STORIA

 

IL CONTESTO STORICO

Oltre ad agire fenomeni di natura ideologica o teoretica, importante, per l’aumento della crisi, fu il contesto storico: lo scoppio di una guerra non voluta e non necessaria e i gravi problemi portati da essa contribuirono in misura notevole ad abbassare la fiducia della gente nella speranza in un mondo sereno. Inoltre si assistette in quegli anni alla nascita dei regimi totalitari e delle società di massa, che privarono l’individuo delle ultime certezze che gli erano rimaste: l’individualità e la libertà. La fine della Prima Guerra Mondiale, costata all’Europa dieci milioni di morti, non portò solo un mutamento nel quadro politico e territoriale europeo, ma lasciò anche in eredità una grande instabilità economica, sociale e politica, una profonda crisi morale, un radicale mutamento della cultura e delle tradizioni. Si capisce allora come sia potuta accadere l’esperienza dei totalitarismi in quei paesi maggiormente colpiti dagli effetti negativi della guerra: Germania e Italia. Le varie crisi politiche e istituzionali, aggravate ancor più dal tracollo finanziario di Wall Street che mise in ginocchio le già deboli economie europee, rafforzarono le critiche alle democrazie parlamentari; negli anni Venti assistiamo così all’ascesa del Fascismo mussoliniano, mentre negli anni Trenta sale al potere, in Germania, Hitler, capo del movimento nazista. Entrambi i movimenti seppero sfruttare alla perfezione il malcontento dell’opinione pubblica nei confronti dell’andamento delle democrazie parlamentari, i cui governi erano messi in grave crisi dal dissesto economico-finanziario e dall’ascesa dei nuovi partiti di massa. Sia il fascismo che il nazismo capirono che il potere politico poteva essere conquistato solo dall’interno e non attraverso un colpo di stato, il quale avrebbe provocato la rottura delle alleanze e la diffidenza delle classi moderate. Il loro scopo quindi fu quello della conquista del consenso in misure sempre maggiori, sfruttando l’inquietudine dell’opinione pubblica, spaventata dai partiti e dalle organizzazioni del movimento operaio. Grazie al ricorso allo squadrismo, alle divisioni dell’opposizione ed alla debolezza dei governi allora vigenti, queste formazioni di estrema destra ottennero un consenso sempre maggiore fra le classi popolari e borghesi, consenso che permise ad esse di giungere al potere tramite vie legalitarie. Una volta giunti alla guida del governo, entrambi i dittatori attuarono una grande opera legislativa e riformatrice, atta a liberare il loro partito da qualsiasi forma d’opposizione ed a garantire la maggioranza elettorale. Lo stato totalitario era così fondato, basato su una forte dittatura personale e su un partito unico, con l’intenzione di riorganizzare il Paese e l’intera società, inquadrando le masse nella struttura del regime e condizionandole sia nella mentalità, sia nei comportamenti. Per attuare questo scopo gli stati totalitari fecero leva su una massiccia propaganda e sulla repressione di ogni forma di opposizione, sia politica che sociale.

La presenza del partito divenne sempre più incombente nella vita privata, vennero create numerose organizzazioni propagandistiche, assistenziali ed educative atte a seguire la crescita del singolo fin dalla nascita ed ad inquadrare ogni sua attività all’interno della vita del partito. Il regime totalitario quindi si basava essenzialmente sulla idea della società di massa, cioè una società nella quale la grande maggioranza della popolazione vive secondo modelli di comportamento generalizzati, secondo un conformismo morale che sopprime l’originalità dell’individuo in nome del benessere comune, una società passiva di fronte ai problemi della vita politica, economica e sociale. I metodi attraverso i quali si giunse al consenso furono, per così dire, "artificiali", cioè non basati principalmente sull’adesione spontanea. Lo stato poteva intervenire o mediante il controllo della socializzazione sui giovani (tramite una scolarizzazione attentamente controllata e con organizzazioni giovanili) oppure, sui soggetti adulti, per mezzo dell’indottrinamento, dell’esaltazione di un’ideologia, dell’impiego dei mezzi di comunicazione di massa o, come ultima soluzione, della repressione. In questo contesto la manipolazione delle informazioni assunse un’importanza sempre maggiore; infatti l’equazione "società di massa = suggestione, imitazione, impulsività" ben spiega questo fenomeno: tramite l’utilizzo di forme di comunicazione di massa, quali la radio, la stampa, le conferenze pubbliche, è possibile "suggestionare" la società affinchè essa si comporti in un determinato modo ("imitazione") e affinchè, alla fine, sostenga e difenda con vigore quel modo di vita che le è stato applicato ("impulsività").

