" Lungo i sentieri della follia"

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Filosofia

 Sigmund Freud (1856 - 1939)

Teorie psicanalitiche

Contro il positivismo, che aveva sottolineato con enfasi quasi religiosa la rimozione del soggetto, in favore dell’oggettività dei fatti, si era orientato Nietzsche, sostenendo il valore e l’importanza del corpo come massima espressione di sé.

 In una lettera a Fliess del primo febbraio del 1900 Freud scrisse:

 

”Spero di trovare in lui (Nietzsche ) le parole per tutto quanto resta muto in me.” (Lettera a Fliess, 1.2.1900). [1]

 

Proprio da questa concezione di Nietzsche Freud prese spunto non per “rianimare” il mondo quantitativo e dei fatti, quanto piuttosto per alimentare una ragione più ampia, in grado di comprendere ciò che fino allora non era stato preso in considerazione.

 Egli scopre e sottolinea che non esiste una manifestazione “pura” del pensiero e che in ogni atto significante dell’uomo si intrecciano più forze, motivazioni e spinte, che restano perlopiù sconosciute.

La “nuova scienza del soggetto”, cioè la psicanalisi, è incentrata sull’ UNBEWUSSTE, ciò che non si sa ma che comunque indirizza la nostra condotta affettiva, intellettuale e sociale. Viene quindi completamente modificata la linea di confine che separava, all’interno del pensiero prefreudiano, il “normale” dall’”anormale., ciò che è “razionale” da ciò che è “irrazionale”; tra queste dimensioni Freud individua un conflitto dinamico, che va a formare la struttura stessa del soggetto e della società che lo circonda.

L’opera Freudiana ha segnato un punto di svolta e di non ritorno con cui ogni attività scientifica e più generalmente razionale ha dovuto e dovrà confrontarsi; ha inoltre contribuito ad una vera e propria trasformazione degli istituti e delle regole della razionalità e dell’immagine del mondo che questi propongono.

 Egli si dedicò per lo più a curare dei disturbi isterici, che adottò come “prototipo” del disturbo psichico in generale, che ritenne alla base della pazzia, intesa come insuccesso della ragione umana.

Freud scoprì insolite relazioni di significato interne al disturbo psichico, che si determina come un non senso e fallimento della ragione umana, ma le motivazioni di tali incongruenze devono essere cercate al di fuori della coscienza.

Freud infatti sostiene che esista nell’uomo un sapere del quale esso non sa nulla.

Il padre della psicanalisi scoprì un luogo del soggetto al di fuori della coscienza ed in seguito tale luogo, denominato inconscio, diverrà il centro gravitazionale del soggetto stesso.

L’esistenza di un sapere che è nell’essere umano, ma di cui esso non è consapevole, implica che il comportamento può essere deciso indipendentemente da quella che è la coscienza.

Prima di Freud si riteneva comunemente che la “psiche” si identificasse con la “coscienza”.

Il “padre della psicanalisi” ritenne invece che la maggior parte delle attività psichiche si svolgano fuori della coscienza e che l’inconscio non costituisca il limite inferiore del conscio, ma la realtà abissale primaria di cui il conscio è solo la manifestazione visibile.

Il disturbo psichico mostra così due piani : un piano manifesto ed un piano nascosto o inconscio.

L’inconscio è considerato il punto di vista privilegiato da cui osservare l’uomo.

 

“Già da tempo il concetto di inconscio bussava alle porte della psicologia pretendendo di esservi accolto... La psicoanalisi si è impadronita di questo concetto, lo ha preso sul serio e gli ha dato un nuovo contenuto." [2]

La nascita della psicanalisi è correlata alla crisi della donna

L’origine della psicanalisi risale ad un caso analizzato dall’amico e collega Joseph Breuer: si tratta del caso di Anna O., una giovane colta, affetta da gravi disturbi isterici quali paralisi motoria, turbe della vista e dell’udito, tosse nervosa, stati di confusione, afasia, anoressia e idrofobia.

Sotto ipnosi Anna ricordò il traumatico periodo in cui aveva dovuto assistere il padre gravemente ammalato ed in cui non riusciva ad esprimere il suo dolore. Breuer osservò che dopo aver raccontato l’episodio, che aveva provocato l’insorgere dei sintomi isterici, il disturbo scompariva. Freud si accorse che il blocco di Anna era determinato da un conflitto psichico tra qualcosa che vuole essere espresso e qualcosa che ne contrasta l’espressione. 

