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GLOBALIZZAZIONE
TANZI, PVS ADOTTINO STANDARD REGOLE COMUNI
Nell'era della globalizzazione e' necessario che i Paesi in via di sviluppo adottino lo standard di regole comuni proprio della comunita' internazionale. Regole che pero' si devono rivolgere non solo ai Governi, ma anche ai cittadini. E' l'opinione del sottosegretario all'Economia, Vito Tanzi, intervenuto alla tavola rotonda 'Le radici del futuro - Regole, globalizzazione, mercati. Complementari o antagonisti?', organizzata dalla Bnl. ''Quello della globalizzazione - ha detto Tanzi - e' un processo difficile da definire. Uno dei problemi e' quello di dare segnali per regole comuni non solo ai Governi, ma anche ai cittadini. Cosi' come e' necessario coniugare giustizia globale e giustizia internazionale. I Paesi in via di sviluppo - ha sottolineato inoltre il sottosegretario - devono adottare lo standard di regole comuni, che pero' devono riflettere la cultura dei vari Paesi''. Tanzi, soffermandosi sulla sua lunga esperienza al Fondo Monetario Internazionale, ha inoltre ricordato come questa istituzione ha, nel corso degli anni, preso atto del mutare delle problematiche dello scenario economico mondiale. Una duttilita' necessaria in un mercato aperto dove ''le stesse regole provocano effetti diversi nei diversi Paesi''.
(Aggiornato il 11 Dicembre 2002 ore 13:40)
KRUEGER (FMI), STOP PROCESSO COSTI ALTISSIMI
GOLDIN (BM), TROPPO LENTO RITMO RIDUZIONE POVERTA'
Arrestare il processo di globalizzazione significherebbe, per l'economia mondiale, affrontare costi insostenibili. Per questo e' necessaria un'opera di aggiornamento continuo delle regole di governo di questo processo, che consentano anche di invertire la tendenza che vuole, in molti paesi in via di sviluppo, una riduzione della poverta' ancora troppo lenta rispetto al tasso di crescita. Ad affrontare il tema delle regole nell'era della globalizzazione, sono stati il vice direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Anne O. Krueger e il direttore per le politiche dello sviluppo della Banca Mondiale (Bm), Ian Goldin, intervenuti alla tavola rotonda 'Regole, globalizzazione, mercati', organizzata dalla Banca Nazionale del Lavoro. ''La globalizzazione - ha detto Krueger - e' un fenomeno in corso. Se invertissimo la tendenza i costi, a questo punto, sarebbero disastrosi''. La rappresentante del Fmi ha poi posto l'accento sul ruolo delle regole nel nuovo scenario globalizzato: regole che non devono essere viste come paletti, ma che anzi devono essere interpretate come elementi di stimolo alla competizione sui mercati.
''In generale - ha detto - le regole e le regolamentazioni ingenerano competizione e hanno un ritorno sociale positivo. Rendono differenti le posizioni dei competitori. Ma non ci sono regole eterne e per questo e' necessaria una sempre nuova architettura finanziaria internazionale, in un mondo che cambia, che ci costringe a cambiare''. Un mondo dove ci sono piu' capitali privati, piu' strumenti finanziari, dove il processo di globalizzazione si sta intensificando e dove l'interdipendenza fra Paese e Paese ''necessita di regole globali e istituzioni finanziarie'', perche' le stesse regole possono produrre effetti diversi. Nel suo intervento pero' Krueger ha voluto sottolineare come le istituzioni internazionali non possono e non devono intervenire nelle questioni interne dei vari Paesi, e ha fatto il caso del Giappone per il quale il Fmi si e' detto preoccupato, senza pero' poter proporre soluzioni per la sua situazione economica. Elementi importanti, in questa fase di organizzazione delle regole mondiali sono, per la rappresentante del Fondo, l'informazione e la trasparenza. Cosi' come la politica monetaria che ''oggi ha piu' potere rispetto al passato e puo' incoraggiare movimenti di capitali''.
