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La storia dei refrigeranti inizia
nel 1834, pochi anni dopo che S. Carnot formulò le sue teorie sul ciclo
frigorifero.
Nel XIX secolo i fluidi utilizzati erano tutti "naturali":
acqua, ammoniaca, anidride solforosa, anidride carbonica, eteri. Nel 1912 Linde
propone il protossido d'azoto e, poco dopo il 1920, un impianto frigorifero
funzionante a etano e propano.
La pericolosità dell'utilizzo di tali fluidi
spinse, negli anni trenta, la Frigidaire a proporre sul mercato nuovi
refrigeranti, che consentissero una maggiore sicurezza d'uso.
A partire dal 1930 fanno la comparsa sul
mercato i primi fluidi clorurati: R11, R12 e, via-via negli anni, R22 e R502.
Da questa periodo nel mondo del freddo si è
badato all’utilizzo di fluidi stabili chimicamente, con buone proprietà
termodinamiche, non tossiche e non infiammabili.
Gli elementi chimici che
hanno potuto garantire tali requisiti sono il cloro ed il fluoro che sono
entrati a far parte in gran quantità nella composizione dei CFC
e degli HCFC.
Quando però il problema del buco dell'ozono e dell'effetto serra sono saliti alla ribalta internazionale
si è visto che i CFC non potevano più essere accettati, dato che contribuivano
notevolmente all’aggravarsi dei due problemi, stante proprio la presenza nella
loro composizione del cloro e del fluoro.
Il problema ambientale
È il 1974 quando due scienziati americani,
Rowland e Molina, illustrano la loro teoria secondo la quale il cloro contenuto
nei CFC agisce da elemento distruggitore dello strato di ozono
atmosferico.
L’assottigliamento di quest’ultimo porta ad una maggiore
incidenza dei raggi ultravioletti del sole sulla Terra.
Per tale teoria
Rowland e Molina vengono insigniti del Premio Nobel per la chimica.
L’industria del freddo si è trovata fortemente coinvolta di fronte a queste problematiche, visto che per quarant’anni aveva concentrato i propri sforzi di ricerca in ben altre direzioni e che proprio il cloro costituiva il punto di forza per ottenere determinati requisiti dei fluidi.
Le esigenze ambientali richiedevano l’eliminazione del cloro per evitare di contribuire ulteriormente al danneggiamento dell’ozono, le tecnologie industriali possedute non permettevano di rinunciare tutto ad un tratto ed in maniera così drastica all’utilizzo del cloro per la produzione dei refrigeranti.
Nel 1984 viene firmata la Convenzione di Vienna e nel 1987 il Protocollo di Montreal, entrato in vigore nel 1989, primo accordo a livello internazionale che stabiliva la progressiva riduzione nel tempo dell’uso dei CFC fino ad una diminuzione del 50% della produzione e dei consumi entro il 1999.
Nel 1990, alla Conferenza di Londra, fu deciso di sospendere la produzione dei CFC entro il 2000.
Nel 1991 la Comunità Economica Europea approva il Regolamento 594/91 in cui si prevede il bando dei CFC entro il 1997.
Nel 1992 si svolge a Copenaghen la Riunione
delle Parti aderenti al Protocollo di Montreal.
In virtù degli allarmanti
rapporti sullo stato dell’ozono atmosferico si decide di portare un emendamento
al Protocollo in cui si anticipa il bando dei CFC al 1 gennaio
1996.
Contemporaneamente si indicano come sostanze lesive dell’ozono anche i
refrigeranti HCFC.
Alla fine del 1992 la Comunità Economica Europea approva un nuovo Regolamento (il 3952/92) che fissa il termine per la produzione dei CFC al 31 dicembre 1994.
Nel 1993 il Parlamento Italiano approva la legge n. 549 "Misure per la protezione dell'ozono atmosferico" in cui si ribadisce la data del 31 dicembre 1994 come termine per la messa al bando dei CFC.
Nel 1994 viene approvato il regolamento europeo 3093/94 che fissa definitivamente l’arresto della produzione dei CFC al 31 dicembre 1994 e scandisce le varie tappe per la messa al bando degli HCFC.
Nel 1997 il Parlamento Italiano approva la legge n.179 "Modifiche alla legge 28 dicembre 1993, n.549, recante misure a tutela dell'ozono stratosferico", in cui vengono recepite le disposizione del regolamento europeo 3093/94.
Nel 1998, alla Conferenza mondiale di Kyoto, viene deciso di includere anche i refrigeranti HFC tra le sostanze responsabili dell’effetto serra.
Il 5 maggio 2000 viene approvato il nuovo Regolamento CE 2037/00, a parziale
modifica del regolamento 3093/94, che disciplina il programma di dismissione
d’uso degli HCFC.
Esso è entrato in vigore in data 1 ottobre 2000.
Il 3 ottobre 2001 viene emanato il decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio "Recupero, riciclo, rigenerazione e distribuzione degli halon" in cui si stabilisce la necessità di provvedere urgentemente a disciplinare il recupero e la distruzione dei clorofluorocarburi utilizzati nelle apparecchiature di refrigerazione e condizionamento d'aria.
I nuovi fluidi
Per ridurre la presenza del cloro nella
composizione dei fluidi frigoriferi si è ricorsi alla sua sostituzione con atomi
di idrogeno.
Questo elemento conferisce, tra l’altro, una maggiore
instabilità chimica al refrigerante una volta liberato in atmosfera e quindi una
sua più rapida dissoluzione e una
minore concentrazione nel tempo (cosa che attenua anche l’effetto di
surriscaldamento della Terra).
L’obiettivo di potenziale di distruzione
dell’ozono nullo è stato raggiunto con gli idrofluorocarburi (HFC), in cui
il cloro è stato completamente
eliminato e sostituito dall’idrogeno.
Ciò comporta, però, il dover affrontare un nuovo problema: se
la quantità di idrogeno che
compone la sostanza è rilevante il fluido diventa infiammabile.
In effetti
alcuni HFC (R32, R143a e R152a) risultano essere infiammabili alle normali
condizioni ambiente.
Oramai gli spazi all’interno dei quali ci si può muovere sono ben ristretti: da un lato c’è la necessità di eliminare il cloro dalla composizione dei fluidi frigoriferi per motivi di compatibilità ambientale, da un altro c’è l’esigenza di evitare sostanze che contengano troppo idrogeno perché potrebbero risultare infiammabili, da un altro ancora di limitare la presenza di fluoro che è un elemento che conferisce stabilità alla molecola di refrigerante anche quando liberata in atmosfera e quindi contribuisce all’effetto di surriscaldamento della Terra (effetto serra).
Attualmente si stanno sperimentando nuove miscele di HFC e idrocarburi e sempre maggiore
interesse viene riposto nella "riscoperta" dei fluidi naturali, i primi
refrigeranti utilizzati nella storia della refrigerazione.
Infatti, gli
HFC, pur non comportando conseguenze sull'ozono, risultano contribuire
notevolmente al surriscaldamento della Terra (effetto serra).
I refrigeranti del futuro dovranno soddisfare requisiti ambientali, di efficienza energetica e di sicurezza d'uso.