“Le pazienti isteriche soffrono di ricordi”.[3] 

Nell’Ottocento si diffonde l’isteria tra le donne delle classi benestanti, assumendo dimensioni epidemiche. Freud dimostrerà che tale malattia è inscindibilmente legata alla sessualità, ed in particolare ai tabù e ai divieti che la società impone alla vita sessuale delle donne.

E’ nell’Europa rinascimentale che si affermò il modello della famiglia nucleare borghese, in cui il marito occupa una posizione preponderante ed è libero di agire a sua piacimento; la donna, è considerata solo per le mansioni di moglie e di madre che svolge e il bambino è visto come un essere incompleto, da plasmare in funzione delle aspettative della società.

Ogni ambizione o tentativo di emancipazione da parte delle donne viene considerato come violazione dell’ “ordine delle cose” e bollato dalla società.

Simbolo della prigionia morale e psicologica della donna ottocentesca è il corsetto che la riduce a una caricatura dell’ideale materno. Lo stesso flusso mestruale ricorda alla donna la sua vera funzione, che è quella di procreare. Le emozioni sono ritenute pericolose e devono quindi essere tenute sotto controllo; pertanto l’educazione delle ragazze è particolarmente repressiva.

Il rapporto fra medico e paziente

Per superare le “barriere” psichiche che impediscono l’accesso alla coscienza, Freud utilizzò le associazioni libere. Tale metodo dà l’opportunità al malato di rilassarsi (da ciò l’idea del divano) e lo induce ad abbandonarsi al corso dei propri pensieri, facendo sì che tra le varie parole da lui pronunciate si instaurino delle catene associative collegate con il materiale rimosso che si vuole portare alla luce.

Quanto è diventato cosciente funge da campo gravitazionale verso cui i pensieri del soggetto analizzato sono irresistibilmente attratti.

Freud si rese conto che tramite le associazioni libere spesso non scaturivano ricordi, ma piuttosto fantasie sessuali represse. Da ciò dedusse che nella patogenesi delle nevrosi era determinante la rimozione di desideri che, censurati dalla moralità personale, davano origine a conflitti psicologici e quindi a disturbi nevrotici.

Il metodo catartico presenta però notevoli difficoltà, che solo lo sforzo solidale del paziente e dello psicoterapeuta permette di superare. Tutto deve essere messo al servizio della cura, compreso quel tipico fenomeno, di cui Freud è stato geniale teorizzatore, che è il transfert o traslazione, ossia il trasferimento, sulla persona dello psichiatra, di stati d’animo ambivalenti, di amore e odio, che il paziente ha provato nell’infanzia nei confronti dei genitori. Particolarmente nel suo aspetto positivo, il transfert, implicando una sorta di sentimento amoroso verso il medico, che si traduce nel desiderio di guadagnare la sua approvazione, può fungere da condizione preliminare per il successo dell’analisi.

Se prevale il transfert negativo, al contrario, insorge un’aperta ostilità nei confronti del terapeuta.

Il riscontrare tali atteggiamenti permise di focalizzare nei pazienti il fenomeno della resistenza, che il paziente oppone alla consapevolezza degli argomenti rimossi dalla coscienza.

Il pensiero occidentale, a partire dal XVII secolo, si era fondato su una concezione lineare del tempo; secondo Freud tale concetto appartiene al sistema percezione-coscienza, che si è prodotto nell’ambito di un determinato pensiero e momento storico. Le nevrosi traumatiche e il rapporto di transfert ci mettono invece di fronte ad un’immagine del “tempo ripetizione”, che provoca sconcerto (tale argomento viene analizzato dal fondatore della psicanalisi in “Il perturbante”, 1919) rispetto allo scorrere naturale del tempo e alla sua logica causale.

L’autoanalisi

Freud praticò in primo luogo l’autoanalisi, analizzando se stesso per sconfiggere resistenze e rimozioni e conoscere meglio il proprio passato ed il proprio inconscio; ciò non sarebbe stato possibile se il filosofo non avesse sostenuto una relazione epistolare ed amichevole con Whilhelm Fliess che durò ben quindici anni. Freud conobbe Fliess in un momento difficile: era infatti isolato dalla comunità psichiatrica viennese e l’amicizia con Breuer andava compromettendosi a causa delle divergenze di opinione sull’origine sessuale dell’isteria.