A sottolineare come in molti Paesi il processo di riduzione delle poverta' marci ad un ritmo ancora troppo lento rispetto al quello della crescita, e' stato invece Ian Goldin, che ha portato l'esempio di alcune nazioni in via di sviluppo: l'Uganda, dove il Pil sale del 3,8% ed il tasso di riduzione della poverta' del 5,9%; l'India, dove il medesimo rapporto e' di 4,4% e 7,1%; il Vietnam, dove la ricchezza prodotta cresce del 6,4% e la poverta' si riduce al ritmo del 7,5%. ''La poverta' - ha detto Goldin - e' il frutto di una globalizzazione insufficiente ed imperfetta, nonostante gli aiuti dei Paesi ricchi ai Pvs abbiano oggi un'efficacia maggiore''. Secondo il rappresentante della Bm pero' e' necessario che le nazioni piu' ricche ''diminuiscano e tariffe doganali sui prodotti provenienti dai Paesi in via di sviluppo''.
(Aggiornato il 11 Dicembre 2002 ore 13:20)
Global
Warming: nuove prove
WASHINGTON - La temperatura del nostro pianeta si sta innalzando in modo
inquietante. Lo sentiamo ripetere da tempo e adesso ne abbiamo un'autorevole
conferma in più: quella degli scienziati dell'Unione Americana di Geofisica
che proprio in questi giorni hanno osservato come dall'Oceano Artico alla
Groenlandia fino all'Alaska i segnali del cosiddetto "global warming" siano
sempre più inequivocabili.
Non si tratta infatti di casi singoli di cambiamento del clima ma di un trend
generale di tutta la Terra che deve far riflettere, anche e soprattutto perché
secondo gli esperti è proprio l'uomo uno dei fattori che contribuiscono a
determinarlo. In quale misura, tuttavia, non è ancora chiaro.
E' chiaro invece che si tratti di un fenomeno inusuale e preoccupante. La
temperatura terrestre è salita in modo assai più significativo nel corso degli
ultimi 20 anni che in qualunque altro momento del secolo. L'assottigliamento
dello strato di ozono nella parte superiore dell'atmosfera, l'inquinamento
prodotto dalla combustione dei carburanti fossili e alcuni fenomeni naturali
come la grande eruzione del 1991 del vulcano del monte Pinatubo nelle
Filippine, hanno causato il raffreddamento dello strato superiore
dell'atmosfera, mentre la superficie terrestre raggiunge temperature elevate
da record.
Secondo altri autorevoli studi condotti in questi anni, la temperatura si
innalzerà tra i due e i sei gradi entro il 2100 con conseguenze significative:
il surriscaldamento e l'espansione degli oceani, l'innalzamento dei mari
dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, una maggior frequenza e intensità di
tempeste e inondazioni alternate a periodi di siccità, l'allargamento delle
malattie tropicali e la rapida estinzione di piante e animali che non riescono
ad adattarsi a queste trasformazioni repentine.
In Italia il rischio maggiore è quello relativo all'innalzamento del livello
del mare: molte zone turistiche tra le più rinomate del Bel Paese rischiano
addirittura di scomparire. I cambiamenti climatici avranno infine l'effetto di
accentuare e amplificare i rischi già determinati dall'urbanizzazione, dalla
produzione industriale, dalla pesca, dal turismo, dai trasporti marittimi, con
effetti non sempre prevedibili.
