EVENTS
2004
Le
mostre, gli eventi teatrali, gli 'happenings'.... e tanto altro
ancora. |
Vai agli "Events" del
2003
Vai agli "EVENTS" del
2003 |
25.06.2004
1
- 2 - 3 - 4 luglio 2004 ore 21.30
Udine, Parco di Sant'Osvaldo
(ingresso libero)
POST IT
APPUNTI DA
QUEL CHE RIMANE
esito pubblico del percorso stagionale di PSICOLAB
testi e regia Alessandro Berti
canzoni eseguite dal vivo da Postit Trio
scenari e oggetti Michela Lucenti
con Alessandro Berti, Michela Lucenti e i
partecipanti a PSICOLAB
Intenso, ricco di
esperienze e incontri significativi, Arte/Società/Follia
seconda edizione, il progetto ideato da
Alessandro Berti e Michela Lucenti dell’Impasto,
realizzato con il CSS, con il Dipartimento di Salute
Mentale di Udine e con il Centro Balducci di
Zugliano e con il sostegno del Comune di Udine, si
avvia, dopo 5 mesi di laboratori, performance,
incontri e spettacoli, verso la fase conclusiva.
Dal 1° al 4 luglio nel Parco dell’ex
ospedale psichiatrico di Udine (ore 21.30,
ingresso libero) sarà presentato Post
it appunti da quel che rimane, esito
pubblico del percorso stagionale nato
all’interno del laboratorio Psicolab.
"Lentamente, con pazienza, quattro giornate
al mese per quattro mesi – ci spiega Alessandro
Berti - abbiamo lavorato a materiali testuali,
fisici e cantati partendo da Leonce e Lena
di Büchner, da visioni e da azioni. Con un gruppo
di poco meno di dieci artisti e artiste della
scena con esperienze in psichiatria come utenti
dei servizi abbiamo esplorato il vuoto del teatro,
lo stagliarsi semplice dei corpi e delle parole,
delle note di una canzone, lavorando insieme,
nella balsamica quiete del teatrino di
Sant'Osvaldo".
Così è nato Post it, frutto di un
percorso in cui gli artisti si sono messi di
fronte alla follia, sociale e individuale,
facendone poesia scarna, contemporanea. Il titolo
allude sia a un "dopo" , cioè a uno
scenario desertico, postumo, vuoto, che anche alla
modalità linguistica dello schizzo, del
frammento, dell' appunto, come quei milioni di
fogliettini con la colla dietro che, come un'
ossessione, attacchiamo su frigoriferi, computer,
librerie, agende. In inglese, letteralmente, post
it significa annuncialo, esponilo, mostralo,
cioè abbi il coraggio di affiggere manifesti d'
amore, di odio, di esilio, di
rabbia."Tassello inquietantemente gioioso del
nostro Cantiere West, ovvero il caotico
percorso che ci porterà , a quanto pare, a
sfornare uno o più spettacoli nei prossimi mesi,
- prosegue il regista Alessandro Berti - Post
it si presenta come una serie di polaroid dopo
la fine di una civiltà , rosario di memorie di
un' epoca di modernariato, di manierismo, di
attività insensate e ordinate...Post it
sarà uno spettacolo di fantascienza. Se questo
pianeta durerà fino al debutto di Post it potrete
vedere come sarà ridotto tra 100 anni. Possiamo
assicurarvi fin da ora che non sarà peggio di
adesso" conclude Berti.
Arte/Società/Follia si chiuderà
il 26 luglio (ore 21) nel Parco
di Sant'Osvaldo con la presentazione in prima
nazionale di Oggi, il
film scritto e girato da Ilaria Turba, Michela
Lucenti e Alessandro Berti.
|
24.06.2004
"INMEMORIA"
di Carmelo Bene.
Rappresentazioni,
progetti e mostre nel Salento ...e non solo.
Dal 2 al 31 luglio al Museo
Sigismondo Castromediano di Lecce si terrà la
mostra "La casa del genio" dedicata a Carmelo
Bene.
Domenica 20 giugno a Otranto, nella
sala triangolare del Castello, è stato rappresentato lo
spettacolo "Ritratto di Signora del Cavalier Masoch per
intercessione della Beata Maria Goretti", con la regia
di Gianpiero Borgia. Questo spettacolo verrà
poi riproposto a Spoleto il
3,4,9,10 e 11 luglio 2004 (nella Chiesa di S. Nicolò)
come tappa finale del progetto "Dannati Maestri",
un corso di perfezionamento in Tecniche e Metodologie delle
Arti Drammatiche (POR Puglia 2000/2006) patrocinato dalla
Regione Puglia per ricordare Carmelo Bene. Il lavoro di
Gianpiero Borgia e degli altri docenti si svolge all'interno
del training messo a punto dal maestro russo Jurij Alschitz
e denominato 'la verticale del ruolo e il training sul
dialogo'.
La 'Verticale del Ruolo' è un metodo di autopreparazione
dell'attore al personaggio che poggia sull'assunto che il
personaggio sia un tema filosofico da sviluppare e non una
figura antropomorfica nella quale immedesimarsi.
Sempre in tema di celebrazioni del grande drammaturgo di
origini salentine, a Roma il 21
giugno al teatro Cinecittà Campus è stata
ricordata la notte del 31 luglio 1981 quando, ad un anno
dalla strage alla stazione di Bologna, il maestro, scalzo,
si arrampicò lungo la scala esterna per raggiungere il
punto più alto della torre degli Asinelli, e declamare i
versi di Dante dedicandoli "da ferito a morte ai feriti
di quest'orrenda strage".
Da C. Bene & G. Dotto, "Vita di Carmelo
Bene" (Bompiani,2002):
<<Letterariamente
questo Ritratto di Signora del cavalier Masoch per
intercessione della beata Maria Goretti intende stemperare
le ansie troppo spettinate del narcisismo masochiano,
sottoponendole a un travestitismo terapeutico non dissimile
da quello praticato dal presidente Schreber, a soluzione
della sua disfunzione paranoica.
Da un lato, il professore e
il suo doppio-assassino (Alessandro Serenelli, carneficedi
una non poi tanto innocente contadina, sullo sfondo malarico
delle paludi pontine). Dall'altro, un'attrice mai
all'altezza - è tacito tra i due un contratto a monte -
assolutamente incapace di sdoppiarsi nella Marietta vittima.
Alle reiterate simulazioni
di minacce di Serenelli-Masoch ("Dimmi l'ultimo no e
poi fatta santa!"), la sciagurata mescola le identità
affidatele, tuttavia affascinando il suo antagonista, grazie
all'incomprensibile-enigmatico-profondo ch'è nella
donna...la stupidità:
("...C'è tutto
un guasto, un guasto qui, nel meccanismo cerebrale. Nella
donna c'è un guasto! Le gonne, no! Le gonne! Una donna non
è che la sua gonna...Io voglio essere tua alla moda! Tua,
ma per sempre tua coi tacchi alti. Per sempre tua
indisposta. Per sempre il tuo disordine nella clessidra
assurda del tuo ergastolo. Amami! Sarò celebre per te!
Sarò qualcosa di cui si scrive tanto... Tanto per leggere.
Tanto per leggere qualcosa, qualcosa, bada, che non sia
importante, Alessandro. Una pagina... una pagina di moda...
per chi non pensa più...").
Seguitando sempre
più a disattendere, quest'attrice inqualificabile calza
seta e indossa infinità di scarpe, veste e sveste,
frenetica, si specchia e si ritrae, essendo questo, a suo
avviso, il dì della propria festa patronale
(santificazione). In tutta furia smaniosa per non mancare
alla fanfara e ai fuochi d'artificio in suo onore. In balìa
di un ventaglio sterminato di umori che ogni singolo
indumento è magicamente in grado d'inventare. Al
professor Serenelli, stregatissimo, altro non resta che
applaudirne il depensamento. Fino a - ripudiati i suoi abiti
accademici di maschio - imitarla, in un più frenetico e
cangiante travestitismo. Intransigenti varianti
d'abbigliamento solo femminile>>.
Risorse
biblio- e web-grafiche su Carmelo Bene
(:
|
|
breve
scheda biografica |
L'immagine
e la voce di Carmelo bene su Internet,
ascolta e visiona frammenti
d' opere di Carmelo Bene |
Carmelo
Bene recita i Canti
Orfici di Dino Campana |
"Macbeth
Horror Suite" è uno spettacolo che Bene
ha voluto dedicare al suo maestro Antonin
Artaud, teorico di quel teatro della crudeltà
destinato a rivoluzionare la scena del
'900. 5
minuti in REAL AUDIO Carmelo Bene
intervistato da Antonella Chini.
Carmelo Bene
voce di Leopardi
tratto
da ARCA
Cultura e Spettacolo del GR online
|
17
aprile : Memoria. 90 sopravvissuti
all'olocausto ripercorrono il proprio passato.
Non-eventi: Carmelo Bene, a Macao, nega
l'esistenza di Dio |
|
L’incapacità
di crescere è roba per adulti, più che mai
ostinata e fiera nei rinserramenti egoistici
senili. Questo l’assunto provocatorio del Pinocchio
di Carmelo Bene |
alcune
schegge
Ma il teatro
non ha bisogno di lavoratori... Da bambino,
puoi fare affidamento sulle (rare)
disattenzioni di tua madre; ma nell'età di
mezzo, e per di più poeta, troverai il tuo
ministro inflessibile, attento più
dell'angelo a te avverso, a guardia del tuo
sogno; e non ci sarà più verso di spiegargli
che vuoi dormire non "sovvenzionato" |
filmografia |
In
occasione del restauro dei film di Carmelo
Bene, una pagina della Scuola
Nazionale di Cinema con la filmografia
e una ampia sinossi di tutti i titoli |
autointervista
di Carmelo Bene sul suo poema "'l mal de'
fiori"
sul Caffè letterario |
Il
cinema di Carmelo Bene di Cosetta G. Saba |
Bene
e Bellocchio: un '68 senza rimpianti
di Giuseppina
Manin
Corriere
della Sera, 7 giugno 1998 |
|
|
|
|
22 .06.2004
IL
SUD SI APPASSIONA
ALL'ARTE
CONTEMPORANEA
Nasce
"Sensi Contemporanei", un progetto per la promozione e
la diffusione dell'arte contemporanea nelle regioni del sud
d'Italia. Tra il 29 maggio e il 30 novembre sette regioni del
sud Italia saranno sede di un complesso intervento di promozione
dell'arte contemporanea e di valorizzazione di siti e edifici da
destinare al contemporaneo. Per
la prima volta nella storia, 10 esposizioni di arte visiva
usciranno dalla Biennale di Venezia per essere ammirate in
alcune importanti città del meridione, da Campobasso a Lecce,
da Napoli a Bagheria. Saranno
riqualificati architettonicamente quattro nuovi siti da
destinare ad attività espositiva (l'ex centrale del latte di
Potenza, l'ex convento di Santa Lucia a Matera, Villa Zerbi a
Reggio Calabria, Palazzo Belmonte Riso a Palermo). Saranno
realizzati nuovi itinerari di turismo culturale incentrati
sull'idea dell'arte contemporanea nel sud. Saranno
promossi corsi di formazione curati da esperti della Biennale di
Venezia indirizzati a docenti, laureati e operatori del settore.
(da La Gazzetta del Mezzogiorno del 22.06.2004)
La Biennale di Venezia nelle città del Sud. A Matera una selezione di film e video a cura di Francesco Bonami
Per la prima volta viene presentata una selezione dei migliori film e video della Biennale di Venezia, raggruppati in un unico luogo anziché essere dispersi nei vari spazi delle corderie e dei giardini. Il progetto vuole offrire allo spettatore l’esperienza unica di poter vedere a confronto nello stesso contesto diversi modi d’interpretare e usare l’immagine in movimento da parte di artisti contemporanei. Il video e il film sono diventati negli ultimi dieci anni strumenti autonomi di espressione e comunicazione all’interno dell’arte contemporanea. Usati negli anni ‘70 come mezzi sperimentali video e film sono oggi in costante dialogo e competizione con mezzi tradizionali come la pittura e la scultura.
L’idea di raggrupparli in un percorso che ne identifichi le diverse possibilità e caratteristiche significa sottolineare il valore, l’importanza e la maturità di questo mezzo così particolare. Musei come la Tate Modern di Londra o Il Centre Pompidou di Parigi hanno speciali dipartimenti esclusivamente concentrati nella raccolta e nella presentazione di artisti che utilizzano sia video che film. La Biennale di Venezia come istituzione dedicata alla sperimentazione e all’avanguardia vuole con questo progetto particolare rendere chiaro e accessibile l’uso di video e film da parte degli artisti contemporanei. Movimento/Movimenti è un progetto che dà allo spettatore un tempo di fruizione molto particolare e innovativo, trasformando lo spazio e sottolineandone le caratteristiche architettoniche e sonore. Costruendo attraverso l’installazione delle varie opere un percorso dinamico e complesso in cui i visitatori faranno esperienza di una varietà unica di emozioni e racconti, Movimento/Movimenti metterà in luce il carattere non più sperimentale ma lirico dell’immagine video e film, sottolineando come un artista contemporaneo oggi possa raccontare le proprie idee e storie non più esclusivamente con i linguaggi classici ma con strumenti tecnologicamente avanzati e tuttavia malleabili a una sintassi ancora molto personale e umana. La varietà dei video e dei film creati da artisti di diverse e distanti nazionalità offre al visitatore un’occasione unica per avvicinarsi in una sola occasione a realtà altrimenti lontane e sconosciute. Questa speciale selezione curata personalmente dal direttore della 50esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, riflette in modo chiaro e sintetico la profondità e la complessità di cui è stata testimone tutta la mostra “Sogni e Conflitti - La dittatura dello spettatore”.
