EDUCAZIONE INTERCULTURALE
E MARIA MONTESSORI ?
Oggigiorno si parla tanto di educazione interculturale e si moltiplicano i convegni, le pubblicazioni, le iniziative su questa tematica che sembra essere
una scoperta recente ma mai si fa il nome di Maria Montessori che, da pioniera, più di un secolo fa, tradusse in pratica i principi dell’intercultura fondando scuole in tutto il mondo,
prima fra tutte quella di Kodaikanal in India, in cui convivevano bambini di diversa nazionalità e cultura.
Il suo progetto di “educazione cosmica” inoltre, forse l’aspetto più dimenticato e meno compreso della sua pedagogia, ma nel contempo anche quello più attuale e innovativo, rappresenta a nostro avviso uno strumento eccezionale per “fare” e non soltanto “parlare di” intercultura. L’educazione cosmica montessoriana non solo abbraccia e riassume in sé il concetto di educazione ecologica, di educazione alla pace e di educazione alla mondialità ma li trascende andando al di là in una visione veramente “olistica”.
L’educazione cosmica è volta a seminare nel bambino l’amore per la vita e per l’ambiente, amore che, secondo M.Montessori, può nascere solo come conseguenza di una conoscenza. E’ la conoscenza che porta all’amore,
si ama solo ciò che si conosce e questo vale sia per l’ambiente naturale che per le persone e per i popoli. Ecco perché è importante offrire al bambino, fin da piccolissimo, il mondo intero da scoprire: “Per cominciare offriamogli il mondo” scriveva la Montessori. Occorre dare al bambino una visione ampia dell’universo, fargliene sentire il respiro, gustare la bellezza e suscitare in lui un senso di ammirazione per la vita e l’umanità. Non quindi un’ecologia in senso negativo e catastrofico, una sorta di pedagogia del terrore, ma un’ecologia in senso positivo, un amore per tutto ciò che vive. E questo è possibile solo attraverso la conoscenza dell’equilibrio cosmico, del funzionamento dell’ecosistema. Conoscere la grande legge che regola la vita sulla terra, vale a dire l’interdipendenza degli esseri viventi, siano essi piante, animali o uomini significa capire qual è il ruolo di ognuno nell’ambiente e rendersi conto che la vita è di per sé mutua collaborazione. Così come a livello microscopico l’ape ha bisogno del fiore e il fiore dell’ape, così a livello macroscopico il Nord del pianeta dipende dal Sud e via dicendo… Non si tratta quindi di un retorico invito alla cooperazione o alla fratellanza per motivi più o meno umanitari o fini moralistici ma semplicemente del raggiungimento della consapevolezza del proprio ruolo all’interno dell’ordine cosmico universale che già esiste, che è già una realtà. Si tratta di rispondere al richiamo della Vita. Ed ecco allora che l’educazione cosmica si fa
“arma della pace” e strumento eccezionalmente efficace di educazione alla mondialità. Quando si è colta l’unità sostanziale del genere umano, al di là delle apparenti diversità, quando si è compreso il significato della missione cosmica che lega ogni essere vivente ad un altro, non si può infatti non sentirsi membri di una stessa grande famiglia, cittadini del mondo. “L’uomo di oggi – scriveva la Montessori già più di cinquant’anni fa – è il cittadino della grande nazione dell’umanità. Egli è il nuovo cittadino del nuovo mondo, il cittadino dell’Universo.”
Se ci pensiamo bene non è altro che lo spirito del “mitakuyen oyasin” dei nativi americani : siamo tutti parenti perché tutto è correlato. Siamo tutti parte del grande cerchio della Vita, che non ha né inizio né fine, ognuno di noi con la sua peculiare missione da compiere, il suo contributo unico e speciale da offrire al mondo.
Per trasmettere ai bambini questa visione, questo amore per la Vita, in tutte le sue forme e manifestazioni, non serve moltiplicare le materie di studio (educazione ecologica, educazione civica, educazione interculturale, educazione alla pace ecc.) ma occorre offrire loro un ambiente che consenta di assorbire, vivendoli, tutti questi concetti. Non quindi noiose lezioni teoriche ma la possibilità di scoprire e di esplorare, base indispensabile per sviluppare la conoscenza e per suscitare il senso di meraviglia e di ammirazione nei confronti della Vita e dell’umanità.
Questa è, a nostro avviso, anche la strada migliore per evitare che il disagio sociale e culturale di chi si sente estraneo in un mondo che non gli appartiene si trasformi in fallimento scolastico, disturbi psichici, razzismo, aggressività e violenza.
In un’ottica di ascolto individualizzato, quale quella montessoriana, ecco allora che si può immaginare la scuola come
“una struttura meticcia in cui tutti abbiano un posto” (Marie-Rose Moro), in cui il bambino arrivato dal Maghreb, dal Ghana o dal Bangladesh si senta accolto come un’ospite, portatore di doni e di ricchezza, unico e speciale nella sua diversità come lo è ogni bambino che viene al mondo. Oltretutto l’impostazione pedagogica montessoriana ci pare quanto mai atta a favorire l’integrazione di bambini di culture diverse : attraverso l’approccio sensoriale, in cui l’utilizzo del linguaggio verbale è ridotto al minimo indispensabile, il contatto con qualsiasi bambino è infatti immediato. L”imparare facendo” è poi metodologia tipica dei sistemi educativi tradizionali di tutti i popoli.
Molti altri sono comunque, a ben vedere, i punti di contatto – ancora non esplorati - tra il pensiero montessoriano e la prassi educativa delle culture tradizionali di ogni continente che meriterebbero una investigazione più approfondita, resasi ormai necessaria dato il contesto culturale in cui viviamo.
Tutto ciò comunque non può non farci riflettere una volta di più sulla necessità e l’urgenza di riproporre e riscoprire, anche da nuove angolazioni, il messaggio di M.Montessori e portare avanti l’opera a cui lei dedicò la sua intera esistenza: l’educazione come aiuto alla vita.
Il suo pensiero, lungi dall’essere obsoleto è oggi più attuale che mai, le sue proposte di approccio al bambino potrebbero darci la chiave per risolvere tutti i problemi che affliggono la società odierna. E’ venuto il momento di ascoltare la sua voce. Con umiltà. Per il bene dei nostri figli, dei nostri nipoti, di tutti i bambini di oggi e di domani, di qui e d’altrove.
Elena Balsamo