Il padre della psicoanalisi vide in Fliess il proprio “altro” ed a lui confidò le sue scoperte, i suoi dubbi e le sue esperienze, portando avanti un intenso lavoro di ricostruzione, confronto e interpretazione dei sogni e dei frammenti del proprio passato.

I traumi sessuali all’origine dell’isteria

Grazie all’autoanalisi Freud giunse a ritenere che la causa prima dell’isteria fosse un trauma sessuale infantile reale, coperto dall’amnesia e relegato nell’inconscio.

  “...mi sono spinto molto avanti, ma non sono ancora giunto al punto definitivo... Non si tratta di una cosa semplice. Essere interamente onesti con se stessi è un buon esercizio. Ho avuto una sola intuizione di validità generale. Ho trovato amore per la madre e gelosia per il padre anche nel mio caso, e ora ritengo che si tratti di un fenomeno generale della prima infanzia, anche se non sempre si manifesta tanto presto come nei bambini divenuti isterici... Se è così si comprende l’interesse palpitante che suscita l’Edipo re, nonostante le resistenze che la ragione oppone alle premesse del Fato... Il mito greco si rifà a una costrizione che ognuno riconosce per averne sentita personalmente la presenza. Ogni membro dell’uditorio è stato una volta tale Edipo in germe e in fantasia e, da questa realizzazione di un sogno trasferita nella realtà, ognuno si ritrae con orrore e con tutto il peso della rimozione che separa lo stato infantile da quello adulto. E’ passato per la mia mente che la medesima cosa sia alla base dell’Amleto.”

(da una lettera a Whilhelm Fliess del 15 ottobre 1897). [4]

Prima di Freud la sessualità veniva identificata con la genitalità, allo scopo dell’unione con un individuo di sesso opposto, finalizzato alla riproduzione e al piacere erotico.

Ma tale concezione lasciava inspiegate la sessualità infantile, la sublimazione (cioè il trasferimento di una carica originariamente sessuale su oggetti non sessuali, come il lavoro, l’arte, la scienza ecc.) e le perversioni (per cui si intende un’attività sessuale che ha rinunciato al fine procreativo e mira soltanto al conseguimento del piacere fine a se stesso).

Freud superò queste limitazioni ampliando il concetto di sessualità, sino ad interpretarla come un’energia “suscettibile”, che si dirige verso le mete più disparate e in grado di investire una gran varietà di oggetti.

Egli chiamò quest’energia libido: essa si localizza di volta in volta, in corrispondenza dello sviluppo fisico, su specifiche parti del corpo, dette zone erogene (ovvero generatrici del piacere erotico).

Nei “Tre saggi sulla teoria sessuale”(1905) Freud sostiene che la sessualità umana si basa sulla ricerca del piacere, obbiettivo che viene perseguito fin dalla primissima infanzia.

Nei primi cinque, sei anni di vita, le capacità intellettuali del bambino sono nel pieno dello sviluppo, ma nonostante ciò nella vita adulta rimangono pochi ricordi di questo periodo che è soggetto ad un processo definito amnesia. Il recupero di questi ricordi di copertura consiste per il filosofo nella ricostruzione delle esperienze sessuali infantili, dimenticate perché considerate inaccettabili dalla coscienza.

La collocazione della libido sulle diverse zone erogene determina le tre fasi dello sviluppo sessuale.

Nel primo stadio, l’infante trae piacere dalla stimolazione, connessa alla suzione, della mucosa della bocca (fase orale). Intorno ai due anni il piccolo fa della mucosa anale la zona erogena principale, grazie al controllo che assume degli sfinteri e alla socializzazione (fase anale).

Quando il bambino ha circa quattro anni, raggiunge il piacere erotico tramite la stimolazione dell’apparato genitale (fase genitale).

Ogni localizzazione della libido è accompagnata da fantasie erotiche che contribuiranno a forgiare la mente dell’individuo. Mentre i primi due periodi sono autoerotici, nel terzo l’essere umano rivolge la propria attenzione e il proprio desiderio verso un oggetto diverso da sé, quindi verso un essere di sesso opposto.

Il complesso di Edipo

Connessa alla sessualità infantile è una delle più conosciute dottrine freudiane : il complesso di Edipo. 

“Re Edipo... è soltanto l’appagamento di un desiderio della nostra infanzia. ”[5] 

Il complesso edipico prende il nome dal mitico personaggio greco, destinato dal Fato ad uccidere il padre e sposare la madre.