Questi, in breve, i programmi, regione per regione:
In Abruzzo, è di scena "Clandestini", la mostra curata da Francesco Bonami per la scorsa Biennale di Venezia. La sede prescelta per l'esposizione è il Forte Spagnolo dell'Aquila (21 luglio-21 ottobre). Altre manifestazioni si tengono a Giulianova, Chieti e Pescara.
In Basilicata, i poli centrali di attrazione sono due: Il Museo Archeologico Provinciale di Potenza, che presenta una selezione tratta dai "Sistemi Individuali" di Igor Zabel (29 maggio-30 ottobre), e Palazzo Lanfranchi a Matera, che offre uno spaccato di "Movimento/Movimenti", la sezione di video e film curata da Francesco Bonami (30 maggio-5 ottobre).
La Calabria offre un palcoscenico di eccezione per "Z.O.U. Zone d'Urgenza", il progetto realizzato a Venezia da Hou Hanru. La mostra (settembre-novembre) si tiene, infatti, a Villa Zerbi, uno dei luoghi più suggestivi e ricchi di storia di Reggio Calabria, in corso di restauro.
La Campania, già molto attiva nel contemporaneo, offre al pubblico una delle sezioni più interessanti della scorsa Biennale: "Stazione Utopia" di Molly Nesbit, Hans-Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija. La rassegna si tiene alla Mostra d'Oltremare di Napoli (26 luglio-5 settembre).
In Molise, e precisamente a Campobasso, viene presentata un'altra selezione dei film e video esposti a Venezia nell'ambito di "Movimento/Movimenti" di Francesco Bonami. Le proiezioni si tengono al Nuovo Spazio per l'Arte Contemporanea della Regione Molise (ottobre-novembre).
In Puglia, le città prescelte per la manifestazione sono Bari e Lecce. Alla Sala Murat di Bari, già sede di numerose mostre di arte contemporanea, è esposta (15 luglio-10 ottobre) una selezione di opere da "La Zona" di Massimiliano Gioni. Nel Castello di Carlo V a Lecce (16 luglio-10 ottobre) trova posto un'altra rassegna di video e filmati, tratti da "Movimento/Movimenti" di Francesco Bonami.
La Sicilia offre al pubblico due diverse opportunità. Vedere "Ritardi e Rivoluzioni" di Francesco Bonami e Daniel Birnbaum negli spazi del settecentesco Palazzo Belmonte Riso a Palermo (15 settembre-30 ottobre). Vedere un'altra selezione di video e filmati, tratti da "Movimento/Movimenti" di Francesco Bonami alla Villa Cattolica di Bagheria, che è sede anche del Museo Guttuso (15 settembre-15 novembre).
In occasione di "Sensi Contemporanei", la DARC (Direzione Generale per l'Architettura e l'Arte Contemporanee) promuove un concorso rivolto ai giovani. L'iniziativa, intitolata "Il linguaggio dei luoghi", si fonda sulla convinzione che le arti contemporanee possano incoraggiare il recupero di luoghi ormai dimenticati e ridare loro un senso.
Per avere ulteriori informazioni sulla manifestazione e gli eventi correlati, si può guardare il sito Sensi
Contemporanei (www.sensicontemporanei.it).
|
21.06.2004
Mostre,
mostre....e mostre
A
Napoli al Museo Archeologico Nazionale Anselm Kiefer.
|
Recensione sul Messaggero di Roma di Sabato
19 Giugno 2004 di
SILVIA PEGORARO "Nel
segno dell’invisibile".
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
IL MITO greco e la storia della Germania; la
musica di Wagner e la poesia tragica moderna di
Paul Celan o Ingeborg Bachmann; l’alchimia dei
Rosacroce e il misticismo ebraico.... Di tutto
ci⠳? nutre la controversa, complessa arte
di Anselm Kiefer (nato a Donaueschingen
nell’“anno 0” 1945), il maggior erede del
pensiero visivo del romanticismo tedesco. ?Tutto
ci⠣?e 蠶isibile
蠵nito
all’invisibile, l’udibile al non-udibile, il
sensibile al non-sensibile. Forse il pensabile
all’impensabile?, scriveva Novalis nel suo
Frammento n.1710. Cos젨
nell’arte
di Kiefer, come ci fa capire anche la mostra in
corso al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Cinque opere intense, di implacabile poesia ( 2
sculture-installazioni e 3 grandi lavori
bidimensionali), dove la luce e il colore si
affiancano all’ombra densa e fumosa, la violenza
alla delicatezza, la presenza all’assenza, la
vita alla morte. Kiefer ha sempre suscitato
polemiche e discussioni, sin dai suoi esordi
(1969) con opere di forte impatto percettivo (in
contrasto con l’allora dominante clima minimal e
concettuale), che entravano nella zona oscura del
recente passato tedesco. Ma per Kiefer occorre
prendere coscienza di un’identitࠣhe si
radica nel passato, qualunque esso sia. Questo
significavano anche le “scandalose” Stone
halls del 1983, con il loro inequivocabile
rimando all’architettura del nazionalsocialismo.
Ne scaturiva un’affascinante meditazione e
rilettura, in cui i fantasmi della storia si
univano alle suggestioni del mito. Per questo
artista-filosofo, la storia non racchiude verit頣ertezze.
La storia brucia, divora, sacrifica. Ce lo
rammentano le straordinarie architetture combuste
da lui dipinte, le sue poderose “muraglie” r㳥?dal
tempo, o ancora i tronconi di scale in cemento
assemblati a delineare la sagoma di un carro
armato, in Sefer Hechalot (2001), presente a
Napoli. Ma la storia 蠩n
grado di trasfigurarsi in mito, perch頮on
sfugge al vortice vitale del cosmo e della natura:
Kiefer 蠡nche
uno dei maggiori paesaggisti contemporanei. Ecco
allora fondersi in drammatica simbiosi i frantumi,
le rovine della materia attraversata dalla storia,
e i germi vitali della natura: i semi, i semi che
tempestano molte grandi opere bi-dimensionali di
Kiefer, e che spesso rappresentano le stelle. Sono
grandi “costellazioni”, queste opere,
costellazioni di frammenti che avvertiamo come
ceneri, spoglie prosciugate, residui di un
processo di combustione (fiori secchi, cortecce,
vetri frantumati, ferraglie ecc.) ma che, nello
stesso tempo, sentiamo pulsare come qualcosa di
vivo. Influenzato dal pensiero di Heidegger,
Kiefer si pone nel solco del poeta pi?to dal
filosofo tedesco: Friedrich H?rlin, per il quale
l'arte 蠵na
forza radicata nel cielo e nella terra, una forza
che tiene insieme gli estremi. Il corpo umano 蠣i⠣?e
unisce la terra al cielo, 蠵n
groviglio di radici vitali, una fucina di
immagini, e non di concetti astratti. Come H?rlin,
Kiefer crede nella potenza della poesia, nella sua
capacitࠤi riportare il mito, il divino e il
sacro nel mondo. Per questo inserisce spesso nei
suoi lavori la parola come essenza mentale e
spirituale, che non si contrappone alla materia,
ma la anima. Parola e immagine interagiscono
fortemente, secondo l’artista tedesco che, anche
per questo, d࠳pesso alle sue opere la forma
del libro: il libro che 蠬a
“casa” del linguaggio, cos젣ome,
secondo Heidegger, il linguaggio 蠬a
casa dell’essere. I “libri” di Kiefer sono,
contemporaneamente, pesanti diari della storia
(libri ciclopici dalle pagine di piombo) - come
quelli che qui vediamo in 20 Jahre Einsamkeit (Vent'anni
di solitudine), 1991/2000 - e “libri” della
natura, insieme metaforici (si pensi alla metafora
galileiana della natura come libro aperto), e
letterali, come i suoi “erbari”. E’ comunque
sempre presente una dialettica di opposti, che
convivono in tensione e non si elidono. L’opera
di Kiefer pu⠥?sere allora letta come
l’emblema di questa tensione, di questa polarit࠴ra
cielo e terra, di una ciclicit?cosmica in grado di
trasformare, davvero, l’apocalisse in
cosmogonia.
|
A
Firenze Vanessa Beecroft in VB53
(da EXIBART del 19.06.2004)
VB 53 è un lavoro che mette in scena 21
modelle piantate dentro un ammasso di terra nello spazio
del Tepidarium situato nel Giardino dell'Orticoltura di
Firenze progettato da Giacomo Roster alla fine dell'
ottocento.
Vanessa Beecroft è nata a Genova nel 1969. Ha
studiato all'Accademia di Belle Arti a Milano. Dopo gli
studi si è trasferita a New York dove vive e lavora.
L'evento che la porta alla ribalta internazionale è la
sezione Aperto della Biennale di Venezia del 1995. Vanessa
Beecroft lavora sulle ossessioni femminili: corpo,
bellezza, identità. Nella sua prima mostra (Milano 1993)
l'artista presentava il suo diario alimentare Despair dove
aveva catalogato i cibi mangiati negli ultimi otto anni
dividendoli cromaticamente. Attraverso le sue performance
(concettualmente per l'artista più vicine alla pittura
che all'azione performativa) titolate con le sue iniziali
e con una numerazione progressiva, perfette e patinate
l'artista elabora tutti quegli stereotipi della cultura
dell'immagine che hanno forzato violentemente l'identità
femminile negli ultimi anni. VB mette in scena modelle
professioniste, familiari e amici con l'aiuto di stylist,
truccatori e acconciatori. "In genere cerco di
minimizzare il loro abbigliamento per enfatizzarne
l'anatomia. A volte gli accessori sono riferimenti che
aiutano a collegare il gruppo con il contesto in cui la
performance ha luogo. Di solito sono leggermente ironici.
Espongo degli elementi che coesistono in contraddizione
tra loro (la loro bellezza, il loro riferimento al
passato, la loro immediata realtà, la loro volgarità, la
loro purezza, la loro compattezza come gruppo, il loro
isolamento all'interno del gruppo). Non sono sicura in
quale direzione mi porterà il mio lavoro".
Tra le sue mostre più importanti ricordiamo: Biennale di
San Paolo (2002); Palazzo Ducale Genova, Kunsthalle
Hamburg, Kunsthalle Wien (2001); Whitney Biennial New York
(2000); MCA Chicago, MCA Sidney, Wacoal Art Center Tokyo
(1999); Guggenheim Museum New York, Fondation Cartier
Paris, Moderna Museet Stockholm (1998); Biennale di
Venezia, Site Santa Fe Biennial (1997); Ludwig Museum Köln,
Stedelijk Van Abbemuseum Eindhoven (1996) Nell'ottobre del
2003 il Castello di Rivoli le dedica una retrospettiva. In
quella occasione viene pubblicato anche il libro Vanessa
Beecroft. Performances 1993_2003. Il 9 maggio (fino al 22
agosto) si è inaugurata alla Kunsthalle di Bielefeld una
sua mostra antologica.
Makeup provided by M.A.C
VB 53 - mercoledì 23 giugno 2004 - dalle 19 alle 22
Tepidarium - Giardino dell'Orticoltura - via Vittorio
Emanuele 4 - Firenze
INFO: 055 3693407
tacconi@pittimmagine.com
www.pittimmagine.com
Special thanks to Franca Sozzani
Con il contributo della Regione Toscana - Assessorato alla
Cultura
Si ringrazia:
Il Comune di Firenze
Assessorato alla Cultura
Sole24Ore
Sorgente Tesorino spa
|
20.06.2004
E'
uscita l'autobiografia di Damien Hirst
(da
Exibart di giovedì 3 giugno 2004)
Finalmente è disponibile anche in italiano On the Way
to Work, libro cult per gli amanti dell’arte
contemporanea uscito per i tipi Faber and Faber Limited di
Londra nel 2001. 13 interviste, 13 chiaccherate tra lo
scrittore Gordon Burn e l’amico Damien Hirst
, un sodalizio che si rinnova dopo il primo libro del
’97 di Hirst, I want to spend the rest of my life....
Damien Hirst non ha bisogno di presentazioni. Al volgere
del secolo l’arte mondiale scelse i suoi nuovi idoli:
gli U.S.A. si portarono Matthew Barney,
l’Italia Maurizio Cattelan ,
l’Inghilterra lui. Nato a Bristol nel ’65, mentre
ancora studiava al Goldsmiths College organizzò Freeze,
la collettiva che fece nascere il fenomeno della Young
British Art (YBA), ottenne la sua personale consacrazione
nel 1991 a Londra, con la personale all’ICA; nel ’95
portò a casa il Turner Prize e di lì le Biennali
di mezzo mondo, le mostre nei musei e nelle gallerie più
prestigiose, da Saatchi a Gagosian a White Cube, con
conseguente esplosione sul mercato.
Le interviste fotografano le tappe essenziali della
carriera di Hirst dal ’92 al 2001 e il tono colloquiale
del libro esalta la personalità complessa dell’artista:
sregolata, arrogante e contraddittoria. C’è di tutto in
questo libro: i ricordi d’infanzia, gli amici, gli
studi, il successo, il suo rapporto con le droghe, la
violenza, la povertà e la ricchezza. Ma si trovano anche
disincantati e spietati giudizi su protagonisti del
sistema dell’arte, sui galleristi, i critici e gli
artisti. E poi c’è la sua arte: la genesi delle opere,
le ossessioni per la morte, per le medicine e le stanze
d’ospedale, l’amore per Bacon, l’avventura di
Pharmacy, le crisi e i dubbi.
...mi muovo pericolosamente sulla linea che mi separa
da qualcosa di orribile e credo in qualcosa di
incredibilmente puro. E quando andrà a puttane, se ne
andrà a puttane, non avrò più un ruolo. L’arte è una
bugia maledettamente complicata che mi sto raccontando da
solo. Damien Hirst è uno e trino, è artista e fa
l’artista, un concentrato tra il tormento e il
romanticismo dell’artiste maudit, la trasgressione della
pop star degli anni ’60 e ’70, il pragmatismo e lo
spietato opportunismo del rodato conoscitore delle logiche
della comunicazione contemporanea.
