare, la 'Celumobil'. Inoltre è stato riformato il settore bancario per promuovere gli investimenti esteri (oggi il capitale straniero controlla il 27% degli istituti finanziari). In questo settore, in particolare, sono forti gli interessi degli istituti di credito spagnoli (e ciò spiega l'attivismo del governo iberico a favore del 'Plan Colombia'). Il 'Banco Santander' sta per acquisire importanti sportelli pubblici, mentre il 'Banco Bilbao Vizcaya' ha già assunto il controllo del 'Banco Ganadero', già messo sotto attenzione dalle autorità colombiane per sospette operazioni finanziarie a favore degli uomini del Cartello di Cali.

Bogotá ha infine rinnovato gli accordi preferenziali di mercato con gli Stati Uniti (l'effetto è stato il crollo del prezzo dei prodotti agricoli tipici, cotone, caffè, mais), dando il via alla fluttuazione del tasso di cambio con il dollaro. Unico settore produttivo interno favorito dalle manovre è quello dell'industria tessile che ha migliorato le esportazioni al gigante nordamericano abbattendo i salari della manodopera (non oltre i 150 dollari mensili per turni settimanali che sfiorano le 60 ore).

L'apertura al capitale internazionale e il rafforzamento del trattato di libero commercio, sono forse la contraddizione più grande del 'Plan Colombia', che nelle intenzioni dell'establishment dovrebbe avviare attività economiche di contrasto alle coltivazioni illegali e alla 'narcoeconomia'. Queste coltivazioni sono cresciute proprio a seguito della liberalizzazione dell'economia dell'ultimo decennio. La privatizzazione delle grandi banche e del mercato dei cambi, l'ammodernamento del sistema finanziario e delle telecomunicazioni, la privatizzazione dei porti e la creazione di zone franche in tutto il paese (i punti cardine delle riforme liberiste imposte dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale), come sottolinea l'Osservatorio Geopolitico delle Droghe di Parigi, hanno favorito "l'espansione della quantità di valuta originata dai traffici illeciti" che ha fatto ingresso in Colombia, accelerando il processo di 'narcodollarizzazione' dell'economia. Un elemento talmente noto nei circoli finanziari internazionali che a fine '98, in occasione di un incontro con i funzionari del governo e del 'Banco de la República', il responsabile della delegazione tecnica del Fondo monetario Michell Seruzier, ha suggerito di "misurare l'impatto reale del denaro sporco nell'economia colombiana per incorporarlo al sistema contabile nazionale".

L'EVOLUZIONE DELLA PERCEZIONE DELLA MINACCIA
La Colombia è senza alcun dubbio il paese del continente americano più 'monitorato' dagli strateghi del Pentagono. Già a partire dal 1993, l'area andina settentrionale veniva inserita tra le quattro zone del pianeta, insieme a Medio Oriente, il sud-est asiatico ed i Balcani, "potenzialmente più conflittive tra il 1992 e il 2010". E' in queste aree che gli Stati Uniti percepiscono la maggiore minaccia al 'nuovo ordine internazionale' sorto dopo il crollo del muro di Berlino e la guerra del Golfo. Cinque anni più tardi, maggio '98, i vertici dello Stato maggiore Usa si davano appuntamento all'Università della difesa nazionale di Washington per esaminare gli sviluppi del conflitto armato in Colombia. Una seconda riunione veniva organizzata a fine '98 dal dipartimento dell'Us Army presso il proprio College di Carlisle, in Pennsylvania. Sei mesi dopo, si svolgeva una terza riunione per mettere sotto attenzione geostrategicamente il paese sudamericano. Per quest'ultimo appuntamento era la Cia ad incaricarsi dell'organizzazione: ai lavori prendevano parte più di cinquanta ufficiali del Pentagono, del Dipartimento di stato, dell'Fbi, della Dea e dell'agenzia d'intelligence. I tre incontri testimoniavano il progressivo stato d'allarme manifestato dagli alti vertici militari di Washington. Mentre nel primo incontro la Colombia fu percepita come un "problema per l'area", a Carlisle il paese venne identificato come un "grave fattore di destabilizzazione della sicurezza regionale". Nel terzo incontro il giudizio fu di aperto pessimismo e gli analisti prospettarono la possibilità di una "guerra totale", dell'"estensione del conflitto" e perfino di una sua "balcanizzazione".

Come se non bastasse, a metà novembre '99, il responsabile del Comando Sud degli Stati Uniti, generale Chales Wilheilm, dichiarava pubblicamente che "la Colombia ha preso il posto di Cuba come principale minaccia alla pace nell'emisfero occidentale ...". A conferma dell'importanza strategica assunta dal paese andino nei piani di ridefinizione del proprio ruolo di 'dominus' dell'emisfero, la Colombia veniva eletta a meta preferenziale delle visite dei maggiori esponenti della politica militare statunitense. Uno dopo l'altro giungevano a Bogotá lo 'zar antidroga' Barry Mc Caffrey, il segretario della difesa William Cohen, il sottosegretario di stato Peter Romero, la direttrice del Centro Emisferico per gli Studi della Difesa (istituzione creata dal Pentagono nel '97 per "seguire gli eserciti del continente"), Margaret Daly Hayes, e lo stesso generale Charles Wilheilm, che per le sue 'attenzioni' alla Colombia ha ricevuto la massima onorificenza della Repubblica, la Croce d'oro bolivariana. Ad avviare i programmi di 'aiuto militare' alle forze di sicurezza colombiana è intervenuto direttamente il capo di Stato maggiore delle forze armate Usa, generale Henry Shelton, uno dei maggiori pianificatori dell'intervento in Kosovo, già comandante di divisione in Vietnam, durante la guerra del Golfo e della Special Force che intervenne ad Haiti nel 1994. Infine, nell'agosto 2000, a sugellare la politica d'intervento nel conflitto interno colombiano, il presidente Bill Clinton si é incontrato a Cartagena con Andrés Pastrana. "Noi non abbiamo intenzione di trovarci coinvolti con l'insorgenza che la Colombia affronta da decenni" ha dichiarato Clinton, respingendo qualsiasi ipotesi di 'vietnamizzazione' del conflitto. "Il nostro aiuto migliorerà la eradicazione delle coltivazioni illecite, la distruzione dei laboratori e gli sforzi d'interdizione, e fornirà appoggio logistico e di 'intelligence' alle missioni antidroga dei reparti colombiani".