(Aggiornato il 08 Dicembre 2002 ore 11:00)
LAVORO: PRODI, FLESSIBILITA' NON DEVE CREARE PIU' DISPARITA'
MOBILITA' NON PUO' ESSERE SENZA LIMITI
BRUXELLES - La risorsa lavoro va resa piu' flessibile, ma ''questa flessibilita' non puo' diventare uno strumento per trattamenti salariali o normativi che si collocano in modo non giustificato al di sotto di quelli dei lavoratori che operano in situazioni paragonabili''. Parlando al nono vertice sul dialogo sociale a Genval (Belgio) il presidente della Commissione Ue Romano Prodi ha sostenuto la necessita' che una maggiore flessibilita' del mercato del lavoro tenga in considerazione anche gli interessi dei lavoratori e quelli generali del sistema, oltre che quelli delle imprese. Prodi ha citato ad esempio la recente proposta fatta dalla Commissione sul lavoro interinale, giudicata da diversi interlocutori ''dannosa'' perche' limiterebbe la flessibilita' del sistema economico. ''Sono certo d'accordo, e non solo da ora, che la flessibilita' del mercato del lavoro favorisce la crescita economica e l'occupazione'', ha detto Prodi. ''Ma non si puo' proporre una mobilita' senza limiti, che non tenga conto dei costi individuali e sociali''. ''La mobilita' - ha sottolineato - deve invece tenere conto degli interessi delle imprese, di quelli dei lavoratori e degli interessi generali del sistema. La nostra proposta di estendere ai lavoratori interinali dopo un periodo di sei settimane condizioni comparabili a quelle dei dipendenti stabili cerca proprio di conciliare queste esigenze''.
(Aggiornato il 28 Novembre 2002 ore 13:50)
Banca d'Italia: FAZIO, LA FINANZA GLOBALE VA GOVERNATA
La finanza globale puo' provocare instabilita' e percio' si pone il problema del suo governo. Lo ha detto Antonio Fazio, governatore della Banca d'Italia, aggiungendo che 'una vigilanza adeguata sul sistema finanziario' puo' 'correggere le discrasie' causate dalla dissociazione tra risparmio e investimento. Per Fazio una societa' giusta offre possibilita' di lavoro.
(Aggiornato il 26 Novembre 2002 ore 11:00 )
Viaggio nella protesta globale ( parte 2°)
"Un altro mondo è indispensabile"
No Global e Cobas. Con il movimento antagonista in prima linea scende anche quello sindcale. Le tematiche del lavoro esplodono in tutta la loro contradditorietà sul palcoscenico della contestazione
Sale la protesta
, monta sulle parole di interminabili riunioni affumicate e affollate. Si discute del futuro, del mercato del lavoro e delle nuove dinamiche occupazionali. Si discute su come i nuovi 'padroni' abbiano messo in piedi raffinati processi di esclusione e controllo. Intervento dopo intervento, corteo dopo corteo, documento dopo documento, l'indigesto boccone della disoccupazione si fa largo per posizionarsi tra le priorità internazionali come la guerra e la finanza delle multinazionali.L'apertura verso il movimento no global è naturale ma non scontata. Dietro i ragazzi che dai centri sociali fanno sentire la loro voce dal primo momento ci sono stati loro, i sindacalisti dei Cobas. Una vicinanza che va al di là della condivisione politica delle soluzioni, unita a doppio filo dal destino comune di chi trasforma la marginalità in strumento di lotta.
Pungono come vespe i sindacalisti dei comitati di base, il sindacato antagonista, organizzato su scala nazionale, capillare nella sua presenza quanto efficace nelle sue azioni e, quel che fa più paura, nel suo pensiero. Dopo l'unificazione tra Cobas e Sin Cobas, la fusione in un unico fronte dell'aspetto sindacale e di quello politico, ha spinto l'organizzazione a essere presenti con maggiore costanza nel dibattito e nelle iniziative del movimento antagonista che sta contrastando a livello di mobilitazioni continue e diffuse sempre più in tutto il mondo il tremendo moloch della globalizzazione capitalista.