Questo complesso si riconosce in un attaccamento libidico nei confronti del genitore di sesso opposto e in un atteggiamento ambivalente, con componenti di affettuosità e tendenza all’identificazione e con atteggiamenti di ostilità e di gelosia, verso il genitore di egual sesso. Il complesso di Edipo si manifesta fra i tre e i cinque anni, cioè durante la fase fallica e a seconda che questo “problema” venga risolto o meno, determina la futura strutturazione della personalità. Esso viene generalmente risolto intorno ai sei anni, con la definitiva rimozione dei desideri incestuosi e aggressivi. Segue poi un periodo di latenza, che si protrae sino alla pubertà e durante il quale si placano le spinte pulsionali.

Queste gelosie e questi impulsi omicidi producono nel bambino gravi conflitti per due motivi.

Il primo è l’ovvia paura della vendetta del genitore dello stesso sesso, che al bambino sembra onnipotente.

Il secondo consiste nel fatto che tali sentimenti sono in contrasto con quelli d’amore e d’ammirazione che inducono il bambino a desiderare di appartenere e di dipendere dal genitore e dal fratello/sorella maggiore, minacciando quest’ultimo con la paura che i genitori lo disapprovino per i suoi atteggiamenti di superiorità e di presunta violenza nei confronti del fratello più piccolo.

Quando cerchiamo di descrivere il complesso edipico, parliamo dell’intensità della tempesta delle passioni, di odio e di amore, di tenerezza e di gelosia, di rabbia e di paura presenti nel bambino/a.

Questa costellazione di fantasie e di emozioni fu inizialmente ritenuta un fatto eccezionale, ma successivamente venne riconosciuta come una situazione di carattere generale.

In ordine cronologico la prima situazione di pericolo consiste nella perdita dell’oggetto, la seconda nella perdita dell’amore da parte dell’oggetto, la terza nel timore della castrazione e l’ultima è la disapprovazione del Super-io.

Ognuna di queste condizioni gioca a turno la parte principale quale sorgente di ansia e quale occasione dell’Io di mettere in opera le sue misure difensive contro qualsiasi impulso dell’Es che produca una situazione di pericolo o minacci di farlo.

Il maschio supera il complesso edipico perché teme la castrazione da parte del padre: essendo più debole, il figlio si allea e si identifica con lui.

La bambina invece prova rancore nei confronti della madre, per la sua inferiorità rispetto al maschio (invidia del pene) e perciò secondo Freud essa non riuscirà mai a superare tale complesso.

L’amore di sé e i desideri del bambino

Fra gli oggetti ritenuti più importanti nell’infanzia ci sono parti del proprio corpo come le dita, i piedi, la bocca, che sono cariche di energia psichica. Freud interpreta tale atteggiamento con il narcisismo, che definisce come condizione in cui la libido risulta diretta verso noi stessi (il termine narcisismo è tratto dalla leggenda greca di Narciso, che specchiandosi nell’acqua si innamorò della propria immagine).

Lo psicanalista crede che la maggior parte della libido rimanga narcisistica per tutta la vita; questo viene riconosciuto come narcisismo “normale” o “sano”.

Freud sottolinea anche la diversità degli istinti, per cui possiamo avere ad esempio la tendenza alla bisessualità, cioè una predisposizione del bimbo alla femminilità e una tendenza della bimba alla mascolinità.

Egli ritenne che la bisessualità fosse presente in minima parte nella sfera psichica di ogni essere umano.

La masturbazione e le fantasie che l’accompagnano sostituiscono in buona parte l’espressione diretta degli impulsi sessuali ed aggressivi che il bambino prova nei confronti dei propri genitori.

Il desiderio di dare alla mamma dei bambini, come ha fatto il papà, è uno dei più ricorrenti.

Frammentazione dell’io

Freud riconosce nell’inconscio due istanze: il “preconscio” che comprende l’insieme dei ricordi che pur essendo momentaneamente non conoscibili, possono, con uno sforzo mentale, generalmente guidato, divenire consci.

La seconda istanza comprende quegli elementi psichici permanentemente inconsci che intervengono come azione difensiva della psiche (definita con il termine di “rimozione”) nel meccanismo di costituzione dell’inconscio.

Freud afferma che la psiche è un’unità complessa, costituita da un dato numero di sistemi, dotati di funzioni diverse e disposti in un ordine specifico gli uni rispetto agli altri: si possono paragonare a delle “regioni” della psiche.