L'opinione pubblica può dunque stare tranquilla. Nessun militare statunitense perderà la vita durante la 'nuova crociata contro il narcotraffico'. Eppure un misterioso incidente verificatosi poco più di un anno fa a Patascoy, nella selva meridionale della Colombia aveva confermato inequivocabilmente che le forze armate Usa sono direttamente coinvolte da tempo nel 'conflitto a bassa intensità' del paese sudamericano. Un velivolo speciale dell'Us Air Force 'Rc-7 DeHavilland' per l'intercettazione delle comunicazioni radiotelefoniche, era infatti precipitato tra le montagne e cinque militari statunitensi e due ufficiali dell'aeronautica colombiana erano morti in mezzo alle fiamme. Sulle cause dell'incidente e sugli scopi della presenza di un velivolo nordamericano in una zona sotto il controllo delle Farc era stato posto il più assoluto riserbo.

Sotto la pressione di alcuni congressisti, il Dipartimento della difesa ha dovuto ammettere che dal 1998 "il personale specializzato degli Stati Uniti ha il compito di addestrare in sofisticate attività d'intelligence ufficiali dei servizi segreti dell'aeronautica e dell'esercito colombiano nelle basi di telecomunicazione di Bogotá, San José del Guaviare e Santa Marta, nel nord del paese". Secondo il responsabile per gli Affari internazionali anti-droga Rand Beer, il personale Usa lavorerebbe "per accrescere la capacità delle forze di sicurezza colombiane a raccogliere ed analizzare le informazioni sulle attività dei narcos e su quelle dei gruppi insorgenti che potrebbero minacciare le forze anti-droga".

"Sono 67 gli ufficiali della Special Operation Force che operano in Colombia" - ha aggiunto il funzionario statunitense - Essi fanno parte del gruppo Interforze coordinato dal Comando Sud per le operazioni speciali (Socsouth), di stanza presso la base navale di Roosvelt Road (Portorico), che assiste oltre 1.500 membri delle forze di sicurezza in alcuni settori specifici, come la fanteria leggera, il trasporto elicottero, ecc.".

Il Pentagono è stato poi costretto ad ammettere l'esistenza di proprie basi radar e stazioni d'ascolto terrestri (Gbr) nelle regioni meridionali di Guaviare (San José), Amazonas (Leticia) e Vichada (Marandúa). "Altri due radar della rete dei Caraibi dell'Us Air Force operano dalla penisola settentrionale della Guajira (Rioacha) e dall'isola di San Andrés, di fronte alla costa nicaraguense. Una quarta stazione radar Gbr è in fase di allestimento presso la base di Tres Esquinas (Putumayo)".

Formalmente queste installazioni radar sono sotto il controllo delle forze armate colombiane, ma l'elaborazione dei dati viene gestita da team di tecnici nordamericani, composti ognuno da 36-45 unità.

L'eco per l'incidente al velivolo-spia, consentiva inoltre la 'scoperta' di altri particolari inquietanti sull'impegno militare statunitense in Colombia. Il settimanale 'Newsweek' documentava la presenza nel paese di 300 militari, tra cui "almeno un centinaio di agenti della Dea e della Cia", e aggiungeva che gli avieri dell'RC-7 non erano le prime vittime Usa della 'guerra alla coca': "A partire dal 1997 sono morti tre piloti della società privata DynCorp (Virginia) contattata dal Pentagono per missioni di intercettazione antidroga. La DynCorp che conta in Colombia su 90 impiegati, in coordinamento con la Polizia nazionale ha lanciato tonnellate di defoglianti chimici sulla selva e ha effettuato incursioni in elicottero contro i laboratori di trasformazione".

