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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

Mind Sciences, Philosophy, Psychotherapy and Creativeness

     EVENTS 2004

Le mostre, gli eventi teatrali, gli 'happenings'.... e tanto altro ancora.

  Vai agli "Events" del 2003

Vai agli "EVENTS" del 2003
25.06.2004

 

1 - 2 - 3 - 4 luglio 2004 ore 21.30
Udine, Parco di Sant'Osvaldo
(ingresso libero)

POST IT
APPUNTI DA QUEL CHE RIMANE

esito pubblico del percorso stagionale di PSICOLAB
testi e regia Alessandro Berti
canzoni eseguite dal vivo da Postit Trio
scenari e oggetti Michela Lucenti
con Alessandro Berti, Michela Lucenti e i partecipanti a PSICOLAB

Intenso, ricco di esperienze e incontri significativi, Arte/Società/Follia seconda edizione, il progetto ideato da Alessandro Berti e Michela Lucenti dell’Impasto, realizzato con il CSS, con il Dipartimento di Salute Mentale di Udine e con il Centro Balducci di Zugliano e con il sostegno del Comune di Udine, si avvia, dopo 5 mesi di laboratori, performance, incontri e spettacoli, verso la fase conclusiva.
Dal 1° al 4 luglio nel Parco dell’ex ospedale psichiatrico di Udine (ore 21.30, ingresso libero) sarà presentato Post it appunti da quel che rimane, esito pubblico del percorso stagionale nato all’interno del laboratorio Psicolab.
"Lentamente, con pazienza, quattro giornate al mese per quattro mesi – ci spiega Alessandro Berti - abbiamo lavorato a materiali testuali, fisici e cantati partendo da Leonce e Lena di Büchner, da visioni e da azioni. Con un gruppo di poco meno di dieci artisti e artiste della scena con esperienze in psichiatria come utenti dei servizi abbiamo esplorato il vuoto del teatro, lo stagliarsi semplice dei corpi e delle parole, delle note di una canzone, lavorando insieme, nella balsamica quiete del teatrino di Sant'Osvaldo".
Così è nato Post it, frutto di un percorso in cui gli artisti si sono messi di fronte alla follia, sociale e individuale, facendone poesia scarna, contemporanea. Il titolo allude sia a un "dopo" , cioè a uno scenario desertico, postumo, vuoto, che anche alla modalità linguistica dello schizzo, del frammento, dell' appunto, come quei milioni di fogliettini con la colla dietro che, come un' ossessione, attacchiamo su frigoriferi, computer, librerie, agende. In inglese, letteralmente, post it significa annuncialo, esponilo, mostralo, cioè abbi il coraggio di affiggere manifesti d' amore, di odio, di esilio, di rabbia."Tassello inquietantemente gioioso del nostro Cantiere West, ovvero il caotico percorso che ci porterà , a quanto pare, a sfornare uno o più spettacoli nei prossimi mesi, - prosegue il regista Alessandro Berti - Post it si presenta come una serie di polaroid dopo la fine di una civiltà , rosario di memorie di un' epoca di modernariato, di manierismo, di attività insensate e ordinate...Post it sarà uno spettacolo di fantascienza. Se questo pianeta durerà fino al debutto di Post it potrete vedere come sarà ridotto tra 100 anni. Possiamo assicurarvi fin da ora che non sarà peggio di adesso" conclude Berti.
 
Arte/Società/Follia si chiuderà il 26 luglio (ore 21) nel Parco di Sant'Osvaldo con la presentazione in prima nazionale di Oggi, il film scritto e girato da Ilaria Turba, Michela Lucenti e Alessandro Berti.
 
Informazioni: CSS Teatro stabile di innovazione del FVG Tel. 0432 504765 info@cssudine.it www.cssudine.it
 

 

24.06.2004

"INMEMORIA" di Carmelo Bene.

Rappresentazioni, progetti e mostre nel Salento ...e non solo.

Dal 2 al 31 luglio al Museo Sigismondo Castromediano di Lecce si terrà la mostra "La casa del genio" dedicata a Carmelo Bene. 

Domenica 20 giugno a Otranto, nella sala triangolare del Castello, è stato rappresentato lo spettacolo "Ritratto di Signora del Cavalier Masoch per intercessione della Beata Maria Goretti", con la regia di Gianpiero Borgia.   Questo spettacolo verrà poi riproposto a Spoleto il 3,4,9,10 e 11 luglio 2004 (nella Chiesa di S. Nicolò) come tappa finale del progetto "Dannati Maestri", un corso di perfezionamento in Tecniche e Metodologie delle Arti Drammatiche (POR Puglia 2000/2006) patrocinato dalla Regione Puglia per ricordare Carmelo Bene. Il lavoro di Gianpiero Borgia e degli altri docenti si svolge all'interno del training messo a punto dal maestro russo Jurij Alschitz e denominato 'la verticale del ruolo e il training sul dialogo'.

La 'Verticale del Ruolo' è un metodo di autopreparazione dell'attore al personaggio che poggia sull'assunto che il personaggio sia un tema filosofico da sviluppare e non una figura antropomorfica nella quale immedesimarsi.

Sempre in tema di celebrazioni del grande drammaturgo di origini salentine, a Roma il 21 giugno al teatro Cinecittà Campus è stata ricordata la notte del 31 luglio 1981 quando, ad un anno dalla strage alla stazione di Bologna, il maestro, scalzo, si arrampicò lungo la scala esterna per raggiungere il punto più alto della torre degli Asinelli, e declamare i versi di Dante dedicandoli "da ferito a morte ai feriti di quest'orrenda strage".

 

Da  C. Bene & G. Dotto, "Vita di Carmelo Bene" (Bompiani,2002):

<<Letterariamente questo Ritratto di Signora del cavalier Masoch per intercessione della beata Maria Goretti intende stemperare le ansie troppo spettinate del narcisismo masochiano, sottoponendole a un travestitismo terapeutico non dissimile da quello praticato dal presidente Schreber, a soluzione della sua disfunzione paranoica.

Da un lato, il professore e il suo doppio-assassino (Alessandro Serenelli, carneficedi una non poi tanto innocente contadina, sullo sfondo malarico delle paludi pontine). Dall'altro, un'attrice mai all'altezza - è tacito tra i due un contratto a monte - assolutamente incapace di sdoppiarsi nella Marietta vittima.

Alle reiterate simulazioni di minacce di Serenelli-Masoch ("Dimmi l'ultimo no e poi fatta santa!"), la sciagurata mescola le identità affidatele, tuttavia affascinando il suo antagonista, grazie all'incomprensibile-enigmatico-profondo ch'è nella donna...la stupidità:

("...C'è tutto un guasto, un guasto qui, nel meccanismo cerebrale. Nella donna c'è un guasto! Le gonne, no! Le gonne! Una donna non è che la sua gonna...Io voglio essere tua alla moda! Tua, ma per sempre tua coi tacchi alti. Per sempre tua indisposta. Per sempre il tuo disordine nella clessidra assurda del tuo ergastolo. Amami! Sarò celebre per te! Sarò qualcosa di cui si scrive tanto... Tanto per leggere. Tanto per leggere qualcosa, qualcosa, bada, che non sia importante, Alessandro. Una pagina... una pagina di moda... per chi non pensa più...").

Seguitando sempre più a disattendere, quest'attrice inqualificabile calza seta e indossa infinità di scarpe, veste e sveste, frenetica, si specchia e si ritrae, essendo questo, a suo avviso, il dì della propria festa patronale (santificazione). In tutta furia smaniosa per non mancare alla fanfara e ai fuochi d'artificio in suo onore. In balìa di un ventaglio sterminato di umori che ogni singolo indumento è  magicamente in grado d'inventare. Al professor Serenelli, stregatissimo, altro non resta che applaudirne il depensamento. Fino a - ripudiati i suoi abiti accademici di maschio - imitarla, in un più frenetico e cangiante travestitismo. Intransigenti varianti d'abbigliamento solo femminile>>.

Risorse biblio- e web-grafiche su Carmelo Bene (dal sito RaiLibro):

Dalla rete     
breve scheda biografica
L'immagine e  la voce di Carmelo bene su Internet, ascolta e visiona frammenti d' opere di Carmelo Bene
Carmelo Bene recita i Canti Orfici di Dino Campana

"Macbeth Horror Suite" è uno spettacolo che Bene ha voluto dedicare al suo maestro Antonin Artaud, teorico di quel teatro della crudeltà destinato a  rivoluzionare la scena del '900. 5 minuti in REAL AUDIO Carmelo Bene intervistato da  Antonella Chini.
Carmelo Bene  voce di Leopardi
tratto da ARCA  Cultura e Spettacolo del GR online

17 aprile : Memoria. 90 sopravvissuti all'olocausto ripercorrono il proprio passato. Non-eventi: Carmelo Bene, a Macao, nega l'esistenza di Dio
L’incapacità di crescere è roba per adulti, più che mai ostinata e fiera nei rinserramenti egoistici senili. Questo l’assunto provocatorio del Pinocchio di Carmelo Bene
alcune schegge
Ma il teatro non ha bisogno di lavoratori... Da bambino, puoi fare affidamento sulle (rare) disattenzioni di tua madre; ma nell'età di mezzo, e per di più poeta, troverai il tuo ministro inflessibile, attento più dell'angelo a te avverso, a guardia del tuo sogno; e non ci sarà più verso di spiegargli che vuoi dormire non "sovvenzionato"
filmografia
In occasione del restauro dei film di Carmelo Bene, una pagina della Scuola Nazionale di Cinema con la filmografia e una ampia sinossi di tutti i titoli
autointervista di Carmelo Bene sul suo poema "'l mal de' fiori" sul Caffè letterario
Il cinema di Carmelo Bene di Cosetta G. Saba
Bene e Bellocchio: un '68 senza rimpianti
di Giuseppina Manin
Corriere della Sera, 7 giugno 1998

 

 

22.06.2004

 

IL SUD SI APPASSIONA ALL'ARTE                CONTEMPORANEA

 

Nasce "Sensi Contemporanei", un progetto per la promozione e la diffusione dell'arte contemporanea nelle regioni del sud d'Italia. Tra il 29 maggio e il 30 novembre sette regioni del sud Italia saranno sede di un complesso intervento di promozione dell'arte contemporanea e di valorizzazione di siti e edifici da destinare al contemporaneo.

Per la prima volta nella storia, 10 esposizioni di arte visiva usciranno dalla Biennale di Venezia per essere ammirate in alcune importanti città del meridione, da Campobasso a Lecce, da Napoli a Bagheria.

Saranno riqualificati architettonicamente quattro nuovi siti da destinare ad attività espositiva (l'ex centrale del latte di Potenza, l'ex convento di Santa Lucia a Matera, Villa Zerbi a Reggio Calabria, Palazzo Belmonte Riso a Palermo).

Saranno realizzati nuovi itinerari di turismo culturale incentrati sull'idea dell'arte contemporanea nel sud.

Saranno promossi corsi di formazione curati da esperti della Biennale di Venezia indirizzati a docenti, laureati e operatori del settore.

 

 

(da La Gazzetta del Mezzogiorno del 22.06.2004)

La Biennale di Venezia nelle città del Sud. A Matera una selezione di film e video a cura di Francesco Bonami
Per la prima volta viene presentata una selezione dei migliori film e video della Biennale di Venezia, raggruppati in un unico luogo anziché essere dispersi nei vari spazi delle corderie e dei giardini. Il progetto vuole offrire allo spettatore l’esperienza unica di poter vedere a confronto nello stesso contesto diversi modi d’interpretare e usare l’immagine in movimento da parte di artisti contemporanei. Il video e il film sono diventati negli ultimi dieci anni strumenti autonomi di espressione e comunicazione all’interno dell’arte contemporanea. Usati negli anni ‘70 come mezzi sperimentali video e film sono oggi in costante dialogo e competizione con mezzi tradizionali come la pittura e la scultura.
L’idea di raggrupparli in un percorso che ne identifichi le diverse possibilità e caratteristiche significa sottolineare il valore, l’importanza e la maturità di questo mezzo così particolare. Musei come la Tate Modern di Londra o Il Centre Pompidou di Parigi hanno speciali dipartimenti esclusivamente concentrati nella raccolta e nella presentazione di artisti che utilizzano sia video che film. La Biennale di Venezia come istituzione dedicata alla sperimentazione e all’avanguardia vuole con questo progetto particolare rendere chiaro e accessibile l’uso di video e film da parte degli artisti contemporanei. Movimento/Movimenti è un progetto che dà allo spettatore un tempo di fruizione molto particolare e innovativo, trasformando lo spazio e sottolineandone le caratteristiche architettoniche e sonore. Costruendo attraverso l’installazione delle varie opere un percorso dinamico e complesso in cui i visitatori faranno esperienza di una varietà unica di emozioni e racconti, Movimento/Movimenti metterà in luce il carattere non più sperimentale ma lirico dell’immagine video e film, sottolineando come un artista contemporaneo oggi possa raccontare le proprie idee e storie non più esclusivamente con i linguaggi classici ma con strumenti tecnologicamente avanzati e tuttavia malleabili a una sintassi ancora molto personale e umana. La varietà dei video e dei film creati da artisti di diverse e distanti nazionalità offre al visitatore un’occasione unica per avvicinarsi in una sola occasione a realtà altrimenti lontane e sconosciute. Questa speciale selezione curata personalmente dal direttore della 50esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, riflette in modo chiaro e sintetico la profondità e la complessità di cui è stata testimone tutta la mostra “Sogni e Conflitti - La dittatura dello spettatore”.