Il motore fondamentale dell’apparato psichico è la psiche, che sottostà al “principio di costanza”: tende cioè a limitare le tensioni al suo interno.

La pulsione causa un’eccitazione, percepita come sofferenza finché non viene soddisfatta. La mente perciò è in continuo conflitto fra il principio del piacere, che mira a soddisfare le pulsioni, ed il principio di realtà, dedito all’autoconservazione dell’individuo e della società.

La prima topica psicologica (studio dei “topoi “o luoghi della psiche) distingue tre sistemi: il conscio, il preconscio e l’inconscio. La seconda topica distingue tre “istanze”: l’Es, l’Io e il Super-io. Es è un termine tedesco che indica il pronome neutro alla terza persona singolare e nel linguaggio utilizzato da Freud corrisponde al polo pulsionale della personalità, ovvero alla forza impersonale e caotica; è una specie di calderone di impulsi ribollenti, che costituisce la matrice originaria della nostra psiche. Gli impulsi incestuosi e omicidi che il bambino provava nei confronti dei genitori (complesso edipico) non vengono abbandonati, ma semplicemente repressi. Come ogni altro desiderio rimosso, tali impulsi seguitano a vivere nell’Es, ma è impedito loro di esprimersi apertamente a causa della costante opposizione delle “controcariche” psichiche che l’Io ha diretto contro tali desideri.

L’Es obbedisce all’inesorabile principio del piacere, non conosce né il bene né il male né alcuna moralità. Esso esiste al di là dello spazio e del tempo e ignora le leggi della logica, a partire dal principio di non contraddizione; in esso infatti si riscontrano impulsi contraddittori che coesistono senza annullarsi a vicenda.

L’Es costituisce una riserva infinita di energia psichica; il semplice fatto che l’Io esista e “funzioni” implica una riduzione della quantità di energia pulsionale dell’Es.

Per Super-io Freud intese ciò che comunemente viene chiamata “coscienza morale”, ovvero l’insieme delle proibizioni e degli ideali interiorizzati dal bambino, già dai suoi primi anni di vita e che lo accompagneranno sempre nel corso dell’esistenza, anche in forma inconsapevole.

Il Super-io è costituito dai quei valori morali inconsciamente assunti e identificati con le figure parentali.

Il fattore che determina l’intransigenza del Super-io non è costituito dal grado di severità dei genitori nei confronti del bambino, ma dall’intensità degli impulsi ostili che prova il bambino verso i genitori nel corso della fase edipica.

Quando è più grande, il bambino può introiettare delle persone con le quali non ha un contatto fisico personale, come personaggi storici o immaginari: ciò si verifica per lo più nella prepubertà e nell’adolescenza.

Tali figure contribuiscono a plasmare il Super-io dell’individuo e a formarlo in modo il più possibile conforme ai canoni morali e agli ideali del gruppo sociale di cui fa parte. Il Super-io corrisponde genericamente a quella che noi definiamo “coscienza”, ma a differenza di questa le sue funzioni sono per la maggior parte o completamente inconscie.

Le esigenze dell’Es, del Super-io e del mondo esterno vengono mediate dall’Io, frazione organizzata della personalità. L’io è quell’entità che si trova a dover equilibrare, tramite opportuni compromessi, le richieste più disparate e per lo più contrastanti tra loro, provenienti dalle altre sfere psichiche in risposta a pressioni del mondo esterno.

Freud ritenne l’io sempre in lotta per adempiere al suo compito, che è quello di stabilire un rapporto di equilibrio energetico tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui e su di lui.

“L’io non è padrone in casa propria.”[6]

L’analisi terapeutica è lo strumento che Freud utilizza per cercare di armonizzare le tre istanze personali.

L’importanza dei sogni

Una volta scoperto l’inconscio Freud si propose di decodificarne i messaggi, tramite lo studio di quelle manifestazioni privilegiate che sono i sogni, gli atti mancati e i sintomi nevrotici.

“Il sogno è la strada maestra che conduce alla conoscenza dell’inconscio.” [7]

Nell’opera “L’interpretazione dei sogni” (1900), Freud rivelò una dimensione psicotica dell’uomo normale, che elide la netta distinzione esistente tra malato di mente e sano, restituendo al primo dignità di soggetto.