Inizialmente il contratto firmato dal Dipartimento di stato prevedeva che la 'DynCorp' curasse l'addestramento del nucleo della polizia antidroga colombiana e autorizzava la partecipazione di sei piloti e di uno staff di circa dodici persone, quasi tutti veterani della guerra in Vietnam. A fine '96, il contrattista assunse direttamente la partecipazione nelle operazioni di eradicazione; solo che per mantenere 'coperta' la missione, il personale nordamericano utilizzò velivoli colombiani e uniformi dell'esercito nazionale. In seguito alle proteste di alcuni settori dell'aeronautica colombiana, la 'DynCorp' iniziò ad impiegare per le operazioni di fumigazione avionette di proprietà, ottenendo altresì un contratto per la manutenzione dei velivoli 'Turbo Trusch T-65' della polizia colombiana. A conferma dell'escalation delle operazioni di fumigazione chimica della Colombia, il valore del contratto firmato dal Dipartimento di stato con l'impresa privata della Virginia è passato dai 19,6 milioni di dollari del '96, ai 68 milioni del '98. Nell'ultimo anno gli aerei della 'DynCorp' hanno fumigato oltre 65.000 ettari nei dipartimenti meridionali di Guaviare e Caquetá, utilizzando il glifosato, un composto altamente tossico. Ne vedremo in seguito con quali effetti sociali e ambientali.
AEREI ED ELICOTTERI "PER LA LOTTA CONTRO LA DROGA"
Parallelamente al finanziamento delle operazioni di eradicazione aerea delle coltivazioni di coca, la Casa Bianca ha autorizzato un programma di riarmo delle forze di sicurezza colombiane che non ha paragoni con quanto fatto in passato in altre 'regioni di crisi' del continente americano. Solo negli ultimi tre anni, Washington ha inviato oltre mezzo miliardo di dollari in armi pesanti alla Colombia; il paese è divenuto così il maggior destinatario nel mondo dell''assistenza militare' degli Stati Uniti, accanto ad Israele ed Egitto.

"La presenza militare e gli aiuti degli Stati Uniti sono quasi nove volte maggiori di quelli che erano nella metà degli anni novanta" denuncia il rapporto presentato dai ricercatori Adam Isackson e Joy Olson del 'Center for Internacional Policy', uno dei maggiori centri indipendenti statunitensi sulle relazioni nazionali con il sud America. "La Colombia riceve oggi più assistenza militare da parte degli Stati Uniti in addestramento, armi ed equipaggiamenti di quanto è ricevuto congiuntamente da tutti i paesi dell'America Latina e dei Caraibi. Le missioni delle Forze speciali Usa nel paese andino sono passate dalle 20 del 1998 alle 34 dell'anno successivo. Se sino al 1995 la Colombia riceveva annualmente 30 milioni di dollari per la lotta al narcotraffico, nel 1999 si è raggiunta la cifra di 294 milioni di dollari". La quota maggiore degli aiuti militari è stata fornita dall''International Narcotics Control' (Inc), l'agenzia antidroga del Dipartimento di stato, che nel '99 ha stanziato per la Colombia 203 milioni di dollari, 195 dei quali finiti direttamente alle forze armate e alla polizia per migliorare l'operatività dei velivoli cargo C-130 e C-26 e dei pattugliatori veloci delle coste e dei fiumi interni.

Anche buona parte delle voci di spesa del 'Plan Colombia' sono indirizzate all'ammodernamento della componente aerea ed elicotteristica delle forze di sicurezza. Si prevede infatti il trasferimento alle forze armate di 16 elicotteri Uh-60 'Blackhawk' e 30 elicotteri Uh-1h nella nuova configurazione 'Super Huey', che si aggiungeranno ai 18 velivoli della stessa tipologia consegnati alla Colombia a fine '99. Inoltre sará avviata la modernizzazione del velivolo A-37 in possesso dell'aeronautica colombiana (il cosiddetto 'aereo fantasma' con funzioni similari al velivolo-spia Usa 'Rc-7 DeHavilland' precipitato nella selva), grazie a nuovi speciali visori infrarossi che ne rafforzeranno l'operatività notturna.

Attraverso un finanziamento supplementare di 99,5 milioni di dollari preannunciato da Clinton in occasione della sua recente visita in Colombia, alle forze armate locali potrebbero essere consegnati alcuni velivoli antispionaggio, tre velivoli da trasporto 'Bufalo' e apparecchiature sofisticate per il potenziamento della rete radar e d'intelligence. Si sta trattando altresì la fornitura di velivoli d'attacco A-10 'Warthog' per il supporto aereo alle truppe terrestri, e di elicotteri d'assalto 'Cobra', già utilizzati nelle operazioni di guerra in Kosovo. Uno di questi velivoli è stato filmato dall'emittente nazionale 'Rcn' all'interno di un hangar dell'aeroporto militare di Bogotá dopo essere stato messo a disposizione di alcuni piloti locali.

Il Dipartimento della difesa interverrà altresì per ampliare la flessibilità operativa della polizia nazionale colombiana, fornendo sistemi di comunicazione, armi e munizioni, e finanziando la costruzione di un imprecisato numero di "basi anti-droga" alla frontiera con Perú ed Ecuador. Nonostante il riconosciuto fallimento della politica di 'fumigazione' aerea (le aree destinate alla coltivazione delle foglie di coca si sono triplicate in meno di cinque anni), gli Usa forniranno alla polizia locale 12 elicotteri 'Super Huey' e due elicotteri 'Blackhawk' che opereranno dall'aeroporto meridionale di Guaymaral. Gli analisti militari sperano che la versatilità di questi strumenti possa essere determinante per vincere la resistenza delle basi nel sud della Colombia, nei dipartimenti del Putumayo e del Caquetá, sotto il controllo dei principali gruppi guerriglieri (Farc ed Eln).