"Noi siamo vicini alla rete del Sud Ribelle perchè sui grandi temi della giustizia sociale non ci sono più confini e differenze". Parla anche dei suoi compagni arrestati nel blitz anti no global, Giovanni Peta, rappresentate dei Cobas scuola di Cosenza, uno dei centri 'sovversivi' come teorizzato dai Pm che conducono le indagini. "La costruzione di questo ampio fronte di lotta - prosegue Peta - non può limitarsi al terreno sindacale, che seppur fondamentale, non è sufficiente a contrastare le dinamiche aggressive del capitale che innervano tutti i gangli delle attività umane".
E sulla inevitabile confluenza nella rete del 'Sud Ribelle' chiarisce: "Da qui la necessità della costituzione su basi antagoniste e anticapitaliste di una organizzazione politico-sindacale-culturale (la madre di tutti i Cobas) di tutto il lavoro dipendente, pubblico e privato,"stabile" e precario, questo è l'obiettivo cui miriamo". Lavoro e no global, al capolinea del sud Italia il treno dei sogni del movimento si tuffa nelle centinaia di cortei, sit in, occupazioni.
La rete avviluppa tutte le periferie da Taranto a Napoli, di quelle città che hanno perso numerose scommesse. Tornano a camminare insieme, studenti in lotta, disoccupati, operai, ricercatori, professori, impiegati. Una miscela che qualcuno ha annusato come esplosiva dal momento che, scardinate le porte dei collettivi territoriali, tutti si sono scoperti vittime di un sistema che ha globalizzato tutto, anche la lotta.
Seattle come Cosenza, piuttosoto di Palermo come Chicago. "I nuovi mercanti di schiavi hanno scritto nuove regole nel mercato del lavoro" dice Alfredo, Lsu napoletano storico. "Ogni mattina andavamo a piazza Municipio a protestare. E' giusto, ma poi mi sono accorto che la mia lotta non può e non deve fermarsi alla mia città". Alfredo viene dagli ex movimenti di lotta della Masseria Cardone, un groviglio di cemento e disperazione che produce morti e droga nella sacca di Secondigliano, alla periferia nord di Napoli, improvvisamente svegliatasi al fianco delle battaglie anti globalizzanti.
Ed ecco che il pensiero di Michael Hardt, come quello di Jean Pierre Latouche, che ha alzato il sipario sul tramonto di una occidentalizzazione che ha terminato il suo ciclo, inonda senza freno gli slogan e le coscienze di questo esercito da sempre senza volto e da adesso senza confini. Nikolaus Piper non ha mezzi termini: "Le trasformazioni economiche devono essere compiute a ogni costo.
Non è un caso che i fondamenti delle ideologie illiberali del XX° secolo furono posti durante l'ndata di globalizzazione del IX° secolo. Chi chiude gli occhi di fronte alla globalizzazione del mercato del lavoro non può che farsi governare da una elite che sarà sempre più ristretta".
(Aggiornato il 20 Novembre 2002 ore 11:00 )
Viaggio nella protesta 'globale'
La Rete nella rete
Un filo
unisce migliaia di persone. E' il cavo che connette i computer e che ha fatto
di Internet il trampolino di lancio dei no global
Da Popolo a Movimento
Il policentrismo telematico della Rete
C'è di tutto, l'elenco lo si conosce bene. Dai cattolici ai collettivi di
sinistra, dai cobas al ceto medio che stenta a riconoscersi in una sinistra
evidentemente impaurita dal montare di una 'storia' che non può essere fermata
nemmeno dalle manette scattate intorno ai polsi di 20 attivisti di un 'Sud'
che sulla soglia del terzo millennio si riscopre 'Ribelle'. La storia può
avere dei cicli ma non ripassa mai dallo stesso punto, nel nuovo soggetto
mondiale fa capolino un modello di rete che trova e crea nella telematica
nuove forme dell’agire sociale e politico.
La 'rete' nella Rete
Le manette non fermano la rete specie quando questa ritrova in Internet una
parità di grado alla faccia di tutte le arcaiche scatole rigide gerarchizzate
dentro le quali un tempo si sognava la rivoluzione e si costruiva la lotta.
