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Miti e leggende: la creazione umana, la creazione del mondo, racconti d'amore, visioni della fine del mondo

 

 

  Le leggende di seguito riportate sono espressione del cuore e dell’anima dei popoli nativi del Nord America. Esse non sono state raccontate semplicemente per divertire o istruire: sono prima di tutto credute, simboli di una religione vivente capaci di unire la gente di oggi ai popoli di ieri. Pur variando secondo il modo di vita di un popolo, la geografia ed il clima in cui vivono, ciò che le contraddistingue è il comune interesse universale per argomenti che riguardano il mondo nel quale vivono gli esseri umani. Attraverso di esse si può dare uno sguardo agli ordinamenti sociali e alla vita quotidiana e osservare così come erano organizzate le famiglie e quale era il modo di operare delle strutture politiche, come gli uomini catturavano i pesci, come era diviso il potere tra uomo e donna, come era preparato il cibo e come era celebrato l’onore in guerra.

(Tratto da "Miti e leggende degli Indiani d’America", Oscar Mondadori, 1994)

 

 

 

Leggende delle creazione umana

GLOOSCAP E IL BIMBO ( Algonchini)

Glooscap, dopo aver conquistato i Kewawkqu’, una razza di giganti e maghi, e i Medecolin, che erano degli astuti stregoni, e Pamola, uno spirito malvagio della notte, oltre ad una folla di demoni, folletti, cannibali e fattucchieri, si sentì davvero grande e si vantò con una donna che non vi fosse più nulla per lui da soggiogare.

Ma la donna rise e disse: "Sei proprio sicuro, Signore? Ve n’è uno che non è stato ancora vinto e niente può sopraffarlo".

Un po’ sorpreso, Glooscap volle sapere il nome di quell’individuo così potente.

"Si chiama Wasis", replicò la donna, "ma ti avverto vivamente di non aver nella a che fare con lui".

Wasis era soltanto un bambino, il quale, seduto sul pavimento, stava succhiando un pezzo di zucchero d’acero e canticchiando una canzoncina da solo. Bisogna sapere che Glooscap non s’era mai sposato e che perciò era del tutto all’oscuro di come si dovevano trattare i bambini, ma sicuro di sé sorrise al bambino e gli domandò di venire da lui. Il bimbo sorrise anch’esso ma non si mosse, sicché Glooscap imitò il canto d’un uccello. Wasis, tuttavia, non prestò attenzione e continuò a succhiare il pezzo di zucchero. Non abituato ad un simile trattamento, Glooscap andò su tutte le furie e con accento terribile e minaccioso ordinò a Wasis di venire subito da lui. Ma Wasis scoppiò in un terribile grido, che quasi soffocò il tuono degli dèi, e nessuna minaccia lo avrebbe smosso.

Glooscop si risvegliò di colpo e chiamò a raccolta tutte le sue magiche risorse.

Recitò le più terribili formule, i più spaventevoli incantesimi. Cantò le canzoni che risuscitano i morti, e quelle che mandano i diavoletti nei più profondi abissi. Ma Wasis sorrise appena e sembrava annoiato da quelle bagatelle.

Alla fine Glooscap, per la disperazione, si precipitò fuori dalla capanna, mentre Wasis, seduto sul pavimento, gridava: "Vaa! Vaa!". E si dice che da quel giorno, ogni qualvolta un bimbo dice "Vaa", gli Indiani ricoridino il tempo in cui vinse il potente Glooscap.

Da una leggenda raccontata da Lewis Spence verso la fine del secolo scorso.

Tratto da "Miti e leggende degli Indiani d’America", Oscar Mondadori, 1994

 

 

Racconti della creazione del mondo

I FIGLI DEL SOLE (Osage)

Molto lontano sopra la terra, vivevano in cielo una parte degli Osage. Volevano sapere da dove erano venuti, e così andarono dal sole, il quale disse loro che erano suoi figli. Allora vagarono ancora più lontano ed arrivarono alla luna, la quale disse loro di essere stata lei a farli nascere e che il sole era loro padre. Disse che dovevano lasciare il cielo ed andare giù a vivere sulla terra. Obbedirono, ma trovarono la terra coperta d’acqua. Poiché non potevano ritornare alla loro dimora nel cielo, piansero e levarono alte grida, ma nessuna risposta arrivò d’ogni dove. Essi fluttuavano all’intorno nell’aria, cercando in ogni direzione un qualche dio che venisse in aiuto; ma non ne trovarono nessuno.