“Non esiste un confine netto fra normalità e anormalità nervosa... siamo tutti un po’ nervosi.” [8]

I sogni vengono presi in considerazione per individuare anche i disturbi nervosi. Il sogno come il sintomo isterico, è una soluzione di compromesso tra le tendenze volte alla soddisfazione delle pulsioni e quelle difensive della coscienza. I desideri inconsci possono affiorare soltanto se resi irriconoscibili da processi di condensazione (espressione di più elementi in un unico contenuto), spostamento (la carica emotiva è trasferita su un altro oggetto meno problematico), drammatizzazione, rappresentazione per opposto e simbolizzazione. In questo modo è possibile superare il contenuto manifesto per giungere a quello latente.

Nei sogni viene distinto:

a) un significato latente derivante dalla funzione onirica, che ha il compito di tenere lontano ciò che potrebbe disturbare il sonno derivante dalla capacità dell’Es di introdurvi realizzazioni immaginarie di desideri utopici;

b) un significato manifesto in cui le eccitazioni represse e i materiali proibiti vengono condensati e dislocati in immagini secondarie; le idee censurate nella veglia e in modo minore anche nel sonno vengono drammatizzate, cioè trasformate in immagini.

Per superare la conseguente elaborazione del sogno che avviene al momento del suo racconto, rendendolo più reale e più logico grazie all’azione della censura risvegliata, lo psicanalista scatena l’associazione libera da parte del paziente, fino a poter risalire alla causa dei suoi disturbi psichici.

Nel 1906 C. G. Jung segnalò a Freud il racconto “Gradiva - una fantasia pompeiana” di Wilhelm Jensen, in cui si narra di un giovane archeologo ossessionato da un bassorilievo, che, delirante, viene ricondotto alla realtà grazie all’aiuto psicologico di una ragazza, che fa parte del suo stesso delirio. Freud analizza quest’opera e la interpreta dal punto di vista psicanalitico; il saggio che seguì costituì il primo esempio di interpretazione di “quei sogni che non sono mai stati sognati da alcuno e che sono stati invece inventati dai poeti”. [9]

I “lapsus freudiani”

Errori, lapsus e dimenticanze quotidiane, fra le quali anche le distorsioni, non si verificano casualmente, ma possono spiegarsi in rapporto alla presenza di impulsi istintuali repressi. Freud definisce la nevrosi e la psicosi come meccanismi di difesa dell’Io dalle pulsioni mal represse e in modo particolare dai conflitti di tipo affettivo tra tendenze contrarie.

L’uomo ed i suoi istinti in rapporto con la società

L’attività sociale dell’uomo impone ad esso una parziale rinuncia al soddisfacimento degli istinti. L’individuo sociale è obbligato a reprimere sia gli impulsi libidici, che corrispondono al desiderio di conseguire immediatamente e completamente il proprio piacere, sia gli impulsi distruttivi, che Freud fece risalire all’istinto di morte (Thanatos).

La pulsione di morte è

“espressione della natura conservatrice degli esseri viventi, tende all’involuzione, a ripristinare la situazione di pace, libera dalle tensioni, che esisteva prima della nascita”.[10]

Tale principio domina tutti i fenomeni vitali e fisici e si basa sull’ipotesi secondo cui ogni sostanza organica tende a regredire all’inorganico da cui è sorta.

Inconsciamente è presente negli esseri viventi anche un rifiuto alla vita che si manifesta nel desiderio di privarsi delle pulsioni autodistruttive (per Freud: principio del Nirvana) e della vita come manifestazione in sé (rifiuto delle pulsioni che danno senso alla vita) che si rivela con atteggiamenti di autodistruzione e masochismo.

 

“...abbiamo formulato l’ipotesi di una pulsione di morte, a cui sia affidato il compito di ricondurre il vivente organico nello stato privo di vita...”. [11]

  “La meta di tutto ciò che è vivo è la morte”. [12] 

Nel 1913, nello scritto intitolato “Totem e tabù”, il padre della psicanalisi pone all’origine del contratto sociale quella struttura universale della psiche che è l’Edipo, in un modello interpretativo dalle caratteristiche più vicine a quelle del mito che alla spiegazione scientifica. Freud narra che prima della nascita della società, gli uomini si riunivano in orde patriarcali, in cui il padre estrometteva i figli maschi e possedeva tutte le femmine.

I figli allora si ribellarono e uccisero il padre, e ne divorarono il cadavere credendo che in tal modo avrebbero acquisitola sua forza, ma nessuno riuscì a prendere il suo posto.

