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Nel 1905, Il concetto newtoniano di tempo crollò fragorosamente,
per colpa della teoria
della relatività di Einstein. Einstein, lavorando sulle relazioni della
relatività generale, si rese conto che la misura del tempo variava in relazione alla
velocità del corpo. Si rese così necessario un rinnovamento del concetto di passato,
presente e futuro per adeguarli alla nuova descrizione fisica del tempo. La teoria della
relatività è alla base delle teorie cosmologiche, che cercano di interpretare la realtà
a livello macroscopico. Un esempio di applicazione della relatività del tempo si può
trovare nelle teorie sui buchi neri,
corpi celesti dalle caratteristiche interessantissime e particolari.
La teoria della relatività non nasce solo grazie a una
mente geniale, ma è il culmine di un processo di rinnovamento della scienza che portò a
una revisione delle procedure e del fondamento del sapere scientifico, determinando un
vivace dibattito sulle metodologie del fare scienza. La crisi dell'ideale di scienza
positivistico determinerà la risposta del convenzionalismo, soprattutto per opera di
Mach, Duhem, Poincaré, che restituì una scienza "ipotetica", poco certa. A
questa incertezza tentarono di porre rimedio i neopositivisti logici, introducendo le
asserzioni protocollari e il principio di verificazione. Questo punto di vista verrà
modernizzato da Popper, che
prenderà esplicitamente a modello la teoria della relatività come esempio di metodologia
scientifica. Con Popper il dibattito scientifico si sposta sulle modalità del progresso
scientifico. La posizione di Popper venne criticata da Kuhn, che tentò di descrivere il carattere continuo del
progresso scientifico. Alla discussione si aggiunse anche Lakatos, che cercò una mediazione tra Popper e Kuhn, ed
infine Feyerabend, che
negò la possibilità di orientarsi con sicurezza tra teorie diverse, rendendo impossibile
qualsiasi progresso conoscitivo.
La crisi della scienza positivista si riflette nell'abbandono della teoria del progresso
di Comte. Accanto a
questa teoria, nella prima metà dell'ottocento erano sorte altre due teorie del
progresso, prima quella di Hegel,
poi quella di Marx : Hegel
vedeva il progresso come processo immanente, Marx era convinto che il progresso sarebbe
dovuto passare per la rivoluzione proletaria.
La nozione di tempo, accanto alla sua dimensione fisica,
diventa inoltre importantissima nelle descrizioni personali. Questo dibattito sul concetto
di tempo, non appartiene comunque solo alla nostra epoca: già Seneca, nel I° sec. d.C., aveva tentato di spiegare
questo concetto, il cui possesso diventa indispensabile per trascorrere una vita serena
anche se la sua sfuggevolezza ne rende difficile il controllo. Un tempo dunque qualitativo
e non quantitativo.
Nell'Ottocento il tempo resta ancora legato al senso comune: le categorie di passato,
presente e futuro rimangono ben delineate e divise.
Il passato resta in particolare in primo piano soprattutto in ambito italiano. Infatti,
negli artisti e letterati italiani dell'ottocento, ben impresse sono le proprie radici, il
proprio passato: passato come rimpianto, come in Leopardi, che vede nella giovinezza l'unica età in cui
l'uomo si trova veramente felice; passato come peso, macigno pesante da trasportare, come
in Pascoli, che manterrà sempre
vivo il ricordo della sua infanzia difficile, tanto che le sue poesie manifestano il
tentativo di ricostruire il nido familiare, da cui venne strappato in giovane età;
Nel Novecento, e in parte già nella seconda metà dell'Ottocento, la descrizione
del tempo viene condotta a partire dalla coscienza. La coscienza è infatti il centro
attorno a cui ruota tutta la letteratura, l'arte e la filosofia di questo periodo.
Innanzitutto il tempo diventa elaborabile personalmente: si tende ad abbandonare il tempo
newtoniano, cioé quello legato al senso comune.
Nietzsche per esempio elabora una
teoria del tempo secondo cui questo non assume una dimensione lineare, né immanente né
trascendente, ma una dimensione ciclica: il tempo è destinato a ripetersi, e l'adesione
dell'uomo diventava una condizione necessaria per il progetto della sua esistenza.
Il punto di vista di Nietzsche venne preso in considerazione da Heidegger. Egli infatti collegò come Nietzsche il tempo
al concetto di progetto: l'esserci esiste per il tempo e per la morte.
Se già con Nietzsche il tempo newtoniano oggettivo viene scardinato, Joyce, con l'utilizzo dello
stream of consciousness, descrive il tempo percepito dalla coscienza: non un tempo
cronologico e ordinato, ma un tempo in cui passato e futuro sono contenuti in un presente
dalle dimensioni dilatate. Questa percezione di un tempo non cronologico e destrutturato,
è evidente in Svevo. Proprio
Joyce si rese conto dell'importanza de La coscienza di Zeno, e promosse l'opera e
il suo autore negli ambienti culturali europei. Lo stesso atteggiamento che Svevo e Joyce
tengono nei confronti del tempo in prosa, viene tenuto in poesia da Eliot. Egli, infatti, in The Waste Land, tende a
mischiare le categorie di passato, presente e futuro. La radicalizzazione degli
atteggiamenti di Joyce e Eliot, è evidente in Beckett: l'uomo vive in un presente eterno, trascinato
dagli eventi senza avere la possibilità di porre fine al suo disagio.
La destrutturazione del tempo nella coscienza, diventa negazione stessa del tempo nel Montale degli Ossi di
seppia: tutte le poesie sono infatti inscritte in un situazione temporalmente
determinata, l'estate. Non solo la stagione, ma anche la descrizione dell'afa e dell'aria
non tersa servono a immobilizzare il tempo. Questo uso dei colori caldi, della cappa di
afa ricordano i paesaggi dipinti da De Chirico. Infatti nella metafisica, il tempo viene
congelato tanto che l'atmosfera dei dipinti è di forte staticità, perciò irrealtà.
Prima ancora che nella metafisica il concetto di tempo è evidente nel cubismo, che lo intende come
durata della percezione in sintesi nella coscienza. In contrapposizione al concetto di
durata cubista, e di staticità senza tempo nella metafisica, si colloca il futurismo, che rappresenta
solo gli oggetti in movimento nel tempo e nello spazio.
Se si considerano le avanguardie artistiche, ci si rende conto di un processo di
accelerazione in atto soprattutto in quest'ultimo secolo.
Non solo le avanguardie si superano vicendevolmente in pochi anni, ma anche il modo di
fare la guerra, i processi rivoluzionari, il progresso tecnologico hanno risentito di un
accelerazione vertiginosa. Emblematico è il caso della prima guerra mondiale: non solo in quarantott'ore si
passò dalla pace alla guerra e alla mobilitazione generale, ma si rese anche necessaria
la sincronizzazione dei movimenti degli eserciti, e la rapidità dei loro movimenti.
A livello collettivo, oltre all'esempio sopracitato della guerra, il tempo assume un
importanza decisiva nei processi industriali, come testimonia la teorizzazione di Taylor su come
far funzionare una catena di montaggio.
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