Gli animali erano con loro, e di questi l’alce era quello che ispirava maggior fiducia a tutte le creature perché era il più bello ed il più maestoso. Gli Osage chiesero aiuto all’alce, ed egli entrò nell’acqua e cominciò ad immergersi. Poi chiamò i venti, ed essi arrivarono da tute le direzioni e soffiarono sino a che le acque non si convertirono in foschia.

Sulle prime, solo le rocce furono esposte e la gente viaggiò sui luoghi rocciosi che non producevano piante da mangiare. Poi le acque cominciarono ad abbassarsi sino a che non emerse una soffice terra. Quando ciò accadde, l’alce si rotolò più volte dalla gioia, e tutti i peli che perse aderirono al suolo. I peli crebbero e da essi spuntarono fagioli, granturco, patate, rape selvatiche, e poi tutte le erbe e tutti gli alberi.

Riportata da Alice Fletcher e Francis La Flèche, che registrarono questo mito nel 1911.

Tratto da "Miti e leggende degli Indiani d’America", Oscar Mondadori, 1994

 

Racconti d’amore

PERCHE’ LA TALPA VIVE SOTTOTERRA (Cherokee)

Un uomo era innamorato di una donna che non contraccambiava il suo amore e che non voleva aver niente a che fare con lui. Cercò in ogni modo di conquistarne il favore, ma senza successo, ed alla fine si scoraggiò e si ammalò.

Talpa arrivò e trovando l’uomo con la mente così depressa, gli chiese di che fastidio si trattasse. L’uomo le raccontò l’intera storia, e quando ebbe finito Talpa disse: "Io posso aiutarti. Non soltanto tu le piacerai, ma lei verrà da te di sua spontanea volontà". Quella notte, scavando sottoterra sino al posto dove la ragazza era a letto addormentata, talpa le prese il cuore. Ritornò per strada e diede il cuore allo scoraggiato amante, il quale non lo vedeva malgrado l’avesse in mano. "Ecco", disse Talpa, "ingoialo e lei sarà così attratta da te che non potrà resisterti".

L’uomo ingoiò il cuore e quando la ragazza si svegliò, in un modo o nell’altro pensò subito a lui. Sentiva uno strano desiderio di essere con lui, di andare da lui all’istante. No sapeva spiegarselo, perché non le era mai piaciuto, ma il sentimento cresceva così forte che fu costretta a trovare l’uomo e dirgli che lo amava e che voleva essere sua moglie. E così si sposarono.

Tutti i maghi che li conoscevano entrambi furono sorpresi e si chiedevano come poteva essere accaduto. Quando scoprirono che era stato il lavoro di Talpa, che avevano sempre considerato troppo insignificante per occuparsi di lei, ne furono gelosi e minacciarono di ucciderla. Ecco perché Talpa si nasconde sotto il terreno e non osa ancora venir su.

Basata su una leggenda riportata da James Mooney negli anni 1890.

Tratto da "Miti e leggende degli Indiani d’America", Oscar Mondadori, 1994

 

 

Visioni della fine del mondo

IL RODITORE (Cheyenne)

In qualche posto della tera c’è un grande palo, un possente tronco simile al palo sacro della danza del sole, soltanto molto più grande. Questo è il palo che sostiene il mondo. Castor, il Grande Antenato Bianco del Nord, sta rosicchiando quel palo. Per ere ed ere lo ha rosicchiato alla base. Ha già inciso più della metà del palo. E quando il grande Castoro Bianco del Nord si arrabbia, lo rode più in fretta e con più furia. Una volta che l’avrà rosicchiato tutto, il palo cadrà e la terra precipiterà in un nulla senza fine. Quella sarà la fine dell’umanità, di ogni cosa. La fine di tutte le fini. E’ per questo che facciamo attenzione a non far arrabbiare il Castoro. Ed è per questo che i Cheyenne non mangiano mai la carne d’un castoro e non ne toccano neppure la pelle. Vogliamo che il mondo duri un po’ più a lungo.

Raccontata da Mrs. Toro Incantato a Birney, Montana, con l’aiuto di un interprete. Registrata da Richard Erdoes.

Tratto da "Miti e leggende degli Indiani d’America", Oscar Mondadori, 1994

 

 

 

 

 

 

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