CXI

DONNE DANNATE

Sdraiate sulla sabbia, come armento
meditabondo, esse rivolgon l'occhio
al limite dei mari, e le accostate
mani, e i piedi che cercano di toccarsi,
hanno dolci languori e amari brividi.
Cuori vaghi di lunghe confidenze,
le une, in fondo a boschetti dove mormorano
ruscelli, van l'amore sillabando
delle timide infanzie, e il legno verde
d'alberi nuovi incidono. Delle altre,
gravi, come le suore, vanno lente
tra rocce folte di parvenze, dove
vide levarsi come lave i seni
nudi e purpurei delle tentazioni
sant'Antonio. Ve n'è che, nei bagliori
di resine stillanti, dentro il muto
vuoto di vecchi antri pagani, te
in soccorso alle loro febbri urlanti,
chiedono, o Bacco, te che sei d'antichi
rimorsi assopitore! Ce n'è altre
il cui seno sia bea di scapolari,
che nell'oscuro bosco e in solitarie
notti, celando sotto lunghe vesti
un flagello, alla schiuma del piacere
uniscono le lacrime dei loro
tormenti e il tutto mischiano. O demòni,
vergini, mostri, martiri, o grandi anime
della realtà dispregiatrice, che arde
la sete d'infinito, ore devote
ora baccanti, voi che siete piene
di grida, ora di pianti, voi che l'anima
mia inseguì dentro il vostro inferno, povere
sorelle, vi amo e vi compiango insieme
per i vostri dolori cupi, per le
seti inesistente e le urne dell'amore
di cui son pieni i vostri grandi cuori!

Beethoven Frieze 1902 Gustav Klimt

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