Il Sionismo

«La nascita dei nazionalismi in Europa a metà Ottocento aveva determinato nuovi e pressanti problemi per la popolazione ebraica. In alcune realtà geografiche, come l'area tedesca, l'adesione e l'appartenenza alla nazione venivano a identificarsi con un'identità culturale, religiosa, linguistica e - sempre più spesso - razziale, elementi che confliggevano apertamente con le aspirazioni degli ebrei a far parte integrante del corpo nazionale. Si andavano via via concretizzando manifestazioni di aperta ostilità antiebraica, deteminata dal confluire delle nuove istanze politiche dei nazionalismi con il tradizionale antigiudaismo di matrice religiosa.

Dal 1879 questa nuova ostilità trovò anche una sua denominazione ufficiale in quell'antisemitismo germinato dalla penna del giornalista tetdesco Wilhelm Marr, che presuponeva - dal punto di vista etimologico - la pre-esistenza di un semitismo, del quale però difficilmente si riusciva a fornire una definizione che non fosse quella dell'appartenenza a una "razza" differente.

L'antisemitismo giocò a più riprese un ruolo determinante per la nascita e per le vicende politiche del movimento sionista; e prima ancora della nascita del sionismo, determinò le prime forme di coordinamento politico fra ebrei di differenti Paesi. Già nel 1858, sulla spinta emotiva seguita al "caso Mortara" (il rapimento di un bambino ebreo di Bologna sottratto dalla Chiesa alla sua famiglia, condotto a Roma, battezzato e istruito nella fede cattolica), era l'Alliance israélite universelle, un'organizzazione che si proponeva come obiettivo statutario il soccorso alle popolazioni ebraiche perseguitate ed emarginate dell'Europa orientale.

[..] Dopo i Pogrom antiebraici del 1881-82, a Odessa Léon Pinsker scrisse un testo, L'autoemancipazione, dove per la prima volta veniva prospettata come soluzione al problema ebraico e all'antisemitismo la raccolta di tutti gli ebrei in un territorio nazionale.

[..] Quello che in anni di lavoro non era riuscito ai sionisti russi, doveva realilzzarsi per opera di Theodor Herzl, un giornalista di Vienna, ebreo fortemente assimilato che disponeva di notevole spregiudicatezza e di grande capacità di organizzazione politica. Il "mito" sionista lo vorrebbe ampiamente disinteressato ai destini del suo poolo fino a quando non si imbattè nelle immagini delle virulente manifestazioni di antisemitismo che avevano accompagnato l'affaire Dreyfus in Francia, dove si trovava come inviato di un giornale di Vienna. In realtà Herzl pensava da tempo alla costituzione di uno Stato autonomo come soluzione alla questione ebraica. Le linee del suo programma politico saranno sintetizzate nel breve scritto Der Judenstaat (Lo Stato ebraico) del 1896.

[...] La visione di Herzl poggiava in pratica su tre punti fondamentali, sintetizzabilli nella necessità di una autonomia politica per gli ebrei, nell'idea che fosse assai limitato il tempo a disposizione per realizzare questa autonomia e nella consapevolezza che fossero sostanzialemnte le grandi masse di ebrei dell'Europa orientale a dover essere innanzitutto coinvolte in questa azione».

La sua visione politica fu il punto di partenza dei 23 Congressi sionisti (1897-1951). Il primo di questi, tenutosi a Basilea, stabilì che l'obiettivo principale del movimento era quelllo di COSTITUIRE UNO STATO PER GLI EBREI IN PALESTINA.

Grazie ad una capillare raccolta di fondi la comunità internazionale acquistò delle terre in Palestina, dove nasceranno le prime colonie cooperative e, nel 1910, il primo kibbutz, un villaggio nel quale la terra e i mezzi di produzione erano patrimonio comune secondo una modello di proprietà comunista.

Si costituirono, così i primi gruppi ebraici che avevano impostazioni e aspirazioni politico-religiosi differenti nei confronti del Sionismo:

1. SIONISTI-SOCIALISTI (1/3 della popolazione ebraica nel mondo)

All'inizio del secolo sorse fra gli ebrei immigrati in Palestina un movimento che si autodefinì sionista-socialista, che diventerà a partire dagli anni Trenta il gruppo politico maggioritario all'interno del movimento sionista, sotto la guida di David Ben Gurion. Questo movimento contribuì a dare al sionismo - o comunque alla sua modalità di insediamento in Palestina - una impronta fortemente influenzata dalll'ideale di realizzare una società socialista. L'esempio più immediato e noto rimane il kibbutz, che per decenni costituì il modello di insediamento di nuove colonie agricole e che contribuì a diffondere in Palestina strutture economiche socialiste e colletttiviste.

2. FASCISTI

Durante la prima guerra mondiale di concretizzò una seconda forma di aggregazione politica, organizzata da Ze'ev Jabotinsky, un ebreo ucraino, ufficiale dell'esercito britannico. Questi aveva tentato di organizzare alcune unità delll'esercito inglese in Egitto di soli soldati ebrei, e dopo la guerra, quando la Palestina passò sotto mandato britannico, diede vita ai primi nuclei di autodifesa ebraica. Uscito dall'organizzazione ufficiale sionista, creò un gruppo autonomo, dalle cui file emanarono i movimenti terroristici anti-inglese e anti-arabo che contribuirono ad aumentare la tensione in Palestina negli anni Trenta e Quaranta.

3. TRADIZIONALISTI

Negli ambienti ortodossi e tradizionalisti il sionismo è stato visto con molta diffidenza. Infatti, solo con l'arrivo del Messia tutto il popolo ebraico sarebbe ritornato in Palestina.

Alla fine del secolo XIX, però, l'arrivo del Messia non pareva imminente, sicché i tentativi di realizzazione politica di uno Stato degli ebrei in Palestina suonavano alle orecchie della maggioranza degli ebrei tradizionalisti più come una bestemmia del nome di Dio che come un'azione degna di rispetto.

fonte G. LUZZATO VOGHERA, Sionismo 1879-1997

 

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Bibliografia