Come
insegnare al mio bambino a fare le feci nel water.
D.ssa Silvia
Mignani
Ospedale
Pediatrico Bambin Gesù
Palidoro
Quando il
bambino impara a fare le feci in bagno risponde a due tipi di
richieste/pressioni:
quelle esplicite e quelle implicite.
Le prime
provengono sia dalla famiglia (l'educazione), sia dal contesto sociale
(essere puliti è, nella nostra società, sinonimo di buono, mentre lo
sporco ed il cattivo odore è sinonimo di cattivo - spesso per convincere
i bambini a non
toccare qualche cosa si dice loro "è cacca" ), sia dalla
naturale
predisposizione evolutiva all'autonomia personale. Le richieste implicite
riguardano in particolare i genitori e sono caratterizzate dalle loro
emozioni, dalle aspettative verso il figlio, dagli schemi personali di
riferimento
relativi alla defecazione ed allo sporco.
Sappiamo
inoltre che, affinchè questo apprendimento abbia luogo, deve essere
ben avviata
la maturazione del sistema neurologico deputato al meccanismo del
contenimento degli sfinteri e devono altresì essere elaborate e maturate
a livello
emotivo e fantastico tutta una serie di vissuti-emozioni personali legati alle
feci ed all'interno del corpo.
Per
trovare quindi il modo migliore per insegnare al proprio figlio a fare
le feci nel
water è necessario conoscere ed entrare nella complessità dei vari
meccanismi che si trovano alla base di una attività che a noi adulti
sembra
semplice e scontata.
Anche
per i bambini con atresia ano-rettale dobbiamo sapere che non stiamo
parlando
solamente di un organo più o meno compromesso nella sua funzionalità,
ma stiamo affrontando un tema che coinvolge la maturazione neurologica,
la maturazione psicologica e l'elaborazione integrata degli aspetti
affettivo-emotivi interiori del bambino e quelli dei genitori.
Iniziamo
molto brevemente e sommariamente dagli aspetti neurologici.
Contenere le
feci e rilasciarle volontariamente presuppone la percezione accurata e
differenziata dello stato di riempimento del retto. Questo vuol dire che le
sensazioni registrate a livello rettale devono arrivare al cervello ed
essere riconosciute e decodificate; da qui deve partire "l'ordine"
di rilasciare o meno lo sfintere per permettere o non permettere l'evacuazione.
Questi
messaggi in arrivo ed in partenza dal cervello percorrono una strada
neuronale
che, per essere totalmente funzionante, deve essere completamente ricoperta da
una guaina ( come i fili elettrici). Tale guaina è sicuramente completa
entro i primi 5-6 anni di vita.
E' vero che
in generale si inizia l'educazione degli sfinteri intorno ai 2-3 anni e che
spesso riesce, ma è pur vero che solamente dopo i 5-6 anni, se il bambino non
ha ancora raggiunto il controllo dei suoi sfinteri in maniera soddisfacente,
possiamo parlare di una patologia o neurologica o psicologica o urologica.
Questo in
assenza di danni specifici, ma nelle atresie ano rettali in cui la
situazione percettiva e la risposta motoria sono disturbate, diventa
ancora più
difficile stabilire la differenza tra quanto il piccolo può, quanto
sappia e
quanto voglia gestire i suoi sfinteri. Per questo è necessario un confronto
continuo con il chirurgo che saprà dare indicazioni fondamentali su quanto il
bambino può e con lo psicologo che saprà aiutare a capire quanto il
bambino è pronto per lanciarsi in questa avventura della sua vita.
E' necessaria
comunque molta cautela perchè comunque l'idea che il bambino ha del suo
corpo non è come quella che un adulto ha del suo. Il bambino non ha, verso i
2-3 anni, ancora chiara la comprensione del dentro/fuori; pieno/vuoto,
ma ha alcune sue teorie su questo. Inoltre non ha una percezione
accurata che discrimini i vari distretti muscolari interessati all'evacuazione
ed alla percezione dello stimolo. La sua percezione può essere
definita come più globale e più irrazionale rispetto a quella di un
adulto ed è
inoltre intrisa di significati affettivi.