Questi, in breve, i programmi, regione per regione:

In Abruzzo, è di scena "Clandestini", la mostra curata da Francesco Bonami per la scorsa Biennale di Venezia. La sede prescelta per l'esposizione è il Forte Spagnolo dell'Aquila (21 luglio-21 ottobre). Altre manifestazioni si tengono a Giulianova, Chieti e Pescara.

In Basilicata, i poli centrali di attrazione sono due: Il Museo Archeologico Provinciale di Potenza, che presenta una selezione tratta dai "Sistemi Individuali" di Igor Zabel (29 maggio-30 ottobre), e Palazzo Lanfranchi a Matera, che offre uno spaccato di "Movimento/Movimenti", la sezione di video e film curata da Francesco Bonami (30 maggio-5 ottobre).

La Calabria offre un palcoscenico di eccezione per "Z.O.U. Zone d'Urgenza", il progetto realizzato a Venezia da Hou Hanru. La mostra (settembre-novembre) si tiene, infatti, a Villa Zerbi, uno dei luoghi più suggestivi e ricchi di storia di Reggio Calabria, in corso di restauro.

La Campania, già molto attiva nel contemporaneo, offre al pubblico una delle sezioni più interessanti della scorsa Biennale: "Stazione Utopia" di Molly Nesbit, Hans-Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija. La rassegna si tiene alla Mostra d'Oltremare di Napoli (26 luglio-5 settembre).

In Molise, e precisamente a Campobasso, viene presentata un'altra selezione dei film e video esposti a Venezia nell'ambito di "Movimento/Movimenti" di Francesco Bonami. Le proiezioni si tengono al Nuovo Spazio per l'Arte Contemporanea della Regione Molise (ottobre-novembre).

In Puglia, le città prescelte per la manifestazione sono Bari e Lecce. Alla Sala Murat di Bari, già sede di numerose mostre di arte contemporanea, è esposta (15 luglio-10 ottobre) una selezione di opere da "La Zona" di Massimiliano Gioni. Nel Castello di Carlo V a Lecce (16 luglio-10 ottobre) trova posto un'altra rassegna di video e filmati, tratti da "Movimento/Movimenti" di Francesco Bonami.

La Sicilia offre al pubblico due diverse opportunità. Vedere "Ritardi e Rivoluzioni" di Francesco Bonami e Daniel Birnbaum negli spazi del settecentesco Palazzo Belmonte Riso a Palermo (15 settembre-30 ottobre). Vedere un'altra selezione di video e filmati, tratti da "Movimento/Movimenti" di Francesco Bonami alla Villa Cattolica di Bagheria, che è sede anche del Museo Guttuso (15 settembre-15 novembre).

In occasione di "Sensi Contemporanei", la DARC (Direzione Generale per l'Architettura e l'Arte Contemporanee) promuove un concorso rivolto ai giovani. L'iniziativa, intitolata "Il linguaggio dei luoghi", si fonda sulla convinzione che le arti contemporanee possano incoraggiare il recupero di luoghi ormai dimenticati e ridare loro un senso.

Per avere ulteriori informazioni sulla manifestazione e gli eventi correlati, si può guardare il sito Sensi Contemporanei (www.sensicontemporanei.it).

 

21.06.2004

Mostre, mostre....e mostre

A Napoli al Museo Archeologico Nazionale Anselm Kiefer.

Recensione sul Messaggero di Roma di Sabato 19 Giugno 2004 di SILVIA PEGORARO  "Nel segno dell’invisibile".


IL MITO greco e la storia della Germania; la musica di Wagner e la poesia tragica moderna di Paul Celan o Ingeborg Bachmann; l’alchimia dei Rosacroce e il misticismo ebraico.... Di tutto ci⠳? nutre la controversa, complessa arte di Anselm Kiefer (nato a Donaueschingen nell’“anno 0” 1945), il maggior erede del pensiero visivo del romanticismo tedesco. ?Tutto ci⠣?e
isibile nito all’invisibile, l’udibile al non-udibile, il sensibile al non-sensibile. Forse il pensabile all’impensabile?, scriveva Novalis nel suo Frammento n.1710. Cosnell’arte di Kiefer, come ci fa capire anche la mostra in corso al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Cinque opere intense, di implacabile poesia ( 2 sculture-installazioni e 3 grandi lavori bidimensionali), dove la luce e il colore si affiancano all’ombra densa e fumosa, la violenza alla delicatezza, la presenza all’assenza, la vita alla morte. Kiefer ha sempre suscitato polemiche e discussioni, sin dai suoi esordi (1969) con opere di forte impatto percettivo (in contrasto con l’allora dominante clima minimal e concettuale), che entravano nella zona oscura del recente passato tedesco. Ma per Kiefer occorre prendere coscienza di un’identitࠣhe si radica nel passato, qualunque esso sia. Questo significavano anche le “scandalose” Stone halls del 1983, con il loro inequivocabile rimando all’architettura del nazionalsocialismo. Ne scaturiva un’affascinante meditazione e rilettura, in cui i fantasmi della storia si univano alle suggestioni del mito. Per questo artista-filosofo, la storia non racchiude verit࠮ertezze. La storia brucia, divora, sacrifica. Ce lo rammentano le straordinarie architetture combuste da lui dipinte, le sue poderose “muraglie” r?dal tempo, o ancora i tronconi di scale in cemento assemblati a delineare la sagoma di un carro armato, in Sefer Hechalot (2001), presente a Napoli. Ma la storia n grado di trasfigurarsi in mito, perchon sfugge al vortice vitale del cosmo e della natura: Kiefer nche uno dei maggiori paesaggisti contemporanei. Ecco allora fondersi in drammatica simbiosi i frantumi, le rovine della materia attraversata dalla storia, e i germi vitali della natura: i semi, i semi che tempestano molte grandi opere bi-dimensionali di Kiefer, e che spesso rappresentano le stelle. Sono grandi “costellazioni”, queste opere, costellazioni di frammenti che avvertiamo come ceneri, spoglie prosciugate, residui di un processo di combustione (fiori secchi, cortecce, vetri frantumati, ferraglie ecc.) ma che, nello stesso tempo, sentiamo pulsare come qualcosa di vivo. Influenzato dal pensiero di Heidegger, Kiefer si pone nel solco del poeta pi?to dal filosofo tedesco: Friedrich H?rlin, per il quale l'arte na forza radicata nel cielo e nella terra, una forza che tiene insieme gli estremi. Il corpo umano i⠣?e unisce la terra al cielo, n groviglio di radici vitali, una fucina di immagini, e non di concetti astratti. Come H?rlin, Kiefer crede nella potenza della poesia, nella sua capacitࠤi riportare il mito, il divino e il sacro nel mondo. Per questo inserisce spesso nei suoi lavori la parola come essenza mentale e spirituale, che non si contrappone alla materia, ma la anima. Parola e immagine interagiscono fortemente, secondo l’artista tedesco che, anche per questo, d࠳pesso alle sue opere la forma del libro: il libro che a “casa” del linguaggio, cosome, secondo Heidegger, il linguaggio a casa dell’essere. I “libri” di Kiefer sono, contemporaneamente, pesanti diari della storia (libri ciclopici dalle pagine di piombo) - come quelli che qui vediamo in 20 Jahre Einsamkeit (Vent'anni di solitudine), 1991/2000 - e “libri” della natura, insieme metaforici (si pensi alla metafora galileiana della natura come libro aperto), e letterali, come i suoi “erbari”. E’ comunque sempre presente una dialettica di opposti, che convivono in tensione e non si elidono. L’opera di Kiefer pu⠥?sere allora letta come l’emblema di questa tensione, di questa polarit࠴ra cielo e terra, di una ciclicit?cosmica in grado di trasformare, davvero, l’apocalisse in cosmogonia.

 

A Firenze Vanessa Beecroft in VB53

 

(da EXIBART  del 19.06.2004)

 

 VB 53 è un lavoro che mette in scena 21 modelle piantate dentro un ammasso di terra nello spazio del Tepidarium situato nel Giardino dell'Orticoltura di Firenze progettato da Giacomo Roster alla fine dell' ottocento.

Vanessa Beecroft è nata a Genova nel 1969. Ha studiato all'Accademia di Belle Arti a Milano. Dopo gli studi si è trasferita a New York dove vive e lavora. L'evento che la porta alla ribalta internazionale è la sezione Aperto della Biennale di Venezia del 1995. Vanessa Beecroft lavora sulle ossessioni femminili: corpo, bellezza, identità. Nella sua prima mostra (Milano 1993) l'artista presentava il suo diario alimentare Despair dove aveva catalogato i cibi mangiati negli ultimi otto anni dividendoli cromaticamente. Attraverso le sue performance (concettualmente per l'artista più vicine alla pittura che all'azione performativa) titolate con le sue iniziali e con una numerazione progressiva, perfette e patinate l'artista elabora tutti quegli stereotipi della cultura dell'immagine che hanno forzato violentemente l'identità femminile negli ultimi anni. VB mette in scena modelle professioniste, familiari e amici con l'aiuto di stylist, truccatori e acconciatori. "In genere cerco di minimizzare il loro abbigliamento per enfatizzarne l'anatomia. A volte gli accessori sono riferimenti che aiutano a collegare il gruppo con il contesto in cui la performance ha luogo. Di solito sono leggermente ironici. Espongo degli elementi che coesistono in contraddizione tra loro (la loro bellezza, il loro riferimento al passato, la loro immediata realtà, la loro volgarità, la loro purezza, la loro compattezza come gruppo, il loro isolamento all'interno del gruppo). Non sono sicura in quale direzione mi porterà il mio lavoro".

Tra le sue mostre più importanti ricordiamo: Biennale di San Paolo (2002); Palazzo Ducale Genova, Kunsthalle Hamburg, Kunsthalle Wien (2001); Whitney Biennial New York (2000); MCA Chicago, MCA Sidney, Wacoal Art Center Tokyo (1999); Guggenheim Museum New York, Fondation Cartier Paris, Moderna Museet Stockholm (1998); Biennale di Venezia, Site Santa Fe Biennial (1997); Ludwig Museum Köln, Stedelijk Van Abbemuseum Eindhoven (1996) Nell'ottobre del 2003 il Castello di Rivoli le dedica una retrospettiva. In quella occasione viene pubblicato anche il libro Vanessa Beecroft. Performances 1993_2003. Il 9 maggio (fino al 22 agosto) si è inaugurata alla Kunsthalle di Bielefeld una sua mostra antologica.

Makeup provided by M.A.C



VB 53 - mercoledì 23 giugno 2004 - dalle 19 alle 22
Tepidarium - Giardino dell'Orticoltura - via Vittorio Emanuele 4 - Firenze
INFO: 055 3693407
tacconi@pittimmagine.com
www.pittimmagine.com

Special thanks to Franca Sozzani
Con il contributo della Regione Toscana - Assessorato alla Cultura
Si ringrazia:
Il Comune di Firenze
Assessorato alla Cultura
Sole24Ore
Sorgente Tesorino spa

 

20.06.2004

E' uscita l'autobiografia di Damien Hirst

(da Exibart di giovedì 3 giugno 2004)
Finalmente è disponibile anche in italiano On the Way to Work, libro cult per gli amanti dell’arte contemporanea uscito per i tipi Faber and Faber Limited di Londra nel 2001. 13 interviste, 13 chiaccherate tra lo scrittore Gordon Burn e l’amico Damien Hirst , un sodalizio che si rinnova dopo il primo libro del ’97 di Hirst, I want to spend the rest of my life....
Damien Hirst non ha bisogno di presentazioni. Al volgere del secolo l’arte mondiale scelse i suoi nuovi idoli: gli U.S.A. si portarono Matthew Barney, l’Italia Maurizio Cattelan , l’Inghilterra lui. Nato a Bristol nel ’65, mentre ancora studiava al Goldsmiths College organizzò Freeze, la collettiva che fece nascere il fenomeno della Young British Art (YBA), ottenne la sua personale consacrazione nel 1991 a Londra, con la personale all’ICA; nel ’95 portò a casa il Turner Prize e di lì le Biennali di mezzo mondo, le mostre nei musei e nelle gallerie più prestigiose, da Saatchi a Gagosian a White Cube, con conseguente esplosione sul mercato.
Le interviste fotografano le tappe essenziali della carriera di Hirst dal ’92 al 2001 e il tono colloquiale del libro esalta la personalità complessa dell’artista: sregolata, arrogante e contraddittoria. C’è di tutto in questo libro: i ricordi d’infanzia, gli amici, gli studi, il successo, il suo rapporto con le droghe, la violenza, la povertà e la ricchezza. Ma si trovano anche disincantati e spietati giudizi su protagonisti del sistema dell’arte, sui galleristi, i critici e gli artisti. E poi c’è la sua arte: la genesi delle opere, le ossessioni per la morte, per le medicine e le stanze d’ospedale, l’amore per Bacon, l’avventura di Pharmacy, le crisi e i dubbi.
...mi muovo pericolosamente sulla linea che mi separa da qualcosa di orribile e credo in qualcosa di incredibilmente puro. E quando andrà a puttane, se ne andrà a puttane, non avrò più un ruolo. L’arte è una bugia maledettamente complicata che mi sto raccontando da solo. Damien Hirst è uno e trino, è artista e fa l’artista, un concentrato tra il tormento e il romanticismo dell’artiste maudit, la trasgressione della pop star degli anni ’60 e ’70, il pragmatismo e lo spietato opportunismo del rodato conoscitore delle logiche della comunicazione contemporanea.
Con un finale tutto da scrivere, questo è anche un libro furbo; potrebbe comodamente essere uscito dalla mente di Irwine Welsh o essere la sceneggiatura ideale di un nuovo capitolo di Trainspotting .
La traduzione di Robecchi fila liscia e il testo conserva intatto lo spirito schietto e diretto dell’originale inglese. Si legge tutto d’un fiato e si rilegge volentieri, magari per scoprire qualche messaggio subliminale dietro ad una battuta, un aneddoto. "E’ facile raccontare stronzate ai vivi, ma non è altrettanto facile dirle a chi non è ancora nato".
Ma ci si diverte pure, come quando dice: "Mi immagino David Bowie che torna a casa, va da suo figlio e gli dice: hai una vaga idea con chi stai parlando?". Oppure: "Se tutti ti dicono che sei un genio sei sulla buona strada per diventare un coglione".
Non si può non leggere questo libro, perché dalla biografia di Hirst esce un resoconto completo di 15 anni di arte contemporanea. Ed è per questo che, pur non essendolo, porta il titolo di manuale.
"Molte delle cose migliori accadono dopo che le hai fatte, si tratta di errori fortunati. Come quando ho fatto la mucca e il vitello [Mother and Child Divided], le zampe non toccavano per terra, e mi è piaciuto. E’ stato un errore, avevo preso male le misure. Però siccome non toccava il terreno, è diventata questa cosa fluttuante, trascendentale. Grandioso."