Improvvisamente Internet ha liberato le energie che negli utlimi anni non
trovavano indirizzo, da una parte il movimento dell’autonomia e del
coordinamento antinucleare e antimperialista con le sue radici
nell’antagonismo e nel conflitto con le istituzioni politiche ed economiche.
Dall'altra un mondo legato a esperienze artistiche individuali e collettive
collegate a pratiche di strada (graffitismo e altro), di protesta, sociali e
no profit. Intorno a queste "zone" si sperimentano le prime forme di uso
sociale dei media tecnologici, la creazione di "comunità virtuali" e di
relazioni rizomatiche. Tali pratiche oscillano tra la strategia del conflitto
e la sperimentazione di nuovi linguaggi della comunicazione sottraendosi alle
forme coercitive dell’establishment istituzionale.
Il Digital
Divide
Nel manifesto della rete del 'Sud Ribelle' c'è un grande capitolo dedicato al
'digital divide' oggetto del forum napoletano del marzo 2001 tristemente
passato alle cronache per gli incidenti di piazza, snodo cruciale del
movimento sulla cui testa i manganelli delle forze dell'ordine hanno colpito
invano, visto che la testa vera era altrove: bastava accendere un computer e
collegarsi al web. L'incosistenza delle accuse rivolte ai 42 indagati della
procura di Cosenza per azioni e pensiero sovversivo sta nell'incapacità di
assemblare nelle centinaia di pagine dell'indagine dei carabinieri brandelli
di indizi concreti per bloccare il conato rivoluzionario di un movimento così
tanto fisicamente presente ai grandi appuntamenti quanto etereo e virtuale nel
suo sviluppo organizzativo e ideologico. Verrebbe voglia di affermare che il
"nuovo mondo possibile" è già qui; nella storia della 'telematica antagonista',
l'humus che fa di Francesco Caruso l'eroe di un mondo parallelo e
disobbediente.
Condivisione del sapere
La rete dunque nasce e si sviluppa in un contesto di assoluta libertà
d'espressione ('Noi siamo malati di libertà' recita uno slogan no global)e
questa esigenza entra nelle coscienze di tutti, classe operaia compresa, il
cui matrimonio con il movimento - a differenza di quello celebrato negli anni
'70 e sfociato nel terrorismo - si sviluppa su basi più avanzate: la
condivisione del sapere collettivo.
Il Copyright e le banche dati digitali
Questa rivendicazione coinvolge direttamente la libertà
d'informazione e d'espressione, la prima perché le leggi sul copyright e sui
brevetti legano direttamente la circolazione di notizie e scoperte a criteri
di ritorno economico e la seconda è conseguente perché limitando la
circolazione di informazioni soprattutto nel caso della scrittura software si
limita la possibilità stessa di conoscere i media che utilizziamo per
esprimerci. La battaglia contro il copyright inoltre è molto complessa perché
il raggio d'azione di queste leggi spazia dalla musica all'editoria, fino a
temi vitali come le biotecnologie alimentari e farmaceutiche.
Una coscienza collettiva
Una rivendicazione che parte da lontano, diciasette anni fa con la nascita del
gruppo 'Decoder' (1985), con lo sviluppo nel 1989 dell'Eurpean Counter Network
(E.C.N.). Ai primi anni '90 viene ufficialmente riconosciuto il movimento dei
Cyberpunk con le banche telematiche autogestite. La 'Net generation' come l'ha
definita Luther Blisset quella dei 'net strike' diventa matura, esplode e
produce le folle oceaniche di Seattle, Genova, Porto Alegre e Firenze e per la
prima volta 'padroni e sfruttati', 'globalizzatori e anti globalizzatori' si
ritrovano a parlare la stessa lingua e a usare lo stesso mezzo, un semplice e
banale Pc.
(Aggiornato il 17 Novembre 2002 ore 17:30 )
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