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Percorso generale
Il tempo nella fisica
Il tempo nelle descrizioni esistenziali
Il tempo nella storia
Sommario

 

La crisi della fisica tra fine Ottocento e inizio NovecentoAll'inizio del secolo la fisica era giunta a uno strano bivio. Era ormai una disciplina matura, con procedure ben collaudate e un numero impressionante di testi. Secondo alcuni fisici entusiasti, essa stava raggiungendo una sua compiutezza. Era verosimile ritenere che le leggi del moto e della gravità di Newton, insieme alla teoria dell'elettromagnetismo di Maxwell, alle leggi della termodinamica e a pochi altri principi, fossero in grado di spiegare in modo soddisfacente tutti i fenomeni fisici. Da questo punto di vista, la fisica di fine Ottocento assomigliava a quella di fine Novecento. Una teoria globale che racchiudesse tutto - una Teoria del Tutto - sembrava a portata di mano. Sfortunatamente però, allora come adesso, pochi ma impenetrabili misteri oscuravano un successo altrimenti radioso. Sul fronte degli esperimenti, la scoperta della radioattività lasciava intravedere all'interno dell'atomo l'esistenza di un campo di energie non regolato dalle leggi della gravitazione o dall'elettromagnetismo. La veneranda età della Terra, dedotta dai reperti fossili, non quadrava con alcun processo noto in grado di spiegare come mai il Sole continuasse a splendere. E le righe presenti negli spettri dei gas resistevano a ogni spiegazione in termini di modello realistico dell'atomo. Quel che è più grave, alcune incongruenze si celavano all'interno delle stesse teorie fondamentali, come scogli sommersi in attesa di affondare la superba nave della fisica "classica". Una teoria completa dell'universo non può essere fondata su principi che non concordino perfettamente fra loro. In quest'ottica, erano soprattutto due le questioni spinose che finirono per imporsi all'attenzione dei fisici.

La prima riguardava la conciliazione della teoria della radiazione elettromagnetica con i principi della termodinamica. Le due discipline risultavano straordinariamente efficaci nei rispettivi ambiti. Tuttavia, il tentativo di coniugare questi due grandi apparati teorici dava origine a uno sconvolgente paradosso. Lo spazio doveva essere pervaso da una sostanza invisibile, detta etere. Il problema era che questa sostanza - che doveva essere rigida per permettere la propagazione dell'onda elettromagnetica e poco densa per permettere ai pianeti di muoversi - sembrava avere una capacità termica illimitata, un insaziabile appetito di calore. Apparentemente, nulla riusciva ad impedire che la materia di cui si compongono i corpi cedesse progressivamente tutto il suo calore all'etere sotto forma di vibrazioni elettromagnetiche di frequenza elevata. Questo implicava che i corpi materiali fossero "incapaci" di rimanere in equilibrio termico con l'ambiente, in evidente contrasto con il senso comune e l'evidenza sperimentale.
Anche la seconda questione era connessa con l'elettromagnetismo, in particolare con la descrizione del moto delle cariche elettriche. Emerse una profonda non corrispondenza matematica tra la teoria di Maxwell e le leggi del moto di Newton.

Entrambe le questioni riguardano la natura del tempo: la prima, cioé il conflitto tra teoria elettromagnetica e i principi della termodinamica, è scaturita dal tentativo di spiegare la cosiddetta freccia del tempo, ossia il fatto che la maggior parte dei processi fisici possiede una direzionalità intrinseca che si manifesta in particolar modo nel flusso di calore. La seconda implica un contrasto fra il concetto newtoniano di tempo assoluto e la relatività del moto attribuita alle particelle elettricamente cariche.

In tal contesto si inserisce la teoria della relatività, dove la parola relatività si inserisce all'ovvia considerazione che il modo in cui il mondo ci appare dipende dalla nostra condizione di moto: esso è quindi relativo.

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