A questi 'aiuti' già di per sé significativi, si devono aggiungere i sistemi d'arma acquistati dal governo colombiano attraverso il programma Usa delle 'Vendite militari all'estero 1999' (11 elicotteri Uh-60 'Blackhawh', 12 elicotteri d'addestramento Th-13 'Sioux', fucili leggeri, veicoli e munizioni) per un valore di 28 milioni di dollari, più una spesa di 40 milioni di dollari per le armi acquisite da imprese private statunitensi. L'amministrazione Clinton ha notificato al Congresso la possibilità di un ulteriore trasferimento di armi alla Colombia sempre grazie al programma di 'vendite all'estero 2000': si tratterebbe di un megacontratto di 221 milioni di dollari per 14 elicotteri 'Blackhawk' e differenti tipi di munizioni. Per la commessa, è già pronto un prestito a favore del governo di Bogotá di 20 milioni di dollari da parte della 'Export-Import Bank' degli Stati Uniti. Le forze di sicurezza colombiane potrebbero infine ricevere munizioni ed equipaggiamenti supplementari attraverso uno speciale 'fondo d'emergenza antidroga' di 58 milioni di dollari.

In realtà l''affaire Colombia' si sta trasformando in un immenso business per le aziende private statunitensi che operano nel settore militare. I colossi 'United Technologies' del Connecticut e la 'Bell-Textron' del Texas si sono aggiudicati la megacommessa per la componente elicotteristica del 'Plan Colombia', con un fatturato di oltre 320 milioni di dollari. Non a caso i manager delle due industrie avrebbero esercitato una forte pressione di lobbing su alcuni congressisti di ambo gli schieramenti, versando 1.250.000 dollari in 'contributi elettorali' nel periodo compreso tra il 1997 e il 1999. Accanto alla società 'DynCorp' della Virginia, si stanno inserendo in Colombia altre aziende specializzate nel fornire 'assistenza tecnica' e 'consiglieri militari' alle forze armate colombiane, favorite dal Pentagono per eludere le limitazioni degli emendamenti del Congresso che fissano il personale statunitense in Colombia a 250 addetti militari e 100 impiegati civili. Una di esse è la 'Eagle Aviation Services and Technology Inc.' che nella base aerea di Patricks starebbe per avviare l'addestramento di piloti colombiani da destinare alle attività di fumigazione dei campi di coca.

L'ultima di queste aziende 'di servizio' ad aprire una filiale a Bogotá è stata la 'Mpri' (Military Professional Resources Inc.), anch'essa con sede in Virginia, contattata per il sostegno logistico e l'addestramento della polizia e delle forze armate. La 'Mpri', il cui manager è il generale in pensione Ed Soyster, già direttore della Dia (la Defense Intelligence Agency), è una delle società private più note nelle aree di conflitto: essa ha fornito supporto logistico ad una serie di operazioni militari nei Balcani, in Medio Oriente e in Africa. Fondata appena dodici anni fa nella città di Alexandria, conta su un giro d'affari annuo di circa 12 milioni di dollari, con 160 dipendenti full-time, tra cui una serie di ex alti ufficiali delle forze armate statunitensi, come i generali Carl Vuono che guidò l'esercito durante l'operazione 'Desert Storm' e Crosbie 'Butch' Saint, ex comandante delle operazioni Usa in Europa.

La 'Mpri', in particolare, è stata impegnata nel rifornimento di munizioni e nel sostegno operativo agli eserciti croato e bosniaco durante le loro offensive contro le unità serbe. Le attività della 'Mpri' si sono incrociate con quelle della 'DynCorp' nel teatro di guerra dei Balcani: a quest'ultima società infatti, gli Stati Uniti hanno affidato nell'autunno '98 il compito di verificare il ritiro delle unità serbe dal territorio del Kosovo, dopo il rifiuto del leader yugoslavo Slobodan Milosevic di ammettere la presenza di monitor 'militari'. I dati raccolti dai 150 uomini contrattati dalla 'DynCorp' sono stati determinanti per l'operazione Nato di bombardamento in Kosovo e Serbia la primavera successiva.

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- Aiuti Militari Usa alle Forze armate e alla Polizia colombiana (anni 1996-2000)
- Trasferimenti sistemi d'arma Usa alla Colombia (anni 1996-2000)
- Il Plan Colombia varato dal Congresso Usa
- Offensiva nel sud della Colombia
- Intercettazione
- Polizia
- Sviluppo alternativo e Programmi economici
- Pentagono
- Diritti Umani e Giustizia

I COSTI AMBIENTALI DELLA GUERRA DELLE DROGHE IN AMERICA LATINA

Impatto socio-ambientale del "Plan "Colombia"
Il suo nome scientifico è 'Fusarium Oxysporum', un fungo elaborato in laboratorio nelle isole Hawaii attraverso esperimenti di manipolazione genetica degli scienziati del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti grazie al finanziamento dell'Agenzia delle Nazioni Unite per la lotta al traffico di droga UNDCP. Il 'Plan Colombia' prevede il suo uso massivo contro le coltivazioni di coca e oppio nell'area andina e nei dipartimenti amazzonici. Una vera e propria bomba ecologica la cui sperimentazione sarebbe già iniziata in Ecuador e i cui effetti ambientali sono tutt'altro che ignoti, al punto che il suo utilizzo è già stato proibito negli Stati Uniti, in Perù e nella stessa Colombia, dove a fine anni '70 il fungo colpì così gravemente le coltivazioni di ortaggi e tuberose del dipartimento di Boyacà, che l'Istituto colombiano per l'agricoltura fu costretto a proibire la semina per venti anni.