16.06.2004

"CORPI ESTRANEI smarriti tra anima, istinto e ragione". Spettacolo teatrale del Liceo Artistico "Virgilio" di Empoli (giovedì 8.07.2004 presso il Convento degli Agostiniani, Empoli)

  Foto: la locandina dello spettacolo

<<Lo spettacolo esprime in modo efficace i percorsi e i conflitti dell'adolescenza nella costruzione della propria immagine corporea e spirituale ed è quindi un ottima conclusione del percorso scolastico, in quanto meglio di molti esami evidenzia, per la passione e l'impegno che i ragazzi hanno profuso nel realizzarlo,la maturità raggiunta.>>

 Daisy Mazzetti (Firenze)

 
16.06.2004

"Festival cinema diversamente abile "

L'ATiC Associazione Italiana per la Terapia di Comunità invita tutti gli interessati alla : Giornata introduttiva al Festival del Cinema Diversamente Abile che si terrà a Roma nel mese di settembre : Martedì 29 giugno ore 21 presso il Cinema Azzurro Scipioni , in via degli Scipioni 84 Roma Prima Nazionale del film GOING DOWN COMING UP ( Mary Barnes a Kingsley Hall) di Paul Morrison documento filmico sulla vita della paziente inglese che soggiornò nella comunità di Kingsley Hall e che con Joseph Berke scrisse il libro Viaggio Attraverso la Follia (Rusconi ). A seguire : Selezione di film tematici di Silvano Agosti Introduce : Marino de Crescente intervengono Massimo Marà e Silvano Agosti al termine delle proiezioni dibattito aperto sullo stato della psichiatria oggi in italia. Si porta inoltre a conoscenza degli Autori e Promotori di materiali filmici inerenti il tema del Festival ( che si terrà a fine settembre ) che dalla data odierna possono mettersi in contatto con Marino de Crescente per concordare le modalità di invio dei materiali per le selezioni del Festival all'indirizzo : marinodecrescente@fastwebnet.it

 

15.06.2004

Rassegna stampa da "Exibart" di martedì 15 giugno 2004
E forse anche Bari si farà la sua kunsthalle pubblica. A seguito di un annuncio fatto dal sottosegretario alla cultura Nicola Bono, la Regione Puglia ha emesso una delibera ad inizio giugno annunciando la nascita di un “Centro mediterraneo per la cultura, l’arte e l’architettura”. La Regione (la Puglia in questo modo segue istituzioni come il Piemonte, il Friuli e la Campania molto impegnate nell’arte contemporanea) è socio fondatore del nuovo ente che però ricerca altri co-fondatori ed altri soci, anche privati. Ma una piccola anomalìa emerge immediatamente alla lettura della delibera: la sede legale della nuova istituzione artistica è nella Sala Murat, di proprietà non della Regione ma del Comune di Bari. Lo stanziamento iniziale è –ahinoi- di 15mila euro…


 

 

 

15.06.2004

Questa mattina a Bitonto (BA) incontro con Ignazio Senatore, autore del libro "Il cineforum del dottor Freud". Terrà una conferenza dal titolo  "La pellicola narrante. Il cinema tra terapia e riabilitazione".

  Vai al sito personale di I. Senatore

Il cineforum del dottor Freud
Centro Scientifico Editore -2004


Ignazio  Senatore. Psichiatra, psicoterapeuta. Funzionario Tecnico presso la Clinica Psichiatrica   dell’Università “Federico II” di Napoli. E’ Vice- Presidente della Sezione “Arte, Cinema, Spettacolo e Mass media in psichiatria” della Società Italiana di Psichiatria.
Presidente e Fondatore dell’Associazione “Eidos- Cinema, psiche e arte visive”. Presidente della Società Italiana dello Studio dei Comportamenti Alimentari – Sezione Sud.
Segretario del Comitato d’Ammissione della Società Italiana di Terapia Familiare.
Ha pubblicato “L’analista in celluloide” (Franco Angeli- 1994) “L’atterraggio fu dolce come una caramella al latte” (Guida Editore – 1998) e “Curare con il cinema” (Centro Scientifico Editore – 2002).

Da un'intervista di Paola Gabrielli del  14- 04-2004 su "Il Resto del Carlino"

"Al cine, come sul mio lettino"

 Giù di corda? Mai pensato ad un film? Ora, come terapia, seppur momentanea, oltre ad azzannare cioccolato, darsi allo shopping sfrenato e via tentando, c’è chi propone una sana visione cinematografica. Provare per credere oggi pomeriggio alle 18.00 alla Feltrinelli, dove ad attendervi ci sarà un gioviale psichiatra napoletano, Ignazio Senatore, che presenterà la sua ultima fatica: “Il cineforum del dottor Freud” (Centro Scientifico). Il libro già spiazza se confrontiamo il titolo e la copertina dove compare un’immagine di Jung nella versione tratta da “Prendimi l’anima” di Roberto Faenza. “A beautiful mind”, ad esempio, compare nel capitolo “Cinema e crepe della mente”. “Fight club” in “Il cinema e la deriva”. Gioventù bruciata in “Il cinema e le stagioni smarrite”. Il libro si conclude con interviste a registi e attori. Ma, avverte Senatore, docente all’Università “Federico II” di Napoli e tra i fondatori della Rivista “Eidos”, “il cinema può curare, dipende solo dallo spettatore”.

Gabrielli: Il cineforum del dottor Freud: una provocazione, visto lo scarso amore del padre della psicoanalisi per il cinema?

Senatore: Il cineforum sta per il cineforum militante e di qualità di una volta. Quanto a Freud, il significato, oltre al fatto che egli in effetti non amava il cinema considerandolo roba da plebei, sta nel taglio psicanalitico che ne ho dato. Per questo non ho scelto film necessariamente famosi, ma quelli interessanti da questo punto di vista.

Gabrielli: Come mai uno psichiatra sceglie proprio il cinema…

Senatore: Nel 94 scrissi “L’analista in celluloide” Spiegavo perché noi psichiatri nell’immaginario collettivo veniamo demonizzati: o siamo folli, o separati, o seduttori incalliti. Comunque gente piena di problemi personali. E’ anche così ma soprattutto siamo come gli altri…

Gabrielli: Ha scelto solo i film che le piacevano?

Senatore: Anzi! Ho scelto anche film brutti. “Tenera è la notte”è brutto, ma la storia dello psichiatra che s’innamora e sposa la paziente era emblematica. “Casanova 70” di Monicelli è bruttino ma divertente ed autoironico. “Ragazze interrotte” è un filmaccio furbo ed ammiccante. “Mi chiamo Sam” arriva ad un certo tipo di pubblico. Ci sono film di facile digestione, ma c’è anche un certo cinema francese, che io adoro, e film ai quali sono legato, come “Senza pelle” di D’Alatri con un ottimo Kim Rossi Stuart.

Gabrielli: Perché si va al cinema?

Senatore: Come diceva Bunuel, per allargare l’immaginario e connettere in modo diverso i dati di realtà.

Gabrielli: Un film può curare?

Senatore: Un film in sé non fa né bene né male. C’è poco da consigliare “Via da Las Vegas” a chi soffre d’alcolismo o “La grande abbuffata” a chi ha problemi con il cibo: tutto dipende dalla nostra elaborazione. Il cinema può essere il cantastorie dei nostri tempi. Per chi ha il problema il discorso cambia e chi sceglie per i pazienti film come “Spider” di Cronenberg dovrebbe darsi una regolata.

Gabrielli: Che cos aconsiglierebbe a chi volesse veder eil film oggi al centro della discusisone come “La passione di Cristo”?

Senatore: Primo: non è obbligatorio vederlo. Secondo: è finzione anche quella e di fronte alle frustate occorre fare dei distinguo. Le dispute fra ebraici e cattolici mi sono insopportabili. Gibson ha voluto fare un film preciso. Come  Bellocchio nel suo “Buongiorno notte”. Non dobbiamo pretendere l’aderenza alla realtà.

 

1.06.2004

Recensione da "Exibart" del 1.06.2004 della mostra "Protagonisti dell'arte 2004" a Molfetta (Bari) fino al 8.06.2004


Molfetta può considerarsi ormai uno dei centri culturali più vivaci di Puglia. Quest’anno il curatore Giacomo Zaza propone, come già fatto con Jannis Kounellis, Carla Accardi, HH. Lim e Ignazio Gadaleta, un’installazione di Gilberto Zorio nel Torrione Passari, struttura che si presta, con i suoi ambienti in pietra naturale adiacenti ma dislocati su due livelli, ad opere di grande coinvolgimento emotivo.
Gilberto Zorio è reduce da una personale romana dall’analoga iconografia, adattata quasi in toto al minimo spazio della torre. La grande stella (l’uso di questa tag, allocata al posto di un occhio in un autoritratto risale al ‘72) in alluminio e rame, che annega le punte in due ciotole colme di acqua ed acidi, si ripropone sulla parete di fronte impressa a fuoco nel tufo e -magia quasi alchemica degli effetti tecnici- scompare al buio per dar spazio a schizzi fluorescenti. L’otre di pelle scura (il Marrano che gira ), cui fa riscontro un alambicco, emana un sibilo al suo sgonfiarsigilberto zorio mentre volteggia sotto il soffitto a tholos, assordante quanto l’Inno dell’Internazionale, le cui note in pentagramma sono proiettate sullo stipite d’ingresso della parte bassa.
A pochi passi, nella sconsacrata Chiesa della Morte, Zaza colloca i Simulacri della pulsione.
Anche di Nobuyoshi Araky si assaggia un po’ tutta la produzione: una sequenza di Tokio ritoccata a tempera, uno scheletro in chimono, una natura morta e, in un’altra sede, una giovane donna voluttuosamente costretta nel caratteristico bondage.
Yan Pei-Ming, trasferitosi dalla Cina in Francia nel 1980, propone la sua poetica del ritratto universale con un inedito papa/cardinale -dipinto in situ come una pala d’altare- dall’inquietante sgocciolatura, particolarmente forte se riferito al recente ciclo di 13 tele sul tema della morte.
Discorso a parte per la collettiva Perspective '04, certamente più “azzardata”: oltre al piccolo pastiche psichedelico di Christian Hahn, alle opere stranianti di Jota Castro e Erwin Wurm, i giovani greci residenti a Roma Dafni e Papados collocano in un interno l’installazione in fieri dell’abitazione prefabbricata Concrete system L.T.D. e l’animazione 3D dell’ex mausoleo di Hoxha in Albania (opponendo la casa di tutti al monumento, emblema della dittatura), accompagnandoli con i discorsi di Noam Chomsky sull’economia.
gilberto zorio
Addirittura cerebrale, l’omaggio di Luca Vitone alla Palermo che ospitò il Gruppo ’63: il corto -dallo stile amatoriale- documenta la performance inscenata da voci bianche (bambini mascherati da esponenti del movimento) che adattano alla melodia di Arrivederci di Umberto Bindi, il testo di Umberto Eco Alienazione, facendo leva sulla forza evocativa della musica.
L’iniziativa nell’insieme premia la scelta coraggiosa di un’amministrazione che evidentemente non teme di investire capitali nella cultura, di qualunque colore essa sia.

giusy caroppo
vista il 30 aprile 2004


Protagonisti dell’arte 2004, a cura di Giacomo Zaza
Sedi varie (un tappeto blu indica il percorso da seguire):
Gilberto Zorio
Torrione Passari
Simulacri della pulsione (Araki-Ming)
Cappella S.Maria de Principe (ex Chiesa della Morte)
Perspective ’04 - Attualità dell’arte contemporanea (Castro,Dafni/Papadatos,Hahn, Wurm, Vitone)
Palazzo Turtur
Ingresso gratuito; orari di visita: tutti i giorni (anche la domenica): ore 10.00/13.00 – 18.00/22.00
Organizzazione: Comune di Molfetta – Associazione @rtistika
Patrocinio: Regione Puglia, Provincia di Bari
Associazione Culturale @rtistika : fax 080.338.79.21
Ufficio relazioni con il pubblico - Molfetta : tel. 080.334.90.52 - numero verde 800.017383
http://www.protagonistidellarte.it/


 

Segnalazione:  I Congresso internazionale interdisciplinare CISAT di P sic ologia, P sic oterapia e Letteratura «Con le armi della poesia». Poesia, letteratura ed arte come strumenti terapeutici autonomi e/o integrativi per la p sic oterapia di oggi-domani. Napoli, 17-20 giugno 2004.a: Informazioni: convegnocisat@istitalianodicultura.org;   

 

31.05.2004

Riceviamo dalle edizioni Ma.Gi. la recensione di Rita Proto del libro "Ciak, si vive. Grande Schermo e piccoli gruppi" A cura di Luciana De Franco Mariella Cortese.

