Il tempo nell'arte
Il tempo, in ambito artistico viene considerato come in ambito letterario, una coordinata della coscienza. Infatti, il cubismo, che fu il primo in questo secolo a rivalutare l'importanza del tempo, lo intende come durata della percezione nella coscienza. Il futurismo invece nega il tempo come durata a favore dell'immediatezza e simultaneità delle visioni. Il tempo viene infine cancellato dalla metafisica, che attraverso questa operazione sottolinea ancora con più forza il disagio dell'uomo nella sua società.
L'applicazione del concetto di tempo in campo
artistico si rende evidente soprattutto del cubismo.
Il punto di partenza del cubismo, a cui si giunse gradualmente soprattutto ad opera di
Braque e Picasso, era ancora quello di opporsi alla meccanica riproduzione del reale e
alla presunta superficialità di osservazione dell'impressionismo, per rendere invece il
proprio modo di interpretare il mondo esterno. Questo doveva essere "capito",
non soltanto "visto". Per i cubisti occorre rendere il significato del
sentimento, filtrato dall'io e perciò soggettivo, ma comunque entrato a far parte della
coscienza, maturato, compreso quindi durevole.
La vera novità del cubismo sta nel tentativo di rendere, nella bidimensionalità della
tela, la nostra conoscenza della realtà, non limitata all'aspetto di essa che appare al
nostro occhio da un qualsiasi punto di vista, ma abbracciata totalmente: quando vediamo un
oggetto, ne percepiamo le dimensioni, ne cogliamo gli oggetti non visibili sul momento, ma
che la nostra coscienza conosce perché incontrate in esperienze precedenti, che
memorizzate ed elaborate dalla ragione, ci permettono di comprendere l'oggetto nella sua
completezza. La visione totale dell'oggetto non si limita a darci i vari aspetti del
suo volume entro lo spazio, ma poiché è frutto della nostra conoscenza attraverso la
memoria, anche quello della durata, ossia del permanere di esso in
sintesi nella coscienza. E dato che la sintesi è operata nella coscienza, perciò
è soggettiva, non esisterà un metodo unico per smontare e rimontare la realtà sul piano
del dipinto.
Il cubismo si sviluppa attraverso varie fasi: questo rende
evidente il suo carattere di avanguardia artistica, e perciò la necessità degli autori
di rimettersi in gioco, di non considerare nulla come eterno ma mutabile. Per questo le
avanguardie durano pochi anni ciascuna: sono appunto avanguardie, non maniere o scuole.
La prima fase cubista è una fase analitica, che ha inizio intorno al 1909, durante la
quale la sfaccettatura è fitta, minuziosa e tende a mostrare l'oggetto nei suoi
molteplici aspetti, analizzandolo. La realtà viene descritta come solida, ordinata: una
realtà che Picasso, Braque e gli altri cubisti cercano di capire attraverso la forma,
poiché è questa che distingue il significato di un oggetto da quello di un altro.
Georges Braque, Case a L'Estaque
Si giunge poi a una fase sintetica, che ha
avvio verso la fine del 1910, e che consiste in una più libera e intuitiva ricostruzione
di tale oggetto espresso nella sintesi con cui si presenta alla mente del pittore
nell'attimo in cui lo pensa rivivendolo interiormente.
Pablo Picasso, ritratto di Ambroise Vollard
Dopo la fase sintetica, inizia l'abitudine
comincia l'uso di incollare sulla tela inserti ritagliati da giornali e da stampati (papiers
collés) o di materiali vari (collages). Questo perché l'uso di
materie diverse in un unica opera d'arte riconduce alla realtà, una realtà vissuta e
sofferta e perciò già di per se ricca di contenuti: il cubismo è nemico di ogni
astrazione.
Picasso stesso disse:
«L'arte astratta non esiste [...] bisogna sempre partire da qualcosa... Un oggetto astratto, invisibile, che non esiste, non è dominio della pittura»
Pablo Picasso, natura morta con sedia impagliata
Un discorso a sé merita Guernica, la tela
che Picasso dipinge per ricordare la distruzione della città basca ad opera
dell'aviazione nazista.
La tela è la summa dell'arte picassiana. In essa si riassumono i contenuti e gli
strumenti linguistici sviluppati nel corso degli anni: da un lato torna la tematica del
dramma umano che il pittore ha affrontato fin dall'età giovanile (Il periodo azzurro);
dall'altro l'esperienza cubista permette di giungere alla comprensione totale della
realtà. Niente si riferisce visivamente al bombardamento: è un'opera senza tempo, per
meglio dire che vale per tutti i tempi. Come in un frontone greco, il fatto assume
un significato universale. Anche per questo in alto a sinistra appare il Minotauro,
simbolo della violenza e della bestialità.