Con un finale tutto da scrivere, questo è anche un libro
furbo; potrebbe comodamente essere uscito dalla mente di Irwine
Welsh o essere la sceneggiatura ideale di un
nuovo capitolo di Trainspotting .
La traduzione di Robecchi fila liscia e il testo conserva
intatto lo spirito schietto e diretto dell’originale
inglese. Si legge tutto d’un fiato e si rilegge
volentieri, magari per scoprire qualche messaggio
subliminale dietro ad una battuta, un aneddoto. "E’
facile raccontare stronzate ai vivi, ma non è altrettanto
facile dirle a chi non è ancora nato".
Ma ci si diverte pure, come quando dice: "Mi
immagino David Bowie che torna a casa, va da suo figlio e
gli dice: hai una vaga idea con chi stai parlando?".
Oppure: "Se tutti ti dicono che sei un genio sei
sulla buona strada per diventare un coglione".
Non si può non leggere questo libro, perché dalla
biografia di Hirst esce un resoconto completo di 15 anni
di arte contemporanea. Ed è per questo che, pur non
essendolo, porta il titolo di manuale.
"Molte delle cose migliori accadono dopo che le
hai fatte, si tratta di errori fortunati. Come quando ho
fatto la mucca e il vitello [Mother and Child Divided],
le zampe non toccavano per terra, e mi è piaciuto. E’
stato un errore, avevo preso male le misure. Però siccome
non toccava il terreno, è diventata questa cosa
fluttuante, trascendentale. Grandioso."
|
|
|
|
16.06.2004 "CORPI
ESTRANEI smarriti tra anima, istinto e ragione". Spettacolo
teatrale del Liceo Artistico "Virgilio" di Empoli
(giovedì 8.07.2004 presso il Convento degli Agostiniani,
Empoli)
Foto: la locandina dello spettacolo
<<Lo spettacolo esprime in modo efficace i percorsi e
i conflitti dell'adolescenza nella costruzione della propria
immagine corporea e spirituale ed è quindi un ottima
conclusione del percorso scolastico, in quanto meglio di molti
esami evidenzia, per la passione e l'impegno che i ragazzi
hanno profuso nel realizzarlo,la maturità raggiunta.>>
Daisy Mazzetti (Firenze)
16.06.2004
"Festival
cinema diversamente abile "
L'ATiC Associazione Italiana per la
Terapia di Comunità invita tutti gli interessati alla :
Giornata introduttiva al Festival del Cinema Diversamente
Abile che si terrà a Roma nel mese di settembre : Martedì
29 giugno ore 21 presso il Cinema Azzurro Scipioni , in
via degli Scipioni 84 Roma Prima Nazionale del film GOING
DOWN COMING UP ( Mary Barnes a Kingsley Hall) di Paul
Morrison documento filmico sulla vita della paziente
inglese che soggiornò nella comunità di Kingsley Hall e
che con Joseph Berke scrisse il libro Viaggio Attraverso
la Follia (Rusconi ). A seguire : Selezione di film
tematici di Silvano Agosti Introduce : Marino de Crescente
intervengono Massimo Marà e Silvano Agosti al termine
delle proiezioni dibattito aperto sullo stato della
psichiatria oggi in italia. Si porta inoltre a conoscenza
degli Autori e Promotori di materiali filmici inerenti il
tema del Festival ( che si terrà a fine settembre ) che
dalla data odierna possono mettersi in contatto con Marino
de Crescente per concordare le modalità di invio dei
materiali per le selezioni del Festival all'indirizzo : marinodecrescente@fastwebnet.it
|
15.06.2004
Rassegna
stampa da "Exibart" di
martedì
15 giugno 2004
E forse anche Bari si farà la sua kunsthalle pubblica. A
seguito di un annuncio fatto dal sottosegretario alla cultura
Nicola Bono, la Regione Puglia ha emesso una delibera ad
inizio giugno annunciando la nascita di un “Centro
mediterraneo per la cultura, l’arte e l’architettura”.
La Regione (la Puglia in questo modo segue istituzioni come il
Piemonte, il Friuli e la Campania molto impegnate nell’arte
contemporanea) è socio fondatore del nuovo ente che però
ricerca altri co-fondatori ed altri soci, anche privati. Ma
una piccola anomalìa emerge immediatamente alla lettura della
delibera: la sede legale della nuova istituzione artistica è
nella Sala Murat, di proprietà non della Regione ma del
Comune di Bari. Lo stanziamento iniziale è –ahinoi- di
15mila euro…
|
|
15.06.2004
Questa
mattina a Bitonto (BA) incontro con Ignazio Senatore, autore
del libro "Il cineforum del dottor Freud". Terrà
una conferenza dal titolo "La pellicola narrante.
Il cinema tra terapia e riabilitazione".
Vai al sito
personale di I. Senatore
Il cineforum del dottor Freud
Centro Scientifico Editore -2004
Ignazio Senatore.
Psichiatra, psicoterapeuta. Funzionario Tecnico presso la
Clinica Psichiatrica dell’Università
“Federico II” di Napoli. E’ Vice- Presidente della
Sezione “Arte, Cinema, Spettacolo e Mass media in
psichiatria” della Società Italiana di Psichiatria.
Presidente e Fondatore dell’Associazione “Eidos- Cinema,
psiche e arte visive”. Presidente della Società Italiana
dello Studio dei Comportamenti Alimentari – Sezione Sud.
Segretario del Comitato d’Ammissione della Società Italiana
di Terapia Familiare.
Ha pubblicato “L’analista in celluloide” (Franco Angeli-
1994) “L’atterraggio fu dolce come una caramella al
latte” (Guida Editore – 1998) e “Curare con il cinema”
(Centro Scientifico Editore – 2002).
Da un'intervista di Paola
Gabrielli del 14- 04-2004 su "Il Resto del
Carlino"
"Al cine, come sul mio
lettino"
Giù di corda? Mai pensato ad un
film? Ora, come terapia, seppur momentanea, oltre ad azzannare
cioccolato, darsi allo shopping sfrenato e via tentando, c’è
chi propone una sana visione cinematografica. Provare per
credere oggi pomeriggio alle 18.00 alla Feltrinelli, dove ad
attendervi ci sarà un gioviale psichiatra napoletano, Ignazio
Senatore, che presenterà la sua ultima fatica: “Il
cineforum del dottor Freud” (Centro Scientifico). Il libro
già spiazza se confrontiamo il titolo e la copertina dove
compare un’immagine di Jung nella versione tratta da
“Prendimi l’anima” di Roberto Faenza. “A beautiful
mind”, ad esempio, compare nel capitolo “Cinema e crepe
della mente”. “Fight club” in “Il cinema e la
deriva”. Gioventù bruciata in “Il cinema e le stagioni
smarrite”. Il libro si conclude con interviste a registi e
attori. Ma, avverte Senatore, docente all’Università
“Federico II” di Napoli e tra i fondatori della Rivista
“Eidos”, “il cinema può curare, dipende solo dallo
spettatore”.
Gabrielli:
Il cineforum del dottor Freud: una provocazione, visto lo
scarso amore del padre della psicoanalisi per il cinema?
Senatore:
Il cineforum sta per il cineforum militante e di qualità di
una volta. Quanto a Freud, il significato, oltre al fatto che
egli in effetti non amava il cinema considerandolo roba da
plebei, sta nel taglio psicanalitico che ne ho dato. Per
questo non ho scelto film necessariamente famosi, ma quelli
interessanti da questo punto di vista.
Gabrielli:
Come mai uno psichiatra sceglie proprio il cinema…
Senatore:
Nel 94 scrissi “L’analista in celluloide” Spiegavo perché
noi psichiatri nell’immaginario collettivo veniamo
demonizzati: o siamo folli, o separati, o seduttori incalliti.
Comunque gente piena di problemi personali. E’ anche così
ma soprattutto siamo come gli altri…
Gabrielli:
Ha scelto solo i film che le piacevano?
Senatore:
Anzi! Ho scelto anche film brutti. “Tenera è la notte”è
brutto, ma la storia dello psichiatra che s’innamora e sposa
la paziente era emblematica. “Casanova 70” di Monicelli è
bruttino ma divertente ed autoironico. “Ragazze
interrotte” è un filmaccio furbo ed ammiccante. “Mi
chiamo Sam” arriva ad un certo tipo di pubblico. Ci sono
film di facile digestione, ma c’è anche un certo cinema
francese, che io adoro, e film ai quali sono legato, come
“Senza pelle” di D’Alatri con un ottimo Kim Rossi Stuart.
Gabrielli:
Perché si va al cinema?
Senatore:
Come diceva Bunuel, per allargare l’immaginario e connettere
in modo diverso i dati di realtà.
Gabrielli:
Un film può curare?
Senatore:
Un film in sé non fa né bene né male. C’è poco da
consigliare “Via da Las Vegas” a chi soffre d’alcolismo
o “La grande abbuffata” a chi ha problemi con il cibo:
tutto dipende dalla nostra elaborazione. Il cinema può essere
il cantastorie dei nostri tempi. Per chi ha il problema il
discorso cambia e chi sceglie per i pazienti film come
“Spider” di Cronenberg dovrebbe darsi una regolata.
Gabrielli:
Che cos aconsiglierebbe a chi volesse veder eil film oggi al
centro della discusisone come “La passione di Cristo”?
Senatore:
Primo: non è obbligatorio vederlo. Secondo: è finzione anche
quella e di fronte alle frustate occorre fare dei distinguo.
Le dispute fra ebraici e cattolici mi sono insopportabili.
Gibson ha voluto fare un film preciso. Come Bellocchio
nel suo “Buongiorno notte”. Non dobbiamo pretendere
l’aderenza alla realtà.
|
1.06.2004
Recensione
da "Exibart" del 1.06.2004 della mostra "Protagonisti
dell'arte 2004" a Molfetta (Bari) fino al 8.06.2004
Molfetta può considerarsi ormai uno dei centri culturali più
vivaci di Puglia. Quest’anno il curatore Giacomo Zaza
propone, come già fatto con Jannis Kounellis, Carla
Accardi, HH. Lim e Ignazio Gadaleta,
un’installazione di Gilberto Zorio nel Torrione
Passari, struttura che si presta, con i suoi ambienti in
pietra naturale adiacenti ma dislocati su due livelli, ad
opere di grande coinvolgimento emotivo.
Gilberto Zorio è reduce da una personale romana
dall’analoga iconografia, adattata quasi in toto al
minimo spazio della torre. La grande stella (l’uso di questa
tag, allocata al posto di un occhio in un autoritratto
risale al ‘72) in alluminio e rame, che annega le punte in
due ciotole colme di acqua ed acidi, si ripropone sulla parete
di fronte impressa a fuoco nel tufo e -magia quasi alchemica
degli effetti tecnici- scompare al buio per dar spazio a
schizzi fluorescenti. L’otre di pelle scura (il Marrano
che gira ), cui fa riscontro un alambicco, emana un sibilo
al suo sgonfiarsi
mentre volteggia sotto il soffitto a tholos, assordante
quanto l’Inno dell’Internazionale, le cui note in
pentagramma sono proiettate sullo stipite d’ingresso della
parte bassa.
A pochi passi, nella sconsacrata Chiesa della Morte, Zaza
colloca i Simulacri della pulsione.
Anche di Nobuyoshi Araky si assaggia un po’ tutta la
produzione: una sequenza di Tokio ritoccata a tempera, uno
scheletro in chimono, una natura morta e, in un’altra sede,
una giovane donna voluttuosamente costretta nel caratteristico
bondage.
Yan Pei-Ming, trasferitosi dalla Cina in Francia nel
1980, propone la sua poetica del ritratto universale
con un inedito papa/cardinale -dipinto in situ come una
pala d’altare- dall’inquietante sgocciolatura,
particolarmente forte se riferito al recente ciclo di 13 tele
sul tema della morte.
Discorso a parte per la collettiva Perspective '04,
certamente più “azzardata”: oltre al piccolo pastiche psichedelico
di Christian Hahn, alle opere stranianti di Jota
Castro e Erwin Wurm, i giovani greci
residenti a Roma Dafni e Papados collocano in un
interno l’installazione in fieri dell’abitazione
prefabbricata Concrete system L.T.D. e l’animazione
3D dell’ex mausoleo di Hoxha in Albania (opponendo la casa
di tutti al monumento, emblema della dittatura),
accompagnandoli con i discorsi di Noam Chomsky
sull’economia.
Addirittura cerebrale, l’omaggio di Luca Vitone alla
Palermo che ospitò il Gruppo ’63: il corto -dallo
stile amatoriale- documenta la performance inscenata da voci
bianche (bambini mascherati da esponenti del movimento) che
adattano alla melodia di Arrivederci di Umberto
Bindi, il testo di Umberto Eco Alienazione,
facendo leva sulla forza evocativa della musica.
L’iniziativa nell’insieme premia la scelta coraggiosa di
un’amministrazione che evidentemente non teme di investire
capitali nella cultura, di qualunque colore essa sia.
giusy caroppo
vista il 30 aprile 2004
Protagonisti dell’arte 2004, a cura di Giacomo Zaza
Sedi varie (un tappeto blu indica il percorso da seguire):
Gilberto Zorio
Torrione Passari
Simulacri della pulsione (Araki-Ming)
Cappella S.Maria de Principe (ex Chiesa della Morte)
Perspective ’04 - Attualità dell’arte contemporanea
(Castro,Dafni/Papadatos,Hahn, Wurm, Vitone)
Palazzo Turtur
Ingresso gratuito; orari di visita: tutti i giorni (anche la
domenica): ore 10.00/13.00 – 18.00/22.00
Organizzazione: Comune di Molfetta – Associazione @rtistika
Patrocinio: Regione Puglia, Provincia di Bari
Associazione Culturale @rtistika : fax 080.338.79.21
Ufficio relazioni con il pubblico - Molfetta : tel.