 <<Il cinema può aiutarci a vivere e addirittura “curare” le persone che soffrono di un disturbo mentale, portandole a guardare dentro se stesse, a confrontarsi con emozioni ed affetti spesso inconfessati. E’ la “sfida” lanciata negli ultimi trent’anni da una psichiatria che ha aperto le porte alle esperienze artistiche, impiegate nel processo di cura, al di là dei trattamenti tradizionali come psicofarmaci e psicoterapie. I gruppi terapeutici possono trovare nel Grande Schermo una risorsa importante.

E’ la tesi che portano avanti Luciana De Franco e Mariella Cortese nel libro Ciak, si vive- Grande schermo e piccoli gruppi appena pubblicato dalle Edizioni Magi nella collana Immagini dall’inconscio. Ed ecco così prendere forma il Progetto Immagine, avviato a partire dal 1995 da Luciana De Franco, analista didatta AIPA (Associazione Italiana di Psicologia Analitica) all’interno del Centro di Salute Mentale Cassia 5 (ASL RM/E). Come spiega nel libro la psicologa Mariella Cortese che collabora da anni al Progetto,“La relazione a livelli profondi con l’immagine artistica, partecipata e animata dalla presenza del gruppo, permette di cominciare, timidamente e discretamente, a risvegliare il mondo emozionale dei pazienti”.

Ciak si vive prende in esame, grazie anche agli interventi di psicologi, psicoanalisti, registi, critici cinematografici, giornalisti e docenti, il percorso della mente che si confronta con le immagini cinematografiche. E spiega come vedere un film e discutere insieme ad altre persone aiuta ad attivare le parti sane di chi soffre di un disturbo psichico, favorendo l’uscita dall’isolamento dei pazienti psichiatrici. Si disegna così un percorso nuovo rispetto a quello seguito tradizionalmente nelle psicoterapie di gruppo: il Grande Schermo diventa dispensatore di emozioni e sentimenti, strumento di conoscenza e di incontro con gli altri e si mette a servizio della relazione terapeutica>>.

  

24.05.2004

 

"Pino Pascali e le opere sparite"

In concomitanza con la grande mostra antologica che Napoli (a Castel Sant'Elmo fino al 18.7.2004) dedica all'artista pugliese prematuramente scomparso, sulla "Repubblica" (edizione di Bari) del 20.5.2004 il critico d'arte Antonella Marino e la Direttrice del Centro Comunale "Pino Pascali" di Polignano a Mare (Bari) hanno riassunto le 'vicissitudini' alquanto misteriose di alcune opere giovanili dell'artista che avrebbero dovuto fare parte della collezione donata dal padre dell'artista al Comune natio ma che, invece, dopo una serie di 'passaggi' di mano ancora da ricostruire, sarebbero state vendute ad una galleria privata di Saronno che le ha esposte all'ultima edizione della fiera Miart di Milano. <<Il giallo si complica>> scrive la Marino <<Qualche anno fa la tomba di Pascali  nel Cimitero di Polignano venne profanatae saccheggiata. Tra i reperti rubati c'era un "baco da setola" che vi era stato deposto dal padre di Pascali>>.
Pino Pascali

 

 

 

 

Foto: Pino Pascali

 

Vai su "Exibart" alla presentazione della mostra

 

 

22.05.2004

 

"4:48 PSYCHOSIS" di Sarah Kane al Teatro Palladium di Roma (fino al 6 giugno)

                                                                                       Foto: la locandina di un'edizione  di "4:48 Psychosis" presentata a Varsavia nel 2002

Giovanna Mezzogiorno e' impegnata in questi giorni, con il regista Piero Maccarinelli, nelle prove del monologo teatrale '4.48 Psychosis' di Sarah Kane, al Teatro Palladium di Roma dal 25 maggio al 6 giugno, prodotto da Teatro 3 in collaborazione con Artisti Riuniti e Teatro Palladium. Il monologo segna il ritorno della Mezzogiorno al
teatro dopo il suo debutto a Parigi, nel 1995, con Peter Brook.

 

Le 4.48 è l'ora della notte in cui più frequente è l'istinto di suicidarsi. Sarah Kane è morta suicida due giorni dopo aver scritto questo testo, ma non è il dato autobiografico l'aspetto più interessante, bensì la forma del linguaggio, oscillante fra la precisione della lucidità e una confusione che evoca la catastrofe. Su questo si regge l'equilibrio instabile fra il non voglio morire ma non voglio vivere, l'impossibilità di separare l'intimo dal reale, l'incapacità di definire il limite fra sé e gli altri. E la tragedia di chi non riesce a vedere niente, nonostante la luce forte della consapevolezza, arriva con l'ultima frase, dopo un estenuante silenzio che dà corpo denso e magmatico al testo: ''Per favore, aprite le tende''.. Un richiamo estremo al teatro, e alla possibilità che qualcosa viva ancora dopo le 4 e 48.

vai alla recensione su culturalweb.it

 

 

20.05.2004

Segnalazione convegni di ARTE-TERAPIA:

a Palermo: 

Palermo, 20-21 Maggio 2004 - Convegno Internazionale

La ricerca simbolica: creatività, benessere e cura della mente.

Approfondimenti teorici e clinici sulle dimensioni artistiche e

immaginali in psichiatria e in psicologia clinica

Università degli Studi di Palermo Azienda Ospedaliera Universitaria

Facoltà di Medicina E Chirurgia Policlinico "P. Giaccone"

Cattedra di Psicologia Clinica

U.O. di Riabilitazione Psichiatrica e Psicologia Clinica

a Sella di Borgo Valsugana (TN):

Sella di Borgo Valsugana (TN), 19 - 20 Giugno 2004 - Seminario

interattivo fra arti ed arti terapie

Naturalità dell'arte e artificio nella natura

AMBIENT'ARTI 2004

 

 

 

 

12.05.2004 

PROROGATA LA MOSTRA "GLOBAL PLAYER" a Lecce (fino al 20 maggio)

(da EXIBART: recensione di Ilaria Oliva)


 

venerdì 30 aprile 2004
Nel Salento, grazie all’intraprendenza della curatrice Dores Sacquegna, in un nuovo spazio espositivo polifunzionale, con un gioco di sovrapposizioni e commistioni chiaro già dal titolo, “Global Player”, si inaugura un nuovo sguardo al contemporaneo.
Chi entra nella Living Gallery ha presto un’idea di cosa lo aspetti al Primo Piano (inteso come nome della galleria e reale posizione dello spazio espositivo all’interno del palazzo) con il video di Daniela Perego in cui un uomo e una donna si guardano e si cercano senza mai sfiorarsi, avvicinandosi e allontanandosi ripetutamente, in maniera cadenzata. È il tema dell’incomunicabilità, della difficoltà dell’uomo contemporaneo nell’entrare in contatto con l’altro da sé. Tema poi affrontato da tutti gli artisti in mostra.

Artisti che rappresentano tutto lo Stivale e tutti i generi di contaminazione contemporanei: dalla “basica” fotografia di Eleonora Del Brocco, alla digital art di Massimo Festi, ai video di Francesco Arena, Luca Curci, Angelo De Francisco, Lino Budano & Silvia Manazza, fino a Dormiens di Matteo Bosi, fotografia digitale su tela e dipinta a mano.
Per tutti un tema comune, l’individuo, che viene poi inteso e sviscerato nelle sue molteplici accezioni: dall’incomunicabilità della figura femminile inscatolata e imprigionata in una rete all’interno di uno schermo televisivo nel Tv set di Leonardo Damiani (miriadi di teorie sociologiche sono già state snocciolate e molto ancora ci sarebbe da dire sull’argomento…); all’ambiguità della figura umana così come viene percepita nell’immagine digitale di Massimo Festi e negli Angeli di Fosca, esaltazione della figura dell’ermafrodito; fino ad arrivare alla circumnavigazione del corpo umano, dettagliato millimetro per millimetro dalla videocamera di Francesco Arena che conduce nello spazio più privato della galleria, in un secondo piano allusivo ad altri livelli di comunicazione e interpretazione della figura.MASSIMO ATTARDI
Addirittura all’interno del corpo umano scrutano i video del duo Budano&Manazza, scomponendolo fino alle più piccole molecole, mentre del rapporto tra l’uomo e il mondo esterno racconta il video Cittanauti di Angelo De Francisco e dell’alienazione tipica delle grandi città il video Still. Alone di Luca Curci, corredato da un sottofondo musicale che già da solo potrebbe rendere il messaggio dell’artista.
Viene da pensare che questa anatomia della melanconia (da “The Anatomy of Melancholy”, che è il titolo della performance da cui è tratto il video Circular Bodies di Francesco Arena) abbia in realtà un risvolto estremamente creativo.

ilaria oliva
mostra visitata il 17 aprile 2004


Global Player
Primo Piano Living Gallery
Viale G. Marconi, 4 – Lecce
Curatrice: Dores Sacquegna
Aperto tutti i giorni dal 17 aprile al 12 maggio 2004
Orari: 10-13/ 17-21
tel. 0832.30.40.14/ 349.3720659
e-mail: palazzorubichi@libero.it
Catalogo a cura di Primo Piano Living Gallery


[exibart]

 

 

 

 

 

7.05.2004

A MILANO I BAMBINI APPESI DI CATTELAN

 

(da Repubblica del 6.05.2004)

A Milano in piazza XXIV maggio l'installazione di Maurizio Cattelan provoca dure reazioni: l'artista ha presentato tre bambini impiccati a un albero. Un uomo li ha staccati ma è caduto a terra e si è ferito gravemente









Milano - Tra gli artisti italiani viventi Maurizio Cattelan è il più quotato in assoluto. Un suo lavoro, la Nona ora, che raffigura il Papa schiacciato da un meteorite, tre anni fa è stato venduto da Christie' s per un milione di euro.
E’ per l’artista, che ha 44 anni, che è originario di Padova ma che vive a New York, il segno più eclatante del successo che nell’ultimo decennio ha accompagnato la presentazione di ogni suo lavoro, sempre preceduto e seguito da un tam tam che ha raggiunto il museo del Louvre (dove nel mese di ottobre realizzerà un’ installazione) e gli ambienti universitari. Trento gli ha concesso una laurea ad honorem in sociologia a cui Cattelan ha risposto con un ironico intervento, un asino, dal titolo Un asino tra i dottori.
Ora Cattelan è arrivato a Milano, in piazza XXIV maggio, dove dal giorno 5, anniversario della morte di Napoleone, e fino al 6 giugno voleva presentare un' opera realizzata per la Fondazione Nicola Trussardi. Un lavoro pubblico, quasi una sfida e una provocazione: tre bambini a occhi aperti appesi a un albero della piazza, albero che è il più vecchio di Milano. E’ un lavoro carico di pathos e di significati, contro la guerra, la morte, le torture che i bambini subiscono durante l’infanzia. Ma anche pesantemente scioccante per la veridicità con cui sono stati riprodotte le immagini e il corpo dei fanciulli impiccati a un ramo di un albero. L'installazione ha provocato un duro scontro politico. Difesa dal sindaco Albertini, attaccata da An. Il 6 maggio un uomo Franco di Benedetto è salito sull'albero e ha comimciato a tagliare le corde dell'impiccagione. Il ramo ha ceduto ed è caduto a terra ferendosi gravemente. Sono poi arrivati i vigili del fuoco che hanno definitivamente tolto le sculture dalla piazza.

Nel corso di un’intervista che ha rilasciato al quotidiano la Repubblica Cattelan aveva spiegato: “Non è un lavoro monumentale ma susciterà paura e probabilmente sarà giudicato eccessivo. E' un intervento sul tema dell’infanzia, che è per me uno spazio di libertà e al contempo un posto di soprusi e violenze. Ma è anche il futuro e quindi è una riflessione su quello che ci sta accadendo intorno. è una specie di gogna che rappresenta il senso di violenza che sento dappertutto”.

C’era molta attesa per quest’opera che entra a far parte del teatro artistico di Cattelan - dove figurano, oltre al Papa, anche Hitler, animali impagliati, bambini meccanici - e dalle quotazioni di mercato, che tra il pubblico suscitano attenzione e discussioni. Maurizio Cattelan ne è ben cosciente e ha raccontato: “Le riflessioni sulle quotazioni del tuo lavoro cerchi di tenerle fuori dalla testa perché ti intrappolano. Sei responsabilizzato perché ogni volta che presenti una cosa nuova hai una pressione: devi essere all’altezza. Ma se pensi solo a questo non vai più avanti. Devi essere libero da qualsiasi cosa, i soldi, lo stile. La sfida è liberarsi di se stessi”.

I suoi lavori nascono quindi da una riflessione intellettuale.
Sono pessimo con le parole, la scrittura. Parto dalle immagini. Ho delle immagini che ho visto o che mi frullano in testa. Inizio a pensarci, cerco di attaccarle e di limarle. Cerco una sintesi dell' immagine, sintesi che al contempo deve essere complessa.