Il futurismo è il primo movimento che si dà
un programma preventivo, che rompe decisamente con tutto il
passato sostenendo di essere proiettato nel futuro, che si colloca in una posizione
fortemente polemica, anzi provocatoria, nei confronti di ogni oppositore.
Il futurismo è infatti un inno alla modernità, senza rendersi conto dei risvolti
negativi di essa. L'ideologia futurista consiste soprattutto nell'affermazione della superiorità di ciò che è dinamico su ciò che è statico, il
primo essendo destinato a travolgere il secondo, a modificarsi continuamente, a
trasformarsi, ad avanzare nel futuro. Senza dubbio ciò può essere messo in rapporto alle
tesi di Bergson, secondo cui la vita è un flusso continuo, uno slancio vitale, un
processo di trasformazione dovuto all'evoluzione creatrice, in una perenne generazione di
forme nuove.
Il futurismo, nella mitizzazione del progresso, si ferma all'ammirazione esteriore per la
potenza della macchina, per la grandezza del superuomo, in forma quasi esclusivamente
estetizzante, decadente.
Si spiega così l'esaltazione di tutto ciò che è vitale, dell'azione in se stessa
indipendentemente da ogni fine.
Il futurismo nasce contro la ricerca di durata cezanniana e contro la "statica"
del costruttivismo cubista, e
si riallaccia al divisionismo. Il divisionismo infatti permette di frammentare la realtà,
per rendere l'assoluta dinamicità.
Boccioni è il maggiore artista del
futurismo. Anche egli parte da un periodo divisionista, ma approda al futurismo facendo
prevalere su tutto l'aspetto emotivo: non la riproduzione di qualcosa che è esterno, ma
l'espressione di "uno stato d'animo".
L'idea del movimento, della vita come moto vorticoso, dello spostamento di tutto
attraverso il tempo e lo spazio, sono evidenti in tutte le tele di Boccioni. Per esempio
ne La città che sale la vita pulsa attorno a noi,
ne facciamo parte integrante non come spettatori ma come attori: è un flusso
inarrestabile; non esiste perciò la possibilità di focalizzare un oggetto isolandolo
completamente, perché noi cogliamo "con la cosa dell'occhio" tutto il complesso
e tumultuoso ambiente di cui esso fa parte.
Umberto Boccioni, La città che sale
Un esempio di questa concezione può essere
la tela Visioni simultanee. Noi, secondo Boccioni, vediamo simultaneamente
in sintesi tutto ciò che ci circonda: in questo caso una donna affacciandosi a un balcone
riceve l'impatto della vorticosa attività umana nella piazza sottostante. Gli oggetti si sovrappongono, si intersecano. Questo concetto di simultaneità
rende ancora più evidente che il tempo viene percepito all'interno della coscienza,
perciò è espressione di uno stato d'animo
Umberto Boccioni, Visioni simultanee
Il significato della parola metafisica, viene
usato per esprimere l'essenza intima della realtà al di là dell'esperienza sensibile. È
questo il significato che gli attribuisce De Chirico parlando dell'arte di tutti i tempi,
che anche quando sembra più aderente alla realtà, non si limita mai a descriverla, ma la
interpreta.
Più precisamente metafisico è quell'oggetto che viene isolato dal
contesto in cui vive e inserito in altro, anche se temporalmente o spazialmente
diverso. L'oggetto si trova così "spaesato". Tutto ciò genera
un'inquietudine, una sottile angoscia, perchè è qualcosa di inaspettato di alogico.
De Chirico,
La Piazza d'Italia
De Chirico cerca la perfezione, polemizzando
con gli artisti a lui contemporanei invitandoli a imparare a disegnare prima di essere
"picassiani, matissiani..." Questo non deve tuttavia far pensare a un artista
fortemente ancorato al passato. De Chirico cerca di descrivere la realtà intima, e la sua
inquietudine è l'inquietudine di quegli anni, i cui si aspettava che qualcosa accadesse
da un momento all'altro
L'uso di colori caldi, di ombre lunghe e definite nettamente, l'accostamento di oggetti di
epoche diverse tra loro, contribuiscono alla creazione di un luogo irreale, sognato,
apparentemente reale dove tutto è immobilizzato, statico e sospeso.
Quest'uso di colori caldi, di un cielo poco terso assomigliano molto ai paesaggi di Montale negli Ossi di
seppia. Non è un caso che Montale stesso voglia sottolineare il senso di disagio dell'uomo nella società, proprio come succede per
De Chirico.
De Chirico, Le muse inquietanti
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