080.334.90.52 - numero verde 800.017383
http://www.protagonistidellarte.it/
Segnalazione:
I
Congresso internazionale
interdisciplinare CISAT di P
sic
ologia, P
sic
oterapia e
Letteratura «Con
le armi della poesia».
Poesia,
letteratura ed arte come strumenti terapeutici autonomi e/o
integrativi per la p
sic
oterapia
di oggi-domani.
Napoli,
17-20 giugno 2004.a: Informazioni: convegnocisat@istitalianodicultura.org;
|
31.05.2004
Riceviamo
dalle edizioni Ma.Gi. la recensione di Rita Proto del libro "Ciak,
si vive. Grande Schermo e piccoli gruppi" A cura di
Luciana De Franco
Mariella
Cortese.
<<Il
cinema può aiutarci a vivere e addirittura “curare” le
persone che soffrono di un disturbo mentale, portandole a
guardare dentro se stesse, a confrontarsi con emozioni ed
affetti spesso inconfessati. E’ la “sfida” lanciata
negli ultimi trent’anni da una psichiatria che ha aperto le
porte alle esperienze artistiche, impiegate nel processo di
cura, al di là dei trattamenti tradizionali come psicofarmaci
e psicoterapie. I gruppi terapeutici possono trovare nel
Grande Schermo una risorsa importante.
E’
la tesi che portano avanti Luciana De Franco e Mariella
Cortese nel libro Ciak,
si vive- Grande schermo e piccoli gruppi appena pubblicato
dalle Edizioni Magi nella collana Immagini
dall’inconscio. Ed ecco così prendere forma il Progetto
Immagine, avviato a partire dal 1995 da Luciana De Franco,
analista didatta AIPA (Associazione Italiana di Psicologia
Analitica) all’interno del Centro di Salute Mentale Cassia 5
(ASL RM/E). Come spiega nel libro la psicologa Mariella
Cortese che collabora da anni al Progetto,“La relazione a
livelli profondi con l’immagine artistica, partecipata e
animata dalla presenza del gruppo, permette di cominciare,
timidamente e discretamente, a risvegliare il mondo emozionale
dei pazienti”.
Ciak si vive
prende in esame, grazie anche agli interventi di psicologi,
psicoanalisti, registi, critici cinematografici, giornalisti e
docenti, il percorso della mente che si confronta con le
immagini cinematografiche. E spiega come vedere un film e
discutere insieme ad altre persone aiuta ad attivare le parti
sane di chi soffre di un disturbo psichico, favorendo
l’uscita dall’isolamento dei pazienti psichiatrici. Si
disegna così un percorso nuovo rispetto a quello seguito
tradizionalmente nelle psicoterapie di gruppo: il Grande
Schermo diventa dispensatore di emozioni e sentimenti,
strumento di conoscenza e di incontro con gli altri e si mette
a servizio della relazione terapeutica>>.
|
24.05.2004
"Pino
Pascali e le opere sparite"
In
concomitanza con la grande mostra antologica che Napoli (a
Castel Sant'Elmo fino al 18.7.2004) dedica all'artista
pugliese prematuramente scomparso, sulla
"Repubblica" (edizione di Bari) del 20.5.2004 il
critico d'arte Antonella Marino e la Direttrice del Centro
Comunale "Pino Pascali" di Polignano a Mare (Bari)
hanno riassunto le 'vicissitudini' alquanto misteriose di
alcune opere giovanili dell'artista che avrebbero dovuto fare
parte della collezione donata dal padre dell'artista al Comune
natio ma che, invece, dopo una serie di 'passaggi' di mano
ancora da ricostruire, sarebbero state vendute ad una galleria
privata di Saronno che le ha esposte all'ultima edizione della
fiera Miart di Milano. <<Il giallo si complica>>
scrive la Marino <<Qualche anno fa la tomba di Pascali
nel Cimitero di Polignano venne profanatae saccheggiata. Tra i
reperti rubati c'era un "baco da setola" che vi era
stato deposto dal padre di Pascali>>.
Foto: Pino Pascali
Vai
su "Exibart"
alla presentazione della mostra
|
22.05.2004
"4:48
PSYCHOSIS"
di Sarah Kane al Teatro Palladium di Roma (fino al 6 giugno)
Foto: la locandina di un'edizione di "4:48
Psychosis" presentata a Varsavia nel 2002
Giovanna
Mezzogiorno e' impegnata in questi giorni, con il regista
Piero Maccarinelli, nelle prove del monologo teatrale '4.48
Psychosis' di Sarah Kane, al Teatro Palladium di Roma dal 25
maggio al 6 giugno, prodotto da Teatro 3 in collaborazione con
Artisti Riuniti e Teatro Palladium. Il monologo segna il
ritorno della Mezzogiorno al
teatro dopo il suo debutto a Parigi, nel 1995, con Peter Brook.
Le
4.48 è l'ora della notte in cui più frequente è l'istinto
di suicidarsi. Sarah Kane è morta suicida due giorni dopo
aver scritto questo testo, ma non è il dato autobiografico
l'aspetto più interessante, bensì la forma del linguaggio,
oscillante fra la precisione della lucidità e una confusione
che evoca la catastrofe. Su questo si regge l'equilibrio
instabile fra il non voglio morire ma non voglio vivere,
l'impossibilità di separare l'intimo dal reale, l'incapacità
di definire il limite fra sé e gli altri. E la tragedia di
chi non riesce a vedere niente, nonostante la luce forte della
consapevolezza, arriva con l'ultima frase, dopo un estenuante
silenzio che dà corpo denso e magmatico al testo: ''Per
favore, aprite le tende''.. Un richiamo estremo al teatro, e
alla possibilità che qualcosa viva ancora dopo le 4 e 48.
vai
alla recensione su culturalweb.it
|
20.05.2004
Segnalazione
convegni di ARTE-TERAPIA:
a
Palermo:
Palermo, 20-21 Maggio 2004 - Convegno Internazionale
La ricerca simbolica: creatività, benessere e cura della
mente.
Approfondimenti teorici e clinici sulle dimensioni
artistiche e
immaginali in psichiatria e in psicologia clinica
Università degli Studi di Palermo Azienda Ospedaliera
Universitaria
Facoltà di Medicina E Chirurgia Policlinico "P.
Giaccone"
Cattedra di Psicologia Clinica
U.O. di Riabilitazione Psichiatrica e Psicologia Clinica
a
Sella di Borgo Valsugana (TN):
Sella di Borgo Valsugana (TN), 19 - 20 Giugno 2004 -
Seminario
interattivo fra arti ed arti terapie
Naturalità dell'arte e artificio nella natura
AMBIENT'ARTI 2004
12.05.2004
PROROGATA
LA MOSTRA "GLOBAL
PLAYER" a Lecce (fino
al 20 maggio)
(da
EXIBART: recensione
di Ilaria Oliva)
|
venerdì
30 aprile 2004
Nel Salento, grazie all’intraprendenza della curatrice
Dores Sacquegna, in un nuovo spazio espositivo
polifunzionale, con un gioco di sovrapposizioni e
commistioni chiaro già dal titolo, “Global Player”,
si inaugura un nuovo sguardo al contemporaneo.
Chi entra nella Living Gallery ha presto un’idea di
cosa lo aspetti al Primo Piano (inteso come nome della
galleria e reale posizione dello spazio espositivo
all’interno del palazzo) con il video di Daniela
Perego in cui un uomo e una donna si guardano e si
cercano senza mai sfiorarsi, avvicinandosi e
allontanandosi ripetutamente, in maniera cadenzata. È
il tema dell’incomunicabilità, della difficoltà
dell’uomo contemporaneo nell’entrare in contatto con
l’altro da sé. Tema poi affrontato da tutti gli
artisti in mostra.
Artisti che rappresentano tutto lo Stivale e tutti i
generi di contaminazione contemporanei: dalla
“basica” fotografia di Eleonora Del Brocco,
alla digital art di Massimo Festi, ai video di
Francesco Arena, Luca Curci, Angelo De Francisco, Lino
Budano & Silvia Manazza, fino a Dormiens di Matteo
Bosi, fotografia digitale su tela e dipinta a mano.
Per tutti un tema comune, l’individuo, che viene poi
inteso e sviscerato nelle sue molteplici accezioni:
dall’incomunicabilità della figura femminile
inscatolata e imprigionata in una rete all’interno di
uno schermo televisivo nel Tv set di Leonardo
Damiani (miriadi di teorie sociologiche sono già
state snocciolate e molto ancora ci sarebbe da dire
sull’argomento…); all’ambiguità della figura
umana così come viene percepita nell’immagine
digitale di Massimo Festi e negli Angeli
di Fosca, esaltazione della figura
dell’ermafrodito; fino ad arrivare alla
circumnavigazione del corpo umano, dettagliato
millimetro per millimetro dalla videocamera di Francesco
Arena che conduce nello spazio più privato della
galleria, in un secondo piano allusivo ad altri livelli
di comunicazione e interpretazione della figura.
Addirittura all’interno del corpo umano scrutano i
video del duo Budano&Manazza, scomponendolo
fino alle più piccole molecole, mentre del rapporto tra
l’uomo e il mondo esterno racconta il video Cittanauti
di Angelo De Francisco e dell’alienazione
tipica delle grandi città il video Still. Alone
di Luca Curci, corredato da un sottofondo
musicale che già da solo potrebbe rendere il messaggio
dell’artista.
Viene da pensare che questa anatomia della melanconia
(da “The Anatomy of Melancholy”, che è il titolo
della performance da cui è tratto il video Circular
Bodies di Francesco Arena) abbia in realtà un
risvolto estremamente creativo.
ilaria oliva
mostra visitata il 17 aprile 2004
Global Player
Primo Piano Living Gallery
Viale G. Marconi, 4 – Lecce
Curatrice: Dores Sacquegna
Aperto tutti i giorni dal 17 aprile al 12 maggio 2004
Orari: 10-13/ 17-21
tel. 0832.30.40.14/ 349.3720659
e-mail: palazzorubichi@libero.it
Catalogo a cura di Primo Piano Living Gallery
[exibart]
|
|
7.05.2004
A
MILANO I BAMBINI APPESI DI CATTELAN
(da
Repubblica del 6.05.2004)
A
Milano in piazza XXIV maggio l'installazione di Maurizio
Cattelan provoca dure reazioni: l'artista ha presentato tre
bambini impiccati a un albero. Un uomo li ha staccati ma è
caduto a terra e si è ferito gravemente
|
Milano - Tra gli artisti italiani viventi
Maurizio Cattelan è il più quotato in assoluto. Un
suo lavoro, la Nona ora, che raffigura il Papa
schiacciato da un meteorite, tre anni fa è stato
venduto da Christie' s per un milione di euro.
E’ per l’artista, che ha 44 anni, che è
originario di Padova ma che vive a New York, il
segno più eclatante del successo che nell’ultimo
decennio ha accompagnato la presentazione di ogni
suo lavoro, sempre preceduto e seguito da un tam tam
che ha raggiunto il museo del Louvre (dove nel mese
di ottobre realizzerà un’ installazione) e gli
ambienti universitari. Trento gli ha concesso una
laurea ad honorem in sociologia a cui Cattelan ha
risposto con un ironico intervento, un asino, dal
titolo Un asino tra i dottori.
Ora Cattelan è arrivato a Milano, in piazza XXIV
maggio, dove dal giorno 5, anniversario della morte
di Napoleone, e fino al 6 giugno voleva presentare
un' opera realizzata per la Fondazione Nicola
Trussardi. Un lavoro pubblico, quasi una sfida e una
provocazione: tre bambini a occhi aperti appesi a un
albero della piazza, albero che è il più vecchio
di Milano. E’ un lavoro carico di pathos e di
significati, contro la guerra, la morte, le torture
che i bambini subiscono durante l’infanzia. Ma
anche pesantemente scioccante per la veridicità con
cui sono stati riprodotte le immagini e il corpo dei
fanciulli impiccati a un ramo di un albero.
L'installazione ha provocato un duro scontro
politico. Difesa dal sindaco Albertini, attaccata da
An. Il 6 maggio un uomo Franco di Benedetto è
salito sull'albero e ha comimciato a tagliare le
corde dell'impiccagione. Il ramo ha ceduto ed è
caduto a terra ferendosi gravemente. Sono poi
arrivati i vigili del fuoco che hanno
definitivamente tolto le sculture dalla piazza.
Nel corso di un’intervista che ha rilasciato al
quotidiano la Repubblica Cattelan aveva spiegato:
“Non è un lavoro monumentale ma susciterà paura
e probabilmente sarà giudicato eccessivo. E' un
intervento sul tema dell’infanzia, che è per me
uno spazio di libertà e al contempo un posto di
soprusi e violenze. Ma è anche il futuro e quindi
è una riflessione su quello che ci sta accadendo
intorno. è una specie di gogna che rappresenta il
senso di violenza che sento dappertutto”.
C’era molta attesa per quest’opera che entra
a far parte del teatro artistico di Cattelan - dove
figurano, oltre al Papa, anche Hitler, animali
impagliati, bambini meccanici - e dalle quotazioni
di mercato, che tra il pubblico suscitano attenzione
e discussioni. Maurizio Cattelan ne è ben cosciente
e ha raccontato: “Le riflessioni sulle quotazioni
del tuo lavoro cerchi di tenerle fuori dalla testa
perché ti intrappolano. Sei responsabilizzato perché
ogni volta che presenti una cosa nuova hai una
pressione: devi essere all’altezza. Ma se pensi
solo a questo non vai più avanti. Devi essere
libero da qualsiasi cosa, i soldi, lo stile. La
sfida è liberarsi di se stessi”.
I suoi lavori nascono quindi da una
riflessione intellettuale.