Si manifestò in loro invece un fortissimo senso di colpa e venne stabilito il tabù dell’incesto, per evitare che tale episodio si ripetesse. Secondo Freud i primitivi impulsi violenti non si dissolvono mai nell’inconscio dell’uomo e periodicamente l’aggressività, a livello sociale sfocia nella guerra.

Il mito platonico dell’Amore narra che l’uomo e la donna si cercano per ricostruire la natura originaria dell’essere umano, un’unica creatura androgina.

Anche la pulsione sessuale d’altronde tende al recupero di uno stato precedente di totalità ed unità.

Nel caso della malinconia, la pulsione di morte soffoca quella vitale e si rivela in tutta la sua distruttività, l’Io subisce cioè l’aggressione di un Super-Io tirannico e crudele, dominato dalla pulsione di morte.

Secondo il filosofo viennese, la civiltà nasce dalla rinuncia e quindi dalla repressione e dalla sublimazione di impulsi che di per sé sono antisociali: ma questa rinuncia non è mai completa ed implica un disagio insormontabile, che nel singolo individuo si esprime come nevrosi.

“Sembra assodato che non ci troviamo a nostro agio nella civiltà moderna.” [13]

In “Il disagio della civiltà” (1929), Freud afferma che nonostante l’uomo sia riuscito a dominare la natura, superando le sue debolezze, non ha accresciuto la sua felicità, anzi un disagio, un’insoddisfazione, un malessere silenzioso non lo abbandonano mai.

In conseguenza dei suoi studi, Freud ritiene che la religione non sia altro che un’illusione consolatoria che si pone come meta quella di estirpare l’aggressività e la sessualità dalla vita dell’uomo.

Freud e la sua “scuola”

Per quanto concerne la psicanalisi, Freud può essere considerato “genitore di se stesso”; ciò spiega sia la sua genialità che le opposizioni che le sue scoperte hanno suscitato.

Il “ribaltamento” del centro di gravità del soggetto, istituito da Freud, ha creato una rottura radicale con la tradizione del pensiero filosofico occidentale: egli ha scoperto che anche l’uomo normale è comunque sempre influenzato dal suo inconscio.

La psicanalisi determinò la nascita di numerose scuole freudiane e neo-freudiane non solo in Europa, ma in tutto il mondo; furono in buona parte create su iniziativa dei collaboratori dello stesso Freud o semplicemente da filosofi che si sono interessati alle sue teorie psicanalitiche.

All’interno del movimento psicanalitico si ebbero anche gruppi dissidenti, che dopo l’iniziale adesione al freudismo diedero luogo a scuole psicanalitiche autonome e alternative..

La persuasività della psicanalisi non sembra essere dovuta essenzialmente alla ricchezza e al carattere euristico delle sue scoperte, ma anche al fatto che Freud ha predisposto la costituzione di una istituzione didattico-scientifica (la Società Psicanalitica Internazionale, portata avanti dalla figlia Anna Freud), legata al suo nome e alla trasmissione della sua creatività culturale.

Essa è un esempio, forse unico, di istituzione didattica internazionale e autonoma, con propri istituti di training, non legati alle istituzioni accademiche.

Le ragioni di tale struttura possono essere fatte risalire sia alle opposizioni della scienza ufficiale, sia al verificarsi di scissioni interne al movimento psicoanalitico.

Il movimento ha anche una propria rivista: la “Internazionale Zeitschrift fur Psychoanalyse”.

Le discussioni sulla scientificità della psicanalisi sono tutt’ora in corso, nonostante lo stesso Freud non disdegni dal considerare la ricerca psicanalitica come inserita in un “processo” più metafisico che scientifico. 



[1] Ibidem, pag. 331.

[2] Da “Atlante di psicoanalisi", cit., pag.24.

[3] Ibidem, pag.22.

[4] Ripreso da: “Atlante di psicoanalisi”, cit., pag.29.

[5] Dall’ “Atlante di psicoanalisi”, cit., pag.32.

[6] Tratto da: “Atlante di psicoanalisi”, cit., pag.36.

[7] Ibidem, pag.30.

[8] Ibidem, pag.28.

[9] Tratto dall’ “Atlante di psicoanalisi”, cit., pag.44.

[10] Ibidem, pag.40.

[11] Ibidem, pag.41.

[12] Ibidem, pag.40.

[13]"Atlante della psicanalisi", cit., pag. 42.

 

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