Una ricerca dell'Università Nazionale di Medellín effettuata per conto dell'Enlace, l'agenzia del ministero delle comunicazioni, ha spiegato come il 'Fusarium Oxysporum', grazie ad un patrimonio genetico "assai adattabile" a condizioni climatiche differenti, sia in grado di attaccare le piante e i microrganismi presenti nel suolo, sino a cinquanta centimetri di profondità. In pratica, non si conoscono piante in grado di sopravvivere all'uso del fungo ed i terreni 'trattati' "non possono servire per alcun processo di coltivazione alternativa". Gli effetti in larga scala del 'Fusarium' si sono fatti sentire particolarmente nella valle superiore dell'Huallaga del Perù, dove l'economia locale basata sulle coltivazioni di coca, fu annientata dalla comparsa del fungo che colpì la totalità delle altre specie seminate e costrinse la popolazione contadina all'esodo forzato, accelerando il trasferimento delle coltivazioni di coca dal Perù alla Colombia nei primi anni '90.

In particolare il 'Fusarium' produce l'appassimento e la putrefazione della radice di molti ortaggi e piante da frutto (il cosiddetto 'mal di Panama' che affetta i banani, o la malattia 'secadera' del maracuyà) così come il processo di cancrenizzazione degli alberi forestali. Il problema maggiore starebbe nella particolare variabilità genetica del 'Fusarium' e nella sua lunga vita biologica, tra i venti e i quaranta anni, in latenza sul suolo. Ciò ha conseguenze inimmaginabili sulle specie animali d'allevamento che vengono a contatto con il fungo. Le tossine prodotte nelle coltivazioni di mais, ad esempio, hanno generato conseguenze gravissime nei suini, come "la degenerazione del sistema genitale nota come 'sindrome estrogena'".

L'Università di Medellín nel suo rapporto sui danni ambientali del 'Fusarium Oxysporum', avverte inoltre sui gravi effetti alla salute umana: "il contatto con il fungo ha causato irritazione della pelle e di organi vitali come polmoni e stomaco". L'esposizione di animali ed esseri umani ha determinato la presenza di 'nivalenola', un composto che genera febbri, nausea, vomito, diarrea, leucopenia ed emorragie. In ben 244 aziende cocaleras situate nei dipartimenti di Putumayo, Caquetà e Guaviare sono state rinvenute coltivazioni gravemente danneggiate dal pericoloso fungo, a cui gli esperti della 'Junta Fiscalizadora contra las Drogas', l'agenzia investigativa antidroga della Procura colombiana, attribuiscono la causa della "maggioranza delle infermità che attaccano i contadini che si dedicano in queste zone alle coltivazioni illecite". In Amazzonia, il Fusarium sarebbe all'origine dell'esplosione dei casi di cancro e leucemia tra la popolazione e della riduzione delle capacità di difesa dalle infermità che derivano da affezioni virali o denutrizione.

Ciò nonostante, nell'ambito del vasto programma di fumigazione implementato grazie ai finanziamenti del Plan Colombia, il governo colombiano in collaborazione con l'amministrazione di Washington e l'UNDCP guidata dall'italiano Pino Arlacchi, ha avviato un progetto quadriennale per la sperimentazione e l'utilizzo dell'agente di controllo biologico, definito 'ambientalmente sicuro' per eradicare le piantagioni di coca. Secondo la bozza del progetto, la Colombia s'impegna a coprire i costi d'importazione, trasporto, immagazzinamento e utilizzo del fungo, così come i costi relativi alle attività d'indagine scientifica. Il paese sudamericano si assume infine la responsabilità di fronte a qualsiasi azione che paesi terzi potrebbero avviare contro l'agenzia delle Nazioni Unite, per i danni causati dalle attività sperimentali. Si avvia così la sperimentazione in vasta scala di una vera e propria bomba biologica, trasferendone gli oneri ambientali, sociali e monetari ad un paese che desidera legittimarsi internazionalmente per occultare cause ed effetti del conflitto interno, dopo decenni di violazioni dei diritti umani, sociali e politici.

Il progetto in atto è similare a quanto successo in tema di lotta alla droga durante la precedente amministrazione di Enesto Samper. Nel 1997, l'utilizzazione di erbicidi chimici o 'naturali' alternativi al vecchio glifosato sperimentato dalle compagnie private statunitensi, accanto all'abrogazione della norma costituzionale che vietava l'estradizione dei cittadini colombiani, furono le due richieste fatte dall'amministrazione Usa per assicurare alla Colombia la 'certificazione' di paese alleato nella lotta al narcotraffico. Un prezzo elevatissimo che il governo di Bogotà non si è sentito di rifiutare nonostante i rischi di altri disastri socioambientali da aggiungere a quelli causati da decenni di ininterrotte fumigazioni contro le coltivazioni di droga.

Da quando nel 1978 il dipartimento antinarcotici degli Stati Uniti ha imposto all'alleato l'eradicazione chimica delle piantagioni di marijuana, in Colombia sono stati sperimentati i più pericolosi erbicidi esistenti. Il primo di essi ad essere utilizzato nella Sierra Nevada di Santa Marta è stato il 'Paraquat', un composto chimico con una vita media ambientale di venticinque anni, che si lega indissolubilmente alle argille del suolo per cancellarvi ogni forma di vita. Nel 1985, sempre su pressione di Washington, l'Ica (Istituto colombiano per l'agricoltura) intraprese l'applicazione nelle vicinanze di San José del Guaviare dell'erbicida 'Triclopyr', caratterizzato dalla presenza del '2,4-D', il cosiddetto 'agente arancio' utilizzato dalle forze armate statunitensi contro le popolazioni vietnamite. L'anno successivo fu provata la sua pericolosità e l'azienda produttrice 'Dow Chemical Corp' fu diffidata dal commercializzarlo in Colombia. Ciò nonostante, il 'Triclopyr' è stato utilizzato massicciamente dalle forze armate statunitensi nell'area della selva venezuelana al confine con la Colombia, nel corso di un'operazione bilaterale del 1994 contro le coltivazioni di coca insediate dai narcos colombiani.