Sono pessimo con le parole, la scrittura. Parto
dalle immagini. Ho delle immagini che ho visto o che
mi frullano in testa. Inizio a pensarci, cerco di
attaccarle e di limarle. Cerco una sintesi dell'
immagine, sintesi che al contempo deve essere
complessa.
Perché ha lasciato l’Italia? Quant’è
importante per lei New York?
Vivere a New York è per me molto importante. Quasi
tutti i lavori nascono in questa città. C' è
qualcosa... forse le dimensioni della città. è un
posto dove tendenzialmente mi sento molto piccolo
perché tutto è gigantesco. Questo mi influenza e
lavoro per ritagliarmi un angolo, anche se poi vivo
come fossi in una qualsiasi altra città. Dopo
l’attentato dell’11 settembre, la situazione è
abbastanza oscurantista. Ma è la stessa cosa
ovunque. Oggi comunque siamo tutti più vicini e
forse non ha più senso dire vivo a New York o a
Kabul. La farfalla che batte le ali a Tokio genera
un terremoto a Los Angeles e viceversa. Si può fare
una cosa in un posto e ottenere risultati altrove.
Abbiamo molte più possibilità.
Insomma è un artista inserito nella
comunicazione totale.
Forse. Ma non è colpa mia. Mi ci hanno messo. Non
è una cosa che pensi a tavolino. Genera anche paura
perché le responsabilità si moltiplicano ma,
ripeto, ci sono più possibilità.
Le sue mosse però, così si dice, sono
pensate a tavolino.
Non ho mai pensato a tavolino. Con il tempo si
imparano delle cose ma, se avessi studiato delle
mosse, le cose non sarebbero andate così bene.
Certo, mi dicono che sono un giullare, che sono il
bluff... Io faccio il mio lavoro.
Quali sono i suoi riferimenti artistici? Ci
sono dei maestri del passato a cui si sente legato?
I riferimenti me li cerco nel passato, nel presente.
Mi guardo continuamente intorno. C’è chi dice che
copio. Io posso anche guardare come gli altri
affrontano i miei stessi problemi. Ma non penso mai:
questa è una cosa che esce da Warhol, da Koons...
Quanto all’idea di maestro... è una parola che mi
mette a disagio. A scuola non ero tra i migliori.
Per me maestri sono tutti compagni di classe. A
volte li puoi sbeffeggiare, altre volte copi i
compiti o fai un lavoro di gruppo. Tutto è lì
fuori e sarebbe un errore non guardarlo.
Ma perché ha accettato una laurea in
sociologia?
Dovevo rifiutarla? è una cosa che mi ha lusingato e
imbarazzato. è stato un bel modo per mettermi in
scacco. Non ho i biglietti da visita con la scritta
Maurizio Cattelan, sociologo. Ma che l' arte sia
legata alla società non sono io a dirlo.
E cosa sta accadendo nel mondo dell’arte?
E’ un tempo da termiti. Le termiti sono minuscole,
ma tutte insieme possono creare degli agglomerati
affascinanti. Non è un momento di grandi
individualità. C’ è però un gran brulicare, a
volte minaccioso, ma a volte trasmette buone
vibrazioni. E' interessante anche questo. Vengono
usati tutti i mezzi, senza più problemi.
|
|
|
|
4.05.2004
"PAZIENTI
AL CINEMA".
E' il
titolo di un ciclo di seminari dell'Istituto Ricci di Roma (info: seminari@istitutoricci.it)
che, a partire dal 19 giugno 2004, comprenderanno cinque
incontri orientati ad individuare figure psicopatologiche e
fasi della terapia analitica usando alcuni brani di film selezionati
dal conduttore di ciascun seminario. Caratteristica dei seminari è
la possibilità di discussione fra i partecipanti.
In
più, sempre in tema di uso del cinema in psicoterapia, si consiglia l'articolo
"Cinema strizza cervelli" di Stefania Rossini
("L'Espresso del 8 aprile 2004) con una recensione del
libro di Lella
Ravasi Bellocchio dal titolo "Gli occhi d'oro.Il cinema nella
stanza dell'analisi" (Moretti & Vitali).
SUL
LETTINO CON POLANSKI. Il cinema può aiutare l'analista nel suo
compito. Agevolando il controtransfert.Un'ipotesi di Lella Ravasi
Bellocchio. <<C'è anche un
modo discreto di avvicinare il cinema e la psicologia. Per esempio
quello di un occhio competente che non nasconde i suoi saperi mentre
si lascia rapire dal fascino dello schermo. O anche quello di una
pratica terapeutica che sa avvalersi di conoscenze e suggestioni
cinematografiche per affinare i propri strumenti. Sono le due
qualità che Lella Ravasi Bellocchio intreccia con eleganza nel suo
ultimo libro "Gli occhi d'oro. Il cinema nella stanza
dell'analisi", appena uscito per le edizioni Moretti &
Vitali.Come spettatrice Ravasi Bellocchio è esigente. Cerca nel
film una suggestione che possa essere trattenuta per riaffiorare
più tardi sotto l'urgenza di un'emozione o dello stimolo di un
paziente. Come terapeuta è intenta a raccogliere in sé le visioni
proprie e dell'altro. "Non la parola mi tocca", scrive,
"ma quella specie di parola visione che si produce nello spazio
analitico". E il cinema, con immagini esterne che talvolta
hanno la capacità di dare struttura e ritmo a quelle interne,
sembra aiutare davvero l'analista nel difficile lavoro del
controtransfert. Così Michele, che sogna un neonato imprigionato
nelle fasce, la trasporta al figlio del diavolo di "Rosemary's
Baby" di Polansky: la madre vorrebbe lasciarlo, ma non può
perché il bambino piange e ha bisogno del suo seno. Così
Giulia, a cui il padre impedì di fare la ballerina e che oggi lava
con ossessione gli oggetti, diventa l'Angelica che balla nel
"Gattopardo" di Visconti e il valzer rapisce
paziente e analista. Nella recensioni di film che seguono un ordine
e una scelta privatissima (si va da "Medea" di Pasolini a
"Son frere" di Chéreau, da "Prendimi l'anima"
di Faenza a "Elephant" di van Sant), l'autrice fa invece
l'operazione inversa. Il film diventa luogo della mente, spazio per
evocare storie di pazienti, stimoli onirici, letterari, musicali e
poetici. E i frammenti di poesie sparsi tra le pagine di questo
compiuto libretto non hanno spiegazioni né giustificazioni. Ma solo
il compito di evocare una possibilità>>.
|
|
3
maggio 2004
Esperienze
teatrali in giro per l'Italia che hanno coinvolto come attori persone con disagio
psichico (come nel caso di "Zenit") oppure che prendono
spunto da esperienze 'sul campo' a contatto con esso ("Pinter.
Atti unici"):
ZENIT
di Barbara Petrini & Giampiero Rappa
(al Teatro Garibaldi di Torino il 16 e 17 aprile 2004): i
due autori hanno sentito la necessità di trascorrere personalmente
qualche giorno in una struttura residenziale per pazienti
psichiatrici "borderline". Da tale esperienza è iniziato
un lavoro di ricerca e di approfondimento. Zenit è nato dal
racconto di Raffaele, un amico che ha prestato servizio come
obiettore di coscienza presso una comunità di ragazzi "borderline".
(da www.garybalditeatro.it)
"PINTER.
Atti unici " di Nanni Garella (All'Arena
del Sole di Bologna il 20-24.04.2004):
PINTER. ATTI UNICI
è il nuovo lavoro che il
regista Nanni Garella
mette in scena con gli attori di
Arte e Salute,
associazione nata nel 2000 con lo scopo di intrecciare il lavoro che
si svolge nel campo della salute mentale con il lavoro artistico. Più
precisamente l'obiettivo di Arte e Salute è quello di ricomporre
l'identità sociale, l'autonomia delle persone sofferenti per
trasformare le loro condizioni di vita attraverso il lavoro in campo
artistico. Da allora alcuni pazienti psichiatrici, i cui talenti
erano resi indecifrabili dalla patologia, dopo una serie di corsi
professionali, stanno facendo il mestiere dell'attore. Il lavoro di Garella
con questa compagnia ha avuto come oggetto Shakespeare (Sogno
di una notte di mezza estate, A
piacer vostro) e Pirandello (Fantasmi,
I giganti della montagna,
prodotti da Nuova Scena in collaborazione con Arte e Salute,
protagonista Virginio Gazzolo). Ora il regista affronta Harold
Pinter, tra gli autori contemporanei
che meglio hanno saputo rappresentare la condizione delle persone
emarginate, malate, sofferenti, in uno spettacolo coprodotto da Nuova
Scena – Arena del Sole – Teatro Stabile di Bologna e
dall'Associazione Arte e Salute.
Di grande impatto l'approccio degli attori di
Garella, provenienti da condizioni di difficoltà e sofferenza,
ai testi di Pinter, in cui disagio e
smarrimento dell'identità assimilano gli interpreti ai loro
personaggi. Una specie d'Alaska,
La stanza,
Una serata fuori:
del grande drammaturgo inglese Garella ha scelto per la sua
compagnia questi tre atti unici
che esaltano i classici temi pinteriani – l'assurdo, la fallacia
della memoria che si intreccia ai sogni, l'indefinitezza della
dimensione spazio-temporale, lo straniamento dell'individuo.
"L'apporto dei nostri attori – assicura Garella – fornirà
alla poetica di Pinter una sponda ideale. Attraverso le nostre
tecniche di improvvisazione, affinate in anni di scuola e
rappresentazioni in tutta Italia, la specificità del lavoro di
immedesimazione, la semplicità di adesione al testo". Sul
palco, il vissuto della sofferenza psichiatrica si riversa nei
personaggi teatrali e nelle opere come una linfa vitale:
"problematica, dolorosa, rischiosa, ma – afferma ancora
Garella – pronta a trasformarsi in pura gioia estetica e in
rappresentazione immediata della realtà".
In Una specie
d'Alaska (1982), Deborah si
risveglia in una camera che non conosce. C'è lì un uomo che
l'accusa di aver dormito per tanto tempo. E una donna, che le si
presenta come sua sorella Pauline. Dove sono i suoi genitori? La
protagonista ricostruisce la sua vita, con fatica.
Opera d'esordio assoluto di Pinter, La
stanza (1957) rappresenta un
tranquillo pomeriggio a casa dei signori Bert e Rose Hudd: il tè,
le chiacchiere di Rose, la rivista preferita di Bert, una stanza
calda e accogliente. Tutto va bene. Ma allora perché il padrone di
casa chiede con tanta insistenza a Bert se sta per uscire? E come
mai i signori Sands sono così interessati a vedere questa stanza?
Insomma: chi c'è nel seminterrato del palazzo? Rose Hudd: una
placida casalinga piccolo borghese, o cos'altro?
È Albert Stockes, coccolato figlio unico di una
madre vedova e possessiva, il protagonista di Una
serata fuori (1959). Questa sera
Albert è invitato con altri suoi colleghi di lavoro a un
ricevimento a casa del suo capoufficio. Non può esimersi, anche se
avrebbe preferito restare a casa con la mamma premurosa. Un suo
collega alla festa gli ha preparato un brutto scherzo. Non resta che
tornare dalla mamma, poi scappare dai suoi rimproveri, uccidere
un'altra donna, e infine ritornare ancora dalla mamma che lo ha
perdonato. E dopo una serata del genere, cosa c'è di meglio dello
stufato di bue della mamma?
Il quotidiano di milioni di persone emarginate,
esiliato dai circuiti dell'arte e del teatro, ma ricco di racconti,
di sogni, di progetti, diventa materia di studio e viene portato
sulla scena. "Il nostro metodo di lavoro – spiega ancora Garella
–, applicato alla drammaturgia realistica di Pinter, segnerà per
la compagnia una crescita artistica e tecnica. Promette una nuova
possibilità di interpretare questo autore in tutta la sua
dirompente forza espressiva, realizzando, con il tratto semplice
della nostra recitazione, quella "poesia del quotidiano"
che ha attraversato la letteratura teatrale degli ultimi
decenni".
(da www.emiliabusiness.it)
|
Vai
agli "EVENTS"
del 2003 |
30
marzo 2004
Riceviamo
la segnalazione da Elisa Dall'Arche del CSS (Teatro Stabile di
Innovazione del Friuli Venezia Giulia) riguardante il ciclo di
eventi teatrali "ARTE/SOCIETA'/FOLLIA".
ARTE/SOCIETÀ/FOLLIA
seconda edizione
Udine, marzo - luglio 2004
Per il secondo anno, eccoci alle prese
con la follia, con la psichiatria, con il teatro.
Il mondo si divide in inventori e
narratori, scriveva Franco Basaglia.
Ora, in un'epoca piena di narratori
ipnotizzati dalle catastrofi, disillusi riguardo a qualsiasi
possibile cambiamento, proponiamo l'ottimismo della pratica
poetica e sociale, il coraggio dell'invenzione, la radicalità
rischiosa delle relazioni.
Come l'anno scorso, anche questa
primavera e fino allestate inoltrata siamo in tanti a lavorare al
progetto: un gruppo di persone importante e attivo che si impegna
ogni giorno su questo territorio. Per la seconda edizione di ARTE
SOCIETÀ E FOLLIA, assieme all Impasto Comunità teatrale
nomade, che proprio a SantOsvaldo ha trovato un luogo di
relazioni importanti, una sede di lavoro per i propri laboratori e
un cantiere per nuovi spettacoli, cè sempre il CSS Teatro
stabile di innovazione del FVG, il DSM Dipartimento di
salute mentale di Udine, il Centro Balducci di Zugliano.
Come sostenitori del progetto, la Regione Friuli Venezia Giulia,
la Provincia di Udine e il Comune di Udine.