Perché ha lasciato l’Italia? Quant’è importante per lei New York?
Vivere a New York è per me molto importante. Quasi tutti i lavori nascono in questa città. C' è qualcosa... forse le dimensioni della città. è un posto dove tendenzialmente mi sento molto piccolo perché tutto è gigantesco. Questo mi influenza e lavoro per ritagliarmi un angolo, anche se poi vivo come fossi in una qualsiasi altra città. Dopo l’attentato dell’11 settembre, la situazione è abbastanza oscurantista. Ma è la stessa cosa ovunque. Oggi comunque siamo tutti più vicini e forse non ha più senso dire vivo a New York o a Kabul. La farfalla che batte le ali a Tokio genera un terremoto a Los Angeles e viceversa. Si può fare una cosa in un posto e ottenere risultati altrove. Abbiamo molte più possibilità.

Insomma è un artista inserito nella comunicazione totale.
Forse. Ma non è colpa mia. Mi ci hanno messo. Non è una cosa che pensi a tavolino. Genera anche paura perché le responsabilità si moltiplicano ma, ripeto, ci sono più possibilità.

Le sue mosse però, così si dice, sono pensate a tavolino.
Non ho mai pensato a tavolino. Con il tempo si imparano delle cose ma, se avessi studiato delle mosse, le cose non sarebbero andate così bene. Certo, mi dicono che sono un giullare, che sono il bluff... Io faccio il mio lavoro.

Quali sono i suoi riferimenti artistici? Ci sono dei maestri del passato a cui si sente legato?
I riferimenti me li cerco nel passato, nel presente. Mi guardo continuamente intorno. C’è chi dice che copio. Io posso anche guardare come gli altri affrontano i miei stessi problemi. Ma non penso mai: questa è una cosa che esce da Warhol, da Koons... Quanto all’idea di maestro... è una parola che mi mette a disagio. A scuola non ero tra i migliori. Per me maestri sono tutti compagni di classe. A volte li puoi sbeffeggiare, altre volte copi i compiti o fai un lavoro di gruppo. Tutto è lì fuori e sarebbe un errore non guardarlo.

Ma perché ha accettato una laurea in sociologia?
Dovevo rifiutarla? è una cosa che mi ha lusingato e imbarazzato. è stato un bel modo per mettermi in scacco. Non ho i biglietti da visita con la scritta Maurizio Cattelan, sociologo. Ma che l' arte sia legata alla società non sono io a dirlo.

E cosa sta accadendo nel mondo dell’arte?
E’ un tempo da termiti. Le termiti sono minuscole, ma tutte insieme possono creare degli agglomerati affascinanti. Non è un momento di grandi individualità. C’ è però un gran brulicare, a volte minaccioso, ma a volte trasmette buone vibrazioni. E' interessante anche questo. Vengono usati tutti i mezzi, senza più problemi.

 

 

 

4.05.2004

"PAZIENTI AL CINEMA".

E' il titolo di un ciclo di seminari dell'Istituto Ricci di Roma (info: seminari@istitutoricci.it) che, a partire dal 19 giugno 2004, comprenderanno cinque incontri  orientati ad individuare figure psicopatologiche e fasi della terapia analitica usando alcuni brani di film selezionati dal conduttore di ciascun seminario. Caratteristica dei seminari è la possibilità di discussione fra i partecipanti.

In più, sempre in tema di uso del cinema in psicoterapia, si consiglia l'articolo "Cinema strizza cervelli" di Stefania Rossini ("L'Espresso del  8 aprile 2004) con una recensione del libro di  Lella Ravasi Bellocchio dal titolo "Gli occhi d'oro.Il cinema nella stanza dell'analisi" (Moretti & Vitali).

SUL LETTINO CON POLANSKI. Il cinema può aiutare l'analista nel suo compito. Agevolando il controtransfert.Un'ipotesi di Lella Ravasi Bellocchio.

<<C'è anche un modo discreto di avvicinare il cinema e la psicologia. Per esempio quello di un occhio competente che non nasconde i suoi saperi mentre si lascia rapire dal fascino dello schermo. O anche quello di una pratica terapeutica che sa avvalersi di conoscenze e suggestioni cinematografiche per affinare i propri strumenti. Sono le due qualità che Lella Ravasi Bellocchio intreccia con eleganza nel suo ultimo libro "Gli occhi d'oro. Il cinema nella stanza dell'analisi", appena uscito per le edizioni Moretti & Vitali.Come spettatrice Ravasi Bellocchio è esigente. Cerca nel film una suggestione che possa essere trattenuta per riaffiorare più tardi sotto l'urgenza di un'emozione o dello stimolo di un paziente. Come terapeuta è intenta a raccogliere in sé le visioni proprie e dell'altro. "Non la parola mi tocca", scrive, "ma quella specie di parola visione che si produce nello spazio analitico". E il cinema, con immagini esterne che talvolta hanno la capacità di dare struttura e ritmo a quelle interne, sembra aiutare davvero l'analista nel difficile lavoro del controtransfert. Così Michele, che sogna un neonato imprigionato nelle fasce, la trasporta al figlio del diavolo di "Rosemary's Baby" di Polansky: la madre vorrebbe lasciarlo, ma non può perché il bambino piange e ha bisogno del suo seno.  Così Giulia, a cui il padre impedì di fare la ballerina e che oggi lava con ossessione gli oggetti, diventa l'Angelica che balla nel "Gattopardo" di Visconti  e il valzer rapisce paziente e analista. Nella recensioni di film che seguono un ordine e una scelta privatissima (si va da "Medea" di Pasolini a "Son frere" di Chéreau, da "Prendimi l'anima" di Faenza a "Elephant" di van Sant), l'autrice fa invece l'operazione inversa. Il film diventa luogo della mente, spazio per evocare storie di pazienti, stimoli onirici, letterari, musicali e poetici. E i frammenti di poesie sparsi tra le pagine di questo compiuto libretto non hanno spiegazioni né giustificazioni. Ma solo il compito di evocare una possibilità>>.

 

3 maggio 2004

Esperienze teatrali in giro per l'Italia che hanno coinvolto come attori  persone con disagio psichico (come nel caso di "Zenit") oppure che prendono spunto da esperienze 'sul campo' a contatto con esso ("Pinter. Atti unici"):

ZENIT di Barbara Petrini & Giampiero Rappa (al Teatro Garibaldi di Torino il 16 e 17 aprile 2004): i due autori hanno sentito la necessità di trascorrere personalmente qualche giorno in una struttura residenziale per pazienti psichiatrici "borderline". Da tale esperienza è iniziato un lavoro di ricerca e di approfondimento. Zenit è nato dal racconto di Raffaele, un amico che ha prestato servizio come obiettore di coscienza presso una comunità di ragazzi "borderline".
(da www.garybalditeatro.it)

"PINTER. Atti unici " di Nanni Garella (All'Arena del Sole di Bologna il 20-24.04.2004):



PINTER. ATTI UNICI è il nuovo lavoro che il regista Nanni Garella mette in scena con gli attori di Arte e Salute, associazione nata nel 2000 con lo scopo di intrecciare il lavoro che si svolge nel campo della salute mentale con il lavoro artistico. Più precisamente l'obiettivo di Arte e Salute è quello di ricomporre l'identità sociale, l'autonomia delle persone sofferenti per trasformare le loro condizioni di vita attraverso il lavoro in campo artistico. Da allora alcuni pazienti psichiatrici, i cui talenti erano resi indecifrabili dalla patologia, dopo una serie di corsi professionali, stanno facendo il mestiere dell'attore. Il lavoro di Garella con questa compagnia ha avuto come oggetto Shakespeare (Sogno di una notte di mezza estate, A piacer vostro) e Pirandello (Fantasmi, I giganti della montagna, prodotti da Nuova Scena in collaborazione con Arte e Salute, protagonista Virginio Gazzolo). Ora il regista affronta Harold Pinter, tra gli autori contemporanei che meglio hanno saputo rappresentare la condizione delle persone emarginate, malate, sofferenti, in uno spettacolo coprodotto da Nuova Scena – Arena del Sole – Teatro Stabile di Bologna e dall'Associazione Arte e Salute.

Di grande impatto l'approccio degli attori di Garella, provenienti da condizioni di difficoltà e sofferenza, ai testi di Pinter, in cui disagio e smarrimento dell'identità assimilano gli interpreti ai loro personaggi. Una specie d'Alaska, La stanza, Una serata fuori: del grande drammaturgo inglese Garella ha scelto per la sua compagnia questi tre atti unici che esaltano i classici temi pinteriani – l'assurdo, la fallacia della memoria che si intreccia ai sogni, l'indefinitezza della dimensione spazio-temporale, lo straniamento dell'individuo. "L'apporto dei nostri attori – assicura Garella – fornirà alla poetica di Pinter una sponda ideale. Attraverso le nostre tecniche di improvvisazione, affinate in anni di scuola e rappresentazioni in tutta Italia, la specificità del lavoro di immedesimazione, la semplicità di adesione al testo". Sul palco, il vissuto della sofferenza psichiatrica si riversa nei personaggi teatrali e nelle opere come una linfa vitale: "problematica, dolorosa, rischiosa, ma – afferma ancora Garella – pronta a trasformarsi in pura gioia estetica e in rappresentazione immediata della realtà".

In Una specie d'Alaska (1982), Deborah si risveglia in una camera che non conosce. C'è lì un uomo che l'accusa di aver dormito per tanto tempo. E una donna, che le si presenta come sua sorella Pauline. Dove sono i suoi genitori? La protagonista ricostruisce la sua vita, con fatica.
Opera d'esordio assoluto di Pinter, La stanza (1957) rappresenta un tranquillo pomeriggio a casa dei signori Bert e Rose Hudd: il tè, le chiacchiere di Rose, la rivista preferita di Bert, una stanza calda e accogliente. Tutto va bene. Ma allora perché il padrone di casa chiede con tanta insistenza a Bert se sta per uscire? E come mai i signori Sands sono così interessati a vedere questa stanza? Insomma: chi c'è nel seminterrato del palazzo? Rose Hudd: una placida casalinga piccolo borghese, o cos'altro?
È Albert Stockes, coccolato figlio unico di una madre vedova e possessiva, il protagonista di Una serata fuori (1959). Questa sera Albert è invitato con altri suoi colleghi di lavoro a un ricevimento a casa del suo capoufficio. Non può esimersi, anche se avrebbe preferito restare a casa con la mamma premurosa. Un suo collega alla festa gli ha preparato un brutto scherzo. Non resta che tornare dalla mamma, poi scappare dai suoi rimproveri, uccidere un'altra donna, e infine ritornare ancora dalla mamma che lo ha perdonato. E dopo una serata del genere, cosa c'è di meglio dello stufato di bue della mamma?

Il quotidiano di milioni di persone emarginate, esiliato dai circuiti dell'arte e del teatro, ma ricco di racconti, di sogni, di progetti, diventa materia di studio e viene portato sulla scena. "Il nostro metodo di lavoro – spiega ancora Garella –, applicato alla drammaturgia realistica di Pinter, segnerà per la compagnia una crescita artistica e tecnica. Promette una nuova possibilità di interpretare questo autore in tutta la sua dirompente forza espressiva, realizzando, con il tratto semplice della nostra recitazione, quella "poesia del quotidiano" che ha attraversato la letteratura teatrale degli ultimi decenni".
(da www.emiliabusiness.it)

 

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30 marzo 2004
 
Riceviamo la segnalazione da Elisa Dall'Arche del CSS (Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia) riguardante il ciclo di eventi teatrali "ARTE/SOCIETA'/FOLLIA".
 
 
 
ARTE/SOCIETÀ/FOLLIA
seconda edizione
Udine, marzo - luglio 2004
 
Per il secondo anno, eccoci alle prese con la follia, con la psichiatria, con il teatro.
Il mondo si divide in inventori e narratori, scriveva Franco Basaglia.
Ora, in un'epoca piena di narratori ipnotizzati dalle catastrofi, disillusi riguardo a qualsiasi possibile cambiamento, proponiamo l'ottimismo della pratica poetica e sociale, il coraggio dell'invenzione, la radicalità rischiosa delle relazioni.
Come l'anno scorso, anche questa primavera e fino allestate inoltrata siamo in tanti a lavorare al progetto: un gruppo di persone importante e attivo che si impegna ogni giorno su questo territorio. Per la seconda edizione di ARTE SOCIETÀ E FOLLIA, assieme all Impasto Comunità teatrale nomade, che proprio a SantOsvaldo ha trovato un luogo di relazioni importanti, una sede di lavoro per i propri laboratori e un cantiere per nuovi spettacoli, cè sempre il CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, il DSM Dipartimento di salute mentale di Udine, il Centro Balducci di Zugliano. Come sostenitori del progetto, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Udine e il Comune di Udine.
ARTE SOCIETÀ E FOLLIA ha preso inizio a marzo al Teatrino di Sant'Osvaldo - il centro poetico e pratico fulcro di Arte Società e Follia - con la serie di appuntamenti di Psicolab, laboratorio teatrale tra utenti dei servizi di psichiatria e attori/attrici, coordinato da Alessandro Berti con Michela Lucenti. Fino a luglio il gruppo lavorerà a meriali testuali, fisici e cantati partendo da Leonce e Lena di Büchner, da visioni e azioni. Il primo evento pubblico è programmato per lunedì 29 marzo al Teatro Zanon di Udine, con Il circo delle donne presentato in collaborazione con Calendidonna, la manifestazione promossa dal Comune di Udine nel mese della donna. Lo spettacolo è nato dallesperienza della regista Barbara Della Polla assieme a un gruppo di donne del CSM di Trieste, impegnate in un progetto artistico che fonde linguaggio del circo e teatrodanza, e evoca lAristofane de Lassemblea delle donne, per dire con leggerezza il disagio che viviamo oggi a "stare nel mondo". Un rapporto che continua felicemente, quello con Barbara Della Polla, anche dopo la gremita serata estiva per Di passaggio, al parco di Sant'Osvaldo il luglio scorso.
Il 13 maggio, giorno dellanniversario della legge 180, Arte Società Follia prosegue il 13 maggio al Teatro S. Giorgio di Udine con B/B Balducci Basaglia, readancing scientifico di Alessandro Berti e Michela Lucenti a partire da una conversazione radiofonica tra i due grandi personaggi, con in scena attori e danzatori e la partecipazione straordinaria di Mario Novello, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Udine, e Pierluigi Di Piazza, responsabile del Centro Balducci di Zugliano.
Per quattro sere, dal 1° al 4 luglio, il Parco di SantOsvaldo si anima ogni sera con Post it, esito spettacolare dello Psicolab, appunti di uno spettacolo avvolto in uno scenario desertico, quasi di fantascienza, una serie di polaroid e scene di allegria disperata come dopo una catastrofe. Come chiusura vera e propria del progetto invece, a fine luglio, abbiamo scelto di proiettare in prima nazionale Oggi, film che dà conto del nomadismo dellImpasto nella psichiatria pubblica italiana, e friulana in particolare, con tante immagini, voci, volti, storie, eventi, viaggi.
 