A fine anni '80 è stata la volta del defogliante 'Tebuthiuron', il cui uso era già stato vietato in Perù dopo che l'impresa produttrice, la statunitense 'Eli Lilly', lo aveva ritirato dal commercio per i "danni irreversibili agli ecosistemi terrestri ed acquatici, alla flora, alla fauna e agli stessi esseri umani, data la sua alta mobilità ed una forte permeabilità dalle acque superficiali a quelle sotterranee".

Ai defoglianti utilizzati "in via sperimentale" in Colombia negli anni '80, si è aggiunto l'uso sistematico del 'glifosato', etichettato dagli Stati Uniti come 'del tutto innocuo', ma di cui è stata provata la pericolosità per la salute dell'uomo e l'ambiente da parte di numerosi istituti scientifici ed universitari. In occasione della sua prima utilizzazione nell'84, l'esercito, per prevenire gravi pregiudizi alle popolazioni indigene della Sierra Nevada, fu costretto a continue e violenti evacuazioni dei villaggi. Il governo era entrato in possesso di un documento in cui la compagnia produttrice di glifosato, la 'Monsanto' di St. Luis, ammetteva che "piccole quantità dell'erbicida possono causare danni e distruzione della vegetazione e della fauna", specie in condizioni climatiche del tutto simili a quelle della Sierra e di buona parte della regione andina. Le attività di fumigazione danneggiarono seriamente l'ecosistema della Sierra Nevada, causando processi di deforestazione e di progressiva erosione del suolo, nonché la distruzione delle coltivazioni di caffè e cacao per decine di milioni di dollari. Alcuni ricercatori hanno provato l'avvelenamento di pesci e animali d'allevamento e l'aumento di casi d'anemia tra i gruppi indigeni. L'impatto del glifosato sull'ecosistema della Sierra Nevada ha avuto come conseguenza la sparizione di dieci dei trentacinque fiumi che fornivano le risorse idriche ai dipartimenti di Cesar, del Magdalena e della Guajira. Nel 1992, l'organizzazione ecologista internazionale 'Greenpeace' ha denunciato la presenza nel glifosato di "elementi dispersi altamente tossici come la polyoxethylamine (Poea) e la 1,4-dioxane". Sempre Greenpeace ha rivelato come il laboratorio chiamato a verificare la tossicità del glifosato avesse "alterato l'80% delle 22.000 prove realizzate per conto del governo degli Stati Uniti".

Dopo una breve attività di sperimentazione nella jungla meridionale di Panama, a partire dal '94 la dispersione aerea del glifosato si è estesa alle coltivazioni di coca dell'area andina, con dosi superiori del 400% rispetto a quelle utilizzate contro le coltivazioni di marijuana della Sierra di Santa Marta. Il presidente Ernesto Samper, ormai compromesso nell'indagine sui fondi elettorali del narcotraffico, tentò di utilizzare le campagne di fumigazione con il glifosato per ricucire lo strappo con Washington. Il governo firmò un accordo con la 'Nas' (Sezione per gli affari antidroga degli Stati Uniti), che fornì direttamente i velivoli e il composto chimico alla polizia colombiana; l'allora ministro della difesa, Fernando Botero, negoziatore con i padrini di Cali degli apporti finanziari alla campagna di Samper, per sostenere l'innocuità dell'erbicida, si fece fotografare accanto ai depositi di glifosato alla vigilia delle prime operazioni aeree di eradicazione.

Da quel momento la dispersione di glifosato sul territorio colombiano non si è più arrestata, la quantità dell'erbicida utilizzata si è più che quadruplicata in un paio di anni, così come si sono quadruplicati i costi per le operazione di fumigazione. Nel solo primo semestre del '98, per 'coprire' un'area di 38.600 ettari, le forze di sicurezza hanno speso sei milioni e centotrentamila dollari, a cui vanno aggiunti i costi del carburante fornito dal Nas, e quelli sostenuti per l'acquisto del glifosato, oltre cinque milioni e cinquecentomila dollari. Conti alla mano, la eradicazione chimica oltre che inutile e dannosa, si conferma una pratica notevolmente dispendiosa. Considerato che per fumigare un ettaro di foglie di coca sono necessari quasi trecento dollari in defoglianti, è possibile calcolare che negli ultimi sei anni sono stati spesi in Colombia, inutilmente, oltre cinquantatremilioni di dollari in glifosato.