ARTE SOCIETÀ E FOLLIA ha preso
inizio a marzo al Teatrino di Sant'Osvaldo - il centro
poetico e pratico fulcro di Arte Società e Follia - con la serie
di appuntamenti di Psicolab, laboratorio teatrale
tra utenti dei servizi di psichiatria e attori/attrici, coordinato
da Alessandro Berti con Michela Lucenti. Fino a luglio il gruppo
lavorerà a meriali testuali, fisici e cantati partendo da Leonce
e Lena di Büchner, da visioni e azioni. Il primo evento
pubblico è programmato per lunedì 29 marzo al Teatro
Zanon di Udine, con Il circo delle donne
presentato in collaborazione con Calendidonna, la
manifestazione promossa dal Comune di Udine nel mese della donna.
Lo spettacolo è nato dallesperienza della regista Barbara Della
Polla assieme a un gruppo di donne del CSM di Trieste, impegnate
in un progetto artistico che fonde linguaggio del circo e
teatrodanza, e evoca lAristofane de Lassemblea delle donne,
per dire con leggerezza il disagio che viviamo oggi a "stare
nel mondo". Un rapporto che continua felicemente, quello con
Barbara Della Polla, anche dopo la gremita serata estiva per Di
passaggio, al parco di Sant'Osvaldo il luglio scorso.
Il 13 maggio, giorno dellanniversario
della legge 180, Arte Società Follia prosegue il 13 maggio
al Teatro S. Giorgio di Udine con B/B Balducci
Basaglia, readancing scientifico di
Alessandro Berti e Michela Lucenti a partire da una conversazione
radiofonica tra i due grandi personaggi, con in scena attori e
danzatori e la partecipazione straordinaria di Mario Novello,
direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Udine, e Pierluigi
Di Piazza, responsabile del Centro Balducci di Zugliano.
Per quattro sere, dal 1° al 4 luglio,
il Parco di SantOsvaldo si anima ogni sera con Post it,
esito spettacolare dello Psicolab, appunti di uno
spettacolo avvolto in uno scenario desertico, quasi di
fantascienza, una serie di polaroid e scene di allegria disperata
come dopo una catastrofe. Come chiusura vera e propria del
progetto invece, a fine luglio, abbiamo scelto di proiettare in
prima nazionale Oggi, film che dà conto del
nomadismo dellImpasto nella psichiatria pubblica italiana, e
friulana in particolare, con tante immagini, voci, volti, storie,
eventi, viaggi.
Info: CSS Teatro stabile di innovazione
del FVG - 33100 Udine, via Crispi 65 - tel. 0432.504765 fax
0432:504448
Arte/Società/Follia nel
dettaglio
Udine, Teatrino di SantOsvaldo
marzo - giugno 2004
PSICOLAB
laboratorio di teatro per un gruppo
di utenti-artisti
coordinato da Alessandro Berti con
Michela Lucenti e attori, musicisti e cantanti
Lentamente, con pazienza, quattro
giornate al mese per quattro mesi e poi un periodo un più lungo a
inizio estate, lavoreremo a materiali testuali, fisici e cantati
partendo da Leonce e Lena di Büchner, da visioni e da
azioni. Con un gruppo di poco meno di dieci artisti e artiste
della scena con esperienze in psichiatria come utenti dei servizi,
esploreremo il vuoto del teatro, lo stagliarsi semplice dei corpi
e delle parole, delle note di una canzone, tornando insieme, nella
balsamica quiete di Sant'Osvaldo, alle necessità primordiali del
gesto artistico.
"Da superstite sia del teatro che
della psichiatria vorrei creare un'esperienza che andasse oltre
entrambe, che stesse in equilibrio come il nostro umore in
vacanza, che non fosse un manifesto se non d'amore per le cose,
l'ozio, lo spazio, il tempo, la pianura, il vento, l'acqua e la
poesia. Con Michela lavoreremo insieme a un bel gruppo di artisti
visionari, musicisti e numi tutelari dal paradiso. Questo
laboratorio è dedicato a Enea, Cristina e al nostro grande,
insuperato maestro di teatro: Leo."
Alessandro Berti
29 marzo 2004 ore 21
Udine, Auditorium Zanon
IL CIRCO DELLE DONNE
uno spettacolo ideato e diretto da
Barbara Della Polla
liberamente tratto dallAssemblea
delle Donne di Aristofane
una produzione Il Rossetti -
Cassiopea Teatro - Fondo Sociale Europeo - DSM Trieste
interpreti Sabrina Bernardi,
Tamara Bomestar, Barbara Canziani, Cristina Cerqueni, Mariagrazia
Cordasco, Paola Di Florio, Gabriella Holzinger, Angela Inturri,
Alessia Malusà, Mara Mancuso, Ondina Mioni, Fabiana Pisano,
Marisa Vesnaver, Fiorella Vitalba, Eleonora Zenero
assistenti alla regia Sandra Cosatto,
Ennio Guerrato, Eleonora Zenero
costumi Rossella Truccolo e Cassiopea
Teatro (Annamaria Semolini e Aurora Benvenuti, Nina Casta, Claudia
Circota, Amarilli Delcaro)/ trucco Valentina Dessenibus
luci Alessandro Macorigh/ suono Carlo
Buretta
hanno collaborato con la regista
Giovanna Mori, Valentina Morpurgo, Assunta Signorelli, Giorgio
Testa, LImpasto Comunità Teatrale Nomade
"L'idea del circo nasce
dall'incontro con tante personalità esperienze corpi colori, dal
desiderio mai sopito di sperimentare ogni volta luoghi diversi che
ispirino la messa in scena. Una pista dove gettarsi a capofitto e
restare a guardare; sfilare in pista e offrire in pasto allo
spettatore il proprio piccolo numero, la propria diversità da
esibire e mettere a nudo. Un circo in ricordo dell'infanzia,
semplice e un po' ingenuo, costruito dal nulla e preso in prestito
dai sogni. Il luogo dove la follia è permessa e anzi se ne elogia
la saggezza... e il circo delle donne diventa un'assemblea...
altrimenti perché tutte queste donne si esibirebbero nell'arena,
se non per tentare di convincere qualcuno, magari ridendo, che
sono loro, proprio loro le migliori, e solo su loro si può fare
affidamento?... e così mi sono imbattuta in Aristofane e la sua Assemblea
delle Donne e mi sono lasciata convincere che tutto sia da
rifare."
Barbara Della Polla
ingresso 2 euro
13 maggio 2004 ore 21
Udine, Teatro San Giorgio
B/B BALDUCCI BASAGLIA
reaDANCING di Alessandro Berti e
Michela Lucenti
in occasione dellanniversario della
legge 180
con la consulenza scientifica e la
collaborazione teatrale di Mario Novello e Pierluigi Di Piazza
liberamente tratto da La
città senza lager - un dialogo tra Ernesto Balducci e Franco
Basaglia del 27 gennaio 1977 nella trasmissione radiofonica
"Voi ed Io"
una produzione L'Impasto Ctn - DSM
Udine - CSS - Centro Balducci Zugliano
Un dialogo appassionato tra due giganti,
un marxista libertario impegnato in una storica battaglia anti -
istituzionale, quella battaglia che porterà alla chiusura dei
manicomi e a una legge unica al mondo per importanza civile e
culturale (Franco Basaglia) e un cristiano, frate degli scolopi,
personaggio scomodo di quella chiesa del popolo che si
confronta a muso duro con la realtà e le questioni chiave della
contemporaneità economica, sociale, politica (Ernesto Balducci).
Sperimenteremo una modalità di lavoro che abbiamo chiamato reaDANCING,
cioè lotta secca tra movimento del corpo (coreografato e non:
dancing) e temi scientifici esposti frontalmente,
vertiginosamente (letti a leggio, recitati da fermi, agendo: reading).
B/B sarà il risultato di un percorso su questo linguaggio
d'impasto, con la consulenza di due importanti personalità di
questo territorio che proprio dalle figure di Basaglia e Balducci
hanno tratto molte loro motivazioni e indicazioni pratiche: Mario
Novello e Pierluigi Di Piazza, che porteremo in scena con noi in
questo importante esperimento nel nostro percorso artistico-
politico.
1- 4 luglio 2004 ore 21.30
Udine, Parco di SantOsvaldo
POST IT
APPUNTI DA QUEL CHE RIMANE
esito pubblico del percorso
stagionale di PSICOLAB
testi e regia Alessandro Berti
canzoni eseguite dal vivo da Postit
Trio
scenari e oggetti Michela Lucenti
con Alessandro Berti, Michela
Lucenti e i partecipanti a PSICOLAB
Post it nascerà da un percorso
in cui ci metteremo di fronte alla follia, sociale e individuale,
facendone poesia scarna, contemporanea. Il titolo allude sia a un
'dopo', cioè a uno scenario desertico, postumo, vuoto, che anche
alla modalità linguistica dello schizzo, del frammento,
dell'appunto, come quei milioni di fogliettini con la colla dietro
che, come un'ossessione, attacchiamo su frigoriferi, computer,
librerie, agende.
In inglese, letteralmente, post it
significa annuncialo, esponilo, mostralo, cioè abbi il coraggio
di affiggere manifesti d'amore, di odio, di esilio, di rabbia.
Tassello inquietantemente gioioso del nostro Cantiere West,
ovvero il caotico percorso che ci porterà, a quanto pare, a
sfornare uno o più spettacoli nei prossimi mesi, Post it
si presenta come una serie di polaroid dopo la fine di una civiltà,
rosario di memorie di un'epoca di modernariato, di manierismo, di
pecoronismo, di attività insensate e ordinate...Post it
sarà uno spettacolo di fantascienza.
Se questo pianeta durerà fino al
debutto di Post it potrete vedere come sarà ridotto tra
100 anni.
Possiamo assicurarvi fin da ora che non
sarà peggio di adesso.
fine luglio 2004 data da definire
Udine, Parco di SantOsvaldo
OGGI
presentazione in prima nazionale del
film OGGI
scritto e girato da Ilaria Turba,
Michela Lucenti e Alessandro Berti
una produzione DSM Udine CSS Teatro
stabile di innovazione del FVG
Interviste a utenti, psichiatri, riprese
di pezzi di spettacoli, letture, convegni, laboratori,
testimonianza del nostro vagabondare italiano nella psichiatria
pubblica: Parma, Cagliari, Torino, Perugia, Crema, Trieste,
Gorizia e Udine. In giro per vecchi manicomi cadenti, case
appartamento in cui in una povertà degna e umana vivono giovani
malati, teatri in cui si rappresentano spettacoli che domandano
alla follia e alla psichiatria unispirazione, grandi sale in cui
un insieme improbabile di giovani danzatori e vecchi ex-internati
si scambiano gesti tra la danza, la manipolazione fisioterapica e
un indecifrabile rituale infantile…e poi il mare, il cielo, le
passeggiate nelle rigogliose foreste che sono certi parchi di
manicomio, e infine SantOsvaldo, lapecar di Pino, la Comunità
Nove, il teatrino dove lavoriamo, con tutto quel che lì dentro
succede: gli incontri tra artisti e operatori/ci, tra artisti e
giovani che di psichiatria non sanno niente, lo Psicolab con il
suo bel gruppo di utenti attori/ci, il lavoro che LImpasto ha
fatto con le donne del CSM di via Gambini di Trieste ecc.
Insomma uno sguardo su quel mondo
scabro, popolare, assolutamente non di moda, vero, duro che è la
psichiatria nata dalle idee e dalle pratiche di Franco Basaglia e
dei suoi collaboratori e seguaci.
|
Frenis
Zero |
15
marzo 2004
EVENTI
FORMATIVI ECM (per medici e psicologi) che si segnalano come
occasioni per approfondire la valenza psico-terapeuta delle varie
forme di creatività artistica:
San
Donà di Piave (VE), 2.04.2004 "L'arte
nel curare: terapia dell'arte e arte della terapia" Sede:
Centro
Culturale Comunale "Leonardo da Vinci" Info:
ufficio.formazione@aulss10.veneto.it;
Fees=
euro
30.
Torino,
29-30 marzo 2004 "TEATRO
INTERATTIVO,TEATRO IMMAGINE, ARCOBALENO DEL DESIDERIO -
TECNICHE PER LA CONDUZIONE DI GRUPPI".
Sede:
Teatro
Juvarra; Organizz.:
Associazione
Percorsi di Ricerca Info:
manna.rom@iol.it; Fees= euro
250.
ABSTRACT RELAZIONE (RUI FRATI)
IL METODO E LA PRATICA DEL TEATRO
DELL’OPPRESSO
Il Teatro
dell’Oppresso è il frutto delle ricerche e della pratica
del regista brasiliano Augusto Boal, durante il suo esilio
prima in America Latina e poi in Europa.
L’obiettivo
è quello di creare una dialettica o dialogo teatrale tra gli
attori e il pubblico, stimolando l’approfondimento e la
riflessione di alcune situazioni rappresentate sulla scena.
Mettendo in
evidenza i conflitti umani e sociali e ponendo la distanza
necessaria alla riflessione e all’azione, il teatro è tra
le arti il soggetto più completo di analisi della società.
È in assoluto il compagno della politica.
Dunque, il
Teatro dell’Oppresso concretizza la possibilità di agire
sui conflitti, di esprimere la propria volontà, di cambiare
la fatalità delle cose. “Apre” la rappresentazione a
tutti: invece di dire “al posto di questo personaggio avrei
fatto…”, le persone vengono invitate a sperimentare sulla
scena le proprie idee, a confrontare la propria volontà di
trasformare le contraddizioni portate dagli altri personaggi e
le loro contro-volontà. Questo è il Teatro Forum,
strumento di creazione dello “spett-attore”,
moltiplicatore di idee, organizzatore di pensieri,… Presenza
fondamentale è il Jocker: intermediario tra la scena e
il pubblico, che coordina questo “passaggio”,
approfondendo il più possibile la riflessione tra i
partenaires.