In
particolare i bambini con atresie hanno un vissuto più intenso e più
complesso del
loro corpo e della zona anale e rettale per i continui interventi
subiti siano stati chirurgici o riabilitativi comunque vissuti soggettivamente
come intrusivi.
Per il
bambino è quindi molto complesso associare delle sensazioni specifiche a
degli schemi mentali non ancora ben specificati e compresi.
Per un adulto
è scontato che urine e feci siano il prodotto del corpo e che vadano
allontanate definitivamente come -inutili ed indesiderate-.
Per il
bambino, specialmente le feci per la loro consistenza più solida, sono pezzi
del suo corpo che per qualche motivo vengono messi fuori e per altri motivi
devono essere fatte "sparire" dai genitori che produrranno
commenti di
vario tipo.
Visto in
questo modo appare abbastanza chiaro che più il bambino è sicuro di avere
tanto dentro di sè e che questo tanto non viene intaccato dalla perdita delle
feci perchè comunque ce ne è sempre tanto ed è buono, e che più è
fiducioso dell'ambiente familiare e sociale che gli consigliano di separarsi
dalle feci più seguirà le
indicazioni con serenità. Inoltre anche
le emozioni negative che tutti i bambini provano ed esprimono, come ad
esempio la rabbia giocano un ruolo importante nel contenimento sfinterico.
Più il
bambino avrà percepito che i genitori hanno potuto accogliere e contenere le
sue emozioni senza esserne a loro volta spaventati o arrabbiati oltre misura
più eviterà di investire di significati relazionali le sue feci.
Questo
è un concetto forse di difficile comprensione.
Il bambino può
dare alle sue feci il potere e la capacità di "dare fastidio"
ai genitori
ed all'ambiente.
Egli non si
assume apertamente la responsabilità di un atto aggressivo, ma lo
"delega" inconsciamente alle sue feci che userà non
volontariamente ed in maniera
passiva per: sporcare = rompere = rendere brutto.
In un primo
momento però, è inevitabile e naturale che il bambino sporchi le mutandine o
il pavimento, che voglia toccare le sue feci, che voglia capire da dove
escono e che voglia sapere dove vanno a finire quando scompaiono.
Legato a
questo ultimo aspetto è il comportamento di molti bambini che si rifiutano di
far scomparire le feci nel water e pretendono che vengano conservate
per un po’ nel pannolino posizionato nel vasino o nel water stesso.
L'atteggiamento
dei genitori, ma prevalentemente la loro posizione mentale, dovrà essere
di affiancamento nella scoperta di tutte queste novità relative al corpo e
alle possibilità del bambino, di contenimento delle paure e di proposizione
affettiva di significati da dare alla realtà.
Come tutti
gli apprendimenti anche questo del contenimento delle feci è e deve essere
per il bambino un momento di scoperta e deve basarsi sulla motivazione
ad acquisire una ulteriore abilità ed a conoscere un altro aspetto
interessante della realtà.
In linea di
massima sono da evitare richiami aggressivi al rispetto della pulizia
(sgridate, sculacciate, ecc.) o biasimo per quanto fatto ( sei proprio un
cattivo bambino, sei sporco, ecc. ) o ricatti affettivi ( mamma sta male se
fai così, o piange, o muore, ecc.) o minacce ( diventerai brutto, non
crescerai più, ecc.)
E' meglio far
leva sugli aspetti di crescita e di autonomia, di scoperta e di fiducia (
questa volta ti è scappata, la prossima volta andrà meglio ).
Naturalmente
questi messaggi positivi devono essere in sintonia con atteggiamenti
e pensieri più globali rispetto al bambino.
Nel prossimo
numero approfondiremo il tema dell'importanza che hanno le convinzioni e
la personalità dei genitori nell'educazione al contenimento degli
sfinteri, come il bambino può reagire in base alla sua storia chirurgica e
clinica, il peso della paura dell'isolamento sociale per il proprio
figlio.