A partire dal marzo '97 inoltre, le forze armate hanno iniziato a sperimentare nuovi erbicidi granulari, l''Imazapyr', di cui sono stati rilevati gli effetti contaminanti delle fonti d'acqua ed irritanti per le principali vie respiratorie, e la 'Hexaxinona', potente inibitore della fotosintesi, prodotto dalla multinazionale 'Dupont', che causa danni irreversibili agli occhi, alla pelle e all'apparato respiratorio delle persone che entrano in contatto con esso. L'uso di questi due composti nelle aree amazzoniche controllate dalle Farc è stato autorizzato dal governo in cambio dell'offerta di Washington di aiuti militari per cinque milioni di dollari. La Defensoría del Pueblo, organizzazione statale per la difesa dei diritti umani, è stata costretta a presentare un rapporto e denunciare la violazione dei diritti ambientali delle popolazioni soggette alle operazioni di fumigazione. La Defensoría ha segnalato che non erano state assolutamente rispettate le disposizioni tecniche per l'uso degli erbicidi e che non erano state adottate misure in materia di prevenzione della salute; ha constatato altresì la fumigazione di abitazioni e scuole e i 'danni incalcolabili' all'economia di sussistenza dei campesinos nella regione. "Nelle vicinanze di Santa Rosa e nella Laguna del Quemado, dove non esiste alcun tipo di coltivazione illegale, si sono distrutti centinaia di ettari di bosco naturale", afferma il rapporto della Defensoría del Pueblo. "Questo ecosistema lagunare è molto particolare perché è il centro di deposizione delle uova e di riproduzione di specie ittiche, è rifugio ecologico di uccelli, mammiferi ed altri gruppi toxonomici". La Defensoría ha inoltre raccolto una serie di dati sui danni causati a villaggi e coltivazioni legali durante la campagna di fumigazione eseguita nello stesso anno nel municipio di Puerto Guzmán (Putumayo). Le forze armate avvelenarono 360 ettari di coltivazioni di patate, canna, mais e banane, ed una cinquantina di bambini frequentanti una scuola nel villaggio di Alejandria furono colpiti da gravi problemi respiratori e da lesioni e desquamazioni alla pelle.

Le più recenti campagne di fumigazione chimica hanno avuto effetti ancora più drammatici. Sempre a Puerto Guzmán, l'11 aprile 2000, la Polizia antinarcotici ha causato la distruzione di centinaia di coltivazioni di platano e mais, la morte di numerosi animali dimestici e infermità tra la popolazione, costretta poi ad abbandonare i propri villaggi. Enormi danni alle coltivazioni di frutta e legumi si sono verificati nel dipartimento di Huila, in occasione di una massiccia operazione di fumigazione con glifosato verso la fine del maggio 2000, in una zona dove da alcuni anni erano state eradicate tutte le piantagioni di papavero da oppio. Due giovani ragazze indigene sono morte il 13 febbraio '99 in seguito ad un'operazione di fumigazione della polizia, nel settore di Caquiona, dipartimento del Cauca. Nel Guaviare, dove è stata fumigata una superficie di 96.000 ettari di terra (cioè quattro volte le aree che secondo le autorità militari sono destinate nella regione alla produzione di coca), ci sono stati mitragliamenti indiscriminati a danno dei coltivatori e delle comunità indigene, e sono state colpite decine di aziende agricole con danni incalcolabili alle coltivazioni. Tra i più danneggiati, le beneficiarie del progetto 'Donne rurali' finanziato dalla diocesi locale e dalla cooperazione internazionale. Analogo il quadro delle violazioni ai diritti umani in Caquetà, Meta ed in particolare nel Vaupés, dipartimento che ha accolto a partire del '98 i coltivatori fuggiti dal Guaviare, dove si sono registrate ripetute fumigazioni di scuole e villaggi indigeni.

Nel Caguán, oggi sede dell''area di distensione' per la trattativa tra le Farc e l'amministrazione Pastrana, a fine anni '90 è stato distrutto il 17% delle coltivazioni destinate alla produzione di caucciù e di altri prodotti indicati come 'alternativi' alla produzione di coca. L'uso intensivo di defoglianti ha contaminato le acque dei fiumi, con la conseguente morte di pesci, uccelli acquatici e pollame, e un impressionante numero di aborti tra le vacche. Anche nel Caguán sono state colpite una serie di aziende sostenute dal programma di 'sviluppo alternativo' del vicariato di San Vicente-Puerto Leguízamo, dedite in particolare alla coltivazione di banane, mais, yuca e ortaggi destinanti alle mense scolastiche e agli anziani.

Le popolazioni indigene, predominanti nei territori amazzonici, sono coloro che stanno pagando più di tutte, dal punto di vista culturale, economico e sociale le conseguenze della fumigazione e dei processi legati alla produzione a al mercato degli stupefacenti. Queste comunità, accanto alle famiglie di coloni sfollate dalle operazioni militari, loro malgrado, sono spinte all'inesorabile confronto con la guerra e il narcotraffico. Ciò, secondo il ricercatore di 'Acción Andina' Ricardo Vargas Meza, sta conducendo ad una "polarizzazione geografica e sociale" dei dipartimenti meridionali ed amazzonici della Colombia, che "acquisiscono una connotazione geopolitica nel contesto del conflitto armato con una relativa maggiore legittimazione delle guerriglie, poiché lo Stato non si presenta in questo processo come un fattore esterno, ma legato ad un interesse di parte".

Le campagne aeree hanno generato un circolo vizioso: la contaminazione dell'ambiente in seguito alla fumigazione ha causato la migrazione dei coltivatori verso zone più protette e difficili da controllare. Il trasferimento e l'ampliamento delle coltivazioni illecite ha già significato la deforestazione di 203.000 ettari di bosco; nel Caquetá è già andato distrutto l'80% del patrimonio forestale, mentre nella regione andina (dove alla produzione di coca si sono sommati gli effetti dell'allevamento estensivo), si è persa più del 74% della copertura forestale e dei boschi secchi tropicali resta solo l'1,5% dell'estensione originale. Il Ministero dell'Ambiente avverte che sono tre le aree caratterizzate daIla spiccata biodiversità ad altissimo rischio di distruzione: il piedimonte amazzonico con 66.800 ettari, la Serranía de San Lucas con 8.500 ettari e il Magdalena Medio con 7.800 ettari. Il pregiudizio all'ecosistema è incalcolabile: in Colombia, secondo Undp, sono a rischio di estinzione trentacinque specie di mammiferi, settantaquattro di uccelli e quindici di rettili.