Sono presenti
altri strumenti nel sistema utilizzato dagli attori del Teatro
dell’Oppresso, in sede di stages, di creazione di spettacoli
e nell’azione pubblica:
-
il Teatro Immagine, o la rappresentazione dei
nostri corpi e degli oggetti in assenza della parola; sono
analizzate le maschere sociali, vengono poste alcuni
interrogativi al pubblico con l’obiettivo di “vedere più
chiaro” e di trasformare le situazioni;
-
il Teatro Invisibile, in cui viene studiata
un’azione successivamente rappresentata e ripetuta da un
gruppo di attori, con la decisa volontà di mettere in
discussione situazioni pubbliche da trasformare, progetti da
costruire. Le persone partecipano spontaneamente a queste
azioni corrispondendo al Soggetto che sono o che dovrebbero
essere;
l’Arcobaleno del Desiderio,
ovvero le tecniche di improvvisazione, i laboratori di
interrelazione, lo sviluppo dei personaggi nei conflitti
teatrali sono messi al servizio di tutti, attori e non-attori,
per capire sulla scena alcuni blocchi, difficoltà e
non-relazioni presenti nella vita.
|
Finale
Ligure (Savona), 24.04.2004 "Terra,
aria, acqua, fuoco, elementi primordiali" Sede:
Chiostri
di S.Caterina; Info:
ASL/2
Savonese email biblio@asl2.sv.it;
Fees=
n.d. |
|
Abano
Terme (PD), 14 maggio 2004 "Teatro
in Terapia: lo spazio teatrale nel progetto terapeutico" Organizz.:
REGIONE DEL
VENETO, AZIENDA ULSS 16 DI PADOVA, AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA RESPONSABILE
SCIENTIFICO/CULTURALE DEL PROGETTO Dottor Fernando Della
Pietra, responsabile del 2° Servizio Psichiatrico di Diagnosi e
cura di Padova
Dottoressa Ida
Bertin, Dirigente Medico Psichiatra c/o il 2° Servizio Psichiatrico
di Padova
Pierantonio
Rizzato, regista, attore professionista, direttore artistico della
“Biennale Teatro e Psichiatria” di Padova
LUOGO
DELLO SVOLGIMENTO
Abano Terme (Padova), Sala Congressi c/o Hotel
Cursal
DATA
DI SVOLGIMENTO
14
maggio 2004, dalle 08.30 alle 18.30 – interruzione per la
colazione di lavoro dalle 13.00 alle 14.15
PROGRAMMA
GENERALE
8.30
Registrazione dei partecipanti
8.45
Saluto delle Autorità
9.15
Inizio dei lavori,
presentazione
sessione del mattino
chairman Dott.
F. Della Pietra (Padova)
9.30
Relazione
Prof.
W. ORIOLI (Monza - Milano), Dr.ssa D. TEDESCHI (Padova)
Il cuore della Teatroterapia
10.00
Relazione
PROF.
G. COLOMBO, Dr.ssa I. BERTIN (Padova)
La messa in scena: il teatro degli affetti
10.30
Coffee break
10.45
Lezione Magistrale
Prof. E. POZZI (Milano)
Nuove frontiere del
teatro: più arte o più terapia?
11.45
Dibattito e Tavola rotonda
Moderatori:
Prof: W. Orioli, Dr. G: Colombo, Dr. I. Bertin, Prof. E. Pozzi
Potenzialità
e limiti della teatro-terapia
Interventi preordinati
13.00
Pausa Pranzo con
colazione di lavoro per i congressisti
14.15
Ripresa dei lavori,
presentazione
sessione del pomeriggio
chairman Dr. P. Policastro (Padova)
14.30
Relazione,
Dr. A. TAMINO,
Dr.ssa A. ALICINO, Dr.C. CANNAS, Dr.ssa A. MINGOLI
Una compagnia di Teatro di Figura come dispositivo
complesso
15.00
Lezione Magistrale
DR. P. TORRES VILLANUEVA (Guadalayara - Messico)
El
espejo de la concencia de si mismo. La Dancia de la Depresion
16.00
Coffee break
16.15
Relazione
P. RIZZATO, Dr. ssa
R. BRANCAGLION , Dr. F. DELLA PIETRA
Un laboratorio teatrale riabilitativo permanente:
l’esperienza padovana
16.45
Dibattito e Tavola rotonda
Moderatori:
Dr. Tamino, Dr.ssa Torres Villanueva, P. Rizzato, Dr.ssa
Brancaglion,
Dr. Della Pietra. Teatro
in terapia: integrazione con il progetto terapeutico
– riabilitativo
Interventi preordinati
18.00
Questionario di valutazione ECM
18.30
Chiusura dei lavori
CINEMA
E
PSICHIATRIA (**)
TRAME
Intrecci, intrighi e narrazione:
la scommessa della relazione
A cura di
Laura Bellin, Luisa Consolaro,
Michela Pantano, Alessandra Sala
Relazioni che curano, relazioni distruttive, relazioni di affidamento,
relazioni ambigue, relazioni che soffocano e relazioni che maturano: la
nostra esplorazione della linea di confine tra normalità e follia, tra chi è
sano e malato, quest¹anno si sposterà nella dimensione relazionale e il
percorso porterà dall¹individuo al contesto relazionale-familiare, a quello,
più ampio sociale.
In particolare, famiglia intesa come rete di relazioni da cui non si può
prescindere, anche nelle scelte che portano lontano dai modelli
tradizionali. E ancora: contesto quotidiano di vita ove si forma il mondo
interno dell'individuo così condizionante nelle relazioni con l'altro.
Come lo scorso anno vogliamo parlare di psichiatria a partire da situazioni
e contesti riconoscibili, quotidiani fornendo un segno della complessità del
problema, proponendo chiavi di lettura per aprire, forse, altre questioni:
quanto la famiglia protegge e quanto imprigiona? Quanto fa crescere e
quanto inibisce?Permette un¹evoluzione o crea dipendenza?
La psichiatria, in questo senso, forse più di altre discipline, è in grado
di affrontare le parti oscure della nostra mente rivelandone le dinamiche
conflittuali e le ambivalenze dei sentimenti e il loro tradursi nei
rapporti.
³Trame²sono l¹intreccio degli individui, delle loro storie, nell¹ insieme
più forte delle singole unità; ma sono anche gli intrighi, il tramare dei
conflitti interpersonali e inter-generazionali di cui a volte è intessuta la
storia familiare. Infine ³Trame² come narrazione, perché è proprio
nell¹atto del narrarsi che la dimensione relazionale trova il suo più
completo dispiegamento.
Tutti gli incontri si terranno in Sala Lampertico, Corso Palladio, 176, a
Vicenza, con inizio alle ore 20.15.
Per la partecipazione a tutti gli incontri è previsto un contributo di Euro
20 (per i soci SGMS Euro17,50).
L¹iscrizione si effettua alla segreteria della Casa di Cultura Popolare, tel
e fax 0444/546078, e-mail: sgms@sgms.it fino a esaurimento dei posti.
PROGRAMMA DEGLI INCONTRI
Giovedi 19 febbraio
American Beauty(1999)
di Sam Mendes
La deriva della solitudine
a cura di Laura Bellin
e Sonia Bardella
Giovedì 26 febbraio
Billy Elliot(2000)
Il conflitto: una chance evolutiva
a cura di Luisa Consolaro
Giovedì 04 marzo
I 400 colpi (1959)
di François Truffaut
Comunicazioni impossibili
a cura del prof. Giovanni Gozzetti
e di Laura Bellin
Giovedì 11 marzo
Spider (2002)
di David Cronenberg
Il mondo interno come trappola
a cura di Michela Pantano
e Alessandra Sala
Giovedì 18 marzo
Le liasons dangereuses(1998)
di Stephen Frears
La relazione come potere
a cura di Raffaello Conti
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
(**) fonte: Psychiatry-on-line
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
24
febbraio 2004
Recensione
di Beppe Giannoni della mostra "Africa. Capolavori da un
continente" alla GAM di Torino (2 ottobre 2003 - 15 febbraio
2004).
<<Se
Parigi valeva una Messa, Torino è valsa le mie cinque ore di
viaggio in treno. Per visitare la mostra “Africa”. A
Torino. La mostra di scultura africana. Molte opere di questa mostra
erano state esposte circa trenta anni fa a Firenze in Palazzo
Strozzi Splendida la sequenza delle varie culture, da quella di Noc,
da quella di Igbo, di Ife, di Sapi, per giungere alla cultura di
Edo, del pre-Dagon e del Dagon pur se, per le prime culture, la
mostra di Palazzo Strozzi fosse meglio documentata . Non furono
presentate però, allora, né gli avori, né molte opere di arte
moderna e neanche le opere di artisti europei nate sotto
l’influenza dell’arte negra presenti invece nella mostra
torinese.
Poesie
africane presentavano efficacemente la mostra, in specie un
“griot” un menestrello africano che così comincia il suo dire,
E tu chi sei?/Sono Mamadi, figlio di Diubaté./Da dove vieni? /Dal mio villaggio./E dove vai?/All’altro villaggio./Quale altro villaggio?/Cosa importa?/Vado dovunque ci siano degli uomini/Che fai nella vita?/Sono un “Griot”,
capisci?
E
termina:
E canto e danzo,/E canto e danzo.
Il
percorso espositivo è
accompagnato dal commento
di uno scrittore africano. Risvegliava memorie nascoste e speranze
avvincenti.
Così
all’inizio:
Onorevoli visitatori di
questa mostra, umilmente, io vi saluto. Il mio nome è Ahmadou
Kouroma, Kouroma dal patronimico Kouroma. Sono scrittore di lingua
Malinke, Risiedo provvisoriamente in Francia, a Lione.
Il mio compito, arduo ma
gradito è quello di accompagnarvi lungo tutto il percorso di
visita. Vi parlerò di ciò che vedrete esposto come un “griot”
malinke. Ciò vuol dire anche che, per alcuni particolari, i fatti
raccontati da me, potranno sembrare un poco verosimili.
In verità vi dico che
sono figlio e nipote di grandi cacciatori.
E così ho evocato, perché mi assistano, gli antenati che mi ispirano,
sono sicuro che stanno intorno a me.
Lungo questo percorso
iniziatico, voi dovrete immaginare che io stia declamando un lungo
racconto come fanno i “griot” durante le lunghe veglie delle
notti africane.
Il mio percorso si
articolerà in cinque veglie.
E delle sue veglie che compaiono nello
svolgersi della mostra la quinta, che riguarda lo scempio
dell’arte africana fatto dai colonialisti occidentali considerata
solo come forme splendide, prive della loro valenza
rituale-etico-religiosa e la riappropriazione da parte
dell’occidente europeo
così recita
Non si batte il
tam-tam nell’acqua./La barba non
racconta vecchie storie alle ciglia.
La scimmia che ha
tolto la coda dalle fauci di un cane
/
non corre come le altre,quando il cane le insegue.
Chi disdegna le
acclamazioni della formica
/
guardi da che piccola bocca sono uscite.
Se la scimmia è tuo
zio, la tua canna non resterà sull’albero.
/Se si va a spasso
con lo scoiattolo, si impara ad arrampicarsi sull’albero,
ma anche a rubare.
/Il ricco balla
sempre bene.
Esauriente
anche la documentazione storica ed estetica.
Premetto
che certe definizioni estetiche da me usate sono in funzione di
“tanto per intendersi”, giacché in verità restano estranee
alla vera natura sorgiva dell’arte africana.
Iniziava , la
mostra, con le terrecotte di Noc, semplici quanto espressive.
Seguivano tre splendidi pezzi della civiltà di
Igbo del IX-X secolo. Un’anfora in bronzo contornata da larghe
maglie di corda intrecciata a rete sempre in bronzo( opera dalla
insuperabile abilità fusoria) accanto a due pezzi, ricchi di
piombo, l’uno a forma di conchiglia finemente decorata con
preziosi motivi lineari a rilievo, disegni geometrici raffinati ed,
applicati sopra, animaletti che sembrano mosche, l’altro un
bacile, sempre in lega ricca di piombo anch’esso finemente
decorato,
Erano
poi in mostra i pezzi, per me, i più interessanti della mostra,
preziosi e ricercati, già ammirati a Firenze. I ritratti della
cultura di Ife, pezzi che risalgono al XII-XVI secolo, dalla fattura
ineguagliabile, dallo svolgimento armonico ed accurato dei piani,
ravvivato, talora, da incisioni curvilinee sulla faccia e sul naso
che, con il loro andamento, sottolineavano i piani. Una di queste
opere, un busto, si presentava di due colori: il viso ed il busto di
una lega dal colore intensamente bruno (prevaleva forse lo zinco).
Il copricapo, il pettorale ed i bracciali di un bronzo rossiccio
(probabilmente per la maggior percentuale di rame) finemente
decorato. Singolari questi ritratti per la ricercatezza formale al
limite della asciuttezza astratta accanto alla analisi veristica del
volto.
La
fattura di queste sculture richiamava quella delle sculture egizie
(una testa in quarzite del museo egizio di Torino, vista il giorno
dopo, me lo fece pensare) tanto più che, nello stesso catalogo
della mostra è riportato che gli antichi egizi ebbero certamente
rapporti con quelle parti del continente africano, probabilmente
interrotti dopo la fine dell’impero dei Faraoni. Tenuto conto che
a quell’epoca i movimenti, le trasmigrazioni dell’uomo erano
usuali, è facile che, proprio col disfacimento dell’impero
egizio, maestranze
rimaste inoperose abbiano preso la via di quei paesi allora
fiorenti. E’ una mia supposizione. Una coppia di nani, visti in
questa mostra, mi ha richiamato alla mente nani somiglianti a questi
visti nel museo egizio del Cairo. In realtà, anche la straordinaria
arte egizia deve essere considerata arte africana.
Venivano appresso le testimonianze di Sapi e di Edo.
Splendida una testa di grande inensità
e la raffigurazione di una persona gibbosa seduta tutte e due
della cultura di Sapi.