IL CONTESTO STORICO

Oltre ad agire fenomeni di natura ideologica o teoretica, importante, per l’aumento della crisi, fu il contesto storico: lo scoppio di una guerra non voluta e non necessaria e i gravi problemi portati da essa contribuirono in misura notevole ad abbassare la fiducia della gente nella speranza in un mondo sereno. Inoltre si assistette in quegli anni alla nascita dei regimi totalitari e delle società di massa, che privarono l’individuo delle ultime certezze che gli erano rimaste: l’individualità e la libertà. La fine della Prima Guerra Mondiale, costata all’Europa dieci milioni di morti, non portò solo un mutamento nel quadro politico e territoriale europeo, ma lasciò anche in eredità una grande instabilità economica, sociale e politica, una profonda crisi morale, un radicale mutamento della cultura e delle tradizioni. Si capisce allora come sia potuta accadere l’esperienza dei totalitarismi in quei paesi maggiormente colpiti dagli effetti negativi della guerra: Germania e Italia. Le varie crisi politiche e istituzionali, aggravate ancor più dal tracollo finanziario di Wall Street che mise in ginocchio le già deboli economie europee, rafforzarono le critiche alle democrazie parlamentari; negli anni Venti assistiamo così all’ascesa del Fascismo mussoliniano, mentre negli anni Trenta sale al potere, in Germania, Hitler, capo del movimento nazista. Entrambi i movimenti seppero sfruttare alla perfezione il malcontento dell’opinione pubblica nei confronti dell’andamento delle democrazie parlamentari, i cui governi erano messi in grave crisi dal dissesto economico-finanziario e dall’ascesa dei nuovi partiti di massa. Sia il fascismo che il nazismo capirono che il potere politico poteva essere conquistato solo dall’interno e non attraverso un colpo di stato, il quale avrebbe provocato la rottura delle alleanze e la diffidenza delle classi moderate. Il loro scopo quindi fu quello della conquista del consenso in misure sempre maggiori, sfruttando l’inquietudine dell’opinione pubblica, spaventata dai partiti e dalle organizzazioni del movimento operaio. Grazie al ricorso allo squadrismo, alle divisioni dell’opposizione ed alla debolezza dei governi allora vigenti, queste formazioni di estrema destra ottennero un consenso sempre maggiore fra le classi popolari e borghesi, consenso che permise ad esse di giungere al potere tramite vie legalitarie. Una volta giunti alla guida del governo, entrambi i dittatori attuarono una grande opera legislativa e riformatrice, atta a liberare il loro partito da qualsiasi forma d’opposizione ed a garantire la maggioranza elettorale. Lo stato totalitario era così fondato, basato su una forte dittatura personale e su un partito unico, con l’intenzione di riorganizzare il Paese e l’intera società, inquadrando le masse nella struttura del regime e condizionandole sia nella mentalità, sia nei comportamenti. Per attuare questo scopo gli stati totalitari fecero leva su una massiccia propaganda e sulla repressione di ogni forma di opposizione, sia politica che sociale.

La presenza del partito divenne sempre più incombente nella vita privata, vennero create numerose organizzazioni propagandistiche, assistenziali ed educative atte a seguire la crescita del singolo fin dalla nascita ed ad inquadrare ogni sua attività all’interno della vita del partito. Il regime totalitario quindi si basava essenzialmente sulla idea della società di massa, cioè una società nella quale la grande maggioranza della popolazione vive secondo modelli di comportamento generalizzati, secondo un conformismo morale che sopprime l’originalità dell’individuo in nome del benessere comune, una società passiva di fronte ai problemi della vita politica, economica e sociale. I metodi attraverso i quali si giunse al consenso furono, per così dire, "artificiali", cioè non basati principalmente sull’adesione spontanea. Lo stato poteva intervenire o mediante il controllo della socializzazione sui giovani (tramite una scolarizzazione attentamente controllata e con organizzazioni giovanili) oppure, sui soggetti adulti, per mezzo dell’indottrinamento, dell’esaltazione di un’ideologia, dell’impiego dei mezzi di comunicazione di massa o, come ultima soluzione, della repressione. In questo contesto la manipolazione delle informazioni assunse un’importanza sempre maggiore; infatti l’equazione "società di massa = suggestione, imitazione, impulsività" ben spiega questo fenomeno: tramite l’utilizzo di forme di comunicazione di massa, quali la radio, la stampa, le conferenze pubbliche, è possibile "suggestionare" la società affinchè essa si comporti in un determinato modo ("imitazione") e affinchè, alla fine, sostenga e difenda con vigore quel modo di vita che le è stato applicato ("impulsività").

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