Alle conseguenze dirette delle fumigazioni vanno poi aggiunti i costi ambientali per l'uso dei composti chimici utilizzati per le colture o durante il processamento della pasta di coca. Gli esperti calcolano che annualmente vengono sparsi dai coltivatori oltre 900 tonnellate di erbicidi responsabili della sterilizzazione parziale del suolo e della trasformazione qualitativa e quantitativa della microflora e dei composti organici dei terreni. Ad essi si aggiungono 16.000 tonnellate di fertilizzanti e 450 tonnellate di antiparassitari. E' stato accertato l'uso massivo nel sud della Colombia di sessantuno prodotti il cui uso è "fortemente sconsigliato" dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti. Essi giungono clandestinamente dal confinante Ecuador. Tra gli erbicidi più noti per la loro tossicità sono stati individuati il 'Roundup' (glifosato), il 'Thiodan' e il 'Faena'; tra gli insetticidi il 'Furadan', il 'Sevin', il 'Malation' e il 'Lorsban'.

"In queste aree si sta incubando una generazione di mutanti e di ritardati mentali", hanno denunciato i ricercatori della 'Junta contra las Drogas' colombiana. Secondo essi l'80% dei contadini del Putumayo e del Caquetà, il cui salario non supera i quattro dollari al giorno, utilizzano il 'Parathion' e il 'Tamaron', insetticidi composti da fosfati altamente tossici. "Essi producono in coloro che li manipolano senza mezzi di sicurezza difficoltà nell'articolazione del linguaggio, perdita della coscienza, paralisi e stati di coma" afferma il rapporto della Junta, che segnala altresì come "in 190 aziende è stato appurato l'utilizzo del 'Paraquat', sotto la marca di 'Gramoxone', catalogato tra gli erbicidi più tossici prodotti al mondo". Coloro che utilizzano periodicamente il 'Paraquat' soffrono di ulcere alla pelle e desquamazioni alle mani, trasformazioni nel colore e irregolarità delle unghie e in alcuni casi persino della loro perdita. Inoltre sono cronici il bruciore e la lacrimazione degli occhi, il vomito, la tosse, il dolore muscolare generale e in alcuni casi il sanguinamento dalle narici. La contaminazione degli occhi causa inoltre congiuntiviti e opacità delle cornee e persino cecità temporali o permanenti.

Nelle attività di trasformazione della coca entrano altre sostanze altamente pericolose. La pratica di mescolare cemento ed urea con le foglie tagliate, ad esempio, colpisce direttamente la vegetazione che sorge accanto ai laboratori di trasformazione e genera gravi problemi alle vie respiratorie degli addetti alla produzione. Altrettanto nefasta la consuetudine di mescolare le foglie trattate nei bidoni di benzina per estrarre l'alcaloide, i cui scarti di lavorazione, ricchi di sostanze colloidali, vengono riversati nei suoli e nelle fonti d'acqua. Altri due composti entrano in attività nella fase finale di estrazione della pasta di coca, l'acido solforico e il carbonato di sodio, i cui residui vengono anch'essi versati in fonti d'acqua o dispersi nel suolo. L'alto numero di queste sostanze chimiche utilizzate nel processamento è all'origine di una serie di malattie gastrointestinali e respiratorie ormai endemiche nelle regioni cocalere e che colpiscono in particolare i soggetti più giovani della popolazione.

Gli studiosi colombiani hanno calcolato che annualmente nelle vari fasi di processamento sono impiegati 50.000 tonnellate di cemento, 250 milioni di litri di benzina e 120.000 litri di acido solforico. Siamo di fronte ad una tragedia ambientale di dimensioni epocali, dove non risultano estranei gli interessi economici di alcune delle maggiori compagnie multinazionali che monopolizzano l'importazione in Colombia dei composti più utilizzati per la produzione di cocaina. La 'Shell' ad esempio è l'unica fornitrice di acetone, la cui importazione è giustificata a favore di una propria fabbrica di sigarette a Cali, mentre i giganteschi carichi di bicarbonato di sodio che giungono in Colombia, vengono autorizzati per le esigenze di alcune case di dentifrici, tra cui la Colgate.

Tuttora l'80% dei precursori chimici necessari per la lavorazione della coca viene importato legalmente dagli Stati Uniti, il 16% dall'Europa e il resto da Venezuela, Messico e Cina. Ad essi si aggiungono i composti introdotti illegalmente in Colombia (in particolare acetone ed etere), dalle organizzazioni criminali strutturatesi in veri e propri 'cartelli dei procursori chimici'. "Mentre si sovracriminalizzano i produttori - commenta il ricercatore Ricardo Vargas Meza - si lascia fuori ogni disposizione internazionale in tema di riciclaggio e di contrabbando di armi e non si tocca il tema dell'importazione nel paese di precursori chimici per il processamento degli stupefacenti, diluendo così la responsabilità dei paesi del Nord del mondo, loro principali esportatori".

'tutti siamo figli della terra'

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