La cultura Edo: mirabili zanne
di elefante istoriate, messaggeri e cavalieri, nani,
leopardi, meravigliose teste di Oba, (di re) stilizzate al massimo,
dalle enormi collane a circoli sovrapposti che giungono fino alla
bocca, ancor più meravigliose teste di Iyoba (regine madri, o
meglio, grandi consigliere del re che forse niente avevano a che
fare con la genitura) dai grandi copricapi a punta, placche scolpite
in bronzo (e talune ricordano l’arte del Bonanno della porta del
Duomo di Pisa e certe formelle della porta di San Zeno a Verona),
segno che l’arte tutta si accomuna, magari a distanza di tempo e
di luogo.
Bronzi
razziati in quantità dai colonialisti inglesi di fine ottocento e
dispersi, opere considerate, allora, cioè ieri, “degenerate
Autorità militari britanniche definirono il Benin, regione
produttrice di quei bronzi, popolato da selvaggi crudeli degni di
civilizzazione, l’intervento militare fu giudicato necessario e
pertanto legittimato in Inghilterrain base a taliassunti. (Tutte le
guerre coloniali, in realtà, vedi mutatis mutandis anche la recente
guerra in Iraq, sono sempre partite da tali postulati, con sempre le
medesime scuse bugiarde.)
La cultura del pre-Dogon
e del Dogon. Figure le più stilizzate, prevalentemente in
legno per non dire tutte. Braccia levate al celo,
madri che nutrono i figli, figure le più, per così dire,
“africane”, tipiche nella descrizione anatomica, fantastiche nel
modellato, dalle mammelle all’altezza delle spalle, prominenti,
puntute. Figure magari inusuali specie nelle figure ermafroditiche.
Talora geometrizzanti, talora “cubiste” (sic!) Splendida una
madre che nutre il figlio in collo, atteggiamento naturalissimo
seppur accennato della mano. Splendida una giovane pilatrice di
miglio dalle forme semplici ed essenziali nell’esprimere verismo.
Splendido un meraviglioso cavaliere in groppa ad un impettito
cavallo, formalmente arditissimo, riprodotto anche nella copertina
del catalogo
Impressionante la coppia di “Antenati” del Magadascar
dagli occhi piccoli, due profondissimi fori circolari nell’orbita
infossata, scimmieschi, con la bocca pure scimmiesca, gli organi
genitali esterni ben evidenti. Venuti, così, per caso o per felice
intuizione?
I
legni sono rivestiti da una patina, da una specie di stucco
particolare, talora mancante, comprensibilmente, o raggrumata.
Interessantissimi
gli avori lavorati sotto la dominazione portoghese che all’epoca,
arrivarono anche alla corte medicea. In particolare cucchiai,
saliere, pissidi, corni Bellissimi gli olifanti, specie uno
dall’imboccatura a testa di coccodrillo,
con scanalature nel senso della lunghezza
Per
finire sculture di tempi più recenti, moltissime incantevoli. Certe
maschere strabilianti! Ed
alla fine opere di artisti europei influenzati dall’arte africana,
Gauguin, Brancusi, Derain, Gris, Léger, Modigliani, Moore, Laurens,
Giacometti, Matisse, Picasso. Straordinari i due pezzi di Giacometti
e la maschera di Brancusi.
Mi piace chiudere con una poesia letta su di una parete della
mostra:
Ascolta più spesso le
cose
/
Che gli Esseri.
La voce del Fuoco s’intende,
/
Ascolta la voce dell’Acqua.
Ascolta nel Vento
/
Il Cespuglio in singhiozzi:
E’ il respiro degli
Antenati.
Quelli che sono morti
non sono mai partiti:
/Sono nell’Ombra che si
dirada.
E nell’Ombra che si
ispessisce.
/I Morti non sono sotto
la Terra:
Sono nell’Albero che
freme,./Sono nel Bosco che geme,
Sono nell’Acqua che scorre,
/Sono nell’Acqua che
dorme,
Sono nella Capanna, sono
in mezzo alla Folla:
/I morti non sono morti.>>
Beppe
Giannoni
|
|
19
febbraio 2004 "Ciclone
Katarzyna": recensione su "L'Espresso" di Alessandra
Mammì
Foto: "Blood ties" di Katarzyna Kozyra
Dalla recensione: <<Fu subito scandalo: fin dal diploma
all'Accademia di Belle Arti di Varsavia. Una piramide di animali
impagliati: cavallo-cane-gatto e pollo, uno sull'altro in ordine
decrescente. Nessuno si concentrò sul fatto che Katarzyna Kozyra si
era ispirata ai "Musicanti di Brema", fiaba dei fratelli
Grimm. Tutti urlarono alla vista del video che mostrava lo
scuoiamento del cavallo, anestetizzato ma ancora vivo. (...)
Comunque Katarzyna non si era neanche diplomata che già la stampa
polacca l'aveva additata come artista degenerata. Eppure la "Pyramide"
era solo opera giovanile a confronto di quel che lei è riuscita a
fare dopo. Il dopo è tutto in mostra nella sua prima personale
italiana alla GALLERIA CIVICA DI TRENTO (a cura di Fabio Cavallucci
e Hanna Wrobkewska, dal 20 febbraio), dove l'arte è mestiere
estremo in cui mettere in gioco il corpo, il dolore, la vita.
Katarzyna agisce con tutto il pathos che le arriva dalla cultura
polacca e lo spirito neosituazionista che prende dalla sua
generazione. Si traveste da uomo, con tanto di barba e pene
posticci, ed entra in un bagno pubblico di Budapest. Filma uomini,
vapori, adescamenti con telecamera nascosta. Ne fa un
video-performance a più schermi che ottiene una menzione speciale
alla Biennale di venezia del 1999. Si ammala di linfoma, viene
sottoposta a pesanti chemioterapie, ma non si ferma. Anzi, trasforma
la terapia in un ciclo di opere ispirate all'Olypia di Manet. La
Bella Olympia è lei stessa, glabra, emaciata, malata, stesa sul
triclinio con scarpette rosse e cameriera nera. Non basta. si unisce
a un gruppo di pazzi teppisti appassionati della Seconda guerra
mondiale, che sperimentavano vere azioni di guerra con bazooka,
lanciafiamme, granate e mortai nella campagna polacca. Gruppi
clandestini senz'altro scopo che rischiare la propria pelle.
Katarzyna armata di videocamera, li segue, li veste di strani
costumi di pin up, li rende ancora più folli. Poi filma esplosioni
e sparatorie. "Perchè nel mondo è permesso fare le guerre ed
è invece illegale rischiare la propria pelle, tenere in mano la
propria vita e la propria libertà e divertirsi con la
morte?". Difficile rispondere. Come è difficile rispondere
quando lei sostiene (con qualche ragione) di essere un rinato Ingres
o Degas nel ritrarre flaccidi corpi in bagni turchi o
ultraottuagenari signori e signore che danzano nudi "La Sagra
della Primavera" di Stravinskij. Difficile spiegare che quei
corpi anchilosati, sudati, ripresi dall'occhio freddo di una
videocamera sono un insulto in una società anestetica come la
nostra.
Eppure Katarzyna non è sola. Come Tracey Emin o Vanessa Beecroft,
appartiene a quella generazione di donne che hanno messo in scena la
pelle, le emozioni più intime, il masochismo, l'anoressia, la
bulimia, l'autodistruzione. Come loro è uscita dal diario per
trasformare la vita in icona. Magari non ha il sarcasmo inglese
della Emin o l'eleganza formale italiana della Beecroft. Ha una
durezza d'immagine, una lucidità spietata, un senso del grottesco
che sono figli del teatro di Kantor o dei film di Kieslowski. Ci
costringe a guardare in faccia la morte, la malattia, la vecchiaia ,
la violenza e la guerra.(...)>>
|
|
10
febbraio 2004 "Art à
mort"
A Milano, alla Galleria Grazia Neri, fino al 13 febbraio,
fotografie di Gérard Rancinan da un progetto di Virginie Luc. Un
viaggio nell'arte "nera" del XX secolo. Un percorso nel
cuore dell'uomo e nelle sue inquietudini attraverso i
ritratti-performance di Maurizio Cattelan, Orlan (nella foto),
Marina Abramovic, Andres Serrano, Damien Hirst, Paul McCarthy e
altri artisti contemporanei internazionali.
|
|
4
febbraio 2004
NUDI A
BOLOGNA.
Foto:
Georg Kolbe, "Ballerino (il ballerino Nijinski)",
1913-1919 (dalla mostra "Il nudo fra ideale e realtà",
Bologna, 22 gennaio-9 maggio 2004, catalogo Skira) La
città emiliana ha dedicato, in questo inizio 2004, una serie di
mostre il cui tema è incentrato sul corpo umano come oggetto di
rappresentazione artistica nella sua nudità. Se la mostra
principale è alla Galleria d'Arte Moderna ("Il nudo tra ideale
e realtà. Una storia dal Neoclassicismo ad oggi" fino al 9
maggio 2004), tutta la città è percorsa da numerose
esposizioni che non si possono definire 'collaterali', data la loro
originalità con cui affrontano il tema del nudo nell'arte. Si va da
"I crimini dell'amore" (alla galleria Ariete Arte
Contemporanea) a "Le immagini del corpo" (alla galleria
De' Foscherari) con opere dagli anni '20 ad oggi (di Grosz, Ceroli,
Ontani, Schifani e Rainaldi, tra gli altri). Alla fotografia è
dedicata "Corpo a corpo" (alla Galleria Stefano Forni) con
bellissime foto di Jan Saudek e Robert Mapplethorpe. Esposizioni con
un taglio più 'sperimentale' sono quelle della galleria "Arte
e arte" e della galleria d'Arte Paolo Nanni, mentre la Galleria
Sweet Home dedica una mostra a Lanfranco, pittore nato nel 1920, che
è stato accostato a Dalì per l'esuberanza della propria produzione
fantastica. La Galleria Forni ha poi inteso dedicare la sua
esposizione "Nudo" alla dimensione 'negativa' della
corporeità con opere di Philippe Garel e di Giovanni La Cognata.
|
|
5
gennaio 2004
"FLESH
FOR FANTASY" a Prato.
(12
dicembre 2003–31 gennaio 2004)
Palazzo
delle Papesse Centro Arte Contemporanea, dopo la positiva esperienza
di Sumptuous (dicembre
2002-gennaio 2003), rinnova la propria collaborazione con i Cantieri
Culturali degli ex Macelli di Prato con la mostra Flesh
for Fantasy.
Se con Sumptuous era
stata operata una radicale trasformazione “scenografica” delle
celle frigorifere in una sala arredata sontuosamente, nella quale i
complementi d’arredo erano in realtà opere d’arte, Flesh
for Fantasy (mostra interamente dedicata al tema della carne)
sfrutta l’ambiente per quello che è, senza nessuna intrusione di
carattere allestitivo o museale. Le mattonelle alle pareti, il
tavolo di marmo, i ganci che ancora pendono dal soffitto, l’odore
della carne che permane nell’aria evocano fortemente la passata
destinazione delle stanze, e ogni opera è pensata proprio in
stretta relazione con tale storia.
L’attenzione dei curatori, Marco
Pierini e Lorenzo Fusi,
sarà focalizzata sullo stato di avanzamento teorico dei fenomeni
artistici riguardanti a vario titolo il corpo, il sangue,
la carne e le loro valenze simboliche. La mostra intende difatti
offrire una carrellata piuttosto ampia sui possibili modi di
affrontare il tema della carne nell’arte contemporanea e tutte le
opere sono state scelte dai curatori in modo da dare il debito
risalto alle peculiari caratteristiche strutturali dell’ambiente
espositivo. L’orrore della macellazione con Flesh
for Fantasy cede il passo alla forza della rappresentazione.
Carne da macello, come dedizione totale e donazione di sé nel caso
del body-artista Franko B.,
ma anche come offerta sacrificale e, quindi, religiosa, non priva
talvolta di un’accezione sadica e persino perversa (si pensi alle
sculture di Cathy de
Moncheaux). Un aspetto più ironico, se non più leggero, è
perfettamente incarnato dal Cimitero
di mortadella del duo Vedovamazzei,
mentre Sue Coe predilige
nelle sue illustrazioni una componente satirica, permeata di accesa
critica sociale. La carne, il mattatoio, la scarnificazione, il
sezionamento delle parti, sono tutti elementi che rimandano alla
violenza, alla coercizione: ne testimoniano la natura cruenta –
viatico necessario per giungere alla succosa sapidità del cibo –
artisti come Adrian Paci
o John Isaacs. Quasi
inesplicabile nella sua ovvietà come nel lavoro di Mona
Hatoum, falsamente giocosa in artisti come Di
Cocco e Maccari,
oppure bizzarra come in Sarah
Lucas, la carne ai Macelli di Prato la fa comunque da padrona.
In mostra opere di: A 1 53
167 (Anibal Lòpez),
Daniel Blaufuks, Franko
B., Gianni Castagnoli,
Sue Coe, Giampaolo Di Cocco, Cathy De Monchaux, Pablo
Echaurren, Gianni
Fanello, Gligorov,
Mona Hatoum, John Isaacs, Sarah Lucas, Claudio Maccari, Masbedo,
Adrian Paci, Giacomo
Ricci, Manuel Vason,
Vedovamazzei, Marisca
Vorskamp.
(da
www.frameonline.it)
Sede
espositiva:
Ex Macelli, celle frigorifere, piazza dei Macelli 4, Prato.
In
collaborazione con:
Officina Giovani, Assessorato alla Cultura Comune di Prato e Regione
Toscana, TRA ART.
Orari di
apertura:
Lun-Ven: 16.00-24.00
Sab-Dom: 15.00-19.00
Palazzo
delle Papesse
via di Città, 126
53100 – Siena
www.papesse.org
Officina
Giovani
piazza dei Macelli, 4
59100 – Prato
www.officinagiovani.it
|
|
|
|