Info: CSS Teatro stabile di innovazione del FVG - 33100 Udine, via Crispi 65 - tel. 0432.504765 fax 0432:504448
sito: www.cssudine.it e-mail: info@cssudine.it contatti: Elisa Dall'Arche elisadallarche@cssudine.it
LImpasto Comunità Teatrale Nomade - sito: Impasto.rr.nu e-mail: limpasto@yahoo.it
 
Arte/Società/Follia nel dettaglio
 
Udine, Teatrino di SantOsvaldo
marzo - giugno 2004
PSICOLAB
laboratorio di teatro per un gruppo di utenti-artisti
coordinato da Alessandro Berti con Michela Lucenti e attori, musicisti e cantanti
Lentamente, con pazienza, quattro giornate al mese per quattro mesi e poi un periodo un più lungo a inizio estate, lavoreremo a materiali testuali, fisici e cantati partendo da Leonce e Lena di Büchner, da visioni e da azioni. Con un gruppo di poco meno di dieci artisti e artiste della scena con esperienze in psichiatria come utenti dei servizi, esploreremo il vuoto del teatro, lo stagliarsi semplice dei corpi e delle parole, delle note di una canzone, tornando insieme, nella balsamica quiete di Sant'Osvaldo, alle necessità primordiali del gesto artistico.
 
"Da superstite sia del teatro che della psichiatria vorrei creare un'esperienza che andasse oltre entrambe, che stesse in equilibrio come il nostro umore in vacanza, che non fosse un manifesto se non d'amore per le cose, l'ozio, lo spazio, il tempo, la pianura, il vento, l'acqua e la poesia. Con Michela lavoreremo insieme a un bel gruppo di artisti visionari, musicisti e numi tutelari dal paradiso. Questo laboratorio è dedicato a Enea, Cristina e al nostro grande, insuperato maestro di teatro: Leo."
Alessandro Berti
 
 
29 marzo 2004 ore 21
Udine, Auditorium Zanon
IL CIRCO DELLE DONNE
uno spettacolo ideato e diretto da Barbara Della Polla
liberamente tratto dallAssemblea delle Donne di Aristofane
una produzione Il Rossetti - Cassiopea Teatro - Fondo Sociale Europeo - DSM Trieste
interpreti Sabrina Bernardi, Tamara Bomestar, Barbara Canziani, Cristina Cerqueni, Mariagrazia Cordasco, Paola Di Florio, Gabriella Holzinger, Angela Inturri, Alessia Malusà, Mara Mancuso, Ondina Mioni, Fabiana Pisano, Marisa Vesnaver, Fiorella Vitalba, Eleonora Zenero
assistenti alla regia Sandra Cosatto, Ennio Guerrato, Eleonora Zenero
costumi Rossella Truccolo e Cassiopea Teatro (Annamaria Semolini e Aurora Benvenuti, Nina Casta, Claudia Circota, Amarilli Delcaro)/ trucco Valentina Dessenibus
luci Alessandro Macorigh/ suono Carlo Buretta
hanno collaborato con la regista Giovanna Mori, Valentina Morpurgo, Assunta Signorelli, Giorgio Testa, LImpasto Comunità Teatrale Nomade
 
"L'idea del circo nasce dall'incontro con tante personalità esperienze corpi colori, dal desiderio mai sopito di sperimentare ogni volta luoghi diversi che ispirino la messa in scena. Una pista dove gettarsi a capofitto e restare a guardare; sfilare in pista e offrire in pasto allo spettatore il proprio piccolo numero, la propria diversità da esibire e mettere a nudo. Un circo in ricordo dell'infanzia, semplice e un po' ingenuo, costruito dal nulla e preso in prestito dai sogni. Il luogo dove la follia è permessa e anzi se ne elogia la saggezza... e il circo delle donne diventa un'assemblea... altrimenti perché tutte queste donne si esibirebbero nell'arena, se non per tentare di convincere qualcuno, magari ridendo, che sono loro, proprio loro le migliori, e solo su loro si può fare affidamento?... e così mi sono imbattuta in Aristofane e la sua Assemblea delle Donne e mi sono lasciata convincere che tutto sia da rifare."
Barbara Della Polla
ingresso 2 euro
 
 
13 maggio 2004 ore 21
Udine, Teatro San Giorgio
B/B BALDUCCI BASAGLIA
reaDANCING di Alessandro Berti e Michela Lucenti
in occasione dellanniversario della legge 180
con la consulenza scientifica e la collaborazione teatrale di Mario Novello e Pierluigi Di Piazza
liberamente tratto da La città senza lager - un dialogo tra Ernesto Balducci e Franco Basaglia del 27 gennaio 1977 nella trasmissione radiofonica "Voi ed Io"
una produzione L'Impasto Ctn - DSM Udine - CSS - Centro Balducci Zugliano
 
Un dialogo appassionato tra due giganti, un marxista libertario impegnato in una storica battaglia anti - istituzionale, quella battaglia che porterà alla chiusura dei manicomi e a una legge unica al mondo per importanza civile e culturale (Franco Basaglia) e un cristiano, frate degli scolopi, personaggio scomodo di quella chiesa del popolo che si confronta a muso duro con la realtà e le questioni chiave della contemporaneità economica, sociale, politica (Ernesto Balducci). Sperimenteremo una modalità di lavoro che abbiamo chiamato reaDANCING, cioè lotta secca tra movimento del corpo (coreografato e non: dancing) e temi scientifici esposti frontalmente, vertiginosamente (letti a leggio, recitati da fermi, agendo: reading). B/B sarà il risultato di un percorso su questo linguaggio d'impasto, con la consulenza di due importanti personalità di questo territorio che proprio dalle figure di Basaglia e Balducci hanno tratto molte loro motivazioni e indicazioni pratiche: Mario Novello e Pierluigi Di Piazza, che porteremo in scena con noi in questo importante esperimento nel nostro percorso artistico- politico.
 
 
1- 4 luglio 2004 ore 21.30
Udine, Parco di SantOsvaldo
POST IT
APPUNTI DA QUEL CHE RIMANE
esito pubblico del percorso stagionale di PSICOLAB
testi e regia Alessandro Berti
canzoni eseguite dal vivo da Postit Trio
scenari e oggetti Michela Lucenti
con Alessandro Berti, Michela Lucenti e i partecipanti a PSICOLAB
 
Post it nascerà da un percorso in cui ci metteremo di fronte alla follia, sociale e individuale, facendone poesia scarna, contemporanea. Il titolo allude sia a un 'dopo', cioè a uno scenario desertico, postumo, vuoto, che anche alla modalità linguistica dello schizzo, del frammento, dell'appunto, come quei milioni di fogliettini con la colla dietro che, come un'ossessione, attacchiamo su frigoriferi, computer, librerie, agende.
In inglese, letteralmente, post it significa annuncialo, esponilo, mostralo, cioè abbi il coraggio di affiggere manifesti d'amore, di odio, di esilio, di rabbia. Tassello inquietantemente gioioso del nostro Cantiere West, ovvero il caotico percorso che ci porterà, a quanto pare, a sfornare uno o più spettacoli nei prossimi mesi, Post it si presenta come una serie di polaroid dopo la fine di una civiltà, rosario di memorie di un'epoca di modernariato, di manierismo, di pecoronismo, di attività insensate e ordinate...Post it sarà uno spettacolo di fantascienza.
Se questo pianeta durerà fino al debutto di Post it potrete vedere come sarà ridotto tra 100 anni.
Possiamo assicurarvi fin da ora che non sarà peggio di adesso.
 
fine luglio 2004 data da definire
Udine, Parco di SantOsvaldo
OGGI
presentazione in prima nazionale del film OGGI
scritto e girato da Ilaria Turba, Michela Lucenti e Alessandro Berti
una produzione DSM Udine CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
 
Interviste a utenti, psichiatri, riprese di pezzi di spettacoli, letture, convegni, laboratori, testimonianza del nostro vagabondare italiano nella psichiatria pubblica: Parma, Cagliari, Torino, Perugia, Crema, Trieste, Gorizia e Udine. In giro per vecchi manicomi cadenti, case appartamento in cui in una povertà degna e umana vivono giovani malati, teatri in cui si rappresentano spettacoli che domandano alla follia e alla psichiatria unispirazione, grandi sale in cui un insieme improbabile di giovani danzatori e vecchi ex-internati si scambiano gesti tra la danza, la manipolazione fisioterapica e un indecifrabile rituale infantile…e poi il mare, il cielo, le passeggiate nelle rigogliose foreste che sono certi parchi di manicomio, e infine SantOsvaldo, lapecar di Pino, la Comunità Nove, il teatrino dove lavoriamo, con tutto quel che lì dentro succede: gli incontri tra artisti e operatori/ci, tra artisti e giovani che di psichiatria non sanno niente, lo Psicolab con il suo bel gruppo di utenti attori/ci, il lavoro che LImpasto ha fatto con le donne del CSM di via Gambini di Trieste ecc.
Insomma uno sguardo su quel mondo scabro, popolare, assolutamente non di moda, vero, duro che è la psichiatria nata dalle idee e dalle pratiche di Franco Basaglia e dei suoi collaboratori e seguaci.
 

 

Frenis Zero

15 marzo 2004

EVENTI FORMATIVI ECM (per medici e psicologi) che si segnalano come occasioni per approfondire la valenza psico-terapeuta delle varie forme di creatività artistica:

San Donà di Piave  (VE), 2.04.2004 "L'arte nel curare: terapia dell'arte e arte della terapia" Sede: Centro Culturale Comunale "Leonardo da Vinci" Info: ufficio.formazione@aulss10.veneto.it; Fees= euro 30.

Torino, 29-30 marzo 2004 "TEATRO INTERATTIVO,TEATRO IMMAGINE, ARCOBALENO DEL DESIDERIO - TECNICHE PER LA CONDUZIONE DI GRUPPI". Sede: Teatro Juvarra; Organizz.: Associazione Percorsi di Ricerca Info: manna.rom@iol.it; Fees= euro 250.

ABSTRACT RELAZIONE (RUI FRATI)

IL METODO E LA PRATICA DEL TEATRO DELL’OPPRESSO

 

Il Teatro dell’Oppresso è il frutto delle ricerche e della pratica del regista brasiliano Augusto Boal, durante il suo esilio prima in America Latina e poi in Europa.

L’obiettivo è quello di creare una dialettica o dialogo teatrale tra gli attori e il pubblico, stimolando l’approfondimento e la riflessione di alcune situazioni rappresentate sulla scena.

 

Mettendo in evidenza i conflitti umani e sociali e ponendo la distanza necessaria alla riflessione e all’azione, il teatro è tra le arti il soggetto più completo di analisi della società. È in assoluto il compagno della politica.

Dunque, il Teatro dell’Oppresso concretizza la possibilità di agire sui conflitti, di esprimere la propria volontà, di cambiare la fatalità delle cose. “Apre” la rappresentazione a tutti: invece di dire “al posto di questo personaggio avrei fatto…”, le persone vengono invitate a sperimentare sulla scena le proprie idee, a confrontare la propria volontà di trasformare le contraddizioni portate dagli altri personaggi e le loro contro-volontà. Questo è il Teatro Forum, strumento di creazione dello “spett-attore”, moltiplicatore di idee, organizzatore di pensieri,… Presenza fondamentale è il Jocker: intermediario tra la scena e il pubblico, che coordina questo “passaggio”, approfondendo il più possibile la riflessione tra i partenaires.

