La Lupa dell’Arte
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LA DESTRA ASCOLTA: MA COME SI FA A PARLARLE?
(redazionale de la Lupa dell'Arte)
Arte e Politica, teoricamente, non dovrebbero avere niente a che vedere l'una con l'altra. Specie oggi, crollate le ideologie e venuti meno i presupposti di un certo tipo di impegno sociale, questo strano connubio, che pure in Italia ha fatto la fortuna di molti (vedi il caso Guttuso), sembra aver perso il suo antico smalto se non nell'ottica di una bieca strumentalizzazione reciproca. Talvolta però, quando la politica dorme, i partiti si svegliano. Così a Roma, alla Sala Conferenze della Camera dei Deputati, il 16 luglio scorso (chissà perché proprio a luglio!) Alleanza Nazionale ha organizzato un convegno dal titolo ambizioso: LA DESTRA ASCOLTA - Idee e cultura per un progetto Italia. Sul pieghevole, stampato in un numero limitato di copie e quindi subito sparito, oltre alla scaletta degli interventi e ad un dettagliato elenco degli invitati (ben distinti gli uni dagli altri) compariva una sintetica quanto accattivante dichiarazione programmatica: CENTO E CENTO SCRITTORI, DOCENTI, CRITICI, ARTISTI IN UN CONVEGNO APERTO A UN'AMPIA VARIETA' DI ESPERIENZE, OPINIONI, PROPOSTE.
Pare che l'idea sia stata sponsorizzata da Maurizio Gasparri, Ministro delle Comunicazioni e moderatore per l'occasione, che insieme con Gino Agnese, giornalista, già Responsabile Nazionale delle Politiche Culturali di A.N. e attuale Consigliere di Amministrazione del "Palaexpò", si è impegnato nel difficile compito di oratore-uditore "istituzionale". Ed è proprio nella sua qualità di referente che lo stesso Gasparri, a più riprese, ha cercato di chiarire lo spirito dell'iniziativa: la nuova "Destra", in sostanza, non vuole imporre un modello di "potere culturale" analogo a quello esercitato finora dalla "Sinistra", non vuole delineare oligarchie, organigrammi o burocrazie intellettuali, soprattutto non vuole "proteggere" nessuno, tantomeno vecchi e nuovi militanti.
Né una tessera, né un'antica fedeltà al partito consentiranno più di vantare crediti. L'unico diritto, d'ora in poi, sarà quello della capacità e del talento: saranno proprio questi talenti, questi "ingegni", che porteranno la loro voce e il loro contributo all'attenzione di chi saprà, ed ora finalmente potrà, gettare i presupposti concreti per un fermento liberato dagli schemi delle vecchie lottizzazioni. Di qui, nei confronti della cultura emergente, la posizione di ascolto di una forza di governo aperta al rinnovamento delle potenzialità e delle idee che mette a disposizione le proprie risorse per valorizzare il progetto di un pluralismo fondato sulla qualità delle proposte.
Detta così sembra un po' la canzone "Caro amico ti scrivo" di Lucio Dalla: troppo bello per essere vero? La cronaca del relatore, tuttavia, deve rilevare qualche piccola "stonatura". A parte il solito equivoco della binomia arte-cultura che, se da un lato ha una sua indubbia ragione d'essere, dall'altro non riesce mai a definire chiaramente i termini del problema: perché la "cultura", si sa, comprende tutto (letteratura, teatro, musica, cinema, televisione, giornalismo, ecc.), ma l' "arte" (come "arte visiva" s'intende), finisce sempre per essere mischiata con questo "tutto" senza trovare la sua giusta collocazione.
Certo, anche letteratura, teatro, musica e cinema sono arti, però è indubbio come condividano tra loro una ben maggiore visibilità su giornali, televisione e pubblicità di quanta ne venga tributata, per così dire, a pittura e scultura. E questo naturalmente, per chi nel "settore" opera e s'impegna in prima persona (spesso rischiando in proprio) non è un problema da poco.
Non a caso, tra i venti oratori intervenuti, gli unici artisti, a parte il "poeta" Mogol, erano Albertazzi, Barbareschi e Squitieri che, com'è noto, sono uomini di spettacolo, mentre gli altri, dal Presidente della RAI ai vari intellettuali ed esponenti politici, di tutto hanno discettato meno che di queste neglette "arti visive".
Un discorso a parte, poi, meriterebbe il Presidente della Biennale di Venezia Franco Bernabé che, con l'aria di chi si trovasse lì per caso, ha sostenuto in pratica che la Biennale ha avuto ed ha qualche problema, ma che in fondo oggi non è più così importante sul piano internazionale perché ci sono ben altre rassegne di grande spessore tipo "Documenta" a Kassel (bel presidente!).
Come se la "svendita" dell'Ente disegnata dalle parzialità "modaiole" delle ultime gestioni, e avallata dalla riforma Veltroni, fosse il frutto e non la causa dell'attuale crisi che ne mortifica la storia e l'identità. Insomma tra tante parole, e tralasciando tutte le diatribe sull'esistenza o meno di una cultura di Destra che tanto ha affascinato più di un relatore, resta solo da segnalare che ognuno ha fatto la sua passerella senza il contraddittorio di un reale dibattito, che molti dei personaggi che hanno dato la loro adesione al convegno non si sono neanche fatti vedere (avevano forse paura di compromettersi troppo?) e che ancora dobbiamo capire come e quando si realizzerà quell'apertura ai nuovi talenti e ai nuovi progetti che Gasparri ha tanto auspicato.


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