 

Sono presenti altri strumenti nel sistema utilizzato dagli attori del Teatro dell’Oppresso, in sede di stages, di creazione di spettacoli e nell’azione pubblica:

-         il Teatro Immagine, o la rappresentazione dei nostri corpi e degli oggetti in assenza della parola; sono analizzate le maschere sociali, vengono poste alcuni interrogativi al pubblico con l’obiettivo di “vedere più chiaro” e di trasformare le situazioni;

-         il Teatro Invisibile, in cui viene studiata un’azione successivamente rappresentata e ripetuta da un gruppo di attori, con la decisa volontà di mettere in discussione situazioni pubbliche da trasformare, progetti da costruire. Le persone partecipano spontaneamente a queste azioni corrispondendo al Soggetto che sono o che dovrebbero essere;

l’Arcobaleno del Desiderio, ovvero le tecniche di improvvisazione, i laboratori di interrelazione, lo sviluppo dei personaggi nei conflitti teatrali sono messi al servizio di tutti, attori e non-attori, per capire sulla scena alcuni blocchi, difficoltà e non-relazioni presenti nella vita.

  

Finale Ligure (Savona), 24.04.2004 "Terra, aria, acqua, fuoco, elementi primordiali" Sede: Chiostri di S.Caterina; Info: ASL/2 Savonese email biblio@asl2.sv.it; Fees= n.d.
Abano Terme (PD), 14 maggio 2004 "Teatro in Terapia: lo spazio teatrale nel progetto terapeutico" Organizz.: REGIONE DEL VENETO, AZIENDA ULSS 16 DI PADOVA, AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA RESPONSABILE SCIENTIFICO/CULTURALE DEL PROGETTO Dottor Fernando Della Pietra, responsabile del 2° Servizio Psichiatrico di Diagnosi e cura di Padova

Dottoressa Ida Bertin, Dirigente Medico Psichiatra c/o il 2° Servizio Psichiatrico di Padova

Pierantonio Rizzato, regista, attore professionista, direttore artistico della “Biennale Teatro e Psichiatria” di Padova

LUOGO DELLO SVOLGIMENTO

Abano Terme (Padova), Sala Congressi c/o Hotel Cursal

 

DATA DI SVOLGIMENTO

14 maggio 2004, dalle 08.30 alle 18.30 – interruzione per la colazione di lavoro dalle 13.00 alle 14.15

 

PROGRAMMA GENERALE

 

8.30      Registrazione dei partecipanti

8.45      Saluto delle Autorità

9.15      Inizio dei lavori, presentazione sessione del mattino

     chairman Dott. F. Della Pietra (Padova)

9.30      Relazione  Prof. W. ORIOLI (Monza - Milano), Dr.ssa D. TEDESCHI (Padova)

      Il cuore della Teatroterapia

10.00     Relazione  PROF. G. COLOMBO, Dr.ssa I. BERTIN (Padova)

      La messa in scena: il teatro degli affetti

10.30      Coffee break

10.45      Lezione Magistrale Prof. E. POZZI (Milano)

       Nuove frontiere del teatro: più arte o più terapia?

11.45     Dibattito e Tavola rotonda Moderatori: Prof: W. Orioli, Dr. G: Colombo, Dr. I. Bertin, Prof. E. Pozzi

     Potenzialità e limiti della teatro-terapia

     Interventi preordinati

13.00     Pausa Pranzo con colazione di lavoro per i congressisti

 

14.15      Ripresa dei lavori, presentazione sessione del pomeriggio

       chairman Dr. P. Policastro (Padova)

14.30      Relazione, Dr. A. TAMINO, Dr.ssa A. ALICINO, Dr.C. CANNAS, Dr.ssa A. MINGOLI

       Una compagnia di Teatro di Figura come dispositivo complesso

15.00      Lezione Magistrale DR. P. TORRES VILLANUEVA (Guadalayara - Messico)

      El espejo de la concencia de si mismo. La Dancia de la Depresion

16.00      Coffee break

16.15     Relazione P. RIZZATO, Dr. ssa R. BRANCAGLION , Dr. F. DELLA PIETRA

       Un laboratorio teatrale riabilitativo permanente: l’esperienza padovana

16.45     Dibattito e Tavola rotonda Moderatori: Dr. Tamino, Dr.ssa Torres Villanueva, P. Rizzato, Dr.ssa

                       Brancaglion, Dr. Della Pietra. Teatro in terapia: integrazione con il progetto terapeutico

                  – riabilitativo

         Interventi preordinati

18.00      Questionario di valutazione ECM

18.30      Chiusura dei lavori

 

CINEMA
E
PSICHIATRIA (**)
TRAME
Intrecci, intrighi e narrazione:
la scommessa della relazione
A cura di
Laura Bellin, Luisa Consolaro,
Michela Pantano, Alessandra Sala
Relazioni che curano, relazioni distruttive, relazioni di affidamento,
relazioni ambigue, relazioni che soffocano e relazioni che maturano: la
nostra esplorazione della linea di confine tra normalità e follia, tra chi è
sano e malato, quest¹anno si sposterà nella dimensione relazionale e il
percorso porterà dall¹individuo al contesto relazionale-familiare, a quello,
più ampio sociale.
In particolare, famiglia intesa come rete di relazioni da cui non si può
prescindere, anche nelle scelte che portano lontano dai modelli
tradizionali. E ancora: contesto quotidiano di vita ove si forma il mondo
interno dell'individuo così condizionante nelle relazioni con l'altro.
Come lo scorso anno vogliamo parlare di psichiatria a partire da situazioni
e contesti riconoscibili, quotidiani fornendo un segno della complessità del
problema, proponendo chiavi di lettura per aprire, forse, altre questioni:
quanto la famiglia protegge e quanto imprigiona?  Quanto fa crescere e
quanto inibisce?Permette un¹evoluzione o crea dipendenza?
La psichiatria, in questo senso, forse più di altre discipline,  è  in grado
di affrontare le parti oscure della nostra mente  rivelandone  le dinamiche
conflittuali e le ambivalenze dei sentimenti e il loro tradursi nei
rapporti.
³Trame²sono l¹intreccio degli individui, delle loro storie, nell¹ insieme
più forte delle singole unità; ma sono anche gli intrighi, il tramare dei
conflitti interpersonali e inter-generazionali di cui a volte è intessuta la
storia familiare. Infine ³Trame²  come narrazione, perché è proprio
nell¹atto del narrarsi che la dimensione relazionale trova il suo più
completo dispiegamento.
Tutti gli incontri si terranno in Sala Lampertico, Corso Palladio, 176, a
Vicenza, con inizio alle ore 20.15.
Per la partecipazione a tutti gli incontri è previsto un contributo di Euro
20 (per i soci SGMS Euro17,50).
L¹iscrizione si effettua alla segreteria della Casa di Cultura Popolare, tel
e fax 0444/546078, e-mail: sgms@sgms.it fino a esaurimento dei posti.
PROGRAMMA DEGLI INCONTRI
Giovedi 19 febbraio
American Beauty(1999)
di Sam Mendes
La deriva della solitudine
a cura di Laura Bellin
e Sonia Bardella
Giovedì 26 febbraio
Billy Elliot(2000)
Il conflitto: una chance evolutiva
a cura di Luisa Consolaro

Giovedì 04 marzo
I 400 colpi (1959)
di François Truffaut
Comunicazioni impossibili
a cura del prof. Giovanni Gozzetti
e di Laura Bellin
Giovedì 11 marzo
Spider (2002)
di David Cronenberg
Il mondo interno come trappola
a cura di Michela Pantano
e Alessandra Sala
Giovedì 18 marzo
Le liasons dangereuses(1998)
di Stephen Frears
La relazione come potere
a cura di Raffaello Conti



 

 

(**) fonte: Psychiatry-on-line 

 

 

 

 

 

24 febbraio 2004

Recensione di Beppe Giannoni della mostra "Africa. Capolavori da un continente" alla GAM di Torino (2 ottobre 2003 - 15 febbraio 2004).

 

<<Se Parigi valeva una Messa, Torino è valsa le mie cinque ore di viaggio in treno. Per visitare la mostra “Africa”. A Torino. La mostra di scultura africana. Molte opere di questa mostra erano state esposte circa trenta anni fa a Firenze in Palazzo Strozzi Splendida la sequenza delle varie culture, da quella di Noc, da quella di Igbo, di Ife, di Sapi, per giungere alla cultura di Edo, del pre-Dagon e del Dagon pur se, per le prime culture, la mostra di Palazzo Strozzi fosse meglio documentata . Non furono presentate però, allora, né gli avori, né molte opere di arte moderna e neanche le opere di artisti europei nate sotto l’influenza dell’arte negra presenti invece nella mostra torinese.

Poesie africane presentavano efficacemente la mostra, in specie un “griot” un menestrello africano che così comincia il suo dire,

E tu chi sei?/Sono Mamadi, figlio di Diubaté./Da dove vieni? /Dal mio villaggio./E dove vai?/All’altro villaggio./Quale altro villaggio?/Cosa importa?/Vado dovunque ci siano degli uomini/Che fai nella vita?/Sono un “Griot”, capisci?

E termina: 

E canto e danzo,/E canto e danzo.

 Il percorso espositivo  è accompagnato dal  commento di uno scrittore africano. Risvegliava memorie nascoste e speranze avvincenti.

Così all’inizio: 

Onorevoli visitatori di questa mostra, umilmente, io vi saluto. Il mio nome è Ahmadou Kouroma, Kouroma dal patronimico Kouroma. Sono scrittore di lingua Malinke, Risiedo provvisoriamente in Francia, a Lione.

Il mio compito, arduo ma gradito è quello di accompagnarvi lungo tutto il percorso di visita. Vi parlerò di ciò che vedrete esposto come un “griot” malinke. Ciò vuol dire anche che, per alcuni particolari, i fatti raccontati da me, potranno sembrare un poco verosimili.

In verità vi dico che sono figlio e nipote di grandi cacciatori.

E così ho evocato, perché mi assistano, gli antenati che mi ispirano, sono sicuro che stanno intorno a me.

Lungo questo percorso iniziatico, voi dovrete immaginare che io stia declamando un lungo racconto come fanno i “griot” durante le lunghe veglie delle notti africane.

Il mio percorso si articolerà in cinque veglie. 

E delle sue veglie che compaiono nello svolgersi della mostra la quinta, che riguarda lo scempio dell’arte africana fatto dai colonialisti occidentali considerata solo come forme splendide, prive della loro valenza rituale-etico-religiosa e la riappropriazione da parte dell’occidente  europeo così recita

Non si batte il tam-tam nell’acqua./La barba non racconta vecchie storie alle ciglia.

La scimmia che ha tolto la coda dalle fauci di un cane /  non corre come le altre,quando il cane le insegue.

Chi disdegna le acclamazioni della formica /  guardi da che piccola bocca sono uscite.

Se la scimmia è tuo zio, la tua canna non resterà sull’albero. /Se si va a spasso con lo scoiattolo, si impara ad arrampicarsi sull’albero,

  ma anche a rubare. /Il ricco balla sempre bene.

  Esauriente anche la documentazione storica ed estetica.

Premetto che certe definizioni estetiche da me usate sono in funzione di “tanto per intendersi”, giacché in verità restano estranee alla vera natura sorgiva dell’arte africana. 

Iniziava , la mostra, con le terrecotte di Noc, semplici quanto espressive.

                Seguivano tre splendidi pezzi della civiltà di Igbo del IX-X secolo. Un’anfora in bronzo contornata da larghe maglie di corda intrecciata a rete sempre in bronzo( opera dalla insuperabile abilità fusoria) accanto a due pezzi, ricchi di piombo, l’uno a forma di conchiglia finemente decorata con preziosi motivi lineari a rilievo, disegni geometrici raffinati ed, applicati sopra, animaletti che sembrano mosche, l’altro un bacile, sempre in lega ricca di piombo anch’esso finemente decorato,

Erano poi in mostra i pezzi, per me, i più interessanti della mostra, preziosi e ricercati, già ammirati a Firenze. I ritratti della cultura di Ife, pezzi che risalgono al XII-XVI secolo, dalla fattura ineguagliabile, dallo svolgimento armonico ed accurato dei piani, ravvivato, talora, da incisioni curvilinee sulla faccia e sul naso che, con il loro andamento, sottolineavano i piani. Una di queste opere, un busto, si presentava di due colori: il viso ed il busto di una lega dal colore intensamente bruno (prevaleva forse lo zinco). Il copricapo, il pettorale ed i bracciali di un bronzo rossiccio (probabilmente per la maggior percentuale di rame) finemente decorato. Singolari questi ritratti per la ricercatezza formale al limite della asciuttezza astratta accanto alla analisi veristica del volto.

La fattura di queste sculture richiamava quella delle sculture egizie (una testa in quarzite del museo egizio di Torino, vista il giorno dopo, me lo fece pensare) tanto più che, nello stesso catalogo della mostra è riportato che gli antichi egizi ebbero certamente rapporti con quelle parti del continente africano, probabilmente interrotti dopo la fine dell’impero dei Faraoni. Tenuto conto che a quell’epoca i movimenti, le trasmigrazioni dell’uomo erano usuali, è facile che, proprio col disfacimento dell’impero egizio,  maestranze rimaste inoperose abbiano preso la via di quei paesi allora fiorenti. E’ una mia supposizione. Una coppia di nani, visti in questa mostra, mi ha richiamato alla mente nani somiglianti a questi visti nel museo egizio del Cairo. In realtà, anche la straordinaria arte egizia deve essere considerata arte africana.

            Venivano appresso le testimonianze di Sapi e di Edo. Splendida una testa di grande inensità  e la raffigurazione di una persona gibbosa seduta tutte e due della cultura di Sapi.

            La cultura Edo: mirabili zanne  di elefante istoriate, messaggeri e cavalieri, nani, leopardi, meravigliose teste di Oba, (di re) stilizzate al massimo, dalle enormi collane a circoli sovrapposti che giungono fino alla bocca, ancor più meravigliose teste di Iyoba (regine madri, o meglio, grandi consigliere del re che forse niente avevano a che fare con la genitura) dai grandi copricapi a punta, placche scolpite in bronzo (e talune ricordano l’arte del Bonanno della porta del Duomo di Pisa e certe formelle della porta di San Zeno a Verona), segno che l’arte tutta si accomuna, magari a distanza di tempo e di luogo.

Bronzi razziati in quantità dai colonialisti inglesi di fine ottocento e dispersi, opere considerate, allora, cioè ieri, “degenerate Autorità militari britanniche definirono il Benin, regione produttrice di quei bronzi, popolato da selvaggi crudeli degni di civilizzazione, l’intervento militare fu giudicato necessario e pertanto legittimato in Inghilterrain base a taliassunti. (Tutte le guerre coloniali, in realtà, vedi mutatis mutandis anche la recente guerra in Iraq, sono sempre partite da tali postulati, con sempre le medesime scuse bugiarde.)

            La cultura del pre-Dogon  e del Dogon. Figure le più stilizzate, prevalentemente in legno per non dire tutte. Braccia levate al celo,  madri che nutrono i figli, figure le più, per così dire, “africane”, tipiche nella descrizione anatomica, fantastiche nel modellato, dalle mammelle all’altezza delle spalle, prominenti, puntute. Figure magari inusuali specie nelle figure ermafroditiche. Talora geometrizzanti, talora “cubiste” (sic!) Splendida una madre che nutre il figlio in collo, atteggiamento naturalissimo seppur accennato della mano. Splendida una giovane pilatrice di miglio dalle forme semplici ed essenziali nell’esprimere verismo. Splendido un meraviglioso cavaliere in groppa ad un impettito cavallo, formalmente arditissimo, riprodotto anche nella copertina del catalogo

            Impressionante la coppia di “Antenati” del Magadascar dagli occhi piccoli, due profondissimi fori circolari nell’orbita infossata, scimmieschi, con la bocca pure scimmiesca, gli organi genitali esterni ben evidenti. Venuti, così, per caso o per felice intuizione?

I legni sono rivestiti da una patina, da una specie di stucco particolare, talora mancante, comprensibilmente, o raggrumata.

Interessantissimi gli avori lavorati sotto la dominazione portoghese che all’epoca, arrivarono anche alla corte medicea. In particolare cucchiai, saliere, pissidi, corni Bellissimi gli olifanti, specie uno dall’imboccatura a testa di coccodrillo,  con scanalature nel senso della lunghezza

Per finire sculture di tempi più recenti, moltissime incantevoli. Certe maschere strabilianti!  Ed alla fine opere di artisti europei influenzati dall’arte africana, Gauguin, Brancusi, Derain, Gris, Léger, Modigliani, Moore, Laurens, Giacometti, Matisse, Picasso. Straordinari i due pezzi di Giacometti e la maschera di Brancusi.

            Mi piace chiudere con una poesia letta su di una parete della mostra:

     Ascolta più spesso le cose / Che gli Esseri.

      La voce del Fuoco s’intende, / Ascolta la voce dell’Acqua.
       Ascolta nel Vento
/
  Il Cespuglio in singhiozzi:

       E’ il respiro degli Antenati.

      Quelli che sono morti non sono mai partiti: /Sono nell’Ombra che si dirada.

      E nell’Ombra che si ispessisce. /I Morti non sono sotto la Terra:

      Sono nell’Albero che freme,./Sono nel Bosco che geme,
      Sono nell’Acqua che scorre, /
Sono nell’Acqua che dorme,

      Sono nella Capanna, sono in mezzo alla Folla: /I morti non sono morti.>>

                                                              Beppe Giannoni  

 

 

19 febbraio 2004 "Ciclone Katarzyna": recensione su "L'Espresso" di Alessandra Mammì

  Foto: "Blood ties" di Katarzyna Kozyra

Dalla recensione: <<Fu subito scandalo: fin dal diploma all'Accademia di Belle Arti di Varsavia. Una piramide di animali impagliati: cavallo-cane-gatto e pollo, uno sull'altro in ordine decrescente. Nessuno si concentrò sul fatto che Katarzyna Kozyra si era ispirata ai "Musicanti di Brema", fiaba dei fratelli Grimm. Tutti urlarono alla vista del video che mostrava lo scuoiamento del cavallo, anestetizzato ma ancora vivo.  (...) Comunque Katarzyna non si era neanche diplomata che già la stampa polacca l'aveva additata come artista degenerata. Eppure la "Pyramide" era solo opera giovanile a confronto di quel che lei è riuscita a fare dopo. Il dopo è tutto in mostra nella sua prima personale italiana alla GALLERIA CIVICA DI TRENTO (a cura di Fabio Cavallucci e Hanna Wrobkewska, dal 20 febbraio), dove l'arte è mestiere estremo in cui mettere in gioco il corpo, il dolore, la vita. Katarzyna agisce con tutto il pathos che le arriva dalla cultura polacca e lo spirito neosituazionista che prende dalla sua generazione. Si traveste da uomo, con tanto di barba e pene posticci, ed entra in un bagno pubblico di Budapest. Filma uomini, vapori, adescamenti con telecamera nascosta. Ne fa un video-performance a più schermi che ottiene una menzione speciale alla Biennale di venezia del 1999. Si ammala di linfoma, viene sottoposta a pesanti chemioterapie, ma non si ferma. Anzi, trasforma la terapia in un ciclo di opere ispirate all'Olypia di Manet. La Bella Olympia è lei stessa, glabra, emaciata, malata, stesa sul triclinio con scarpette rosse e cameriera nera. Non basta. si unisce a un gruppo di pazzi teppisti appassionati della Seconda guerra mondiale, che sperimentavano vere azioni di guerra con bazooka, lanciafiamme, granate e mortai nella campagna polacca. Gruppi clandestini senz'altro scopo che rischiare la propria pelle. Katarzyna armata di videocamera, li segue, li veste di strani costumi di pin up, li rende ancora più folli. Poi filma esplosioni e sparatorie. "Perchè nel mondo è permesso fare le guerre ed è invece illegale rischiare la propria pelle, tenere in mano la propria vita e la propria libertà  e divertirsi con la morte?". Difficile rispondere. Come è difficile rispondere quando lei sostiene (con qualche ragione) di essere un rinato Ingres o Degas nel ritrarre flaccidi corpi in bagni turchi o ultraottuagenari signori e signore che danzano nudi "La Sagra della Primavera" di Stravinskij. Difficile spiegare che quei corpi anchilosati, sudati, ripresi dall'occhio freddo di una videocamera sono un insulto in una società anestetica come la nostra.

Eppure Katarzyna non è sola. Come Tracey Emin o Vanessa Beecroft, appartiene a quella generazione di donne che hanno messo in scena la pelle, le emozioni più intime, il masochismo, l'anoressia, la bulimia, l'autodistruzione. Come loro è uscita dal diario per trasformare la vita in icona. Magari non ha il sarcasmo inglese della Emin o l'eleganza formale italiana della Beecroft. Ha una durezza d'immagine, una lucidità spietata, un senso del grottesco che sono figli del teatro di Kantor o dei film di Kieslowski. Ci costringe a guardare in faccia la morte, la malattia, la vecchiaia , la violenza e la guerra.(...)>> 

 

10 febbraio 2004 "Art à mort"

A Milano, alla Galleria Grazia Neri, fino al 13 febbraio, fotografie di Gérard Rancinan da un progetto di Virginie Luc. Un viaggio nell'arte "nera" del XX secolo. Un percorso nel cuore dell'uomo e nelle sue inquietudini attraverso i ritratti-performance di Maurizio Cattelan, Orlan (nella foto), Marina Abramovic, Andres Serrano, Damien Hirst, Paul McCarthy e altri artisti contemporanei internazionali.

 

4 febbraio 2004 

NUDI A BOLOGNA.

  

Foto: Georg Kolbe, "Ballerino (il ballerino Nijinski)", 1913-1919 (dalla mostra "Il nudo fra ideale e realtà", Bologna, 22 gennaio-9 maggio 2004, catalogo Skira)

La città emiliana ha dedicato, in questo inizio 2004, una serie di mostre il cui tema è incentrato sul corpo umano come oggetto di rappresentazione artistica nella sua nudità. Se la mostra principale è alla Galleria d'Arte Moderna ("Il nudo tra ideale e realtà. Una storia dal Neoclassicismo ad oggi" fino al 9 maggio 2004), tutta la città è  percorsa da numerose esposizioni che non si possono definire 'collaterali', data la loro originalità con cui affrontano il tema del nudo nell'arte. Si va da "I crimini dell'amore" (alla galleria Ariete Arte Contemporanea) a "Le immagini del corpo" (alla galleria De' Foscherari) con opere dagli anni '20 ad oggi (di Grosz, Ceroli, Ontani, Schifani e Rainaldi, tra gli altri). Alla fotografia è dedicata "Corpo a corpo" (alla Galleria Stefano Forni) con bellissime foto di Jan Saudek e Robert Mapplethorpe. Esposizioni con un taglio più 'sperimentale' sono quelle della galleria "Arte e arte" e della galleria d'Arte Paolo Nanni, mentre la Galleria Sweet Home dedica una mostra a Lanfranco, pittore nato nel 1920, che è stato accostato a Dalì per l'esuberanza della propria produzione fantastica. La Galleria Forni ha poi inteso dedicare la sua esposizione "Nudo" alla dimensione 'negativa'  della corporeità con opere di Philippe Garel e di Giovanni La Cognata.

 

5 gennaio 2004

"FLESH FOR FANTASY" a Prato.

(12 dicembre 2003–31 gennaio 2004)

 

Palazzo delle Papesse Centro Arte Contemporanea, dopo la positiva esperienza di Sumptuous (dicembre 2002-gennaio 2003), rinnova la propria collaborazione con i Cantieri Culturali degli ex Macelli di Prato con la mostra Flesh for Fantasy.
Se con Sumptuous era stata operata una radicale trasformazione “scenografica” delle celle frigorifere in una sala arredata sontuosamente, nella quale i complementi d’arredo erano in realtà opere d’arte, Flesh for Fantasy (mostra interamente dedicata al tema della carne) sfrutta l’ambiente per quello che è, senza nessuna intrusione di carattere allestitivo o museale. Le mattonelle alle pareti, il tavolo di marmo, i ganci che ancora pendono dal soffitto, l’odore della carne che permane nell’aria evocano fortemente la passata destinazione delle stanze, e ogni opera è pensata proprio in stretta relazione con tale storia.
L’attenzione dei curatori, Marco Pierini e Lorenzo Fusi, sarà focalizzata sullo stato di avanzamento teorico dei fenomeni artistici riguardanti a vario titolo il corpo, il sangue,
la carne e le loro valenze simboliche. La mostra intende difatti offrire una carrellata piuttosto ampia sui possibili modi di affrontare il tema della carne nell’arte contemporanea e tutte le opere sono state scelte dai curatori in modo da dare il debito risalto alle peculiari caratteristiche strutturali dell’ambiente espositivo. L’orrore della macellazione con Flesh for Fantasy cede il passo alla forza della rappresentazione. Carne da macello, come dedizione totale e donazione di sé nel caso del body-artista Franko B., ma anche come offerta sacrificale e, quindi, religiosa, non priva talvolta di un’accezione sadica e persino perversa (si pensi alle sculture di Cathy de Moncheaux). Un aspetto più ironico, se non più leggero, è perfettamente incarnato dal Cimitero di mortadella del duo Vedovamazzei, mentre Sue Coe predilige nelle sue illustrazioni una componente satirica, permeata di accesa critica sociale. La carne, il mattatoio, la scarnificazione, il sezionamento delle parti, sono tutti elementi che rimandano alla violenza, alla coercizione: ne testimoniano la natura cruenta – viatico necessario per giungere alla succosa sapidità del cibo – artisti come Adrian Paci o John Isaacs. Quasi inesplicabile nella sua ovvietà come nel lavoro di Mona Hatoum, falsamente giocosa in artisti come Di Cocco e Maccari, oppure bizzarra come in Sarah Lucas, la carne ai Macelli di Prato la fa comunque da padrona.
In mostra opere di: A 1 53 167 (Anibal Lòpez), Daniel Blaufuks, Franko B., Gianni Castagnoli, Sue Coe, Giampaolo Di Cocco, Cathy De Monchaux, Pablo Echaurren, Gianni Fanello, Gligorov, Mona Hatoum, John Isaacs, Sarah Lucas, Claudio Maccari, Masbedo, Adrian Paci, Giacomo Ricci, Manuel Vason, Vedovamazzei, Marisca Vorskamp.

 (da www.frameonline.it)

Sede espositiva
Ex Macelli, celle frigorifere, piazza dei Macelli 4, Prato.

In collaborazione con:
Officina Giovani, Assessorato alla Cultura Comune di Prato e Regione Toscana, TRA ART.

Orari di apertura:
Lun-Ven: 16.00-24.00
Sab-Dom: 15.00-19.00

Palazzo delle Papesse
via di Città, 126
53100 – Siena
www.papesse.org

Officina Giovani
piazza dei Macelli, 4
59100 – Prato
www.officinagiovani.it

 

 

 

         

   

    

        

 

 

        

 

 Responsabile editoriale: Giuseppe Leo

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